Cass. civ., sez. V trib., sentenza 30/07/2020, n. 16367
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In tema di IVA, il regime del margine, qualora l'amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest'ultimo dimostrare la sua buona fede, ma anche di aver usato la massima diligenza ragionevolmente esigibile da un operatore accorto.
Sul provvedimento
Testo completo
1. L'Agenzia delle Entrate ricorre con cinque motivi contro la società A. S.p.A. in liquidazione per la cassazione della sentenza n. 110/5/12 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, pronunciata il 17 aprile 2012, depositata il 25 ottobre 2012 e non notificata, che ha parzialmente accolto l'appello della contribuente, in controversia avente ad oggetto l'impugnazione dell'avviso di accertamento per maggiore Iva relativa all'anno di imposta 2004, annullando l'avviso di accertamento limitatamente al punto dell'irregolare fatturazione delle operazioni imponibili ed alle sanzioni.
2. La fattispecie trae origine da una verifica effettuata dall'Agenzia delle dogane di Milano, dalla quale erano emerse irregolarità nell'acquisto di autoveicoli usati da una società europea e nella successiva vendita a terzi con il beneficio del regime del margine Iva.
I verificatori avevano ritenuto che la società avrebbe utilizzato tale regime agevolato indebitamente, dato che la società venditrice intracomunitaria, E. Car Ltd, non presentava i requisiti per avvalersi del regime agevolato.
La ricorrente contestava le riprese effettuate dall'Agenzia, sostenendo che l'unico adempimento a suo carico fosse il controllo che il bene acquistato fosse usato;invocava, quindi, la propria buona fede e sosteneva che l'Agenzia, con i rilievi, aveva dato attuazione ad una circolare del 2003, posteriore ai fatti contestati.
Con la sentenza impugnata, la C.t.r., riformando la sentenza di primo grado, favorevole al fisco, ha annullato le sanzioni, ritenendo che l'Agenzia delle entrate non avesse dimostrato che la società aveva la piena conoscenza del fatto che la E. Car Ltd operasse illecitamente, quale soggetto interposto, e che le automobili provenissero da imprese di autonoleggio tedesche e spagnole, acquistate senza usufruire del regime del margine.
Inoltre, la C.t.r. ha annullato l'avviso di accertamento relativamente alla contestazione dell'irregolare fatturazione delle operazioni imponibili, ritenendo che le fatture contenessero tutte le indicazioni necessarie, poiché la richiesta di conferma da parte dell'amministrazione finanziaria italiana dei dati identificativi del cessionario comunitario, ai sensi dell'art. 50, d.l. 30 agosto 1993 n. 331, era solo una facoltà e non un obbligo per la contribuente.
3. A seguito del ricorso, la società resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
4. Il ricorso è stato fissato alla pubblica udienza del 12 febbraio 2020.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo del ricorso principale, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 5, quarto comma, e 6, primo, quarto e quinto comma, d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 471, 5 d.lgs. 18 dicembre 1997 n.472, 36 d.l. 23 febbraio 1995, n. 41 convertito con modificazioni dalla L. 22 marzo 1995, n. 85, in relazione all'art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.
Secondo la ricorrente, la C.t.r. avrebbe erroneamente ritenuto che l'amministrazione finanziaria dovesse dimostrare la conoscenza, da parte della società A. S.p.A., del fatto che la E. Car Ldt. Operava illecitamente, mentre sarebbe stato onere della contribuente provare la propria buona fede e l'affidamento incolpevole alle dichiarazioni della venditrice intracomunitaria sull'applicabilità del regime del margine.
1.2. Il motivo è fondato e va accolto.
1.3. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno enunciato il seguente principio: «In tema di IVA, il regime del margine - previsto dall'art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in l. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d'occasione, di oggetti d'arte, da collezione o di antiquariato - costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell'imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi. Pertanto, qualora l'amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest'ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un'evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l'individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l'IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l'amministrazione dimostri che, in realtà, l'imposta è stata detratta. Nell'ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell'avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell'IVA, assolta a monte per l'acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole» (Cass. Sez. U. , Sentenza n. 21105 del 12/09/2017;conf. Sez. 5, Ordinanza n. 32402 del 14/12/2018, che, in applicazione dei principi suddetti, ha escluso l'applicabilità del regime del margine nell'ipotesi, per certi versi analoga a quella in esame, di un contribuente cessionario di autoveicoli usati da un cedente nazionale, che non aveva verificato se il dante causa di questo, venditore appartenente ad un altro Stato dell'Unione europea, avesse trattato la cessione come intracomunitaria, non potendo l'onere di diligenza ritenersi assolto in base ad un acritico affidamento alle dichiarazioni effettuate dalla società cedente).
In tema di IVA, il regime del margine - previsto dall'art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, convertito con modificazioni in legge n. 85 del 1995. per le cessioni da parte di rivenditori di beni d'occasione, di oggetti d'arte, da collezione o di antiquariato - costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell'imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi.
Pertanto, qualora l'amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest'ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un'evasione fiscale, ma anche di aver usato la massima diligenza ragionevolmente esigibile da un operatore accorto, in proporzione al caso concreto, al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto.
Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque. rientra nella detta condotta diligente l'individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l'IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l'amministrazione dimostri che, in realtà, l'imposta è stata detratta. Nell'ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell'avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell'IVA assolta a monte per l'acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole (Corte di cassazione, Sezioni Unite civili, 12 settembre 2017, n. 21105 cit.).
Nel caso in esame, il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione dei menzionati principi, ritenendo che fosse onere dell'Agenzia delle entrate dimostrare la consapevolezza della società in ordine all'illiceità dell'operazione, senza valutare se la contribuente, cessionaria da cedente intracomunitario, avesse verificato, con i mezzi a sua disposizione, la sussistenza dei presupposti per il trattamento fiscale favorevole e non potendo ritenersi assolto l'onere di diligenza sulla base del semplice acritico affidamento alle dichiarazioni della cedente.
Questa Corte ha anche chiarito che «In tema di IVA, l'indebita fruizione, da parte del cessionario di beni mobili, del regime del "margine" previsto dagli art. 36 e 37 del d.l. n. 41 del 1995, conv., con modif., dalla l. n. 85 del 1995, per avere il cedente operato nell'ambito della propria attività d'impresa e aver dunque avuto la possibilità di detrarre l'IVA assolta sugli acquisti, comporta l'applicazione, nei confronti del cessionario, anche delle sanzioni amministrative, salvo che egli non dimostri la propria buona fede, che può ravvisarsi ove lo stesso non fosse consapevole che il proprio acquisto si iscriveva nel contesto di un'evasione dell'imposta, pur avendo utilizzato la necessaria diligenza per verificare le caratteristiche degli acquisti.» (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 27547 del 30/10/2018).
La contribuente-cessionaria deve dimostrare la propria buona fede, intesa come comprensiva sia dell'assenza di consapevolezza che il suo acquisto si iscriveva nel contesto di un'evasione dell'IVA, sia dell'uso della necessaria diligenza, ossia di aver adottato tutte le misure ragionevolmente esigibili da parte di un operatore accorto al fine di assicurarsi che una tale evenienza dovesse escludersi, rientrando nell'ambito delle precauzioni che si possono senz'altro richiedere ad un cessionario di veicoli usati l'esame della "storia" del veicolo, quanto meno con riferimento all'individuazione dei precedenti intestatari del mezzo risultanti dalla carta di circolazione, documento in possesso dell'acquirente in quanto indispensabile ai fini del perfezionamento dell'operazione.
La mancata osservanza dell'obbligo di diligenza richiesto, certamente riferibile ad una condotta omissiva del contribuente, consente, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di appello, di ritenere sussistente una condotta rientrante nell'ambito di applicazione della previsione di cui all'art. 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.