Cass. civ., sez. I, ordinanza 05/05/2022, n. 14187

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, ordinanza 05/05/2022, n. 14187
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14187
Data del deposito : 5 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

7 ORDINANZA sul ricorso 23429/2017 proposto da: doBank S.p.a., in proprio e nella qualità di procuratrice di

FINO

1 Securitisation S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Luigi Lilio n. 95, presso lo studio dell'avvocato C T, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

GTN Gesi Tecno Navale S.r.l., L A;

- intimati -

/14 avverso la sentenza n. 2021/2017 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, pubblicata il 10/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/04/2022 dal cons. N LOREDANA.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 2430/2013 accolse l'opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla GTN s.r.l., debitrice principale, e dal fideiussore A L avverso la doBank s.p.a. (già Unicredit Credit Management Banck s.p.a.), e condannò la banca, accogliendo la domanda riconvenzionale proposta dalla società, al pagamento della somma di C 41.206,88, oltre interessi legali e spese, a titolo di saldo positivo di conto corrente, ritenuta la nullità delle clausole di determinazione del tasso degli interessi ultralegali e di capitalizzazione trimestrale dei medesimi. Con sentenza del 10 maggio 2017, la Corte d'appello di Napoli ha respinto l'appello proposto dalla banca. Ha ritenuto il giudice d'appello, per quanto ancora rileva, che: a) manca una pattuizione scritta degli interessi ultralegali, contenuta in un foglio integrativo del contratto di conto corrente, in quanto prodotto solo nel corso dello svolgimento della c.t.u. in primo grado, non costituendo causa non imputabile la circostanza, dedotta dalla banca, di non averlo reperito prima, anche in ragione della sua vetustà ed avendo la banca subito varie operazioni societarie;
né il documento esso poteva essere acquisito in appello, difettando all'uopo la causa non imputabile;
b) a fronte delle contrapposte domande di pagamento del saldo passivo ad opera della banca e di ripetizione dell'indebito da parte del correntista, l'onere di produzione integrale degli estratti conto sin dall'inizio del rapporto grava sulla prima, con le conseguenze processuali in caso di parziale produzione, in ragione del principio di vicinanza della prova, onde occorre partire dal c.d. saldo zero in corrispondenza del primo estratto conto prodotto, come è stato infatti dato mandato al c.t.u. di conteggiare il dovuto, con decurtazione della somma a tale momento risultante dal primo estratto depositato in giudizio (C 105.862.925);
c) nonostante la pattuizione di una clausola di pagamento immediato ed a prima richiesta anche in caso di opposizione del debitore, quella sottoscritta dal fideiussore resta una garanzia accessoria, e non un contratto autonomo di garanzia, in quanto l'art. 8 del contratto prevede che, in ipotesi di invalidità della obbligazione garantita, la fideiussione si estenda all'obbligo di restituzione, clausola che sarebbe pleonastica in presenza di una garanzia autonoma. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la banca soccombente, sulla base di tre motivi. Non svolgono difese gli intimati.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - I motivi del ricorso possono essere come di seguito riassunti: 1) violazione e falsa applicazione dell'art. 345, comma 3, c.p.c., il quale permette la produzione in appello di documenti, nonostante il verificarsi di preclusioni in primo grado, ove essi risultino indispensabili alla decisione, e ciò nel testo applicabile ratione temporis, anteriore al d.l. n. 83 del 2012, conv. in I. n. 134 del 2012, essendo iniziato il giudizio in primo grado nel 2007: invece, la corte territoriale ha ritenuto tardiva la documentazione prodotta dalla banca opposta nel corso delle operazioni peritali, e poi in appello, sulla mera negazione del requisito relativo alla "causa non imputabile" della intempestiva produzione;
la banca, dopo faticosa ricerca, aveva dunque reperito sia tutti gli estratti corto dal 30 marzo 1994 al 31 dicembre 1996 (i successivi essendo già in atti), sia il documento integrativo con l'esatta misura degli interessi pattuiti per iscritto in misura superiore a quella legale: documenti da ritenersi tutti acquisiti validamente agli atti, essendo stati prodotti nel corso del giudizio di primo grado con consegna al c.t.u., nonché indispensabili ed idonei a modificare l'esatta ricostruzione contabile del rapporto;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2697 c.c., perché il cliente ha omesso di provare i presupposti della propria domanda di ripetizione dell'indebito, mediante la produzione a sua volta di tutti gli estratti conto, essendo errato il principio affermato dalla corte territoriale, secondo cui per la c.d. vicinanza della prova tale onere sarebbe, in ogni caso, esclusivamente in capo alla banca: al contrario, detto principio, che mira alla tutela del diritto di difesa giudiziale ex art. 24 Cost., non ha ragion d'essere a favore del cliente, in un sistema in cui tutti gli estratti conto debbono essere periodicamente inviati al medesimo ed egli ha facoltà sia di richiederli nuovamente alla banca in ogni momento (art. 119 t.u.b.), sia di instare innanzi al giudice per l'ordine di esibizione degli stessi (art.210 c.p.c.);
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1367 e 1945 c.c., perché, nonostante l'esistenza della chiara clausola negoziale riportata dalla sentenza stessa, la corte territoriale ha negato la natura di garanzia a prima richiesta, contraddicendo l'insegnamento del giudice di legittimità, oltre a disattendere le regole di interpretazione negoziale, in primis quella della lettera del contratto. 2. - Il primo motivo è fondato, nei limiti di seguito esposti, con assorbimento del secondo. 2.1. - Non ha pregio la tesi, sostenuta dal motivo, di applicabilità dell'art. 345 c.p.c., nel testo anteriore all'art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in I. 7 agosto 2012, n. 134, che prevedeva l'inammissibilità dei documenti nuovi in appello, a meno che «il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa» (parole soppresse dalla riforma). Invero, va ribadito il principio secondo cui la nuova formulazione dell'art. 345, comma 3, c.p.c., introdotta dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla I. n. 134 del 2012, che prevede il divieto di ammissione, in appello, di nuovi mezzi di prova e documenti, salvo che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrre per causa non imputabile, trova applicazione, in difetto di un'espressa disciplina transitoria ed in base al generale principio processuale tempus regit actum, quando la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo 1'11 settembre 2012 (cfr. Cass.28 luglio 2021, n. 21606;
Cass. 20 maggio 2020, r. 9241): sicché l'appello è disciplinato, quanto ai documenti nuovi producibili, dalla legge temporalmente in vigore all'epoca della proposizione dell'impugnazione (Cass. n. 26654/2014;
Cass. n. 6099/2000;
Cass.n. 6293/2021). Ne discende quindi che (Cass. n. 26522/2017) la nuova previsione dell'art. 345 c.p.c. è applicabile nel caso in cui la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo il giorno 11 settembre 2012, il che esclude che, in relazione ad impugnazioni in appello di tale sentenza possa invocarsi, per l'ammissibilità della nuova produzione documentale, il carattere di indispensabilità della prova che - invece - costituiva criterio selettivo nella versione precedente della medesima norma, essendo infatti necessario che la parte dimostri di non aver potuto produrla nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile (conf. Cass.n. 6590/2017;
Cass. n. 6148/2020). 2.2. - Il motivo è invece fondato, laddove lamenta che non siano stati considerati i documenti acquisiti nel corso della consulenza tecnica d'ufficio. Le Sezioni unite con sentenza del 1° febbraio 2022, n. 3086 (nonché la n. 6500 del 2022) hanno statuito che il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire tutti i documenti che si renda necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli e, nell'ambito dell'esame contabile ai sensi dell'art. 198 c.p.c., anche i documenti diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni. In tal senso esse hanno ritenuto, in coerenza con il principio di «effettiva tutela del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., nell'ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all'art. 111, secondo comma, Cost. e in coerenza con l'art. 6 CEDU», donde la necessità che il processo miri «a garantire attraverso una pronuncia sul merito della contesa, l'interesse delle parti al conseguimento di una decisione per quanto più è possibile giusta». Ed hanno evidenziato, al riguardo, la mutata natura della figura del c.t.u., che riceve una investitura pubblicistica derivante dall'essere egli designato dal giudice e dall'assunzione dello status di ausiliario di giustizia;
nonché richiamato le disposizioni che, per il giudice, regolano i poteri officiosi (artt. 118 e 213 c.p.c., art. 2711 c.c.), cui egli ricorre proprio quando le parti abbiano esaurito ogni facoltà di prova concessa loro dall'ordinamento. Ne deriva che, nel presente processo, dovrà essere posta a base degli accertamenti, riservati in punto di fatto al giudice del merito, tutta la documentazione prodotta in primo grado nel rispetto delle preclusioni processuali, nonché acquisita dal c.t.u., anche mediante diretta consegna delle parti, nel rispetto del contraddittorio. 3. - Il terzo motivo è fondato. Questa Corte ha già convincentemente affermato che l'inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento «a prima richiesta e senza eccezioni» vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, essendo tale clausola incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un'evidente discrasia rispetto all'intero contenuto della convenzione negoziale, atteso che la menzionata rinuncia alle eccezioni contrasta con l'assunzione di un impegno solidale (Cass. 3 dicembre 2020, n. 27619;
Cass. 20 ottobre 2014, n. 22233;
Cass., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947). Nella specie, nessun elemento o argomento viene speso, al fine di affermare che tale evidente discrasia fosse riscontrabile nella mera clausola, secondo cui il fideiussore sia tenuto anche all'obbligo restitutorio della somma finanziata in ipotesi di invalidità della obbligazione garantita, che non risulta in sé è affatto tale da contrastare una clausola di garanzia a prima richiesta ed immediatezza, così come riportata in ricorso in adesione al principio di specificità ex art. 366 c.p.c. 4. - La sentenza impugnata va dunque cassata, in accoglimento dei predetti motivi, e la causa rinviata innanzi alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione, perché riesamini gli elementi probatori in atti, alla stregua dei principi sopra richiamati. Ad essa si demanda pure la liquidazione delle spese di legittimità.
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