Cass. pen., sez. VI, sentenza 18/10/2021, n. 37653
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Testo completo
seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1. P C, nato a Palermo il 14/02/1968 2. V L, nato a Palermo il 10/10/1979 3. T G, nato a Palermo il 12/08/1978 4. V G, nato a Palermo il 16/11/1964 5. B A, nato a Palermo il 25/05/1964 6. A I, nata a Palermo il 14/08/1954 7. C G, nato a Palermo il 22/10/1955 8. V A, nato a Palermo il 21/05/1988 9. F V, nato a Palermo il 04/04/1980 avverso la sentenza del 17/06/2020 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere E A;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale C A, che ha concluso chiedendo per il P, il B, la A e il T l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con riferimento alle truffe, il rigetto nel resto dei ricorsi e la rideterminazione delle pene;
per i due V, il V, il C e il F l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
uditi per gli imputati l'avv. E Z per la A e, in sostituzione dell'avv. A R, per il P;
l'avv. L M per il F e, in sostituzione dell'avv. l'avv. V Z e dell'avv. F B, per i due V;
l'avv. L B per il B e, in sostituzione dell'avv. M M, per il T;
l'avv. G, in sostituzione dell'avv. C G M, per il V;
l'avv. M S per il C, che hanno concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Palermo riformava parzialmente la pronuncia di primo grado, assolvendo il B, il T, la A, il C, i due V e il V da taluni reati, riconoscendo a quattro imputati le attenuanti generiche equivalenti alla riconosciuta aggravante;
escludendo per altri una aggravante ed effettuando un diverso bilanciamento tra circostanze per uno dei prevenuti;
rideterminando le pene finali, eliminando o sostituendo alcune pene accessorie, e concedendo a taluni il beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena, in forma subordinata per uno;
e confermava nel resto la medesima pronuncia del 30 gennaio 2017 con la quale il Tribunale di Palermo aveva condannato: - Cesare P, Gaspare T, Antonio B e Ida A in relazione ai reati di cui agli artt. 416, primo, secondo e terzo comma, cod. pen. (capo di imputazione 1);
81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 5);
110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 6);
81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 7);
110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 8);
81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 9);
110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 10);
81, 110, 476, 491-bis cod. pen. (capo 26);
- il solo Cesare P in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110 e 322, quarto comma, cod. pen. (capo 2);
110 e 322, quarto comma, cod. pen. (capo 3);
110 e 322, quarto comma, cod. pen. (capo 4);
- Gaspare T, Antonio B e Ida A in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 11);
- Gaspare T, Antonio B, Ida A, Antonio V e L V in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 12);
2 (te - Gaspare T, Antonio B e Ida A in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 13);
- Gaspare T, Antonio B, Ida A e Giuseppe V in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 14);
- Gaspare T, Antonio B e Ida A in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 15);
110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 16);
81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 17);
110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 18);
81, 110, 476, 491-bis cod. pen. (capo 28);
- Gaspare T, Antonio B, Ida A e Giuseppe C in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 20);
- Gaspare T, Antonio B, Ida A e Vittorio F in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 22);
- Gaspare T, Antonio B e Ida A (in concorso con G T) in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 24). Rilevava la Corte territoriale come le emergenze processuali avessero dimostrato la colpevolezza dei prevenuti con riferimento a reati commessi nella veste di funzionari operanti all'interno dell'ufficio tributi del comune di Palermo: in dettaglio, il P aveva agito come direttore del settore contenziosi dell'ufficio Tarsu (tassa sui rifiuti solidi urbani) e T (tributo comunale sui rifiuti e sui servizi);
il T e il B come istruttori geometri, impegnati a verificare le dichiarazioni dei contribuenti, nonché effettuare il calcolo delle superfici e delle destinazioni d'uso degli immobili da assoggettare a quella imposta;
la A come istruttore amministrativo incaricata di inserire i relativi dati nel sistema informatico dell'ufficio. Imputati che avevano provveduto, volta per volta, ad alterare i dati, riducendo le superfici o modificando le destinazioni d'uso degli immobili interessati, proponendo ai contribuenti la possibilità di pagare una somma di denaro per ottenere un risparmio nella quantificazione della Tarsu o della T da versare;
versamento di quelle somme di denaro che, oltre ad integrare gli estremi di una corruzione aggravata per atti contrari ai doveri di ufficio, aveva finito per configurare anche una truffa ai danni dell'ente locale (aspetto, quest'ultimo, che era valso a confermare l'affermazione di penale responsabilità dei privati V, V, C e F, che avevano beneficiato della riduzione delle imposte da versare all'amministrazione comunale). Attività che erano state svolte dai pubblici funzionari in maniera continuativa e organizzata, tanto da poter riconoscere a carico dei quattro pubblici ufficiali la sussistenza del reato associativo loro ascritto al capo 1). Avverso tale sentenza hanno presentato ricorso i nove imputati elencati in epigrafe.
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore, il P ha dedotto, con un unico punto, la violazione di legge, in relazione agli artt. 546, comma 3, 125, comma 3, 444 e 448, comma 1, cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello ingiustificatamente disatteso la richiesta con la quale la difesa aveva sollecitato la censura della decisione del Pubblico Ministero di non prestare il consenSo alla richiesta di applicazione di pena a suo tempo formulata dall'imputato: sollecitazione era stata formulata tanto al giudice del dibattimento di primo grado quanto al giudice di appello, la cui fondatezza era stata confermata dal fatto che in secondo grado il calcolo della pena era stato effettuato sostanzialmente in maniera conforme (anzi in maniera ancora più favorevole) al calcolo proposto con la richiesta di patteggiamento.
3. Con due distinti atti di analogo tenore, sottoscritti dal loro comune difensore, L e Antonino V hanno dedotto il vizio di motivazione, per carenza, contraddittorietà, illogicità e travisamento del fatto e della prova, per avere la Corte di appello confermato la pronuncia di condanna con riferimento all'imputazione del capo 12), benché gli elementi di prova a carico dei due V fossero di equivoca valenza (la formale sottoscrizione di una denuncia di variazione dei dati catastali, il rinvenimento di una copia della sua patente nello studio del coimputato B, le parziali ammissioni del fratello L V e la scoperta di una somma di denaro in contanti nello studio del T e del B, che era compatibile con la spiegazione del compenso professionale);
omettendo di considerare che nella richiesta di rideterminazione della T firmata dal V, come legale rappresentante della società Expo Truck, erano stati indicate circostanze vere e che la situazione di incertezza che aveva condotto la Corte di merito ad assolvere i due imputati dal reato di corruzione avrebbero dovuto portare ad adottare la medesima conclusione anche per l'addebito di truffa aggravata.
4. Con atto sottoscritto dal suo difensore, il T ha dedotto i seguenti due motivi.
4.1. Violazione di legge, in relazione all'art. 448 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello omesso di rispondere in ordine alla richiesta con la quale, nel corso del giudizio di primo grado, la difesa aveva chiesto al Tribunale di giudicare ingiustificato il diniego manifestato dal pubblico ministero alla istanza di patteggiamento formulata nell'udienza preliminare e reiterata subito prima della dichiarazione di apertura del dibattimento;
nonostante, poi, la Corte territoriale abbia poi finito per ritenere incongrua la pena inflitta in primo grado e per ridurla.
4.2. Violazione di legge, in relazione all'art. 640, secondo comma, n. 1, cod. pen., per avere la Corte distrettuale confermato la pronuncia di condanna dell'imputato in relazione alla fattispecie di truffa aggravata, benché fosse risultato provato che l'ente comunale, presunta vittima dell'illecito, non aveva fornito alcuna cooperazione per il conseguimento del profitto ingiusto e che il danno patito era derivato da una procedura di autoliquidazione da parte del contribuente ed era consistito nel versamento di tributi locali per importi inferiori a quanto dovuto;
senza neppure trascurare che una truffa non poteva essere riconosciuta in assenza di un inganno, dato che il risultato perseguito dagli imputati era stato in sostanza quello di dare attuazione ad un accordo corruttivo.
5. Con atto sottoscritto dal suo difensore, il V ha dedotto la violazione di legge, in relazione all'art. 546 cod. proc. pen., e il vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere la Corte di appello confermato la pronuncia di condanna di primo grado sulla base di una non corretta valutazione delle prove.
6. Con atto sottoscritto dal suo difensore, il B ha dedotto i seguenti tre motivi.
6.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125, 546 e 448 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello omesso di rispondere
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere E A;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale C A, che ha concluso chiedendo per il P, il B, la A e il T l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con riferimento alle truffe, il rigetto nel resto dei ricorsi e la rideterminazione delle pene;
per i due V, il V, il C e il F l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
uditi per gli imputati l'avv. E Z per la A e, in sostituzione dell'avv. A R, per il P;
l'avv. L M per il F e, in sostituzione dell'avv. l'avv. V Z e dell'avv. F B, per i due V;
l'avv. L B per il B e, in sostituzione dell'avv. M M, per il T;
l'avv. G, in sostituzione dell'avv. C G M, per il V;
l'avv. M S per il C, che hanno concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Palermo riformava parzialmente la pronuncia di primo grado, assolvendo il B, il T, la A, il C, i due V e il V da taluni reati, riconoscendo a quattro imputati le attenuanti generiche equivalenti alla riconosciuta aggravante;
escludendo per altri una aggravante ed effettuando un diverso bilanciamento tra circostanze per uno dei prevenuti;
rideterminando le pene finali, eliminando o sostituendo alcune pene accessorie, e concedendo a taluni il beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena, in forma subordinata per uno;
e confermava nel resto la medesima pronuncia del 30 gennaio 2017 con la quale il Tribunale di Palermo aveva condannato: - Cesare P, Gaspare T, Antonio B e Ida A in relazione ai reati di cui agli artt. 416, primo, secondo e terzo comma, cod. pen. (capo di imputazione 1);
81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 5);
110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 6);
81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 7);
110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 8);
81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 9);
110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 10);
81, 110, 476, 491-bis cod. pen. (capo 26);
- il solo Cesare P in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110 e 322, quarto comma, cod. pen. (capo 2);
110 e 322, quarto comma, cod. pen. (capo 3);
110 e 322, quarto comma, cod. pen. (capo 4);
- Gaspare T, Antonio B e Ida A in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 11);
- Gaspare T, Antonio B, Ida A, Antonio V e L V in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 12);
2 (te - Gaspare T, Antonio B e Ida A in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 13);
- Gaspare T, Antonio B, Ida A e Giuseppe V in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 14);
- Gaspare T, Antonio B e Ida A in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 15);
110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 16);
81, 110, 319, 321 e 319-bis cod. pen. (capo 17);
110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 18);
81, 110, 476, 491-bis cod. pen. (capo 28);
- Gaspare T, Antonio B, Ida A e Giuseppe C in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 20);
- Gaspare T, Antonio B, Ida A e Vittorio F in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 22);
- Gaspare T, Antonio B e Ida A (in concorso con G T) in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. (capo 24). Rilevava la Corte territoriale come le emergenze processuali avessero dimostrato la colpevolezza dei prevenuti con riferimento a reati commessi nella veste di funzionari operanti all'interno dell'ufficio tributi del comune di Palermo: in dettaglio, il P aveva agito come direttore del settore contenziosi dell'ufficio Tarsu (tassa sui rifiuti solidi urbani) e T (tributo comunale sui rifiuti e sui servizi);
il T e il B come istruttori geometri, impegnati a verificare le dichiarazioni dei contribuenti, nonché effettuare il calcolo delle superfici e delle destinazioni d'uso degli immobili da assoggettare a quella imposta;
la A come istruttore amministrativo incaricata di inserire i relativi dati nel sistema informatico dell'ufficio. Imputati che avevano provveduto, volta per volta, ad alterare i dati, riducendo le superfici o modificando le destinazioni d'uso degli immobili interessati, proponendo ai contribuenti la possibilità di pagare una somma di denaro per ottenere un risparmio nella quantificazione della Tarsu o della T da versare;
versamento di quelle somme di denaro che, oltre ad integrare gli estremi di una corruzione aggravata per atti contrari ai doveri di ufficio, aveva finito per configurare anche una truffa ai danni dell'ente locale (aspetto, quest'ultimo, che era valso a confermare l'affermazione di penale responsabilità dei privati V, V, C e F, che avevano beneficiato della riduzione delle imposte da versare all'amministrazione comunale). Attività che erano state svolte dai pubblici funzionari in maniera continuativa e organizzata, tanto da poter riconoscere a carico dei quattro pubblici ufficiali la sussistenza del reato associativo loro ascritto al capo 1). Avverso tale sentenza hanno presentato ricorso i nove imputati elencati in epigrafe.
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore, il P ha dedotto, con un unico punto, la violazione di legge, in relazione agli artt. 546, comma 3, 125, comma 3, 444 e 448, comma 1, cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello ingiustificatamente disatteso la richiesta con la quale la difesa aveva sollecitato la censura della decisione del Pubblico Ministero di non prestare il consenSo alla richiesta di applicazione di pena a suo tempo formulata dall'imputato: sollecitazione era stata formulata tanto al giudice del dibattimento di primo grado quanto al giudice di appello, la cui fondatezza era stata confermata dal fatto che in secondo grado il calcolo della pena era stato effettuato sostanzialmente in maniera conforme (anzi in maniera ancora più favorevole) al calcolo proposto con la richiesta di patteggiamento.
3. Con due distinti atti di analogo tenore, sottoscritti dal loro comune difensore, L e Antonino V hanno dedotto il vizio di motivazione, per carenza, contraddittorietà, illogicità e travisamento del fatto e della prova, per avere la Corte di appello confermato la pronuncia di condanna con riferimento all'imputazione del capo 12), benché gli elementi di prova a carico dei due V fossero di equivoca valenza (la formale sottoscrizione di una denuncia di variazione dei dati catastali, il rinvenimento di una copia della sua patente nello studio del coimputato B, le parziali ammissioni del fratello L V e la scoperta di una somma di denaro in contanti nello studio del T e del B, che era compatibile con la spiegazione del compenso professionale);
omettendo di considerare che nella richiesta di rideterminazione della T firmata dal V, come legale rappresentante della società Expo Truck, erano stati indicate circostanze vere e che la situazione di incertezza che aveva condotto la Corte di merito ad assolvere i due imputati dal reato di corruzione avrebbero dovuto portare ad adottare la medesima conclusione anche per l'addebito di truffa aggravata.
4. Con atto sottoscritto dal suo difensore, il T ha dedotto i seguenti due motivi.
4.1. Violazione di legge, in relazione all'art. 448 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello omesso di rispondere in ordine alla richiesta con la quale, nel corso del giudizio di primo grado, la difesa aveva chiesto al Tribunale di giudicare ingiustificato il diniego manifestato dal pubblico ministero alla istanza di patteggiamento formulata nell'udienza preliminare e reiterata subito prima della dichiarazione di apertura del dibattimento;
nonostante, poi, la Corte territoriale abbia poi finito per ritenere incongrua la pena inflitta in primo grado e per ridurla.
4.2. Violazione di legge, in relazione all'art. 640, secondo comma, n. 1, cod. pen., per avere la Corte distrettuale confermato la pronuncia di condanna dell'imputato in relazione alla fattispecie di truffa aggravata, benché fosse risultato provato che l'ente comunale, presunta vittima dell'illecito, non aveva fornito alcuna cooperazione per il conseguimento del profitto ingiusto e che il danno patito era derivato da una procedura di autoliquidazione da parte del contribuente ed era consistito nel versamento di tributi locali per importi inferiori a quanto dovuto;
senza neppure trascurare che una truffa non poteva essere riconosciuta in assenza di un inganno, dato che il risultato perseguito dagli imputati era stato in sostanza quello di dare attuazione ad un accordo corruttivo.
5. Con atto sottoscritto dal suo difensore, il V ha dedotto la violazione di legge, in relazione all'art. 546 cod. proc. pen., e il vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere la Corte di appello confermato la pronuncia di condanna di primo grado sulla base di una non corretta valutazione delle prove.
6. Con atto sottoscritto dal suo difensore, il B ha dedotto i seguenti tre motivi.
6.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125, 546 e 448 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello omesso di rispondere
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