Cass. pen., sez. III, sentenza 13/03/2024, n. 20573

CASS
Sentenza
13 marzo 2024
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13 marzo 2024

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In tema impugnazioni, è inappellabile la sentenza di condanna con la quale è inflitta la pena dell'ammenda, anche se in sostituzione, in tutto o in parte, di quella dell'arresto, per effetto del disposto dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., come novellato dall'art. 34, comma 1, lett. a), d.lgs. 22 ottobre 2022, n. 150, e della contestuale introduzione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui agli artt. 20-bis cod. pen. e 53 e ss. legge 24 novembre 1981, n. 689.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 13/03/2024, n. 20573
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20573
Data del deposito : 13 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

20573-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Composta da Sent. n.548 Presidente - Luca Ramacci UP 13/03/2024 Donatella Galterio R.G.N. 44501/2023 Alessio Scarcella Alberto Galanti Relatore Giuseppe Noviello ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da RI SE, nata in [...] il [...], avverso la sentenza del Tribunale di Cassino del 04/05/2023. visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alberto Galanti;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Dr. Gianluigi Pratola, che ha concluso per la conversione del ricorso in appello, con la conseguente trasmissione degli atti alla Corte di appello di Roma per il giudizio. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 04/05/2023, il Tribunale di Cassino condannava SE RI alla pena di euro 15.000,00 di ammenda, così sostituita la pena detentiva, in ordine al reato di cui agli articoli 44 e 95 d.P.R. 380/2001, ordinando altresì la demolizione del manufatto.

2. Avverso il provvedimento l'imputata propone in data 26 settembre 2023 - appello, convertito in ricorso per cassazione. 1 Con il primo e unico motivo lamenta violazione dell'articolo 157 cod. pen. per avere la sentenza omesso di dichiarare il reato estinto per prescrizione, pur in presenza di prova documentale e dichiarativa in tal senso.

3. In data 15 febbraio 2024 l'Avv. Francesco Scalia, quale difensore della ricorrente, depositava memoria in cui sottolineava l'appellabilità della sentenza impugnata, alla luce del principio consolidato secondo cui la sentenza di condanna a sanzione pecuniaria sostitutiva di pena detentiva deve ritenersi appellabile, sussistendo la possibilità di revoca del beneficio, ai sensi dell'art. 72 della legge n. 689/81, e non potendo comunque ritenersi ammissibile il sacrificio del secondo grado di giudizio (Cass. Pen., sez. IV, 22 novembre 2012, n. 45751) e ha evidenziato, altresì, che «l'art. 593, comma 3, c.p.p. fa riferimento alle sole pene di condanna a pena originariamente prevista come ammenda (Cass. Pen., sez. III, 11 aprile 2016, n. 14738)». CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile.

1. Preliminarmente il Collegio evidenzia come sia la difesa del ricorrente che il Procuratore generale abbiano invocato la riqualificazione dell'impugnazione proposta in atto di appello.

1.1. Tale posizione risulta conforme al principio, consolidato nella pregressa giurisprudenza della Corte, secondo cui l'impugnazione esperibile avverso una sentenza di condanna per una contravvenzione per la quale sia stata inflitta la pena dell'ammenda, come sanzione sostitutiva in tutto o (come nel caso in esame) in parte dell'arresto, è l'appello e non il ricorso per - cassazione, facendo riferimento l'art. 593, comma 3, cod. proc. pen. alle sole sentenze di condanna a pena originariamente prevista come ammenda (v., ex plurimis, Sez. 3, n. 14738 del 11/02/2016, Lupo, Rv. 266833 - 01; Sez. 4, n. 45751 del 08/11/2012, Longo, Rv. 253645-01; Sez. 1, n. 10735 del 05/03/2009, Provvidenti, Rv. 242879). Si era in passato ritenuto, in sostanza (Cass. Pen., sez. 6, 22 novembre 2012, n. 45751, cit.), che la sentenza di condanna a sanzione pecuniaria sostitutiva di pena detentiva dovesse ritenersi appellabile «sussistendo la possibilità di revoca del beneficio, ai sensi dell'art. 72 della legge n. 689/81, e non potendo comunque ritenersi ammissibile il sacrificio del secondo grado di giudizio (v., ex multis, Cass., n. 14241/99, Rv. 215115; Cass., n. 14295/2001, Rv. 221169)». Il principio riposava su una risalente - ma mai superata - pronuncia delle ON IT (Sez. U, n. 7902 del 03/02/1995, Bonifazi, Rv. 201547 -02), che riteneva appellabili le sentenze di condanna a pena pecuniaria, in sostituzione di pena detentiva, sulla base di una duplice considerazione.

1.1.1. In primo luogo, si sosteneva che l'utilizzo del termine «applicata» escluderebbe, in concreto, le contravvenzioni per cui la legge prevede, in modo congiunto, l'irrogazione dell'ammenda congiuntamente all'arresto, in quanto la «sostituzione» della pena detentiva con 2 una delle sanzioni sostitutive è una fase successiva a quella della «applicazione>> della pena detentiva.

1.1.2. In secondo luogo, la citata sentenza aggiungeva - con specifico riferimento all'istituto della conversione delle pene detentive-che esso prevedeva, in ragione della durata della pena detentiva da sostituire, diverse sanzioni, la cui applicazione presupponeva la irrogazione di una pena detentiva concretamente determinata al fine di selezionare la sanzione sostitutiva concretamente applicabile. Solo tale determinazione consentiva di individuare la sanzione sostitutiva applicabile. E l'art. 61 della legge cit. n. 689 disponeva, infatti, espressamente, che, nel dispositivo della sentenza di condanna (o del decreto penale) deve essere sempre indicata la specie e la durata della pena detentiva sostituita con la semidetenzione, la libertà controllata o la pena pecuniaria, di modo che l'applicazione della sanzione non faceva venir meno la condanna (alla pena detentiva), ma anzi, la presupponeva e ne era vincolata. Conclusivamente, si riteneva che l'istituto della conversione non concernesse la sostituzione, in sé, della pena detentiva inflitta, ma solo l'esecuzione di tale pena». L'assunto è stato recentemente ribadito anche da Sez. 4, Ord. n. 11375 del 30/01/2024, Mamani, Rv. Rv. 286018 01, che ha ritenuto ininfluente la modifica operata dal d. lgs. - 150/2022 all'articolo 593 cod. proc. pen.. 1.2. Non è in discussione il valore nomofilattico del principio espresso dalle citate ON IT (ancorchè in epoca precedente alla introduzione dell'art. 618, comma 1-bis, cod. proc. pen.; sul punto, v. Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273549 01); il Collegio tuttavia ritiene che esso richieda una rimeditazione alla luce delle recenti modifiche normative introdotte dal d.lgs. n. 150/2022 (c.d. «riforma Cartabia»), che si ritengono determinanti pur a fronte di quanto asserito dalla sentenza ultima citata (depositata in data 19 marzo 2024 e quindi in epoca successiva alla deliberazione della presente decisione, circostanza che esclude la possibilità di rimettere la questione alle ON IT della Corte). Tale riforma ha infatti modificato profondamente sia il «sistema» delle impugnazioni (introducendo, tra l'altro, l'istituto della improcedibilità) che quello sanzionatorio (introducendo, a regime, le «pene sostitutive» in sostituzione delle vecchie «sanzioni sostitutive>>).

1.2.1. Con la "Legge Cartabia" è stata operata una modifica di estrema importanza al sistema sanzionatorio penale, posto che, quelle previste dalla legge

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