Cass. pen., sez. III, sentenza 11/05/2018, n. 20879
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da I G, nata a Surba (Le) il 26/10/1977 avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce del 21/11/2016;visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;sentita la relazione svolta dal consigliere E M;udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L C, che ha concluso chiedendo dichiarare inammissibile il ricorso;udite le conclusioni del difensore della ricorrente, Avv. A F, anche in sostituzione dell'Avv. G D L, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 21/11/2016, la Corte di appello di Lecce, in riforma della pronuncia emessa il 7/11/2012 dal locale Tribunale, sezione distaccata di Campi Salentina, rideterminava la pena a carico di G I - con riguardo al delitto di cui agli artt. 88, 221 TLPS, 4, commi 1, 4-bis, 4-ter, I. 13 dicembre 1989, n. 401 - in quattro mesi di reclusione;alla stessa, quale titolare di un punto internet denominato "Change Betting di I G", era contestato di aver abusivamente svolto un'attività organizzata diretta all'accettazione ed alla raccolta per via telematiche di scommesse su eventi sportivi - tramite la società G - in assenza della prescritta autorizzazione di cui all'art. 88 TULPS e di quella rilasciata dal CONI. 2. Propone diffuso ricorso per cassazione l'Indennitate, a mezzo del proprio difensore, deducendo - attraverso due distinti motivi - l'intervenuta prescrizione del reato e la violazione di plurime disposizioni di legge. Premesso che, a mezzo della sanatoria di cui all'art. 1, comma 643, I. n. 190 del 2014, il legislatore avrebbe realizzato in materia "un'amnistia mascherata", all'esclusivo fine di "fare cassa", così transitando da un sistema concessorio ad uno autorizzatorio, sicché la norma contestata - fondata sul primo - risulterebbe di fatto abrogata;ciò premesso, la prima sentenza che avrebbe affermato la possibilità di chiedere la licenza ex art. 88 TULPS (mai richiesta dalla ricorrente ed unico profilo alla stessa contestato) anche in difetto della concessione sarebbe stata pronunciata dal Consiglio di Stato nel dicembre 2008, ossia in epoca successiva all'inizio dell'attività della Indennitate. Tale principio, pertanto, non potrebbe esser invocato nel caso di specie. La sentenza in oggetto, inoltre, si fonderebbe sull'istituto della concessione (di cui al cd. bando Monti del 2012), come già visto poi estromesso dall'ordinamento con la legge di Stabilità per il 2015;orbene, la Corte di appello avrebbe dovuto valutare tale fondamentale modifica normativa, come prescritto dalla sentenza della Corte di Lussemburgo del 30/6/2016, Admiral. Ancora, la decisione non avrebbe valutato che G risulterebbe sì privo della concessione ministeriale, 9t(r solo per esser stato discriminato dalla disciplina nazionale, contraria ai principi comunitari;sì che la stessa società, per un verso, avrebbe subito la revoca della concessione del 2003 e, per altro verso, non avrebbe potuto partecipare al cd. bando Monti. Ne consegue che non potrebbe esser addebitato alla ricorrente il mancato possesso dell'autorizzazione di P.S., immediatamente riferibile all'illegittima esclusione della Golbet dalla procedura di assegnazione di licenze;e fermo restando, peraltro, che la ricorrente avrebbe costituito una rappresentante/intermediaria del bookmaker straniero, che, permettendo di tutelare i giocatori e l'ordine pubblico interno, consentirebbe l'esercizio del diritto transfrontaliero ad opera del bookmaker stesso. Si chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza, ovvero la disapplicazione delle norma contestate, ovvero ancora l'assoluzione dell'imputata;in alternativa, si chiede sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 88 TULPS e dell'art. 4 contestato per contrasto con gli artt. 1, 3, 4, 10, 11,13, 15, 21, 23, 25, 43 e 53 Cost., oppure questione pregiudiziale comunitaria per verificare - sotto i plurimi profili di cui alle pagg. 12-13 del gravame - la compatibilità della disciplina interna con quella comunitaria. CONSIDERATO IN DIRITTO 4. Premesso che il reato in esame non era affatto estinto per prescrizione alla data della pronuncia di appello, attese le intervenute sospensioni dei relativi termini, il ricorso risulta manifestamente infondato. Osserva innanzitutto il Collegio che - per costante e condivisa giurisprudenza di questa Corte - integra il reato previsto dall'art. 4, I. n. 401 del 1989, la raccolta di scommesse su eventi sportivi da parte di un soggetto che - privo della licenza di cui all'art. 88 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 - compia attività di intermediazione per conto di un allibratore straniero privo di concessione. Tuttavia, poiché le autorizzazioni di polizia sono rilasciate unicamente ai titolari di una concessione, eventuali irregolarità commesse nell'ambito della procedura di rilascio di queste ultime vizierebbero anche quella volta al rilascio dell'autorizzazione di polizia, la cui mancanza non potrebbe perciò essere addebitata a soggetti che non siano riusciti ad ottenerla per il fatto che il rilascio di tale autorizzazione presuppone l'attribuzione di una concessione, di cui i detti soggetti non hanno potuto beneficiare in violazione del diritto dell'Unione. Ne consegue che, in mancanza della concessione e della licenza, per escludere la configurabilità della fattispecie incriminatrice occorre la dimostrazione che l'operatore estero non abbia ottenuto le necessarie concessioni o autorizzazioni a causa di illegittima esclusione dalle gare (Sez. 3, n. 40865 del 20/09/2012, Maiorana, Rv. 253367) o per effetto di un comportamento comunque discriminatorio tenuto dallo Stato nazionale nei confronti dell'operatore comunitario. In siffatti casi, il Giudice nazionale, anche a seguito della vincolante interpretazione data alle norme del trattato dalla Corte di giustizia CE, dovrà disapplicare la normativa interna per contrasto con quella comunitaria;ed infatti, non integra il reato di cui all'art. 4 in esame la raccolta di scommesse, in assenza di licenza, da parte di un soggetto che operi in Italia per conto di un operatore straniero cui la concessione sia stata negata per illegittima esclusione dai bandi di gara e/o mancata partecipazione a causa della non conformità, nell'interpretazione della Corte di giustizia CE, del regime concessorio interno agli artt. 43 e 49 del Trattato CE (Sez. 3, n. 28413 del 10/07/2012, C, Rv. 253241;successivamente, tra le altre, Sez. 3, n. 37851 del 4/6/2014, Parrelli, Rv. 260944;Sez. 3, n. 12335 del 7/1/2014, Ciardo, Rv. 259293). 5. In sintesi, per escludere la configurabilità della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 4 cit., occorre la dimostrazione che l'operatore estero non abbia ottenuto le stesse o a causa di una illegittima esclusione dalle gare (Sez. 3, n. 14991 del 25/03/2015, Arcieri, Rv. 263115;Sez. 3, n. 37851 del 04/06/2014, Parrelli, Rv. 260944;Sez. 3, n. 40865 del 20/09/2012, Maiorana, Rv. 253367) o per effetto di un comportamento comunque discriminatorio tenuto dallo Stato nazionale nei confronti dell'operatore comunitario stesso. Ne consegue che per procedere - come richiesto nel gravame - alla disapplicazione della normativa interna anche nei confronti degli operatori comunitari, cui l'imputato sia collegato, sarebbe necessario dimostrare rispetto a quali gare si sia dispiegato il comportamento discriminatorio nei confronti delle predette società sotto il profilo o di un'arbitraria esclusione oppure di un impedimento a partecipare (nonostante la manifestata volontà) in condizione di parità con gli altri concorrenti oppure individuare un comportamento comunque discriminatorio tenuto dallo Stato nazionale nei loro confronti (tra le molte, Sez. 3, n. 39561 del 20/7/2017, Saiz, non massimata).
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