Cass. civ., sez. II, sentenza 04/02/2021, n. 02638

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 04/02/2021, n. 02638
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 02638
Data del deposito : 4 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sul ricorso 36653-2018 proposto da: G M, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI SAN VALENTINO, 21, presso lo studio dell'avvocato R D V, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato F C giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

CONSOB - COMMISSIONE NAZ.PER LA SOCIETÀ E LA

BORSA

80204250585, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.B. MARTINI, 3 C/0 CONSOB, presso lo studio dell'avvocato P P, che la rappresenta e difende unitamente (;) agli avvocati ANNUNZIATA PALOMBELLA, SALVATORE PROVIDENTI in virtù di procura in calce al controricorso;
- con troricorrente - avverso la sentenza n. 1325/2018 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/12/2020 dal Consigliere Dott. M C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C S che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato F C per delega dell'avvocato F C per il ricorrente, e l'avvocato P P per la Consob

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di opposizione ai sensi dell'art. 195 co. 4° e ss. del D.Igs. 58/98, G Massimiliano e la Cassa di Risparmio di Cesena S.p.A. lamentavano la nullità della delibera Consob n. 20004 del 17 maggio 2017, con la quale erano state irrogate plurime sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti di diversi soggetti esponenti aziendali della Cassa di Risparmio. In particolare, quanto alla posizione del G era contestata: a) la violazione dell'art. 21 co. 1 del D. Lgs. n. 58/98 e dell'art. 15 del regolamento congiunto Banca d'Italia- Consob del 29 ottobre 2017, adottato ex art. 6 co. 2 bis del TUF, per il periodo tra il 1 maggio 2011 ed il 24 luglio 2015, non avendo adottato procedure idonee ad assicurare il corretto svolgimento dei servizi di investimento in relazione alle procedure interne ed alle condizioni operative del servizio di consulenza ed alla procedura per la classificazione degli strumenti finanziari, nonché dell'art. 21 co. 1 lett. a) del TUF, che impone agli intermediari di comportarsi con diligenza, Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09-12-2020 -2- correttezza e trasparenza nell'interesse dei clienti, e degli artt. 39 e 40 Reg. Consob n. 16190/2007 (regolamento intermediari) in relazione alla valutazione di adeguatezza ed appropriatezza degli investimenti ed alla distribuzione di strumenti con profilo non coerente con quello del cliente;
b) la violazione dell'art. 21 co. 1 lett. a) TUF, in relazione alle criticità afferenti al sistema interno di scambio di azioni proprie, con riferimento al periodo tra il 1 gennaio 2012 ed il 24 luglio 2015. L'accertamento scaturiva da una serie di verifiche condotte dalla Consob a seguito della segnalazione di Banca d'Italia che stava conducendo un'ispezione sulla banca, conclusasi il 21 luglio 2015, ed i cui esiti erano stati trasmessi alla Consob il 13 novembre 2015. Quanto alla prima violazione era stato contestato che, sebbene fosse stato previsto un "perimetro di consulenza" di titoli che potevano essere oggetto di tale servizio, non erano stati impartiti criteri direttivi volti a limitare la discrezionalità degli operatori ed ad assicurare un'oggettiva valutazione degli strumenti da consigliare;
ancora non vi erano, fino al mese di agosto del 2014, dei blocchi procedurali che impedissero agli operatori di negoziare in regime di consulenza dei titoli estranei al paniere di riferimento. Inoltre, solo da gennaio 2015 era stata introdotta una verifica centrata per indirizzare l'offerta ai clienti con un profilo di rischio adeguato, considerando un limite massimo per emittente di titoli illiquidi detenuti. In merito alla mappatura dei prodotti si è riscontrato che fin dal mese di marzo del 2011 la collocazione nelle classi di rischio era più volte mutata, e che solo dal mese di gennaio del 2015 le azioni erano state considerate a rischio alto anziché medio alto, sebbene i fondi comuni azionari già lo fossero da Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09-12-2020 -3- prima;
era stata elevata la valutazione di rischiosità delle obbligazioni subordinate che invece fino a febbraio del 2014 erano assimilate a quelle ordinarie. Secondo i rilievi ispettivi si riteneva altresì incongruo aver lasciato nella classe di rischio medio alto le obbligazioni convertibili con opzione esercitabile solo dall'emittente. Del pari contestato era il fatto che le obbligazioni della banca erano state incluse in una categoria di rischio più bassa rispetto a quelle di altri emittenti e che le obbligazioni strutturate della banca erano state assimilate a quelle ordinarie, a differenza delle obbligazioni analoghe di altri emittenti. Nell'accertamento si segnalava che i test automatici di adeguatezza - appropriatezza fino al gennaio 2015 mancavano di un controllo sulla concentrazione del portafoglio e vi erano solo analisi discrezionali degli operatori, il che comprometteva l'oggettività e l'omogeneità del presidio in tutti i tipi di verifiche, posto che la non adeguatezza procedurale poteva essere forzata da una valutazione manuale, con una motivazione sintetica contraria, semplicemente riportata in una nota informatica. Peraltro, le analisi delle operazioni per gli anni 2014 e 2015 sui titoli della banca avevAvidenziato delle percentuali molto elevate di operazioni ritenute adeguate, sottolineandosi che l'innalzamento della classe di rischio avvenuta a gennaio del 2015, con l'abbassamento della percentuale automatica di adeguatezza era stata compensata da un innalzamento della valutazione manuale di adeguatezza, assicurando pertanto dei livelli analoghi a quelli precedenti. Altra contestazione era quella relativa ad una significativa operatività ad asserita "iniziativa cliente", ossia non in consulenza, per strumenti invece rientranti nel perimetro della Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09-12-2020 -4- stessa come delimitato dalla banca, in particolare per titoli propri. La percentuale di clienti con contratti di consulenza pari al 95% e la percentuale delle operazioni ad iniziativa clienti su obbligazioni della banca pari al 27- 28%, nonché il limitato numero di clienti qualificati come professionali inducevano a ritenere che in realtà si trattava di ordini non adeguati portati a termine in appropriatezza. Secondo la Consob ciò aveva causato la distribuzione di titoli a rischio superiore verso clienti con profili di rischio inferiore relativamente ad obbligazioni della banca subordinate o convertibili. In merito alla seconda violazione la Consob rilevava che il regolamento interno dell'asta settimanale delle azioni della banca adottato nel 2012 prevedeva un unico prezzo di riferimento, individuato in quello al quale era negoziabile la maggior quantità delle azioni secondo le offerte di acquisto e vendita, ma tuttavia era stato praticato il prezzo massimo della giornata presa a campione (9 gennaio 2015). Questo prezzo era stato poi assunto a parametro del valore di conversione delle obbligazioni subordinate del dicembre 2014, di gran lunga superiore a quelli medi dei gruppi di confronto riferito nel prospetto informativo dell'emissione, nel proprio interesse e senza far ricorso ad un advisor esterno per le opportune valutazioni, e ciò sebbene nel 2013 vi fossero stati degli scambi assai ridotti di azioni della banca, acquistate per il 50% dalla banca stessa mentre l'80% degli ordini di vendita rimaneva ineseguito. La Corte d'Appello di Bologna con la sentenza n. 1325 del 18 maggio 2018, nella resistenza della Consob, ha rigettato l'opposizione, condannando gli opponenti al rimborso delle spese di lite punto Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09-12-2020 -5- Quanto alle censure che investivano le modalità procedimentali del procedimento sanzionatorio, la sentenza in primo luogo rilevava che gli opponenti non avevano rappresentato un concreto pregiudizio derivante dai vizi procedurali lamentati, atteso che la delibera impegnata aveva dato atto della considerazione delle controdeduzioni scritte alla relazione USA presentate dagli opponenti, essendo frutto di un'affermazione non corrispondente alla realtà, e dovuta ad un errore di trascrizione, l'affermazione presente nella stessa delibera della presa d'atto della mancanza di controdeduzioni. Alcuna illegittimità poteva individuarsi nel procedimento sanzionatorio, come rilevato anche dalla giurisprudenza di legittimità, la quale aveva di recente ribadito che le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla Consob ai sensi dell'articolo 190 del decreto legislativo n. 58 del 1998 non potevano ritenersi avere carattere sostanzialmente penale, tenuto conto della loro tipologia, severità ed incidenza patrimoniale e personale. Ciò impediva quindi di poter invocare i principi del giusto processo e le garanzie dettate dall'articolo 6 della CEDU, così come estesi alle sanzioni amministrative aventi carattere sostanzialmente penale a seguito della sentenza Grande Stevens. Erano altresì infondate le doglianze che investivano le carenze del contraddittorio durante la fase del procedimento amministrativo, ciò in quanto nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa il sindacato del giudice di merito si estende alla validità sostanziale del provvedimento impugnato attraverso un autonomo esame circa la ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto della violazione contestata, così che nessun rilievo assumono gli eventuali vizi del procedimento Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09-12-2020 -6- relativi all'omessa valutazione di eventuali deduzioni difensive dell'incolpato da parte dell'autorità che ha adottato il provvedimento sanzionatorio. In tal senso bisogna valorizzare la possibilità delle parti di poter far esaminare le loro doglianze della successiva fase giurisdizionale, con esclusione quindi di qualsivoglia pregiudizio. Del pari infondata era la doglianza concernente la tardività della contestazione atteso che, sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, il momento dell'accertamento previsto dall'articolo 195 TUF non coincide necessariamente ed automaticamente né con il giorno in cui l'attività ispettiva sia terminata né con quello in cui sia stata depositata la relazione dell'indagine presso l'autorità competente. Nella specie occorreva considerare che, una volta ricevuto da parte della Consob il rapporto ispettivo, a conclusione dell'attività di vigilanza, non poteva affatto ritenersi configurato l'accertamento, posto che gli elementi di fatto acquisiti dovevano essere valutati da parte della Consob, onde riscontrare se vi fossero elementi oggettivi e soggettivi di una fattispecie di illecito rilevante, nonché al fine di graduare ed individuare le responsabilità degli esponenti dipendenti dell'intermediario e ricostruire in maniera puntuale le modalità operative seguite. La Consob aveva, infatti, osservato che tra la data del 13 novembre 2015, allorché aveva ricevuto il verbale ispettivo della Banca d'Italia, e quella di notifica delle contestazioni, avvenuta il 5 maggio 2016, aveva dovuto procedere ad una complessa attività di valutazione delle risultanze istruttorie, considerata anche la complessità della materia Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09-12-2020 -7- dell'intermediazione finanziaria. Per l'effetto doveva escludersi la violazione del termine di cui all'articolo 195 del TUF. Passando quindi al merito delle contestazioni, ed in relazione alla prima delle violazioni contestate, la sentenza impugnata riteneva corretta la ricostruzione operata nel provvedimento impugnato, in quanto, sebbene vi fossero delle disposizioni interne che delimitavano il cosiddetto perimetro della consulenza alle azioni ed obbligazioni della banca opponente ed ai titoli di Stato italiani nonché ai fondi comuni di investimento delle società con cui era stato stipulato un accordo commerciale, nonché a vari prodotti inseriti nel paniere di collocamento, era stata riscontrata un'inversione di quella che doveva essere la corretta procedura di consulenza, la quale impone la raccomandazione al cliente solo di operazioni che risultano adeguate al suo profilo, con la conseguente iniziale individuazione del profilo del cliente e quindi del rischio, e solo successivamente il suggerimento del tipo di investimento. Era emersa una carenza delle procedure (settore a cui era espressamente deputato il G) che lasciava agli addetti la più assoluta discrezionalità nel giudicare l'idoneità delle singole operazioni, a discapito della valutazione di oggettività ed omogeneità del rischio;
inoltre fino al mese di agosto del 2014 non risultavano blocchi procedurali idonei ad evitare la prestazione del servizio di consulenza al di fuori del perimetro previsto dalle disposizioni interne così che in assenza di tali blocchi vi era il rischio di negoziare in regime di consulenza anche prodotti finanziari diversi da quelli stabiliti nella policy. Inoltre, l'ispezione aveva riscontrato che solo a far data dal gennaio del 2015, la proposta commerciale relativa ai prodotti di investimento offerti in consulenze su iniziativa della banca era sorretta da una preliminare attività di verifica centrata ed Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09••12-2020 -8- atta ad indirizzare l'offerta di determinati titoli a clienti con profilo di rischio adeguato, tenendo conto del limite massimo di concentrazione per emittente e di quello relativo ai titoli liquidi detenuti nei relativi dossier. Il protrarsi di una discrezionalità così ampia, per svariati anni, risultava confermata dalle stesse difese degli opponenti, che avevano confermato l'assenza di blocchi procedurali, sebbene sul presupposto dell'assenza di qualsivoglia obbligo normativo al riguardo. Dalle indagini svolte era altresì emersa una mappatura dei prodotti estremamente carente, come riscontrato in materia di classificazione delle obbligazioni, per le quali la presenza di una clausola di subordinazione non era stata considerata come un fattore di rischio, addivenendosi, per le obbligazioni subordinate sia della banca che di altri soggetti, ad assimilarle a quelle ordinarie, trascurando la regola elementare secondo cui la classificazione del rischio di tali obbligazioni non va effettuata ex post bensì ex ante. Anzi proprio il mutamento reiterato nel tempo della distribuzione dei prodotti nelle varie classi di rischio, lungi dal giovare alla tesi difensiva della banca, confortava invece l'adozione di comportamenti opportunistici, di certo non posti in essere nell'interesse esclusivo del cliente. Anche l'analisi dell'adeguatezza ed appropriatezza e dei criteri di concentrazione del portafoglio denotava che la procedura informatica in uso presso la banca non era stata dotata di meccanismi bloccanti, emergendo inoltre che all'operatore era rimessa una valutazione autonoma, con una verifica di tipo manuale, priva di un'adeguata giustificazione. In sostanza non vi erano dei rimedi idonei ad impedire che operazioni raccomandate alla clientela e risultate inadeguate fossero invece riproposte strumentalmente con l'espediente Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09-12-2020 -9- dell'iniziativa del cliente, con l'applicazione del meno rigoroso regime di appropriatezza prescritto dall'articolo 42 del regolamento intermediari. In tal senso era risultato significativo il dato dell'elevata incidenza di operazioni ritenute non adeguate dalla procedura ma riclassificate come adeguate dall'operatore, con l'aggiramento delle normative poste a tutela degli investitori, e senza che rilevasse a tal fine l'assenza di un concreto danno da parte dei clienti, vertendosi in materia di illeciti di pericolo. Ancora, i rilievi ispettivi avevano evidenziato il rischio di concentrazione di strumenti finanziari illiquidi, almeno sino al gennaio del 2015, posto che l'analisi del portafoglio del cliente ai fini della valutazione della diversifiicazione del rischio era assolutamente discrezionale, e risultava carente dei presidi automatici di controllo, rimettendosi quindi ogni valutazione ai controlli manuali degli operatori. Nella sostanza il quadro complessivo che emergeva dall'ispezione portava a ritenere che venivano proposti alla clientela strumenti finanziari prima dello svolgimento del test di adeguatezza e che, anche in caso di esito di non adeguatezza dell'investimento, gli operatori con una valutazione manuale dell' adeguatezza ovvero facendo risultare l'investimento ad iniziativa del cliente, riuscivano a proporre gli strumenti finanziari che invece le regole comportamentali non avrebbero consentito di collocare. In merito alla seconda violazione, gli accertamenti della Banca d'Italia rivelavano che, diversamente da quanto descritto nel regolamento, il prezzo non derivava dalla convergenza tra la domanda e l'offerta, ma era quello massimo a cui avvenivano gli scambi in giornata. Secondo la sentenza impugnata, sebbene il criterio secondario posto dal regolamento per lo scambio di azioni proprie, vigente dal 2012, consentisse una Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09-12-2020 -10- deroga al prezzo di riferimento riguardante la maggior quantità di titoli nella giornata, con una minimizzazione degli eseguiti, rendendo lo scambio massimamente efficiente, doveva ritenersi che in realtà era lo stesso regolamento interno che consentiva sistematicamente di stabilire il prezzo massimo, anziché quello offerto o richiesto per la maggior parte degli ordini. Tale previsione costituiva a ben vedere in sé una violazione dell'articolo 21 lettera a) del TUF, che impone agli intermediari di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza negli interessi dei clienti e per l'integrità dei mercati. Il riferimento alla vicenda del prezzo di riferimento del prestito obbligazionario dell'ottobre del 2014, approvato dal consiglio di amministrazione nel maggio del 2014 col parere favorevole dei sindaci, serviva per dimostrare il grave effetto distorsivo che l'applicazione del regolamento aveva indirettamente portato per l'offerta stessa. Risultava pertanto confermata anche la correttezza della contestazione di cui alla seconda violazione. Quanto alla posizione del G, la sentenza ha rilevato che lo stesso, nella qualità di responsabile della funzione di conformità alle norme dal 24 gennaio 2012 al 1 dicembre 2013, per il periodo di competenza, doveva reputarsi responsabile per le molteplici carenze procedurali e comportamentali riscontrate dalla Consob. Questi non poteva esimersi da responsabilità per il fatto di aver chiesto informazioni ed effettuato verifiche, posto che essendo il G il soggetto preposto all'adozione delle procedure finalizzate a prevenire ed individuare le ipotesi di mancata osservanza degli obblighi imposti dalle disposizioni di recepimento della direttiva 2004/39/CE e delle relative misure di esecuzione, nonché a minimizzare e gestire in modo Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09-12-2020 -11- adeguato le conseguenze che ne derivavano, ed a consentire alle autorità di vigilanza di esercitare efficacemente i poteri loro conferiti dalla relativa normativa, era comunque responsabile per le violazioni contestate. La funzione di compliance impone di interloquire con gli organi di amministrazione e di controllo dell'intermediario, costituendo un ausilio dell'attività dei sindaci e deve coordinarsi con le altre funzioni aziendali di controllo generando flussi informativi rivolti ad assicurare agli organi di vertice piena consapevolezza delle modalità di gestione del rischio ed in conformità alle norme. La circostanza che il responsabile di tale funzione abbia un ruolo di tipo subordinato rispetto all'organo di amministrazione della banca non comporta che lo stesso vada del tutto esente da responsabilità, atteso che le violazioni accertate rientravano nell'ambito delle funzioni devolute all'esponente aziendale che riveste la funzione di compliance, il quale evidentemente non aveva adottato quei modelli procedurali ed i controlli interni idonei ad evitare i rischi poi in concreto manifestatisi. La dimostrazione di aver posto in essere una serie di adempimenti formali risulta quindi del tutto inutile di fronte alla concreta e rilevata inadeguatezza sostanziale delle procedure interne ad evitare il rischio di non conformità alla legge ed ai regolamenti nonché ai codici etici. Tale conclusione valeva poi per entrambe le violazioni in quanto le carenze procedurali riscontrate avevano direttamente investito l'operatività della banca con riferimento ad aspetti di importanza strategica che non potevano essere ignorati né minimizzati dalla funzione di compliance, potendosi quindi affermare che le violazioni comportamentali riscontrate erano la conseguenza della carenza delle procedure. Inoltre era priva Ric. 2018 n. 36653 sez. 52 - ud. 09-12-2020 -12- di rilievo la deduzione secondo cui i rilievi ispettivi si erano appuntati su operazioni svoltesi nel corso degli anni 2014 e 2015, allorché il G non era più responsabile della funzione, posto che si trattava di una mera esemplificazione, finalizzata a testimoniare l'esistenza di un sistema che andava avanti già da anni e che era iniziato allorquando l'esercizio della funzione di compliance era svolta dal G, ed era poi continuato con l'esercizio della funzione da parte di altri esponenti aziendali, parimenti sanzionati, ciascuno per il periodo di riferimento. Era, infine, disatteso il motivo di opposizione che investiva il trattamento sanzionatorio, atteso che nella quantificazione della sanzione pecuniaria irrogata si era tenuto conto del periodo di permanenza in carica dell'opponente nonché degli ambiti delle violazioni e delle carenze procedurali e comportamentali accertate, come confermato dal fatto che la sanzione applicata al G era di importo inferiore rispetto a quella applicata a coloro che gli erano succeduti nella funzione di compliance, avuto riguardo al diverso periodo di tempo per il quale era stata ricoperta.
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