Cass. pen., sez. V trib., sentenza 02/05/2022, n. 17099

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 02/05/2022, n. 17099
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17099
Data del deposito : 2 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: TORO MARIA ANTONIETTA nato a LECCE il 14/05/1948 TORO MASSIMILIANO nato a LECCE il 18/02/1969 avverso la sentenza del 05/10/2020 della CORTE APPELLO di LECCEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A C R che le parti non hanno formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza dell'art. 16 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, nella legge 25 febbraio 2022, n. 15. Lette la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione K T, che ha concluso per l'annullamento con rinvio limitatamente al secondo e al terzo motivo e il rigetto nel resto del ricorso, nei confronti di M A T, e per l'annullamento con rinvio limitatamente al secondo motivo e il rigetto nel resto, nei confronti di M T, nonché le conclusioni dei difensori dei ricorrenti, Avv. T S e Avv. P A, nel senso dell'accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 18/07/2016, il Tribunale di Lecce dichiarava M A T e M T, la prima quale amministratore di diritto e il secondo quale amministratore di fatto di Generai Service Piccola s.c.r.I., dichiarata fallita il 22/01/2011, responsabili dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per aver distratto due lavasciuga dal residuo valore contabile di euro 2.987 e 1.4000 e macchine elettroniche d'ufficio per un valore residuo di euro 2.011: capo a) e bancarotta fraudolenta documentale (capo b) e, assolti gli imputati dal fatto distrattivo relativo alla somma pari a circa 135 mila euro, applicate solo alla prima le circostanze attenuanti generiche, condannava la prima alla pena di anni 2 e mesi 2 di reclusione e il secondo alla pena di anni 3 e mesi 2 di reclusione, nonché alle pene accessorie fallimentari. Investita dalle impugnazioni degli imputati, la Corte di appello di Lecce, con sentenza deliberata il 05/10/2020, ha ridotto la pena principale irrogata a M A T ad anni 2 di reclusione e la durata delle pene accessorie fallimentari nella misura di anni 2 per l'imputata e di anni 3 per M T, confermando nel resto la sentenza di primo grado.

2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Lecce ha proposto ricorso per cassazione M T, attraverso il difensore Avv. T S, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Il primo motivo denuncia, promiscuamente, inosservanza degli artt. 110 cod. pen., 216, 217 e 223 I. fall., nonché vizi di motivazione.

2.1.1. Le risultanze dell'istruttoria dibattimentale non consentono di ritenere che il ricorrente esercitasse poteri gestori in maniera continuativa e non occasionale, ulteriori rispetto a quelli attribuitigli con la procura che secondo lo stesso curatore non consente di qualificalo amministratore di fatto, né può essergli attribuita la qualifica di extraneus del reato proprio.

2.1.2. La sentenza impugnata ritiene irrilevante la fattura del 2008 comprovante la vendite delle due lavasciuga non essendovi traccia documentale nella contabilità della società né della vendita, né della destinazione della somma ricavata, ma tale conclusione è apodittica, posto che la documentazione per quell'anno è stata omessa e comunque la sentenza di primo grado ha assolto gli imputati dalla contestata distrazione della somma complessiva di circa 135 mila euro in virtù della documentazione extracontabile prodotta in giudizio attestante l'impiego della somma per il pagamento dei dipendenti, tanto più che il valore dei beni che si assumono distratti è assai modesto, sicché una loro diversa destinazione non può considerarsi distrazione rilevante, non potendosi prescindere da una valutazione del capacità del fatto distrattivo di incidere sulla garanzia dei creditori. Il mancato accertamento del pericolo concreto attribuibile ai fatti contestati non può dirsi corretto dalle argomentazioni utilizzate per escludere la circostanza attenuante di cui all'art. 219, ultimo comma, I. fall. in quanto l'affermazione circa il carattere non irrisorio dei beni ritenuti distratti è in contrasto con il rilievo della stessa sentenza impugnata secondo cui detti beni avevano un valore più o meno modesto, mentre il valore complessivo di poco più di 6 mila euro è di per è inidoneo a determinare un significativo squilibrio patrimoniale dell'impresa tale da danneggiare i creditori. Secondo la sentenza impugnata, la società avrebbe avuto dal 2008 un'operatività limitata, ma comunque sarebbe proseguita con dieci dipendenti, ma l'affermazione è contraddittoria, non essendo possibile che, licenziato nel 2009 l'ultimo dipendente, la società abbia potuto operare nel 2010 e nel 2011. 2.1.3. La sentenza impugnata non ha dato conto del dolo specifico della bancarotta documentale contestata, né del dolo generico. Non vi erano poste attive o cespiti da occultare e l'unica conseguenza accertata dell'irregolare tenuta della contabilità è la contestazione relativa alla distrazione dei 135 mila euro, poi rivelatasi insussistente.
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