Cass. civ., sentenza 04/12/1996, n. 10823

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Il collegamento tra le violazioni previste da leggi in materia finanziaria (e quindi relative ai tributi dello Stato: art. 1 legge 7 gennaio 1929, n. 4) e la disciplina generale delle sanzioni amministrative e' espressamente stabilito dall'art. 39 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e trova ulteriore riscontro normativo nell'art. 12 della legge n. 689 cit., il quale, definendo l'ambito applicativo delle disposizioni del capo I (nel quale sono compresi gli artt. 7 e 39), stabilisce che esse si osservano - in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito - per tutte le violazioni per le quali e' prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro, anche quando questa sanzione non e' prevista in sostituzione di una sanzione penale.

Costituisce principio generale riaffermato in un arco di tempo ormai considerevole e tradotto in esplicite proposizioni normative, quello per cui le obbligazioni di pagare le somme dovute a titolo di sanzioni per le violazioni amministrative non si trasmettono agli eredi. Tale principio si rende applicabile a tutte le violazioni per le quali e' prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non e' prevista in sostituzione di una sanzione penale, e trova la sua ragione giustificativa nel carattere afflittivo di tali sanzioni che le riconduce all'ambito del diritto punitivo, accentuandone - quindi - la stretta inerenza alla persona del trasgressore.

L'art. 3 della legge n. 4 del 1929 relativa agli illeciti tributari e alle relative pene pecuniarie, nell'affidare alle leggi finanziarie di stabilire quando, dalla violazione delle norme in esse contenute e che non costituisca reato, sorga, per il trasgressore, l'obbligazione a pagamento di una somma a titolo di pena pecuniaria, a favore dello Stato, e nell'aggiungere che l'obbligazione ha carattere "civile", non presenta alcun carattere di incompatibilita' con la disciplina dettata dalla legge n. 689 del 1981. Anche le pene pecuniarie per violazione di leggi finanziarie (cosi' come le sanzioni amministrative) appartengono, infatti, al sistema del diritto punitivo, caratterizzato dalla natura afflittiva della sanzione comminata al trasgressore. Ne consegue pertanto, l'applicabilita', anche alle sanzioni pecuniarie relative ad illeciti tributari, della disposizione di cui all'art. 7 legge n. 689 del 1981 relativa alla intrasmissibilita' dell'obbligazione agli eredi non bastando - d'altronde - affermare il carattere "civile" dell'obbligazione, a farne conseguire la trasmissibilita', e dovendosi escludere ogni pretesa funzione anche risarcitoria rivestita dalla pena pecuniaria tributaria.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sentenza 04/12/1996, n. 10823
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10823
Data del deposito : 4 dicembre 1996
Fonte ufficiale :

Testo completo

 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 3 dicembre 1984 furono notificati a ___ ed a ___, nella loro qualita'
di eredi di ___, gli avvisi di accertamento emessi dall'Ufficio imposte
dirette di Gardone Val Trompia, ai fini dell'IRPEF, relativamente agli anni
dal 1976 al 1979. In pari data furono notificati alle stesse eredi i
corrispondenti avvisi di accertamento emessi a fini ILOR nei confronti della
s.d.f. ___, i cui redditi d'impresa minore erano stati imputati, pro quota, al
defunto quali redditi di partecipazione. Gli accertamenti traevano spunto
dalla ripresa a tassazione di alcune componenti negative del reddito
societario, conseguente ad incompleta risposta al questionario inviato il 9
dicembre 1983.
La ___ e la ___, con distinti ricorsi alla Commissione tributaria di primo
grado di Brescia, impugnarono gli avvisi di accertamento, contestando - quanto
agli atti relativi all'IRPEF intestati al dante causa - la propria
responsabilita' per le pene pecuniarie comminate per infedele dichiarazione, e
deducendo - quanto agli accertamenti ILOR intestati alla societa' -
l'infondatezza delle riprese applicate.
I procedimenti furono riuniti e ad essi si aggiunse quello promosso da ___
avverso l'accertamento dei redditi a lui imputabili quale socio per l'anno
1976.
Con decisione del 21 ottobre 1985 la Commissione adita respinse i ricorsi,
osservando - in ordine alle pene pecuniarie - che l'art. 46 del D.P.R. 29
settembre 1973 n. 600 era stato bene applicato, poiche' mancava la prova che i
ricorrenti non avessero esplicato le funzioni di amministratori spettanti, per
legge, a tutti i soci.
La pronuncia fu confermata dalla Commissione tributaria di secondo grado,
adita dai contribuenti. La ___ e la ___ proposero quindi impugnazione davanti
alla Corte di appello di Brescia, spiegando vari profili di gravame e
segnatamente deducendo, per quanto qui rileva, la non irrogabilita' della pena
pecuniaria per infedele dichiarazione, in ordine ai redditi di partecipazione
(obbligatoriamente conseguenziali a quelli dichiarati dalla societa'), e,
comunque, la sua intrasmissibilita' agli eredi del debitore.
La Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 164-91 in data 9 gennaio-7
marzo 1991, in parziale riforma della decisione assunta dalla Commissione
tributaria di secondo grado dichiaro' non dovute dalla ___ e dalla ___ le pene
pecuniarie irrogate al loro dante causa ___ con gli avvisi di accertamento.
Confermo' nel resto la suddetta decisione, dichiaro' compensate tra le parti
meta' delle spese giudiziali e condanno' l'Amministrazione finanziaria al
rimborso dell'altra meta'.
La Corte territoriale osservo' (per quanto qui interessa) che, in base al
disposto dell'art. 7 della legge 24 novembre 1981 n. 689, l'obbligazione di
pagamento delle somme dovute per le violazioni amministrative ivi disciplinate
non si trasmette agli eredi del responsabile;
che l'estensione di tale
principio ad ogni altra violazione, per la quale sia prevista una sanzione
amministrativa a contenuto pecuniario, e' stabilita dal successivo art. 12
della stessa legge;
che la fattispecie in esame rientrava senz'altro nella
cennata previsione normativa, stante la natura prettamente sanzionatoria
dell'obbligazione pecuniaria imposta dall'art. 46 comma IV D.P.R. n. 600 del
1973 e concretamente irrogata con gli avvisi di accertamento in discussione;
che entro tali limiti doveva dunque trovare accoglimento l'impugnazione
spiegata dalla ___ e dalla ___, restando per il resto confermata la decisione
impugnata.
Avverso la suddetta sentenza della Corte bresciana il Ministero delle finanze
ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
Le intimate non hanno spiegato attivita' difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico complesso mezzo di cassazione il Ministero delle finanze denunzia
violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 12 della legge 24 novembre
1981, n. 689
, dell'art. 3 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, in relazione
all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonche' motivazione omessa, insufficiente,
contraddittoria su punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360
n. 5 c.p.c.

Premette che la disciplina degli illeciti tributari aventi natura
amministrativa (id est, non penale) - nel caso di specie violazione dell'art.
46 del D.P.R. n. 600 del 1973 - e' dettata da un corpus speciale di norme, la
cui esistenza rende inapplicabili le norme contenute nella legge n. 689 del
1981 (comunque la legge generale sopravvenuta non potrebbe abrogare la legge
speciale previgente). Pertanto gli artt. 7 e 12 di detta legge n. 689 non
sarebbero applicabili agli illeciti tributari e alle relative pene pecuniarie,
rientranti invece nella previsione dell'art. 3 della legge n. 4 del 1929, alla
stregua del quale l'obbligazione al pagamento di una somma, a titolo di pena
pecuniaria a favore dello Stato (nascente da violazione di leggi finanziarie
non costituenti reato), ha carattere civile. Tale carattere comporterebbe, per
pacifica opinione anche giurisprudenziale, che l'obbligazione di pagare la
pena pecuniaria sia trasmissibile agli eredi. La Corte territoriale, dunque,
avrebbe errato nell'applicare al caso in esame gli artt. 7 e 12 della L. n.
689 del 1981
, laddove avrebbe dovuto applicare l'art. 3 della legge n. 4 del
1929
e pervenire alla conclusione opposta. In realta' mai si sarebbe dubitato
che infrazioni disciplinate da quest'ultima legge rimangono ad essa soggette,
pur dopo il sopravvenire della legge n. 689 del 1981, il cui art. 39 del resto
espressamente richiama proprio le disposizioni della legge 7 gennaio 1929 n. 4
e successive modificazioni, salvo che sia diversamente disposto da leggi
speciali.
D'altro canto non andrebbero sottaciute le peculiarita' della pena pecuniaria
prevista dalla L. n. 4 del 1929: l'illecito amministrativo tributario potrebbe
avere come autore una persona giuridica e la relativa pena potrebbe avere come
destinatario diretto una persona giuridica, mentre l'illecito disciplinato
dalla L. n. 689 del 1981 potrebbe avere come autore soltanto una persona
fisica e la pena potrebbe avere come diretto destinatario soltanto una persona
fisica (la persona giuridica potrebbe rispondere in via solidale, ex art. 6 L.
n. 689 del 1981
, cosi' come risponde il civilmente obbligato per la pena
pecuniaria nel diritto penale);
la responsabilita' ex lege n. 689 del 1981
sarebbe affatto personale, onde risulterebbe coerente l'intrasmissibilita'
agli eredi (trattandosi, peraltro, nella maggior parte dei casi di pene
pecuniarie ex criminali, onde l'obbligazione di pagarle mai avrebbe avuto
carattere civile);
il successore per atto tra vivi in un'azienda (art. 19 L.
n. 4-1929
) sarebbe obbligato verso l'Amministrazione finanziaria col suo
autore per il pagamento del tributo, della soprattassa e della pena pecuniaria
che siano state applicate per violazioni delle norme concernenti i tributi
relativi all'azienda. Tali peculiarita' indurrebbero ad affermare la
trasmissibilita' agli eredi dell'obbligazione de qua, nata come avente
carattere civile.
Inoltre la pena pecuniaria tributaria non risponderebbe soltanto ad una
logica afflittiva, bensi' anche ad una funzione di ristoro per il pregiudizio
subito dal fisco a causa dell'illecito tributario. Infatti l'erario non
riscuoterebbe tante pene quanti sono gli autori dell'illecito, bensi' (per il
principio della responsabilita' solidale posto dall'art. 11 L. n. 4 del 1929)
una sola pena, il che - ad avviso del ricorrente - sarebbe indice della
funzione anche ristoratrice della pena medesima.
Le suddette censure non hanno fondamento.
Si deve premettere che la questione concernente la trasmissibilita' o meno
all'erede della pena pecuniaria come sanzione tributaria si
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