Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 06/04/2004, n. 6707
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 2
I limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l'una e per l'altra ragione: nella prima ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell'art. 384, comma primo, cod. proc. civ., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda ipotesi, il giudice non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, tenendo conto, peraltro, delle preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza ipotesi, la "potestas iudicandi" del giudice di rinvio, oltre ad estrinsecarsi nell'applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione "ex novo" dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione e sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse. (Nella specie, relativa a giudizio di rinvio successivo a cassazione per vizio di motivazione, con specifico vincolo per il giudice del rinvio di tenere conto della questione di diritto concernente il collegamento societario con riferimento alla verifica del requisito numerico dei lavoratori dipendenti per l'applicabilità dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, la S.C. ha cassato la sentenza emessa in sede di rinvio che aveva ritenuto sussistente una unica identità tra i due enti evocati in giudizio, ciascuno dotato di personalità giuridica, sulla base dello statuto di uno dei due enti, della circostanza che questi applicassero il medesimo contratto collettivo, il quale prevedeva la possibilità di trasferimento di un dipendente da un datore di lavoro all'altro, ed avessero un'unica sede e un unico servizio di portineria).
Il collegamento economico - funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell'autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, alle quali continuano a fare capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le distinte e rispettive imprese; tale collegamento, pertanto, non è di per sè solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, intercorso tra un lavoratore e una di tali società, si estendano ad altre dello stesso gruppo, salva, peraltro, la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro - anche ai fini della sussistenza o meno del requisito numerico necessario per l'applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato - ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra vari soggetti e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l'esame delle singole imprese, da parte del giudice del merito. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza emessa in sede di rinvio che aveva ritenuto che due enti, ciascuno dotato di personalità giuridica, costituissero un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro dedotto in giudizio, sulla base dello statuto di uno dei due enti, della circostanza che essi applicassero il medesimo contratto collettivo, il quale prevedeva la possibilità di trasferimento di un dipendente da un datore di lavoro all'altro, ed avessero un'unica sede e un unico servizio di portineria).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATTONE Sergio - Presidente -
Dott. MAZZARELLA Giovanni - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. DE MATTEIS Aldo - Consigliere -
Dott. BALLETTI Bruno - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONSORZIO ARTIGIANEXPORT e CONFARTIGIANATO - ASSOCIAZIONE ARTIGIANI DELLA MARCA TREVIGIANA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv.ti Mattia Persiani, PA Ferraresi e Ilario Telese (quest'ultima quale difensore del solo "OR") ed elettivamente domiciliati presso lo studio Persiani in Roma alla via degli Scipioni 288, giusta procura per notar Maria Ciarbonetti n. rep. 59072 del 12 marzo 2002 (per il "OR") e n. rep. 58959 del 26 febbraio 2002 (per la "Confartigianato");
- ricorrente -
contro
PT PAOLA, rappresentata e difesa dagli avv.ti Carlo Cester e Bruno Cossu, presso il cui studio è elettivamente domiciliata alla via Tacito 50, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza - Sezione Lavoro n. 69/01 del 27 novembre 2001 (resa nel giudizio di appello avente il n. di r.g. 15/00 e notificata in data 18 gennaio 2002).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del - 4 novembre 2003 dal Consigliere Dott. Bruno Balletti;
Uditi gli avv.ti Silvano Piccininno (per delega dell'avv. M. Persiani) e Bruno Cossu;
Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Palmieri Raffele, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 414 c.p.c. al Pretore-Giudice del Lavoro di Treviso PA ZE - licenziata per riduzione di personale in data 21 dicembre 1992 dal OR PO di cui era dipendente in qualità di impiegata - conveniva in giudizio il cennato OR e l'Associazione GI della Marca Trevigiana asserendo che il OR doveva ritenersi, pure in presenza di diverse realtà formali, un ente collegato all'Associazione, così da far considerare gli stessi come un unico centro di imputazione datoriale al fine dell'applicazione della tutela reale del posto di lavoro;
la ricorrente richiedeva, quindi, all'adito Giudice del lavoro di dichiarare la nullità o, in subordine, l'illegittimità del licenziamento e, conseguentemente, la condanna di entrambi gli enti alla sua reintegrazione nel posto di lavoro, nonché la condanna dei medesimi convenuti al risarcimento del danno mediante pagamento delle retribuzioni maturate dalla data del provvedimento risolutorio all'effettiva reintegra.
Nel relativo giudizio si costituivano i cennati convenuti che impugnavano integralmente la domanda attorea e ne chiedevano il rigetto.
L'adito Giudice del lavoro rigettava il ricorso e - su impugnativa della parte soccombente e ricostituitosi il contraddittorio -il Tribunale di Treviso (quale Giudice del Lavoro di secondo grado) confermava la decisione pretorile.
La sentenza del Giudice di appello veniva - su ricorso della ZE - riformata da questa Corte, che - con sentenza n. 10376/2000 - accoglieva il ricorso della ZE "per quanto di ragione" e cassava la sentenza impugnata per carenza di motivazione in merito alla doglianza relativa alla mancanza di prova circa l'impossibilità di reimpiego della lavoratrice licenziata nell'ambito dell'organizzazione complessiva del OR".
La ZE riassumeva la causa dinanzi al Tribunale di Vicenza - designato quale "giudice di rinvio" - che, ricostituitosi il contraddittorio, così decideva "1) in totale riforma della sentenza n. 495/95 pronunciata dal Pretore di Treviso, dichiara la illegittimità del licenziamento irrogato a ZE PA dal OR;
ordina all'Associazione GI della Marca Trevigiana ed al OR PO, di reintegrare ZE PA nel posto di lavoro;
condanna l'Associazione GI della Marca Trevigiana al risarcimento del danno in misura pari alla retribuzione globale di fatto dal 22 dicembre 1992 alla data dell'effettiva reintegra, oltre ad interessi e rivalutazione dalle singole scadenze al saldo, nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali;
2) condanna il OR PO e l'Associazione GI della Marca Trevigiana, in solido tra loro, a rifondere alla ricorrente le spese processuali di tutti i gradi del giudizio".
Per quello che rileva in questa sede il Giudice di appello - quale giudice di rinvio - ha rimarcato che: a) "la Corte di Cassazione, nel determinare l'oggetto del giudizio di rinvio, ha messo, innanzitutto, un punto fermo nella vicenda, ossia che è da considerarsi dimostrata la sussistenza del giustificato motivo oggettivo del licenziamento, ritenendo valide le osservazioni svolte sul punto dal Tribunale di Treviso ed escludendo, conseguentemente, la natura disciplinare del licenziamento stesso";
b) "la Corte ha, però, censurato la decisione di appello, relativamente alla carenza di motivazione in merito all'onere gravante sull'imprenditore, tanto sull'effettività delle ragioni poste a fondamento del recesso, quanto sull'impossibilità di impiego del dipendente licenziato nell'ambito dell'organizzazione aziendale";
c) "questo è l'oggetto principale del giudizio di rinvio, dovendo accertarsi a chi fosse imputabile il rapporto di lavoro e dovendosi valutare se sia stata offerta, da questo, la prova della impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni";
d) in considerazione dei criteri per stabilire il collegamento economico funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo, sussiste, nella specie un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro de quo, sicché "essendo questa la effettiva realtà dei rapporti tra "Associazione e OR, doveva dimostrarsi che nell'ambito dell'Associazione GI e delle strutture collegate non era possibile il c.d. repechage della lavoratrice e tale dimostrazione non è mai stata offerta, per cui il licenziamento intimato alla ZE, pur giustificato sotto il profilo dell'esistenza di una situazione aziendale di difficoltà e di ristrutturazione, non è legittimo perché il datore di lavoro non ha dimostrato che la lavoratrice non avrebbe potuto trovare altra idonea collocazione all'interno della complessa struttura sopra delineata, attesa la natura di estrema ratio del provvedimento risolutivo del rapporto". Per la cassazione di tale sentenza il "OR PO" e la "Confartigianato-Associazione GI della Marca Trevigiana" propongono ricorso affidato a due motivi.
L'intimata PA ZE resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
1 - Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti - denunciando "violazione degli artt. 1362 e segg., 2697, 2359 cod. civ., in relazione all'art. 39 Cost. e della legge n. 240/1981, nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e vizi di motivazione" - censurano la sentenza "impugnata" per avere il Tribunale di Vicenza stravolto il senso del testo originario dello statuto del OR in violazione dei canoni ermeneutica ex artt. 1362 e segg. cod. civ....per avere omesso di valutare le prove documentali dalle quali risultava che il OR ha sempre direttamente gestito il rapporto di lavoro dedotto in giudizio...per avere erroneamente considerato attendibili le disposizioni dei testi LE, ON e AR...per avere omesso di considerare che la sede "operativa" del OR era separata da quella dell'Associazione...per avere erroneamente ritenuto che l'applicazione del medesimo contratto collettivo è, di per sè, idonea a configurare l'unicità dei datori di lavoro", sicché "la sentenza, da un lato, nell'applicare il principio indicato dalla Cassazione ha adottato una prospettiva viziata da violazione di legge e, d'altro lato, pretende di reggersi su una motivazione illogica e carente, in quanto basata sia sul completo travisamento delle risultanze istruttorie, sia sull'omessa considerazione di circostanze che erano determinanti ai fini della decisione, sia perché è stata assegnata rilevanza decisiva a circostanze supposte e, comunque, inesistenti".
Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti - denunciando "violazione degli artt. 3 e 5 della legge n. 604/1966, 18 della legge n. 300/1970, 4 della legge n. 108/1990, 414 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., nonché vizi di motivazione" - addebitano al Giudice di
appello di aver fatto automaticamente discendere l'illegittimità di licenziamento de quo dalla asserita unitarietà del OR e dell'Associazione e ciò "in contrasto con il principio secondo il quale, anche nelle fattispecie interessate dal contraddetto obbligo di repechage, la regola dell'"onere della prova gravante sul datore di lavoro" non può essere applicata con una rigidità in contrasto con i limiti della ragionevolezza nel cui ambito l'onere suddetto va