Cass. pen., sez. VI, sentenza 29/12/2022, n. 49506
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da B S, nato a Cesana Torinese il 21/02/1968 avverso la sentenza del 17/03/2022 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere A C;lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale N L, che ha concluso per il rigetto del ricorso;letta la memoria del difensore della parte civile avv. E G, che ha concluso per il rigetto del ricorso con liquidazione delle spese;lette le conclusioni del difensore, avv. L M, che ha insistito per raccoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il difensore di S B ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di appello di Torino ha confermato quella emessa 1'11 luglio 2019 dal locale Tribunale, che aveva condannato l'imputato alla pena di 400 euro di multa per il reato di cui all'art. 392 cod. pen. oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile. All'imputato si addebita l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza sulle cose per avere, in qualità di possessore di una porzione dell'immobile sito in Cesana (baita di montagna), apposto catene e lucchetti alle porte di ingresso del fabbricato in modo da impedirne l'accesso al nuovo proprietario K A, che lo aveva acquistato il 18 dicembre 2015 con rogito notarile. Si chiede l'annullamento della sentenza per i seguenti motivi: 1.1 erronea applicazione della legge per avere la Corte di appello ritenuto il B compossessore, mentre dagli atti egli è sempre stato qualificato possessore della baita. Lo stesso querelante A K non fa riferimento ad alcuna situazione di compossesso del fabbricato, attribuendone la totale disponibilità al solo B;dalla documentazione prodotta dalla parte civile risulta la condizione di possessore esclusivo del B e anche il capo di imputazione lo indica quale possessore esclusivo del bene, invece, la Corte di appello riconosce che il B era nel possesso del bene, ma qualifica tale condizione come quella di un compossessore per desumerne la responsabilità penale poiché il compossessore avrebbe l'obbligo di rivolgersi al giudice a fronte delle pretese di altri possessori. Ma tale condizione non è mai stata contestata al B, che quale unico possessore non avrebbe avuto l'obbligo di rivolgersi al giudice per tutelare le proprie ragioni a fronte di pretese altrui, poiché tale obbligo grava su chi vanta diritti contrari. In tal modo si è realizzata la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza con pregiudizio del diritto di difesa dell'imputato posto di fronte alla improvvisa modifica dei presupposti del fatto reato. 1.2 Violazione di legge in relazione al mancato accertamento dell'elemento psicologico del reato. La Corte di appello ha modificato l'impostazione data dal Tribunale, introducendo il dato nuovo del compossesso senza compiere alcuna valutazione in punto di dolo con riferimento alla situazione presentatasi all'imputato al momento dell'azione, quindi, sulla base degli elementi di fatto allora noti e non in base ad elementi ulteriori, acquisiti in dibattimento. La stessa parte civile indica la presenza di nuovi lucchetti già nell'ottobre 2015, quando si era recata sul luogo e non era riuscita ad entrare poiché non disponeva delle chiavi giuste per accedere, sicché la sostituzione dei lucchetti si era verificata ancora prima dell'acquisto dell'immobile in data 18 dicembre 2015 e prima della comunicazione delle pretese del nuovo acquirente con nota del 23 maggio 2016. Per ammissione della stessa parte civile la sostituzione dei lucchetti era avvenuta prima che il querelante comunicasse al B la condizione di nuovo proprietario, peraltro, risultante da una mera scrittura privata a firme autenticate e non da un rogito notarile, sicché il ricorrente non poteva aver commesso il reato di esercizio delle proprie ragioni prima di conoscere le pretese altrui.
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