Cass. civ., SS.UU., sentenza 02/11/2018, n. 28053
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unciato la seguente SENTENZA sul ricorso 3882-2017 proposto da: CHECK UP S.R.L. - CENTRO MEDICO POLISPECIALSTICO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. NICOTERA 31 presso lo studio dell'avvocato F A, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati C C, R C e P R;- ricorrente -contro AZIENDA SANITARIA LOCALE DI S, in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati G S, E T e V C L ;- controricorrente - avverso la sentenza n. 552/2016 della CORTE D'APPELLO di S, depositata il 17/10/2016. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/04/2018 dal Consigliere R F;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale L C, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;udito l'Avvocato V C. Fatti di causa 1. La Check Up s.r.l. - Centro Medico Polispecialistico ha proposto ricorso per cassazione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione contro l'Azienda Sanitaria Locale di Salerno (già Azienda Sanitaria Locale Salerno 2) avverso la sentenza del 17 ottobre 2016, con la quale la Corte di Appello di Salerno, dopo avere disatteso eccezioni di rito inerenti alla ritualità dell'appello della detta Azienda, in accoglimento del primo motivo di appello di quest'ultima ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. e la sussistenza della giurisdizione dell'A.G.A. sulla controversia introdotta da essa ricorrente con un ricorso per decreto ingiuntivo nel febbraio del 2007 davanti al Tribunale di Salerno. 2. Con il ricorso monitorio la ricorrente, adducendo di avere maturato un credito nei confronti dell'ASL, come emergeva da tre fatture emesse il 29 dicembre del 2006 per prestazioni sanitarie di diagnostica per immagini, effettuate in quel mese in regime di Ric. 2017 n. 03882 sez. SU - ud. 10-04-2018 -2- convenzione con l'ASL e rimaste soltanto parzialmente onorate, chiedeva ed otteneva l'ingiunzione del pagamento del residuo per C 79.401,11 oltre interessi. 3. Nell'atto di opposizione avverso il decreto ingiuntivo l'Asl eccepiva il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. e nel merito contestava la debenza della somma ingiunta adducendo che essa non era dovuta in quanto correlata a prestazioni eseguite in eccedenza rispetto al tetto della spesa sanitaria stabilito dalla stessa ASL per il 2006 con una deliberazione regionale n. 800 del 16 giugno 2006 e con altra n. 1120 del 29 dicembre 2006. 4. Al ricorso per cassazione, che prospetta un unico motivo afferente alla giurisdizione, ha resistito con controricorso L'ASL. 5. La ricorrente ha depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con l'unico motivo di ricorso si deduce, in relazione all'art. 360 n. 1 cod. proc. civ., "violazione o falsa applicazione degli artt. 113 Cost., 33 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, novellato dall'art. 7, della L. 21 luglio 2000, n. 205, e così come risultante dalla sentenza di illegittimità costituzionale parziale Corte cost. n. 204 del 2004, per avere il Giudice ordinario declinato la propria giurisdizione su una controversia vertente esclusivamente sulla spettanza di un diritto soggettivo di credito al corrispettivo, chiaramente rientrante nella giurisdizione dell'A.G.0.". 2. La sentenza impugnata, dopo avere premesso considerazioni sull'assetto normativo inerente al riparto della giurisdizione nella materia dei pubblici servizi ed avere in chiusura di esse richiamato il principio di diritto enunciato da Cass., Sez. Un., n. 10149 del 2012, ha declinato la giurisdizione sulla base delle seguenti considerazioni. 2.1. Premesso il rilievo che la ricorrente aveva agito con il ricorso monitorio in regime di c.d. accreditamento provvisorio con la Regione Campania, adducendo di avere eseguito, in forza del relativo Rtc. 2017 n. 03882 sez. SU - ud. 10-04-2018 -3- rapporto, «prestazioni sanitarie riabilitative di fisioterapia, per il mese di novembre del 2006» e chiedendo il pagamento dei relativi corrispettivi sulla base di tre fatture, la corte salernitana ha rilevato che, nel proporre opposizione, la debitrice non si era «limitata ad una generica contestazione della fondatezza della pretesa, ma» aveva «dedotto la estraneità delle prestazioni poste a base della pretesa creditoria azionata in giudizio rispetto all'ambito operativo della convenzione», sostenendo «a tal fine L.] l'avvenuto superamento, da parte della società ricorrente, dei volumi massimi di spesa per le prestazioni erogabili in regime di accreditamento, relativamente all'anno al quale la richiesta di pagamento era riferita» ed in proposito richiamando la delibera regionale n. 800/06 del 16 giugno 2006 (avente ad oggetto: "Volumi di prestazioni sanitarie per l'anno 2006 e correlati limiti di spesa- Determinazioni") e la delibera n. 1120 del 29.12.2006 dell'A.S.L. (con cui essa aveva determinato i limiti di spesa e le conseguenti regressioni tariffarie). 2.2. La sentenza impugnata ha, quindi, osservato che era «evidente che siffatta eccezione» avesse «comportato un preliminare accertamento in ordine al rapporto scaturito dalla originaria convenzione, ponendo così il giudicante nella condizione di dover pregiudizialmente) individuare il contenuto e l'ambito di operatività della convenzione stessa, nonché la legittimità degli atti posti in essere dalla pubblica amministrazione nel corso dello svolgimento del relativo rapporto». Ha poi soggiunto quanto segue: «In sostanza, dovendosi il giudice attenere, ai fini della individuazione della giurisdizione, alla prospettazione che le parti hanno complessivamente offerto nell'ambito dell'espletamento della rispettiva attività assertiva, va escluso che la causa in esame attenga unicamente (come, invece, ritenuto dal tribunale) al pagamento di corrispettivi per prestazioni effettuate in regime di concessione, implicando le questioni sollevate dalla opponente una preliminare Ric. 2017 n. 03882 sez. SU - ud. 10-04-2018 -4- indagine sul contenuto e sull'ambito di operatività del rapporto concessorio.». Quindi, dopo avere richiamato, con riferimento alla situazione di riparto di giurisdizione esistente nella vigenza dell'art. 5 della I. n. 1034 del 1971 i principi di cui a Cass. Sez. Un., n. 8212 del 2004 (nel senso che: «Nel sistema dell'assistenza sanitaria, la convenzione tra la Regione e la struttura privata, stipulata ai sensi dell'art. 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha natura di contratto di diritto pubblico e dà vita a un rapporto che si inquadra nello schema della concessione amministrativa di pubblico servizio, ricollegandosi a scelte di programmazione sanitaria riguardo alle quali l'Amministrazione conserva poteri autoritativi e di controllo anche nella fase attuativa;pertanto la controversia che investe la determinazione del contenuto di tale convenzione, ed in particolare la configurabilità, nel suo ambito, di un tetto massimo di spesa, rientra, ai sensi dell'art. 5 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo»), nonché quelli di cui a Cass. Sez. Un. n. 7861 del 2001 (nel senso che: «Le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere d'intervento della P.A. a tutela di interessi generali;quando, invece, la controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sull'intera economia del rapporto concessorio, la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo»), ha osservato, richiamando Cass., Sez. Un., n. 16605 del 2005, che quei principi erano stati confermati con riferimento alle vicende normative del riparto originate dall'art. 33 del D.Igs. n. 80 del 1998, nel testo sostituito dall'art. 7 della I. n. 205 del 2000, siccome risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004. Ric. 2017 n. 03882 sez. SU - ud. 10-04-2018 -5- La corte territoriale ha, inoltre, evocato nello stesso senso il principio affermato da Cons. Stato, Sez. III, 11 luglio 2013, n. 3741). 2.3. Ha, quindi, ulteriormente osservato che: «Con riferimento al caso in esame, giova ricordare che nell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo, la opponente ha sostanzialmente contestato la pretesa creditoria, deducendo che la stessa esulava dal rapporto di concessione, in quanto avanzata in relazione a prestazioni eccedenti il tetto massimo di spesa autoritativamente fissato per quell'anno dall'amministrazione concedente. La struttura concessionaria del servizio, nella propria comparsa di risposta, ha insistito nella domanda, deducendo, specificamente, che prima della notifica del decreto ingiuntivo la ASL non aveva ancora adottato alcuna delibera con la quale veniva stabilito il tetto massimo di spesa per ogni singola struttura provvisoriamente accreditata;che un preteso sforamento per macroarea non avrebbe potuto essere ripartito in maniera astratta e generica su tutti i centri provvisoriamente accreditati appartenenti ad una stessa branca, senza che si tenesse conto dell'effettivo sforamento da parte di ciascuna singola struttura;che la regressione tariffaria applicata in ragione della determinazione "ex post" del tetto massimo di spesa per l'anno 2006 non poteva avere efficacia retroattiva. È quindi evidente che la domanda, cosi come definitivamente fissata dalla società ricorrente in seguito alla opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla ASL, comporti un accertamento di carattere pregiudiziale rispetto alla pretesa meramente patrimoniale originariamente formulata involgente con il ricorso introduttivo, accertamento che deve necessariamente involgere la legittimità del provvedimento con il quale la P.A. ha autoritativamente fissato il limite oltre il quale, secondo l'assunto della opponente, la convenzione perderebbe efficacia e al concessionario non spetterebbe alcun rimborso. Intesa la questione nei predetti temimi, appare incontrovertibile che il petitum non possa Ric. 2017 n. 03882 sez. SU - ud. 10-04-2018 -6- essere limitato, come ha invece fatto il primo giudice, alla sola originaria pretesa formulata con il ricorso per decreto ingiuntivo, ma debba essere inquadrato in relazione alla ulteriore attività assertiva svolta dalla creditrice sulla base delle eccezioni della opponente. Ne può ritenersi che le eccezioni sollevate dall'opponente non abbiano alcuna incidenza sulla giurisdizione. Invero, nel caso si specie, trattandosi di un giudizio a contraddittorio differito, in seguito alla proposizione della opposizione le eccezioni del convenuto hanno comportato, come si è detto, la precisazione della originaria domanda, con la introduzione di questioni che involgono il pregiudiziale accertamento in ordine alla legittimità dell'attività posta in essere dalla P.A. nel corso del rapporto, devolvendone la cognizione al giudice amministrativo. Sul punto giova richiamare un principio affermato dalla Supreme Corte, secondo cui "La giurisdizione, come si desume dal principio di cui all'art. 5 cod. proc. civ., si determina sulla base della domanda proposta dall'attore, e non anche del contenuto delle eventuali eccezioni sollevate dal convenuto, a meno che le stesse non evidenzino che la pretesa giudiziale avversa, già come "ah initio" formulata, implichi l'accertamento di situazioni soggettive esulanti dalla cognizione del giudice adito (Cass. [Sez. Un.] 12 novembre 2012, n. 19600)».
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