Cass. civ., sez. III, sentenza 12/02/2015, n. 2750
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In tema di vendita forzata, rientrano tra i danni risarcibili dal creditore procedente, in favore dell'acquirente della cosa espropriata che ne abbia subito l'evizione, i costi sopportati dall'aggiudicatario per procurarsi la liquidità necessaria all'acquisto mediante finanziamento bancario, nonché, se il bene sia stato a sua volta trasferito ad un terzo, le spese ed i pagamenti dovuti dall'aggiudicatario al terzo, poiché entrambi questi rimborsi concorrono, ai sensi dell'art. 2921, cod. civ., al ripristino della situazione patrimoniale dell'acquirente anteriore alla vendita, il cui effetto traslativo è venuto meno per evizione.
Nel giudizio di opposizione di terzo all'esecuzione, qualora alla domanda dell'opponente si cumuli la domanda dell'aggiudicatario, promossa in via subordinata ai sensi dell'art. 2921 cod. civ. nei confronti del creditore procedente per ottenere la restituzione del prezzo ed il risarcimento del danno in caso di evizione del bene aggiudicato, la controversia è soggetta alla sospensione feriale dei termini se la sentenza di primo grado accolga l'opposizione, con statuizione sulle domande cumulate, e il processo, senza impugnazione del capo di accoglimento della opposizione, prosegua per la sola decisione sulla responsabilità del creditore procedente.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S G - Presidente -
Dott. V R - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. F R - Consigliere -
Dott. B G L - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21434-2012 proposto da:
IMMOBILIARE SAN PAOLO SRL 132512801255 in persona del legale rappresentante pro tempore G P, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO CANTORE 5, presso lo studio dell'avvocato P M, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato F C giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
I S S.P.A. in persona dell'Avv. C G, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIBERIANA 17, presso lo studio dell'avvocato F A, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
IMMOBILIARE VAL GIÀ SRL;
- Intimata -
avverso la sentenza n. 1169/2012 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 28/03/2012, R.G.N. 2952/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/11/2014 dal Consigliere Dott. G L B;
udito l'Avvocato NICOLA GIANCASPRO per delega;
udito l'Avvocato ROBERTO CATALANO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l'inammissibilità in subordine rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1- Il Tribunale di Milano, accogliendo l'opposizione di terzo proposta dalla Immobiliare Rosalia srl avverso l'esecuzione intrapresa da Intesa Gestione Crediti s.p.a. nei confronti di Grecchi Renato, dichiarava che l'istituto di credito non aveva diritto di procedere ad esecuzione sul bene oggetto della procedura in quanto il debitore non ne era più proprietario al momento del pignoramento e revocava conseguentemente il decreto di trasferimento emesso a favore di Immobiliare San Paolo s.r.l.;disponeva la restituzione, da parte della procedura, di quanto ricavato dalla vendita del bene, oltre interessi maturati sul conto. Accogliendo parzialmente la domanda di risarcimento danni avanzata dall'aggiudicataria Immobiliare San Paolo s.r.l., inoltre, condannava Intesa Gestione Crediti s.p.a. a rifonderle la differenza tra gli interessi maturati sul conto della procedura e gli interessi legali nello stesso periodo, oltre alle spese di trasferimento del bene. Accogliendo la domanda avanzata dalla Immobiliare VAL-GIA s.r.l., successiva acquirente del bene già trasferito in sede di esecuzione forzata, ed intervenuta volontariamente nel giudizio di opposizione di terzo, condannava la Immobiliare San Paolo s.r.l. a restituire alla Immobiliare VAL-GIA s.r.l. il prezzo percepito per la compravendita del bene (Euro 205.379,36), con gli interessi legali dal 30 dicembre 2004 al saldo e a rifonderle le spese del trasferimento (Euro 39.795,00).
Regolava di conseguenza le spese del giudizio, condannando - per quanto ancora rileva - Intesa Gestione Crediti s.p.a. a rimborsare le spese all'aggiudicataria, Immobiliare San Paolo s.r.l., e quest'ultima a rimborsare le spese alla Immobiliare VAL-GIA s.r.l. 2.- Immobiliare San Paolo s.r.l. impugnava in appello esclusivamente i capi della sentenza che riguardavano l'ammontare della condanna in suo favore di Intesa Gestione Crediti s.p.a. e pertanto conveniva soltanto quest'ultima e la sua avente causa VAL-GIA s.r.l. dinanzi alla Corte d'Appello di Milano.
Si costituiva in giudizio Italfondiario s.p.a., quale società procuratrice di Castello Finance s.r.l., cessionaria del credito per cui si era proceduto ad esecuzione forzata, nonché quale procuratrice di Intesa Sanpaolo s.p.a., già Banca Intesa s.p.a., incorporante per fusione Intesa Gestione Crediti s.p.a., cedente il credito, e chiedeva il rigetto dell'appello.
Si costituiva in giudizio anche Immobiliare VAL-GIA s.r.l. e chiedeva la conferma della sentenza impugnata nella parte in cui era stato posto l'obbligo risarcitorio a suo favore ed a carico dell'appellante, per omesso gravame da parte di quest'ultima. La Corte d'Appello di Milano, rigettando l'appello, ha confermato la sentenza di primo grado ed ha condannato l'appellante al pagamento delle spese del giudizio di gravame in favore delle appellate. 3.- Avverso la sentenza Immobiliare San Paolo s.r.l. propone ricorso affidato a tre motivi, illustrati da memoria. Intesa Sanpaolo S.p.A., resiste con controricorso. L'altra intimata non si difende. MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Preliminarmente va detto dell'eccezione di inammissibilità del ricorso formulata da Intesa Sanpaolo S.p.A., nel presupposto che, essendo relativo ad una causa di opposizione di terzo all'esecuzione, non si sarebbe dovuta applicare la sospensione feriale e, quindi, esso sarebbe tardivo perché notificato (in data 24 settembre 2012) oltre il termine di sessanta giorni decorrente dalla data di notificazione della sentenza (7 giugno 2012).
L'eccezione va rigettata, richiamando il principio già espresso da questa Corte per il quale, in sede di opposizione all'esecuzione, qualora l'opposto abbia formulato una domanda riconvenzionale subordinata, volta ad ottenere nel caso di accoglimento dell'opposizione, un nuovo accertamento sulla situazione sostanziale consacrata nel titolo esecutivo, la controversia è soggetta alla sospensione feriale dei termini soltanto se la sentenza abbia accolto l'opposizione e, quindi, abbia deciso sulla riconvenzionale. Viceversa non vi resta soggetta nel caso di rigetto dell'opposizione, in quanto solo l'esito positivo dell'impugnazione della relativa decisione può comportare il successivo ingresso dell'esame della domanda riconvenzionale davanti al giudice d'appello o davanti al giudice di rinvio (così di recente Cass. n. 1123/14, ma cfr. già Cass. n. 3688/11). Esso si fonda sulla considerazione che, una volta assunta dal giudice di primo grado la decisione sulla domanda riconvenzionale, a seguito dell'accoglimento dell'opposizione all'esecuzione, il giudizio abbia sostanzialmente mutato la sua natura, essendosi definito l'accertamento della sussistenza o meno del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata con esito negativo, ed avendo perciò il giudizio assunto un diverso oggetto, svincolato dal processo esecutivo. Pertanto, non sono più sussistenti le ragioni di urgenza che giustificano la previsione della L. n. 742 del 1969, art. 3 in riferimento all'art. 92 dell'ordinamento giudiziario. A maggior ragione questa ratio, che impedisce di applicare la norma che fa eccezione alla regola della sospensione feriale dei termini di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 1 si rinviene nel caso di specie. Nel presente giudizio, infatti, all'opposizione di terzo all'esecuzione risultano essere state cumulate due ulteriori e distinte domande, vale a dire la domanda di restituzione del prezzo e di risarcimento danni per evizione avanzata dalla società aggiudicataria, ai sensi dell'art. 2921 cod. civ., e la domanda di restituzione del prezzo e di risarcimento danni per evizione avanzata, a sua volta, dalla società avente causa
dall'aggiudicataria, ai sensi dell'art. 1483 cod. civ. Si tratta di domande che, a differenza della riconvenzionale, non sono rivolte nei confronti dell'opponente, ma che risultano essere state cumulate nello stesso processo di opposizione di terzo all'esecuzione. Queste domande, ed in specie la prima, risultano peraltro correttamente proposte nel giudizio di opposizione all'esecuzione, per come già rilevato da questa Corte quando ebbe ad affermare che nell'ipotesi in cui il proprietario della cosa espropriata proponga opposizione di terzo, chiedendo la dichiarazione di nullità di tutti gli atti dell'esecuzione e la restituzione da parte
dell'aggiudicatario della cosa illegittimamente espropriata, l'aggiudicatario può proporre, immediatamente e nello stesso processo, la domanda di responsabilità ex art. 2921 cod. civ. contro il creditore procedente, per l'ipotesi che l'opposizione venga accolta e che si accerti, conseguentemente, aver egli subito l'evizione, senza che egli debba attendere il giudicato sull'opposizione del terzo (Cass. n. 2068/77). Entrambe le domande sono dipendenti dalla decisione sull'opposizione all'esecuzione, sono condizionate al suo accoglimento e danno vita ad una causa collegata, con vincolo di subordinazione, con quella sorta a seguito dell'opposizione, ma da questa distinta quanto a causa petendi e petitum. Per di più, nel caso di specie, il vincolo di subordinazione è stato sciolto con la sentenza di primo grado ed il cumulo è venuto meno già a seguito di questa, poiché la decisione di accoglimento dell'opposizione di terzo, non essendo stata appellata, è passata in giudicato ed il processo è proseguito in secondo grado esclusivamente tra le parti odierne ricorrente e resistenti, per definire le domande risarcitorie a seguito della duplice evizione.
La situazione processuale è tale che bene può essere esteso al caso di specie il principio di cui sopra, affermandosi che, nel giudizio di opposizione di terzo all'esecuzione, nel caso in cui alla domanda dell'opponente si cumuli la domanda subordinata di responsabilità ai sensi dell'art. 2921 cod. civ. avanzata dall'aggiudicatario contro il creditore procedente, per l'ipotesi che l'opposizione venga accolta e che si accerti, conseguentemente, aver egli subito l'evizione, la controversia è soggetta alla sospensione feriale dei termini se, accolta effettivamente l'opposizione, si sia deciso anche sulla domanda dell'aggiudicatario e, non essendo stata impugnata la sentenza di primo grado quanto al capo di accoglimento dell'opposizione di terzo, il processo sia proseguito in secondo grado soltanto per la decisione sulla responsabilità del procedente. Il ricorso è perciò ammissibile.
2.- Con il primo motivo si deduce il vizio di motivazione relativamente alla pretesa attorea tesa a vedersi riconoscere il diritto al rimborso degli interessi corrisposti alla banca per la somma presa prestito e impiegata per l'aggiudicazione ed il risarcimento del danno derivante dalle attività svolte. La ricorrente critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che il ricorso al credito per l'acquisto del bene aggiudicato costituisce una scelta dell'aggiudicatario i cui costi, non rientrando nella sfera di influenza e di decisione del creditore procedente, non possono ricadere su quest'ultimo, ma - anche in considerazione del fatto che la società aggiudicataria opera nel campo immobiliare - debbono essere ricompresi nel rischio ... dell'attività imprenditoriale di immobiliarista svolta dall'appellante.
2.1.- Nota la ricorrente che il giudice d'appello, che ha riproposto la motivazione del tribunale, finisce per spostare i termini della questione trattata, passando irragionevolmente dal piano oggettivo (danno risarcibile) al piano soggettivo (qualità del soggetto aggiudicatario danneggiato). Secondo la ricorrente, la motivazione non sarebbe sufficiente a fornire una spiegazione logica e coerente dell'esclusione dal novero dei danni risarcibili degli interessi passivi corrisposti dall'istituto di credito per l'anticipazione della somma pagata per l'acquisto del bene subastato, trattandosi di spesa che è conseguenza immediata e diretta dell'evento lesivo ai sensi dell'art. 1223 cod. civ. Aggiunge che è improprio il richiamo alla libera scelta imprenditoriale dell'aggiudicataria e che, comunque, non si sarebbe trattato di una scelta, ma di una necessità, non disponendo delle necessarie risorse finanziarie. In ogni caso, si tratta di un danno emergente risarcibile alla stregua della giurisprudenza, richiamata in ricorso, relativa ai danni dei quali si ammette il risarcimento in caso di evizione. 3.- Col secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di motivazione relativamente alla pretesa attorea tesa a vedersi riconoscere il diritto al rimborso delle somme indennizzate alla terza acquirente. Col terzo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione per la parte in cui la Corte ha implicitamente confermato la sentenza di primo grado, a sua volta contraddittoria, laddove escludeva, dall'ambito risarcitorio il rimborso delle spese sostenute dal terzo acquirente ancorché a quest'ultimo riconosciute e poste a carico di Immobiliare San Paolo. La ricorrente critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che anche la scelta di rivendere il bene esecutato è stata frutto di una libera determinazione imprenditoriale della società appellante, la quale, in ipotesi, avrebbe potuto anche concederlo in locazione o ristrutturarlo o utilizzarlo in qualsiasi altro modo.
A questo argomento la Corte aggiunge quello per il quale il creditore procedente non potrebbe rispondere delle spese del trasferimento che l'aggiudicataria è costretta a rifondere alla sua avente causa, in quanto questo secondo trasferimento non è conseguenza necessaria dell'esecuzione effettuata dal procedente su un bene non appartenente al suo debitore, ma conseguenza della scelta dell'aggiudicataria di rivendere il bene de quo.
3.1.- Nota la ricorrente che il giudice d'appello, che ha riproposto la motivazione del tribunale, non ha considerato che, anche se la società non avesse venduto il bene a terzi, e l'avesse impiegato come indicato dalla Corte, avrebbe comunque subito un danno per l'evizione, pure se di diversa natura e consistenza patrimoniale, sicché è del tutto illogico e contraddittorio affermare che ad un diverso impiego del bene aggiudicato sarebbe potuto non seguire alcun danno. Aggiunge che anche la richiesta della voce di danno in discorso è perfettamente compatibile con la giurisprudenza formatasi in tema di danni risarcibili in caso di evizione.
Col terzo motivo lamenta che la Corte d'Appello non abbia nemmeno preso in considerazione la denunciata contraddizione della sentenza di primo grado, ma anzi l'abbia sostanzialmente condivisa, sia pure per implicito.
4.- I motivi, che vanno trattati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono fondati.
In caso di evizione totale subita dall'acquirente della cosa espropriata, questi ha diritto, ai sensi dell'art. 2921 cod. civ., oltre che alla ripetizione del prezzo non ancora distribuito, anche al risarcimento dei danni ed al rimborso delle spese a carico del creditore procedente. Il fondamento dell'obbligazione risarcitoria sancita dall'art. 2921 cod. civ., in caso di evizione subita dall'acquirente della cosa espropriata, risiede nel potere di scelta che l'ordinamento conferisce al creditore procedente di individuare i beni da sottoporre ad esecuzione forzata e nella responsabilità che egli assume assoggettando al procedimento espropriativo beni che non appartengono al debitore (cfr. Cass. n. 2724/69). Nel caso di specie, non è in discussione l'an di siffatta responsabilità, poiché l'affermazione di questa, contenuta nella sentenza di primo grado, non è stata impugnata ed è oramai irrevocabile.
Invece, la questione posta in appello e col presente ricorso attiene al quantum debeatur, o meglio ai criteri di determinazione dei danni risarcibili.
In proposito, è noto l'indirizzo giurisprudenziale oramai consolidato per il quale, in caso di evizione totale, il diritto al risarcimento integrale del danno spetta soltanto se venga accertata in concreto la colpa del venditore in riferimento alla causa che ha determinato l'evizione, spettando altrimenti, nel caso di assenza di (dolo o) colpa, soltanto il diritto al risarcimento dell'interesse negativo (cfr. Cass. n. 14431/06 secondo cui In tema di vendita, poiché la garanzia - sia quella per evizione che quella per vizi della cosa - ha la funzione di eliminare lo squilibrio delle prestazioni determinato dall'inadempimento del venditore, tale rimedio,essendo rafforzativo e non sostitutivo di quello generale previsto per i contratti, opera nei limiti del ripristino della situazione anteriore alla conclusione del contratto anche in mancanza di colpa del venditore. Quest'ultimo requisito è, invece, necessario allorché il compratore chieda il risarcimento integrale dei danni (cioè comprensivo anche dell'interesse positivo), in relazione al quale opera la presunzione di carattere generale prevista dall'art. 1218 cod. civ. in tema di inadempimento contrattuale;nello stesso
senso, tra le altre, già Cass. n. 3249/81 e n. 6491/86, nonché n. 2369/88 e 792/98 citati in ricorso). Lo stesso orientamento è seguito anche in materia di riscatto agrario (cfr., tra le altre, Cass. n. 3470/94, citato in ricorso, e, di recente, Cass. n. 15754/14).
La ricorrente ha richiamato questa interpretazione ed ha dichiarato espressamente di volere limitare la sua richiesta al risarcimento dell'interesse contrattuale negativo. Pertanto esula dal presente giudizio la questione se, in caso di esercizio vittorioso dell'azione per danni ai sensi dell'art. 2921 cod. civ., allo spossessamento dell'aggiudicatario siano applicabili le norme che regolano l1 evizione totale, come sopra interpretate, ovvero se, in considerazione della specialità della disciplina, la colpa del creditore procedente si debba presumere, con conseguente diritto dell'aggiudicatario che abbia sofferto l'evizione al risarcimento integrale dei danni.
4.1.- Essendo la pretesa della ricorrente, che ha ottenuto la restituzione del prezzo, limitata al rimborso delle spese e dei pagamenti legittimamente fatti per il contratto, ai sensi dell'art. 1483 c.c., comma 1, e art. 1479 cod. civ., occorre previamente
verificare se rientrino nei danni risarcibili per lesione di siffatto interesse negativo gli oneri che l'aggiudicataria abbia dovuto sopportare per procurarsi la liquidità necessaria all'acquisto, facendo ricorso al credito bancario, nonché le spese ed i pagamenti che, a sua volta, abbia dovuto rimborsare al terzo, suo avente causa e successivo acquirente del bene espropriato oggetto di evizione. L'interesse negativo si identifica con l'interesse della parte acquirente della cosa espropriata a non effettuare un acquisto destinato ad essere posto nel nulla, perciò differenziandosi dall'interesse positivo al mantenimento dell'effetto traslativo che è conseguito all'aggiudicazione. La lesione dell'interesse negativo è provocata dalle spese e dalle perdite economiche che l'aggiudicatala avrebbe evitato se non avesse ottenuto l'aggiudicazione. Per risarcire tale lesione occorre quindi ripristinare la situazione patrimoniale nella quale la stessa si sarebbe trovata se non fosse risultata aggiudicataria del bene espropriato.
Evidente è il suo diritto ad essere risarcita del danno emergente, vale a dire di tutte le spese sostenute per partecipare alla gara e per effettuare l'acquisto, nonché delle spese sostenute in conseguenza del venir meno di tale acquisto, ivi comprese le spese per il risarcimento dei danni a terzi, a causa dell'impossibilità di rispettare gli impegni contrattuali assunti nei confronti di altri soggetti. Con la precisazione che, anche rispetto a questi ultimi, si tratta di voci di perdita, e non di mancato guadagno, vale a dire di esborsi che l'acquirente del bene espropriato deve (o ha dovuto) sostenere a titolo di rimborsi e restituzioni nei confronti dei terzi, non anche della perdita del lucro del relativo investimento. 4.2.- Pertanto, rientrano nelle spese al cui rimborso dal creditore procedente l'aggiudicatario ha diritto ai sensi dell'art. 2921 cod. civ. certamente i costi che ha sostenuto per stipulare il contratto
di mutuo utilizzato procurarsi la liquidità necessaria per il pagamento del saldo prezzo. Infatti, si tratta di spese legittimamente fatte per l'acquisto. Sono tali, ai sensi dell'art. 1479 c.c., comma 2, come richiamato dall'art. 1483 cod. civ., tutte
le spese che, utili al momento dell'esborso, siano divenute inutili per il venir meno dell'acquisto, di modo che la norma si rivela espressione dell'esigenza dell'ordinamento che, in definitiva, dette spese ricadano su chi ha dato causa ad un acquisto inefficace. D'altronde, il collegamento tra contratto di finanziamento e versamento del prezzo in sede di vendita forzata è assunto come dato di fatto dal legislatore che, nel sostituire l'art. 585 cod. proc. civ. con il D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 3, lett. e), n. 31
convertito nella L. n. 80 del 2005, ha previsto al comma 3 che se il versamento del prezzo avviene con l'erogazione a seguito di contratto di finanziamento che preveda il versamento diretto delle somme erogate in favore della procedura e la garanzia ipotecaria di primo grado sul medesimo immobile oggetto di vendita, il decreto di trasferimento deve indicare l'atto ed il conservatore dei registri immobiliari deve procedere alla doppia formalità con le modalità prescritte dalla norma.
Laddove, come nel caso di specie (anche in ragione dell'epoca dell'acquisto - con decreto di trasferimento in data 17 ottobre 2004 - precedente l'entrata in vigore della modifica normativa su citata), il collegamento non risulti formalizzato nel decreto di trasferimento, esso va accertato in concreto. Nel caso in cui si accerti, comunque, che il mutuo in questione sia stato stipulato per procurarsi la provvista per l'acquisto, i relativi costi (esborsi sopportati per la stipulazione del contratto di mutuo, eventuali polizze assicurative pretese dall'istituto di credito, interessi passivi frattanto corrisposti etc.) vanno rimborsati perché "legittimamente fatti per il contratto" (id est, di compravendita) ex artt. 1479-1483 cod. civ., quindi, in caso di vendita forzata,
legittimamente fatti per la partecipazione alla gara e per il versamento del prezzo di aggiudicazione.
4.3.- Parimenti, rilevano ai fini del risarcimento dell'interesse negativo in caso di evizione le spese che l'aggiudicatario deve affrontare per rimborsare al terzo da lui avente causa le spese inutilmente affrontate per stipulare un contratto di acquisto divenuto inefficace a seguito della medesima vicenda di evizione. Anche rispetto a queste ultime spese sussiste l'esigenza, sopra evidenziata, che esse finiscano per ricadere su colui che vi abbia dato origine, provocando l'inadempimento del venditore, già aggiudicatario;quindi, sul creditore procedente. Nè può sostenersi che queste ultime avrebbero potuto essere evitate, al momento della rivendita, mediante ricorso, da parte dell'aggiudicatario alienante, all'esclusione dalla garanzia di cui all'art. 1488 c.c., comma 1, poiché la vendita in cui sia stato convenzionalmente modificato il contenuto della garanzia per evizione, esonerandosi il venditore, pur tenuto alla restituzione del prezzo, dal pagamento di qualsiasi tipo di indennizzo, mantiene il proprio carattere commutativo e non è configurabile come un negozio aleatorio a rischio e pericolo del compratore. Ne consegue che, per effetto della pattuizione di siffatta diminuzione della garanzia, il venditore è esentato dal risarcimento dei danni, ma, ai sensi dell'art. 1488 c.c., comma 1, non è liberato dall'obbligo, oltre che di restituire il prezzo pagato, di rimborsare le spese accessorie alla stipulazione dell'atto e non ripetibili (cfr. Cass. n. 314/13). In conclusione, va affermato il principio di diritto per il quale in tema, di vendita forzata, rientrano tra i danni risarcibili dal creditore procedente in favore dell'acquirente della cosa espropriata che ne abbia subito l'evizione, i costi sopportati
dall'aggiudicatario per procurarsi la liquidità necessaria all'acquisto mediante ricorso al credito bancario, nonché le spese ed i pagamenti dovuti dall'aggiudicatario al terzo, successivo acquirente della cosa espropriata, per il contratto stipulato con l'aggiudicatario, poiché entrambi questi rimborsi concorrono, ai sensi dell'art. 2921 cod. civ., al ripristino della situazione patrimoniale dell'acquirente anteriore alla vendita, forzata, il cui effetto traslativo sia venuto meno per evizione.
5.- La Corte d'Appello di Milano, quanto ai costi per il mutuo stipulato dalla Immobiliare San Paolo S.r.l., ne ha illogicamente escluso il rimborso, in ragione della qualità soggettiva dell'aggiudicataria. Ha infatti considerato che si tratta di società avente ad oggetto, tra l'altro, l'acquisto e la rivendita di immobili, per cui ha reputato compresi nell'attività imprenditoriale di immobiliarista svolta dalla società appellante anche i costi sopportati per procurarsi il denaro mediante ricorso al mutuo bancario.
L'incongruenza di siffatta motivazione è evidente sol che si consideri che il rischio d'impresa non sta certo nelle modalità di reperimento della provvista per l'acquisto del bene, bensì nella scelta di effettuare tale acquisto onde ricollocare utilmente l'immobile nel mercato delle vendite e/o delle locazioni. Il rischio d'impresa, essendo per definizione riferibile tutt'al più al lucro cessante (avuto di mira dall'acquirente fiducioso nell'esito positivo dell'acquisto, per compravendita o vendita forzata, che sia), non ha nulla a che vedere, per quanto detto sopra, col risarcimento della lesione dell'interesse negativo, riferibile esclusivamente al danno emergente provocato dal venir meno dell'acquisto.
5.1.- Parimenti viziata appare la decisione di merito laddove esclude che siano spese o pagamenti collegabili alla vendita forzata i costi di cui si è appena detto nonché gli esborsi sopportati dall'aggiudicataria per risarcire i danni causati alla sua avente causa Immobiliare VAL-GIA s.r.l. dalla medesima evizione. Non vi è dubbio che se l'immobile anziché essere venduto, fosse stato altrimenti impiegato - dato che, come nota la Corte d'Appello, l'acquirente avrebbe potuto anche concederlo in locazione o ristrutturarlo o utilizzarlo in qualsiasi altro modo - vi sarebbero stati dei costi aventi, come osserva la ricorrente, altra natura o consistenza, ma resi altrettanto inutili dall'inoperatività dell'acquisto, e perciò rimborsabili (arg. anche ex art. 1479 c.c., comma 2);così come non si può escludere che, anche in caso di
utilizzazione alternativa, l'acquirente potesse incorrere in responsabilità verso terzi per mancato rispetto di eventuali impegni contrattuali nei loro confronti (es. penali per mancata consegna di immobile locato etc).
Nè può rilevare che i costi sopportati per procurarsi la provvista o per risarcire i terzi siano ricollegabili a scelte dell'acquirente, che esulano dalla sfera di controllo del creditore procedente, come per contro sostenuto dalla Corte d'Appello. Ed invero, ciò che rileva, ai sensi degli artt. 1483, 1479 e 2921 cod. civ., come sopra interpretati, è che si tratti di esborsi oggettivamente connessi all'acquisto della cosa espropriata, tali cioè che, se questo non vi fosse stato, l'acquirente non li avrebbe affrontati. La ragione del loro rimborso a carico del procedente va ricercata nel ripristino della situazione patrimoniale qua ante dell'aggiudicatario, avente diritto al risarcimento della lesione dell'interesse negativo. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato.
È opportuno rimettere al giudice del rinvio la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.