Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 24/06/2004, n. 11763
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S G - Presidente -
Dott. M E - rel. Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
Dott. D R A - Consigliere -
Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DELICIO DOMENICO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BENEDETTO CROCE 27, presso lo studio dell'avvocato A L, rappresentato e difeso dall'avvocato F C, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
ISPETTORATO PROVINCIALE DEL LAVORO DI MATERA, (ora Direzione Provinciale del Lavoro di Matera) in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 241/01 del Tribunale di MATERA, depositata il 19/03/01 R.G.N. 3129/00;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 12/12/03 dal Consigliere Dott. E M;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F R che ha concluso per il rigetto del primo e del secondo motivo del ricorso;accoglimento del terzo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza-ingiunzione del 22 novembre 1993 l'Ispettorato Provinciale del Lavoro di Matera ordinava al sig. Delicio Domenico, di pagare la somma di lire 67.200.000 quale sanzione amministrativa per violazione delle disposizioni dell'art. 10, primo comma, del D.L. 3 febbraio 1970 n. 7 convertito nella legge 11 marzo 1970 n. 83
avendo egli assunto, nella qualità di rappresentante legale del "consorzio dei Comuni non montani del Materano", quarantadue lavoratori dipendenti senza il tramite dell'Ufficio di collocamento. Il Delicio proponeva opposizione innanzi al Pretore di Matera, con ricorso del 21 dicembre 1993, rilevando il difetto di legittimazione passiva, la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Basilicata e dell'Amministrazione Provinciale di Matera, la indeterminatezza e contraddittorietà della contestazione, la infondatezza della contestazione stessa e la retta applicazione dell'art. 13 della legge 11 marzo 1970 n. 83, e concludeva chiedendo, previa la chiesta integrazione del contraddittorio, declaratoria di infondatezza, inefficacia e nullità dell'opposta ordinanza-ingiunzione.
Il Tribunale di Matera, sezione stralcio (subentrato al Pretore a seguito della modifica procedurale di cui alla legge 16 dicembre 1999 n. 479), ha pronunciato sentenza depositata il 19 marzo 2001 con la
quale - disposta la sospensione dell'esecuzione dell'ordinanza ingiunzione - ha rigettato l'opposizione compensando le spese tra le parti. Ha disatteso l'eccezione di carenza di legittimazione e di nullità della notificazione;ha affermato che l'illecito amministrativo è addebitabile alla persona e non all'Ente di cui la stessa è rappresentante, che tale illecito pertanto era addebitabile al Delicio, mentre la corresponsabilità solidale non determinava una situazione di litisconsorzio necessario. Ha escluso che nella specie ricorresse la esimente di cui all'art. 13 della legge n. 83 del 1970 in quanto l'opponente non aveva provato l'urgenza e la indilazionabilità delle assunzioni, quali ivi previste. Avverso tale sentenza il Delicio ricorre per Cassazione (ai sensi dell'art. 23 della legge n. 689 del 1981) formulando tre motivi di censura, cui resiste con controricorso la Direzione Provinciale del Lavoro di Matera.
Il ricorrente ha pure depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo di ricorso il Delicio, denunziando violazione dell'art. 145 c.p.c., rileva la nullità dell'ordinanza-ingiunzione deducendo che tale provvedimento era stato a lui notificato come persona fisica e non nella qualità di legale rappresentante del Consorzio, ed inoltre nel suo domicilio anziché presso la sede legale dell'ente;e sostiene che la notifica avrebbe dovuto essere eseguita con il rilascio ad esso ricorrente di una copia a lui destinata come persona fisica e di altra copia a lui destinata come legale rappresentante del consorzio presso la sede legale di questo. Censura l'impugnata sentenza anche per avere affermato che esso ricorrente aveva riconosciuto di aver ricevuto a mani proprie la notifica dell'ingiunzione, e nega tale circostanza rilevando che sul punto neppure era stata offerta prova.
Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 102 e 103 c.p.c. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione e, richiamando la norma dell'art. 6 della legge n. 689 del 1981, lamenta che il giudice del merito non abbia motivato sulla
richiesta di integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 102 o quanto meno dell'art. 103 c.p.c. avanzata da esso istante con riguardo al coobbligato Consorzio e, dopo il suo scioglimento, dall'Amministrazione provinciale di Matera, avendo tali soggetti diritto a partecipare al giudizio alla cui sorte erano interessati. 2.- I due motivi, tra loro connessi e passibili di esame congiunto, non sono fondati.
Anzitutto va osservato che, stante il vincolo obbligatorio soltanto solidale intercorrente tra l'ente o la persona giuridica o l'impresa, cui si riferisce la violazione, e la persona fisica che agisce come rappresentante della stessa, così come espressamente stabilito dall'art. 6 della legge 24 novembre 1981 n. 689, non sussiste alcun vincolo di litisconsorzio necessario tra gli stessi appunto perché coobbligati solidali (tra le molte, Cass. 21 novembre 2001 n. 14635, 16 marzo 2001 n. 3838). Il giudice del merito ha, poi, reso esplicita ed esauriente motivazione su tal punto diversamente da quanto asserito in ricorso - ed ha esattamente escluso la sussistenza nella specie della dedotta ipotesi di litisconsorzio necessario, ritenendo pure, nel corretto esercizio della sua facoltà discrezionale, di non disporre alcuna chiamata in causa del Consorzio, o dell'Amministrazione provinciale ad esso subentrata, sotto il profilo del litisconsorzio facoltativo, sul rilievo che, "allorché l'ente impositore ha scelto l'obbligato al pagamento, rimane un fatto interno ai coobbligati la decisione dell'effettiva responsabilità o la misura della responsabilità da ripartire" (pagg. 4, 5 sent. Trib.).
Per quanto concerne la notificazione dell'ordinanza-ingiunzione - sul qual punto è consentito alla Corte di legittimità l'esame diretto degli atti pregressi vertendosi in ipotesi di "error in procedendo" - tale incombente risulta regolarmente eseguito con notifica a mezzo posta nei confronti del Delicio e presso la sua abitazione: e la notificazione così eseguita, alla stregua dei principi e dei rilievi prima esposti in ordine ai rapporti tra la persona fisica oggetto dell'ingiunzione e l'ente da essa rappresentato secondo le previsioni della legge n. 689 del 1981 (v. in particolare artt. 6 e 14), non può ritenersi inficiata da alcuna nullità quale eccepita da parte ricorrente, considerato che in ogni caso detta notificazione, del tutto regolarmente effettuata nei confronti del Delicio, ha perfettamente raggiunto il suo scopo che era quello di porre il destinatario nelle condizioni di proporre ritualmente e tempestivamente - così come è stato fatto - l'opposizione al provvedimento notificato. Per tale assorbente ragione, quindi, nessuna nullità potrebbe comunque essere pronunciata ai sensi dell'art. 156 ultimo comma cod. proc. civ. nel senso richiesto. 3.- Con il terzo motivo il ricorrente denunzia violazione ed erronea applicazione degli artt. 10 e 13 del D.L. 3 febbraio 1970 n. 7 convertito nella legge 11 marzo 1970 n. 83 nonché vizio di motivazione e "disparità con decisioni analoghe". Il ricorrente censura l'impugnata sentenza per non avere ritenuto sussistente nel caso di specie l'ipotesi di cui all'art. 13 della citata legge, non ravvisando quella situazione di urgenza che escludeva la possibilità di rivolgersi tempestivamente alla competente sezione dell'Ufficio del lavoro per il collocamento e consentiva l'assunzione diretta del personale, e che, nella fattispecie, era rappresentata dalla urgente necessità di far fronte alla incombente epidemia della processionaria del pino. Richiama al riguardo documentazione concernente la autorizzazione della Regione Basilicata per l'apertura di cantieri forestali urgenti e indispensabili contro la processionaria del pino;argomenta circa la necessità di ottenere l'autorizzazione regionale prima di dar seguito ai relativi lavori;
pone in rilievo che i medesimi lavoratori di cui all'ordinanza opposta erano stati nuovamente assunti dopo i fatti oggetto del provvedimento e sempre ai sensi dell'art. 13 della legge n. 83/1970 e che in tale occasione la competente Sezione circoscrizionale per l'impiego nulla aveva eccepito;rimarca pure la necessità di avere assunto gli anzidetti lavoratori perché negli anni precedenti gli stessi avevano egregiamente svolto la lotta alla processionaria del pino.
4.- Il motivo ora sinteticamente riportato è fondato sotto il profilo del vizio di motivazione.
Ed invero, a fronte delle specifiche deduzioni svolte nel motivo stesso, che attengono a vari aspetti e circostanze rilevanti ai fini del riscontro della particolare situazione di fatto, di urgente necessità, prevista dal citato art. 13 della legge sul collocamento dei lavoratori agricoli nel consentire la assunzione diretta, deve ritenersi che la motivazione dell'impugnata sentenza presenta in effetti profili di insufficienza ed inadeguatezza non avendo preso in considerazione i molteplici ricordati elementi di fatto, pur decisivi ai fini della pronuncia, e risultando altresì alquanto apodittica anche sul punto riguardante la selezione per competenza dei lavoratori prescelti.
Pertanto, in relazione al punto da ultimo esaminato, la sentenza del Tribunale di Matera deve essere cassata per difetto di motivazione. 5.- Per quanto concerne, poi, la nuova deduzione svolta nella memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c. con la quale si assume l'avvenuta applicazione del D.L. 28 marzo 1996 n. 166 prospettando la cessazione della materia del contendere sotto il profilo della avvenuta sanatoria ad opera della Amministrazione provinciale di Matera, subentrata al Consorzio dei Comuni non Montani del Materano, tale deduzione, svolta in atto destinato soltanto ad illustrare motivi già svolti nel ricorso per Cassazione - quale è appunto la memoria prevista dall'art. 378 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. un. 19 maggio 1997 n. 8373) - non è ammissibile nella presente sede anche perché involgente accertamenti di fatto.
Spetterà quindi al giudice del rinvio accertare e valutare la ricorrenza e l'eventuale rilevanza delle dedotte circostanze quali prospettate nella memoria stessa sotto il profilo della cessazione della materia del contendere per avvenuta sanatoria della infrazione di che trattasi.
6.- La causa, quindi, deve essere rinviata ad altro giudice equiparato, che si designa nel Tribunale, giudice unico, di Potenza, il quale terrà conto dei rilievi sopra svolti, e deciderà provvedendo pure sulle spese del presente giudizio di legittimità.