Cass. civ., sez. I, sentenza 08/08/2016, n. 16618

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L'art. 65 l.fall., a norma del quale sono privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, richiede, per la sua applicabilità, unicamente il fatto oggettivo dell'anticipazione del pagamento rispetto alla sua scadenza originaria, sia essa convenzionale o legale.

Il pegno di saldo di conto corrente bancario costituito a favore della banca depositaria si configura come pegno irregolare solo quando sia espressamente conferita alla banca la facoltà di disporre della relativa somma mentre, nel caso in cui difetti il conferimento di tale facoltà, si rientra nella disciplina del pegno regolare, ragion per cui la banca garantita non acquisisce la somma portata dal saldo, né ha l'obbligo di restituire al debitore il "tantundem", sicché, difettando i presupposti per la compensazione dell'esposizione passiva del cliente con una corrispondente obbligazione pecuniaria della banca, l'incameramento della somma conseguente all'escussione del pegno rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 67 l.fall. ed è assoggettabile a revocatoria fallimentare.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 08/08/2016, n. 16618
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16618
Data del deposito : 8 agosto 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

36 6 18/ 16 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN

NOME DEL POPOLO ITALIANO

Revocatoria fallimentare. LA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Pegno. Saldo di conto PRIMA SEZIONE CIVILE corrente. Finanziamento Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: su contributo Presidente Dott. A N statale. - Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE R.G. N. 14798/2012 - Consigliere - Cron. 16618 Dott. MASSIMO FERRO Rep. C.I. Dott.

FRANCESCO TERRUSI

Rel. Consigliere Ud. 15/06/2016 Consigliere Dott. G D M - PU ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 14798-2012 proposto da: BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A. (P. I. 09339391006), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE

FLAMINIO

76, presso l'avvocato C M, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per Rep.n. 86.821 Notaio dott. L L GIA di ROMA - 2016 del 12.6.12;
1185 - ricorrente contro CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA EUROPLASTEC S.R.L. 1 EUROPEAN PLASTIC TECHNOLOGY, in persona del Curatore dott. P R A, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA SANTIAGO DEL CILE

8, presso l'avvocato M B, rappresentata e difesa dall'avvocato L D E, giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

- avverso la sentenza n. 215/2012 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 14/03/2012; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/06/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI; udito, per la ricorrente, l'Avvocato GIOVANNA LA MORGIA, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito, per la controricorrente, l'Avvocato LUCA DI EUGENIO che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per il rigetto del ricorso. 2 14798-12 Svolgimento del processo del fallimento di Europlastec s.r.l., curatela La 3 dichiarato con sentenza in data 11-4-2002, conveniva la Banca nazionale del lavoro (hinc solo Bnl) dinanzi al tribunale di Teramo. Formulava, da un lato, una domanda tesa a sentir l'inefficacia di un pagamento di liredichiarare 203.047.980 incamerato il 19-7-2001 mediante l'escussione di un pegno sul saldo attivo di un conto corrente, se del caso previa declaratoria di nullità della garanzia, e, dall'altro, una domanda tesa а sentir dichiarare inefficace, ai sensi dell'art. 65 della 1. fall., ° in subordine revocare ai sensi dell'art. 67, 1° comma, della 1. fall., un pagamento di lire 400.000.000, incamerato in data 4-5 ottobre 2000 e destinato alla estinzione di un fido. Assumeva difatti che il primo atto dovevasi dell'art. 2487, 3° comma, cod.ritenere nullo ai sensi civ. e comunque revocabile in base all'art. 67, 2° comma, 1. fall., avendo la banca escusso la garanzia pignoratizia non a fronte dello specifico e determinato credito per il quale era stata concessa (derivante da fideiussione in favore di terzi partecipanti a una joint in considerazione della perdurante venture), ma insolvenza della società poi fallita, così da sostanziare un pagamento di debito liquido ed esigibile compiuto nell'anno anteriore al fallimento;
e che il secondo atto aveva costituito un pagamento di debito non ancora scaduto effettuato nel biennio anteriore al fallimento alternativamente, un pagamento con mezzo anormale ovvero, compiuto nel medesimo periodo. Nella resistenza della Bnl, l'adito tribunale di Teramo rigettava le domande sostenendo che l'escussione del pegno non era qualificabile come pagamento revocabile, essendo la banca divenuta, sin dalla costituzione, proprietaria delle somme date in pegno ai sensi dell'art. 1851 cod. civ., con conseguente possibilità di compensazione ex art. 56 della legge fall. col credito da essa vantato nei confronti della correntista;
mentre l'ulteriore pagamento non era a sua volta revocabile in conto affidato per quanto relativo а un somma corrispondente. Proponeva appello la curatela. La corte d'appello di Ancona, con sentenza in data 14-3- 2012, accoglieva il gravame. In ordine al primo pagamento evidenziava che mediante la costituzione di pegno non era stato concesso alla banca il potere di disporre delle somme date in garanzia, sicché la fattispecie non poteva essere qualificata come pegno irregolare;
conseguentemente, non potendo operare la compensazione ai sensi dell'art. 56 della legge fall., 2 la rimessa era da considerare soggetta a revocatoria fallimentare;
la clausola n. 3 della scrittura di pegno, concernendo l'estensione della garanzia ad altri crediti, doveva peraltro essere dichiarata altresì nulla per violazione dell'art. 2787, 3° comma, cod. civ., non essendo stato sufficientemente indicato il credito stato di insolvenza da garantito;
la conoscenza dello provata dallaparte del creditore era da considerare esistenza di numerosi protesti e dalla previa revoca delle linee di fido e dell'autorizzazione а emettere assegni, oltre che dalle procedure esecutive in corso per importi anche rilevanti, dalla chiusura dei conti correnti e dai piani di rientro già approntati con altre banche;
del resto proprio all'insolvenza aveva fatto riferimento la Bnl nella lettera con cui aveva comunicato 1' avvenuta escussione della garanzia. Quanto al restante pagamento di lire 400.000.000, la d'appello ne dichiarava l'inefficacia ai sensi corte dell'art. 65 della 1. fall., non essendo il relativo credito scaduto al momento del fallimento. Per la cassazione della sentenza, notificata il 20-4- 2012, la Bnl ha proposto ricorso sorretto da quattro motivi. La curatela fallimentare ha replicato con controricorso. Motivi della decisione 3 I. - Col primo mezzo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 56 legge fall., 151 e 1834 cod. civ., 1362 e seg. cod. civ., oltre che omessa о comunque insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, censura la sentenza per non aver considerato che l'avvenuta costituzione del pegno in favore della stessa banca depositaria era circostanza idonea a configurare come irregolare il pegno medesimo, con passaggio automatico del denaro in proprietà della banca. Censura inoltre la sentenza per non aver dato risalto, nell'interpretazione del contratto, alla previsione dell'art. 3, relativa all'estensione della garanzia ai crediti vantati dalla banca, giacché tale estensione avrebbe dovuto esser considerata come attestativa della volontà di conferire anche il potere dispositivo. Col secondo mezzo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2787 cod. civ. e il vizio di motivazione, avendo la corte d'appello ritenuto la nullità parziale del contratto di pegno senza considerare che nel citato art. 3 era stato indicato il credito garantito, mediante l'esplicito riferimento al saldo passivo di conto corrente. Per quanto tale indicazione non fosse stata completata con l'indicazione del numero di conto e dell'importo, la determinabilità del credito 4 avrebbe dovuto essere valutata in base a elementi esterni alla scrittura, ovvero alla esistenza dello scoperto sul conto corrente n. 14385 in essere presso la medesima dipendenza della banca. Col terzo mezzo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. e il vizio di motivazione a proposito della esistenza della decoctionis, essendosi fatta menzione di scientia elementi insufficienti allo scopo. I protesti sarebbero stati pubblicati dopo l'escussione della garanzia;
le procedure esecutive sarebbero state solo mobiliari, e quindi non interessate da pubblicità;
le revoche di affidamenti erano relative a istituti terzi. Né la corte d'appello aveva valutato i numerosi elementi di segno contrario rappresentati dalla inesistenza di segnalazioni alla centrale dei rischi, di istante di fallimento, di esecutive immobiliari, di procedureprocedure di ingiunzione, di iscrizioni ipotecarie e di notizie di stampa indicative di un eventuale dissesto. E ancora non aveva valutato la circostanza che, dopo la levata del primo protesto, in data 14-9-2000, la fallita aveva finanziamento della Banca ottenuto il consistente popolare di Ancona. Infine col quarto motivo dedotta la violazione viene fall. e dell'art. 2697 cod. dell'art. 65 della legge 5 civ., oltre che il vizio di motivazione, a proposito del capo della sentenza concernente l'inefficacia del pagamento di lire 400.000.000, atteso che la rimessa, essendo confluita su conto (il n. 281508) affidato per eguale somma, non potevasi considerare di carattere solutorio né concretizzare un pagamento scaduto il giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente. relazione al primo motivo di ricorso giova II. - In innanzi tutto in cosa si sostanzia il pegno rammentare irregolare. irregolare cheCaratteristica essenziale del pegno oggetto del pegno sia un bene (o una pluralità di beni) considerato fungibile per natura o per il quale sia stata conferita al creditore la facoltà di disposizione. Con la conseguenza che la proprietà del bene dato in pegno, invece di rimanere, come di regola, in capo al datore del pegno, passa immediatamente al creditore pignoratizio. Per tale ragione il creditore, se, da un lato, subisce tutte le oscillazioni di valore del bene oggetto del pegno, dall'altro non ha più l'obbligo di custodia, né deve i frutti, ma può liberamente, appunto, disporre di quel bene salvo l'obbligo di restituire il tantundem alla scadenza convenuta (cfr. tra le tante Sez. 1 n. 2456-08, n. 5111-03). 6 Sempre per tale ragione comunemente si insegna che il pegno irregolare sfugge al divieto di patto commissorio, giacché la proprietà del bene è acquisita al creditore non a causa del mancato pagamento del debito ma a causa della fungibilità dell'oggetto o della attribuzione della facoltà di disporre. Nel caso di specie, la corte d'appello ha osservato che in nessun punto della scrittura di pegno era stato concessO alla banca il potere di disporre delle somme portate dal saldo concessO in garanzia, donde la fattispecie non poteva essere inquadrata in quella del pegno irregolare. E occorre sottolineare che una simile affermazione di pieno merito è coerente con quanto è possibile constatare in base al ricorso, nel cui ambito il testo della scrittura è riportato. Si evince, difatti, che il pegno era stato costituito sul "saldo di lit. 200.000.000 oltre interessi maturati e maturandi, derivante da: conto corrente n. 420540 in essere presso di voi ed intestato a mio/nostro nome (..)" a garanzia di ogni credito accordato in pendenza del fido "per rilascio di fideiussione fav. Partecipanti tunisini Joint Venture Medaplast per l'importo di lit. 1.100.000.000". III. La tesi della banca ricorrente è tuttavia questa: che il pegno di saldo attivo di conto corrente si configurerebbe come pegno del denaro quando sia stato 7 costituito in favore della stessa banca depositaria, cosicché, attesa la sua natura, il bene (il denaro) passerebbe automaticamente in proprietà della banca. Inoltre, e comunque, in base all'art. 3 della scrittura era stato "altresì costituito a medesima, il pegno garanzia di ogni credito, anche se non liquido ed esigibile ed anche se assistito da altra garanzia reale o personale, già in essere о che dovesse sorgere a favore della banca verso il debitore rappresentato da saldo passivo di conto corrente e/o dipendente da qualsiasi altra operazione bancaria (..)" ;
e tale circostanza vale a dire la prevista estensione della garanzia ai crediti vantati dalla banca avrebbe dovuto essere considerata alla stregua di un chiaro indice della volontà delle parti di conferire la facoltà di disposizione delle somme date in garanzia. Sennonché la tesi suddetta, consegnata al primo motivo di ricorso, non ha fondamento. La ricorrente muove da un postulato erroneo, giacché se fosse vero che la costituzione in pegno di un saldo di equivalesse a costituire in pegno ilconto corrente denaro in sé e per sé neppure sarebbe necessario porsi il problema della attribuzione della facoltà di disposizione. Difatti il pegno sarebbe irregolare in 08 0 virtù della natura del denaro, bene fungibile per eccellenza (v. art. 2803 cod. civ.). Viceversa l'affermazione secondo cui il pegno del saldo attivo di un conto corrente equivale a pegno del denaro tradisce una forzatura in ordine al concetto di saldo e alla previsione dell'art. 1834 cod. civ., che non si applica ai depositi regolati in conto corrente. Il conto semplicemente corrente bancario suppone l'annotazione in conto di operazioni derivanti da rimesse, con ovvia esclusione, rispetto al conto corrente ordinario, del requisito di reciprocità quanto alla banca. La quale, eseguendo semplicemente gli ordini impartiti dal correntista, espleta sostanzialmente, come si dice, un servizio di cassa. Poiché la disponibilità del conto è sempre destinata a variare in base ai successivi versamenti e prelievi, la conseguenza che i singoli accreditamenti e addebitamenti si individuano come mere operazioni in conto dicontabili, vale a dire come annotazioni partite di credito о di debito, tali per cui, nel rapporto tra la banca e il cliente, la modificazione giuridica si realizza sempre sul piano della disponibilità, e quindi del credito che il correntista ha diritto di utilizzare mediante i successivi ordini. : 9 In questo senso il saldo del conto rappresenta ciò che è esigibile dal correntista per la durata del rapporto. Donde non è esso stesso denaro;
cosa d'altronde evidente in base alla disciplina del sequestro o del pignoramento del saldo (art. 1830 cod. civ), che non comporta 10 scioglimento del contratto e non esclude che sul conto continuino a poter essere effettuate rimesse (salva diminuzione del l'inopponibilità di quelle comportati saldo). IV. Consegue che la situazione non differisce, in tal : limitato senso, da quel che accade nel caso, certo più semplice e consueto, in cui sia stato costituito in pegno un comune libretto di deposito. Secondo consolidata giurisprudenza, il pegno di un libretto di deposito bancario costituito a favore della banca depositaria si configura come pegno irregolare solo quando sia conferita espressamente alla banca la facoltà di disporre del relativo diritto, mentre, nel caso in cui difetti il conferimento di tale facoltà, si rientra nella disciplina del pegno regolare, onde la banca garantita non acquisisce la somma portata dal titolo о dal documento (con obbligo di riversare о scomputare il relativo ammontare), ma è tenuta a restituire il titolo o il documento stesso;
con la ulteriore conseguenza che, difettando i presupposti per la compensazione 10 dell'esposizione passiva del cliente con una corrispondente obbligazione pecuniaria della banca, la costituzione del pegno rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 67 legge fall. ed è pertanto assoggettabile a revocatoria fallimentare (v. Sez. 1^ n. 5845-00 nonché, per varie applicazioni, Sez. 1^ п. 3794- 08, n. 14067-08, n. 7563-11). Riprendendo il concetto, anche laddove il pegno abbia ad oggetto il saldo di un conto corrente bancario, ciò che qualificazione del pegno come - ai fini della rileva facoltà di disposizione del saldo irregolare - è la immediatamente attribuita alla banca, perché solo in quel caso è possibile affermare che la banca abbia acquisito la somma esigibile in base al saldo. La corte d'appello ha escluso che una simile attribuzione vi fosse stata, e l'assunto oltre tutto confortato dalla trasposizione in ricorso del testo della scrittura accertamento di fatto in questa sede- corrisponde a un non sindacabile. Sterile, oltre che priva di fondamento, invero la critica della Bnl a proposito dell'omessa considerazione della previsione ex art. 3 della scrittura, siccome asseritamente indicativa della volontà delle parti di conferire alla banca la facoltà di disporre delle somme rappresentate dal saldo. 11 Anche а voler sorvolare sul non essere indicato, nel motivo di ricorso, perché l'estensione della garanzia a crediti diversi, vantati dalla banca, avrebbe dovuto sorreggere l'affermata inferenza, con conseguente difetto specificità della censura, vi è che la stessa si di risolve, quanto al contratto, in un tentativo di rivisitazione del risultato interpretativo in sé e per sé considerato, notoriamente inammissibile in sede di legittimità (v. ex aliis Sez. 3^ n. 7500-07;
n. 4085-01; cfr. pure Sez. 3^ n. 24539-09). V. Il rigetto del primo motivo assorbe la rilevanza della questione posta col secondo, in ciò correggendosi anche la motivazione della sentenza d'appello. Data la accertata natura regolare del pegno, non è più revocatoria rilevante discorrere, in vista della della sommafallimentare dell'incameramento conseguente n. 3 del all'escussione, della validità della clausola contratto. Il terzo motivo è infondato, ove non inammissibile. VI. - Ci si duole della ravvisata esistenza dell'elemento soggettivo della scientia decoctionis. Tuttavia è risolutivo osservare che la critica della ricorrente non tiene conto della specifica affermazione - da sola sufficiente а della corte territoriale sorreggere la decisione per cui "nella lettera con cui 12 di comunicava l'escussione del pegno" la stessa banca aveva fatto "riferimento in modo espresso all'insolvenza della società". Tale rilievo non è stato oggetto di censura e vale ad ancorare la valutazione della scientia a un fatto certo. VII. Il quarto motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. La questione attiene al versamento di lire 400.000.000 avvenuto sul conto della società e incamerato dalla banca. La corte d'appello ne ha ritenuto l'inefficacia verso creditori ai sensi dell'art. 65 della 1. fall., mentre la banca persiste nell'affermare che la rimessa era avvenuta su conto corrente (il n. 281508) affidato per importo corrispondente. Sicché, attesa la situazione di conto affidato, la rimessa non avrebbe potuto esser considerata né alla stregua di pagamento di un credito scaduto il dì della dichiarazione di fallimento о posteriormente, né alla stregua di rimessa avente carattere solutorio. Può osservarsi che dalla motivazione dellaVIII. sentenza si evince che la Bnl aveva concesso un fido per anticipo su un residuo contributo in conto gestione, chiesto dalla società ai sensi della 1. n. 44 del 1986 a fronte di investimenti compresi nell'ambito di applicazione della citata legge. 13 Il corrispondente debito restitutorio della società nei confronti della banca era quindi legato alla (e sarebbe scaduto nella) data di ottenimento del contributo statale. Altro istituto di credito (la Banca popolare di Ancona) finanziamento aveva erogato a sua volta alla fallita un e inviato la somma con bonifico sul di lire 500.000.000, conto corrente ordinario (il n. 14385) acceso presso la Bnl. secondo la ricostruzione della Codesta aveva invece destinato unilateralmente la maggior corte d'appello parte della somma, appunto lire 400.000.000, all' altro conto (il cd. conto sovvenzione n. 281508), in azzeramento della esposizione capitale portate da quel conto a fronte della specifica linea di fido di pari importo. La corte d'appello ha osservato che la società era tenuta al rimborso delle somme relative al finanziamento ex lege n. 44 del 1986 solo al momento dell'incasso del contributo statale, mentre la Bnl aveva indirizzato il bonifico al ripiano di tale finanziamento in un momento anteriore, con conseguente oggettiva anticipazione rispetto alla data di scadenza del debito. IX. Chiarissima essendo in questo senso la ratio decidendi, occorre dire che l'attuale motivo di doglianza 14 è inammissibile nella parte in cui, sostenendo la non rispondenza al vero del fatto che la somma era stata fatta confluire sul citato conto sovvenzione per unilaterale iniziativa della banca, si risolve direttamente in una censura in fatto. E' invece infondato, il motivo, nella parte afferente l'assunta violazione in iure. Non è censurata la premessa del ragionamento secondo cui la società era tenuta al rimborso delle somme relative al finanziamento correlato alla legge n. 44 del 1986 solo al momento dell'incasso del relativo contributo statale. E tale premessa, del resto, risulta correttamente tratta dal legame esistente tra l'anticipazione e la funzione del contributo. Ne segue che è altresì corretta l'inferenza del giudice a che, non avendo la società ricevuto il quo, atteso contributo statale, la rimessa incamerata dalla Bnl era inquadrabile proprio nell'art. 65 della 1. fall., a norma del quale sono privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento о posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. Tanto bastava ad accogliere la domanda della curatela, divenendo superflue le ulteriori notazioni dell'impugnata 15 sentenza a proposito della natura ritenuta altresì - comunque solutoria, nell'ottica ex art. 67 legge fall. del versamento. Difatti l'art. 65 legge fall. richiede, per la sua applicabilità, soltanto il fatto oggettivo dell'anticipazione del pagamento rispetto alla sua originaria, sia essa convenzionale о legale scadenza (cfr. Sez. 1^ n. 4842-02;
n. n. 17552-09;
n. 15980-10). X. - Il ricorso è rigettato. Spese alla soccombenza.

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