Cass. civ., sez. II, sentenza 18/03/2004, n. 5495
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P F - Presidente -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. S O - Consigliere -
Dott. F F P - rel. Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S
sul ricorso proposto da:
V M P, elettivamente domiciliata in ROMA via MARZIALE 36, presso lo studio dell'avvocato C M R T, che la difende unitamente all'avvocato M C, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
GATTI GRG, CECCHINEL ANGELINA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 118/01 del Giudice di pace di TORINO, depositata il 11/01/01;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il 02/12/03 dal Consigliere Dott. F P F;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. U F il quale chiede che la Corte di Cassazione, in Camera di consiglio, dichiari inammissibile il ricorso, con le conseguenze di legge.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 12 maggio 2000, il Condominio di via Gaudenzio Ferraris n. 8, in Roma, conveniva in giudizio, innanzi al giudice di pace di Roma, M P V ed A C e ne chiedeva la condanna, la prima quale nuda proprietaria di unità immobiliare e la seconda quale usufruttuaria della stessa unità, al pagamento della somma di lire 1.382.304, per spese di consolidamento dei muri dell'edificio condominiale.
Le convenute si costituivano e resistevano alla domanda. Con sentenza dell'11 gennaio 2001, il giudice di pace di Roma accoglieva la domanda, limitatamente alla convenuta M P V, che condannava al pagamento della somma richiesta, ritenendo che su di lei dovessero gravare le riparazioni volte ad assicurare la stabilità dei muri dell'edificio condominiale. Per la cassazione di tale sentenza, M P V ha proposto ricorso in forza di un unico motivo.
Il Condominio di via Gaudenzio Ferraris n. 8 ed A C non hanno svolto alcuna difesa.
Il P.M. ha chiesto che la Corte decida, in Camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico mezzo, la ricorrente censura il giudice di pace perché, a suo dire, non si sarebbe avvalso del potere di decidere secondo equità, ai sensi dell'art. 113 c.p.c., pronunciando invece secondo diritto, ma con violazione degli artt. 1005 e 1006 c.c. e senza dare risposta alle difese di essa ricorrente, così da incorrere anche nel vizio di omessa motivazione. Il motivo è palesemente infondato. Ed invero, la censura della ricorrente postula, erroneamente, che alla sentenza impugnata debba attribuirsi natura di pronuncia secondo diritto e non secondo equità, qual è, invece, con i noti e preclusivi limiti di controllo di legittimità, posto che trattasi di decisione relativa a causa di valore non eccedente i due milioni di lire e che in tal caso il giudice di pace è investito del potere- dovere non disponibile di decidere secondo equità, ai sensi dell'art. 113 c.p.c., a tal fine non rilevando che abbia dichiarato di avere applicato una norma equitativa ovvero una norma di legge, ritenuta rispondente ad equità, o che si sia limitato ad applicare una norma di legge (v. Cass. S.U. n. 716/99). Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.
Non v'è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di Cassazione, non avendo svolto gli intimati alcuna difesa.