Cass. civ., sez. I, ordinanza 11/08/2021, n. 22661
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In tema di società di persone, il rapporto sociale tra la società e il socio illimitatamente responsabile, anche di fatto o occulto, non si scioglie in seguito alla cessazione dell'attività d'impresa della società non seguìta dalla cancellazione di quest'ultima dal registro delle imprese, con la conseguenza che il termine annuale previsto dall'art. 147, comma 2, l.fall., oltre il quale il socio non può più essere dichiarato fallito in conseguenza della dichiarazione di fallimento della società, decorre solo dall'iscrizione nel registro delle imprese dei fatti determinanti la perdita della qualità di socio illimitatamente responsabile e non dall'eventuale cessazione dell'attività d'impresa.
Sul provvedimento
Testo completo
fallimento di M I A in quanto socia accomandataria "occulta" di tale società di persone, non risultante come tale dai depositi di atti eseguiti, per la relativa iscrizione, nel registro delle imprese (art. 147, quarto comma, I.fall.).
2. Con sentenza emessa il 8 aprile 2016 la Corte di appello di Milano rigettò il reclamo proposto da A per la riforma di detta decisione di primo grado.
2.1 La motivazione di tale sentenza può così sintetizzarsi: non sussiste violazione dell'obbligo di non dichiarare il fallimento di tale socia, sancito dall'art. 147, secondo comma, I.fall., dal momento che tale disposizione di legge si riferisce ai soli soci regolari di società di persone regolare (in quanto iscritta nel registro delle imprese) come tali risultanti dai depositi di atti risultanti dal registro delle imprese (secondo l'interpretazione di tale disposizione di legge offerta da Cass. n. 15488 del 2013);
la cessione da A a M G della proprietà della propria quota di partecipazione alla società Hotel Parini, avvenuta il 31 luglio 2012, non determinò la cessazione del rapporto sociale fra detta società e la Signora A, avendo costei continuato a gestire la società nonostante tale accadimento e la, meramente apparente, instaurazione (il 8 agosto 2012) con Hotel Parini di rapporto di lavoro subordinato con mansioni di direzione della attività dell'azienda alberghiera gestita dalla società;
il fatto che G, socio accomandatario risultante dalle iscrizioni nel registro delle imprese dopo il deposito dell'atto di cessione, abbia posto in essere condotte conformi all'acquisito potere gestorio non è rilevante per negare il perdurare del rapporto sociale fra A e Hotel Parini, in quanto "ciò che rileva è il fatto che, a dispetto della cessione delle quote, la medesima abbia comunque continuato ad ingerirsi nella gestione della società esercitando poteri propri del socio accomandatario, addirittura sino al momento in cui la fallita Hotel Parini s.a.s. è stata costretta a restituire il ramo d'azienda affittato, ed anzi ancora rivendicando, in quella sede, l'esclusiva e personale proprietà di alcuni beni strumentali";
tali fatti si desumono dagli indizi, unitariamente considerati, specificamente menzionati nelle pagg. 6 e 7 della sentenza, evidenzianti che A si occupò dell'amministrazione della società "in tutti i suoi profili (tenuta dei rapporti con il personale, con i fornitori, con il consulente del lavoro e con il commercialista)".
3. Per la cassazione di tale sentenza A propose ricorso contenente cinque motivi di impugnazione.
4. La curatela del fallimento della società Hotel Parini e quella del fallimento di A resistono con controricorso. 2 5. L'intimata F & C. s.n.c. (parte del giudizio di reclamo) non ha svolto difese.
6. Le controricorrenti hanno anche depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce che la sentenza è caratterizzata da violazione dell'art. 147, secondo comma, I.fall. "con riferimento alla ritenuta inapplicabilità del termine annuale di decadenza per la dichiarazione di fallimento i estensione del socio occulto illimitatamente responsabile", in quanto: il principio della certezza delle situazioni giuridiche (affermato in materia da Corte cost., sent. n. 319 del 2000) impone che la decorrenza del termine annuale dalla cessazione del rapporto sociale fra società fallita e relativo socio illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali sia individuata nel momento in cui tale cessazione abbia avuto pubblicità ovvero in quello in cui i creditori sociali abbaino avuto conoscenza di tale evento o lo abbiano colpevolmente ignorato;
il termine annuale di cui all'art. 147, secondo comma, I.fall. decorre, anche nel caso del socio accomandatario occulto, dal giorno in cui lo scioglimento del rapporto sociale sia portato a conoscenza dei creditori sociali con idonee forme di pubblicità;
nel caso di specie la cessazione del rapporto fra essa ricorrente e Hotel Parini si verificò il 7 agosto 2013, giorno in cui, a seguito del rilascio dell'azienda da parte della società, "era di fatto e di diritto venuta a cessare ogni attività di impresa e conseguentemente ogni attività societaria".
2. Il motivo è manifestamente infondato. ہم E' opportuno al riguardo rammentare che il fallimento di società in nome collettivo, avente quale effetto lo scioglimento della società (art. 2308 cod. civ.) ma non la relativa estinzione (che si verifica quale conseguenza della cancellazione della società dal registro delle imprese dopo l'approvazione del bilancio finale di liquidazione, alla luce del precetto di cui all'art. 2495 cod. civ., applicabile anche alle società di persone per ragioni di ordine sistematico, desunte dal disposto del vigente art. 10 l.fall., nonostante sia per esse in vigore il precetto recato dall'art. 2312 cod. civ., integrato, per le società in accomandita semplice, dal successivo art. 2324: in questo senso, cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 6072 del 2013) non è dal vigente ordinamento previsto quale fatto determinante lo scioglimento del rapporto sociale fra la società e i relativi soci;
tanto che tale evento determina ex lege il fallimento dei suoi soci, come tali personalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali (art. 2291 cod. civ.;
art. 147, primo comma, I.fall.). 3 E' invece solo il fallimento del socio che determina la sua esclusione di diritto dalla società (art. 2288, primo comma, cod. civ., applicabile alle società in nome collettivo per effetto del rinvio operato dall'art. 2293 cod. civ.). La disciplina così riassunta è applicabile alla società in accomandita semplice (art. 2315 cod. civ.) in quanto compatibile con le disposizioni contenute negli artt. 2316-2324 cod. civ. L'unica differenza è data dal fatto che in tale società solo i soci accomandatari rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali (art. 2313, primo comma, cod. civ.), hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo (art. 2318, primo comrna, cod. civ.);
sì che solo per essi il relativo fallimento si determina quale effetto legale del fallimento della società (art. 147, primo comma, I.fall.). Contrariamente a quanto dalla ricorrente dedotto, pertanto, il rapporto sociale fra la società e il suo socio accomandatario, anche di fatto (id est, non risultante come tale dalle iscrizioni eseguite nel registro delle imprese ex artt. 2296 e 2300 cod. civ. e, dunque, con situazione riferibile anche alla violazione da parte del socio accomandante dell'obbligo non ingerenza nell'amministrazione della società sancito dall'art. 2320 cod. civ.;
nel senso che la violazione di tale obbligo comporta una situazione equiparabile a quella del socio accomandatario occulto cfr.: Cass. n. 5069 del 2017;
Cass. n. 24112 del 2015), non si estingue: per la mera cessazione dell'attività d'impresa della società non avente riscontro nella sua cancellazione dal registro delle imprese in conseguenza dell'approvazione del bilancio finale di liquidazione (art. 2312 cod. civ.), determinante la sua estinzione (come sopra evidenziato);
per lo scioglimento della società (che continua ad esistere, sia pure sostituendo lo scopo liquidatorio a quello lucrativo);
per il fallimento della società, non costituente accadimento che ne determina l'estinzione (in questo senso, cfr., in motivazione: Cass. n. 5069 del 2017, cit.;
Cass. n. 24112 del 2015, cit.;
Cass. n. 23651 del