Cass. pen., sez. I, sentenza 20/09/2022, n. 34842
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: BA TIDIANE OMAR nato il 27/11/1981 avverso l'ordinanza del 12/01/2021 del TRIB. SORVEGLIANZA di L'AQUILAudita la relazione svolta dal Consigliere E T;lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale MARCO DALL'OGLIO, con cui ha chiesto la declaratoria d'inammissibilità dell'impugnazione;RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 12 gennaio 2021 il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila ha rigettato il reclamo presentato da O B T avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza di Pescara aveva dichiarato l'inammissibilità dell'istanza di ammissione all'esecuzione presso il domicilio — da lui presentata ai sensi degli artt. 1 legge 26 novembre 2010, n. 199, e 30 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 — della porzione residua della pena di cui al provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del 3 ottobre 2019. 2. A ragione della decisione il Tribunale ha ritenuto, in accordo con il primo giudice, la sussistenza della causa ostativa prevista dall'art. 58-quater legge 26 luglio 1975, n. 354, applicabile all'istituto richiamato dal condannato, essendosi assegnato rilievo all'avvenuta revoca ex tunc, ex art. 51-ter Ord. pen., in data 5 novembre 2019, della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale. 3. O B T propone, con l'assistenza dell'avv. G M, ricorso per cassazione affidato a un unico, articolato motivo, con il quale deduce la violazione dell'art. 30 d.l. n. 137 del 2020 e l'erronea applicazione dell'art. 1 legge n. 199 del 2010 e dell'art. 58-quater Ord. pen. Il ricorrente lamenta che il Tribunale di sorveglianza è pervenuto all'impugnata decisione sulla scorta di un percorso argomentativo fondato su rigidi automatismi nell'applicazione, in periodo di emergenza pandemica, di norme ostative alla detenzione domiciliare, invocandone un'interpretazione costituzionalmente orientata, ossequiante del diritto alla salute e della correlata esigenza di ridurre la popolazione carceraria per trasferirla presso i rispettivi domicili. 4. Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, va dichiarato inammissibile. 2. É pacifico che Ba Tidiane versi nelle condizioni previste dall'art. 58- quater della legge n. 354 del 1975, che esclude l'ammissione alle misure alternative alla detenzione per chi, nel precedente triennio, sia stato riconosciuto colpevole del delitto di evasione ovvero abbia subito la revoca dell'ammissione a una precedente misura alternativa. 3. L'art. 1, comma 8, della legge 26 novembre 2010, n. 199, dispone che all'istituto dell'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi si applichino, in quanto compatibili e con l'unica eccezione del comma 7-bis, le disposizioni contenute all'art. 58-quater legge n. 354 del 26 luglio 1975. Incontestata la compatibilità, sotto questo aspetto, tra l'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive brevi e le misure alternative espressamente indicate all'art. 58-quater legge 26 luglio 1975, n. 354, è altresì indubbio che le cause ostative ivi contemplate si estendano alla fattispecie di più recente introduzione. L'art. 30 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, la cui applicazione è invocata dal ricorrente, dispone, a sua volta, che, in considerazione dell'esigenza di evitare il sovraffollamento carcerario in concomitanza con l'emergenza da Covid-19, le pene detentive brevi vengano eseguite, fatte salve talune eccezioni, presso il domicilio. La norma stabilisce, al comma 8, che «Restano ferme le ulteriori disposizioni dell'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, ove compatibili». La giurisprudenza di legittimità, a quest'ultimo proposito, ha chiarito - dapprima con riferimento all'art. 123 del dl. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 - che «anche in relazione all'ipotesi eccezionale di detenzione domiciliare connessa all'emergenza epidemiologica da Covid-19, di cui all'art. 123 del dl. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, trova applicazione la preclusione stabilita dall'art. 58-quater, comma 2, ord. pen., relativa alla pregressa revoca di una misura alternativa alla detenzione, atteso che il comma 8 del citato art. 123 fa salvo quanto previsto dall'art. 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199 che, al comma 8, richiama espressamente l'art. 58-quater ord. pen.» (Sez. 1, n. 5849 del 10/12/2020, dep. 2021, Aiello, Rv. 280790;Sez. 1, n. 27872 del 02/03/2021, Funes Tejena, n.m.). Secondo questo indirizzo, che il collegio condivide e fa proprio, «la preclusione di cui all'art. 58-quater dell'ordinamento penitenziario opera, dunque, anche in relazione al nuovo regime introdotto in ragione dell'emergenza epidemiologica, in base ad un'interpretazione letterale dei rinvii esterni operati dalle norme in esame. Invero, l'art. 58-quater ord. pen., al secondo comma, statuisce che il divieto di concessione dei benefici penitenziari di cui al primo comma si applica anche al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi dell'art. 47, comma 11, dell'art. 47 ter, comma 6, o dell'art. 51, primo comma dello stesso ordinamento». La Corte si è poi espressamente occupata anche della disposizione della cui interpretazione si discute nel caso di specie (che differisce da quella di cui all'art. 123 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 solo per il diverso orizzonte temporale), ritenendo che la stessa, in virtù del duplice richiamo sopra evidenziato, si applichi anche alla misura dell'esecuzione della pena presso l'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, di cui all'art. 30 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137. La compatibilità di tale disposizione con la disciplina di favore - si è spiegato - «discende, del resto, dalla stessa ratio della disciplina invocata con l'istanza, finalizzata a ridurre la popolazione carceraria allo scopo di favorire il distanziamento all'interno degli istituti di pena e, conseguentemente, ridurre il rischio di insorgenza di focolai epidemici, preservandosi, però, da quello di un eventuale effetto criminogeno (come dimostrano le numerose esclusioni a tale regime previste dal primo comma del summenzionato art. 30). Il punto di convergenza tra le due esigenze contrapposte è stato, pertanto, coerentemente individuato dal legislatore nell'esclusione della disposizione di favore nei confronti dei soggetti ritenuti maggiormente a rischio di recidiva» (Sez. 1, n. 43312 del 26/10/2021, Di Fraia, non mass.;vedi anche Sez. 1, n. 43712 del 16/07/2021, Allegri, non mass.;Sez. 1, n. 36874 del 15/07/2021, Terrenghi, non mass.). Con specifico riferimento, poi, all'invocato diritto alla salute, la giurisprudenza della Corte ha già avuto modo di chiarire che la prevista condizione ostativa alla concessione del beneficio della detenzione domiciliare di cui all'art. 30 d.l. n. 137 del 2020 nel caso di ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall'art. 58-quater Ord. pen., reso applicabile in forza del rinvio contenuto nell'art. 30, comma 8, citato decreto legge, non costituisce una violazione del diritto alla salute del detenuto, ai sensi dell'art. 32 Cost., tenuto conto delle ragioni di eccezionalità sanitaria che hanno giustificato l'intervento legislativo di urgenza, a fronte della necessità di fronteggiare la diffusione della pandemia da Covid-19, nel più ampio contesto di endemico sovraffollamento carcerario (Sez. 1, n. 26544 del 20/05/2021, Guri, non mass.).
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