Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 11/09/2020, n. 18953

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 11/09/2020, n. 18953
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18953
Data del deposito : 11 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 17941-2017 proposto da: TRENITALIA S.P.A. C.F. 05403151003, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. G.

FARAVELLI

22, presso lo studio dell'avvocato A M, che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

237

contro

S G, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE

71, presso lo studio dell'avvocato A F, rappresentato difeso dall'avvocato M F;
con troricorrente - avverso la sentenza n. 1693/2016 della CORTE D'APPELLO di C, depositata il 12/01/2017 R.G.N. 869/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/01/2020 dal Consigliere Dott. F G;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P M che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione del terzo e del quarto motivo inammissibilità o rigetto nel resto;
udito l'Avvocato G G' per delega verbale Avvocato A M. r.g. n. 17941/2017

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza che aveva respinto l'opposizione proposta da Trenitalia s.p.a. avverso il decreto con il quale G S aveva ingiunto il pagamento della somma di C 43.443,26 in base alla sentenza dello stesso Tribunale, confermata dalla Corte di appello, che accertata tra le parti una intermediazione fittizia di manodopera, aveva condannato la società al pagamento delle differenze retributive maturate dal maggio 1998 al luglio 2002. 2. Per quanto qui interessa, con riguardo alla computabilità a fini retributivi delle c.d. carte di libera circolazione (C.L.C.) ed alle modalità di calcolo delle relative voci, il giudice di secondo grado ha ritenuto che la società nel proporre l'opposizione al decreto ingiuntivo aveva contestato l'an della computabilità della voce e non anche il quantum.

3. Conseguentemente ha ritenuto inammissibile in appello le censure attinenti alla quantificazione formulate solo in quel grado di giudizio, tenuto conto del fatto che su di esse aveva statuito la sentenza sulla base della quale il decreto ingiuntivo era stato emesso.

4. Ha quindi rammentato che anche le mere liberalità hanno nel rapporto di lavoro la loro causa tipica e normale e fanno perciò parte della retribuzione evidenziando che le carte di libera circolazione sono connaturate al rapporto di lavoro come forma di compartecipazione all'utile aziendale e, perciò, sono computabili ai fini della determinazione delle differenze retributive.

5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Trenitalia s.p.a. affidato a cinque motivi ai quali ha resistito con controricorso G S. Originariamente fissata la decisione in camera di consiglio la causa, in vista della quale la società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380 bis.1 cod. proc. civ., la causa è stata poi rinviata a nuovo ruolo e fissata per la decisione all'odierna pubblica udienza insieme ad altre controversie di analogo contenuto.

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 7 della legge 21 novembre 1955 n. 1108 dell'art. 10 comma 15 della legge 28 febbraio 1986 n. 41 in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ.. Ad r.g. n. 17941/2017 avviso della società ricorrente erroneamente la Corte di appello ha riconosciuto il diritto del lavoratore all'inclusione del controvalore della Carta di libera circolazione tra le voci retributive da prendere in considerazione nel calcolo delle differenze spettanti al lavoratore in attuazione della sentenza passata in giudicato che aveva accertato l'interposizione fittizia, l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato ab origine con la società Ferrovie dello Stato, oggi Trenitalia, ed aveva condannato la società ad erogare al lavoratore le differenze retributive a lui spettanti. La società ricorrente - ricostruita la disciplina delle Carte di libera circolazione, originariamente rientranti tra le concessioni di viaggio previste dalla legge 21 novembre 1955 n. 1108 e, successivamente alla privatizzazione delle Ferrovie dello Stato, disciplinate dalla contrattazione collettiva anche aziendale, ed in particolare dall'Accordo di confluenza del 16 aprile 2003 e del 25 novembre 2003 - osserva che nel periodo oggetto della domanda proposta in giudizio le disposizioni collettive invocate, intervenute successivamente, non erano ancora vigenti.

7. Con il secondo motivo la società ricorrente deduce che, in relazione all'art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ. e con violazione dell'art. 115 cod. proc. civ., la sentenza ha posto a fondamento della sua decisione prove insussistenti atteso che prima dell'accordo di confluenza del 2003 non vi era alcun accordo che prevedesse il riconoscimento delle carte di libera circolazione.

8. Il terzo motivo di ricorso censura la sentenza per avere, in violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 416 e 437 cod. proc. civ. ed in relazione all'art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ., erroneamente ritenuto che la contestazione contenuta nell'atto di appello della quantificazione, avallata dalla sentenza di primo grado, del controvalore delle C.L.C. fosse inammissibile perché non era stata tempestivamente sollevata sin dal ricorso in opposizione al decreto ingiuntivo. Sostiene la società che nel contestare il parametro utilizzato per la quantificazione del valore da attribuire alle C.L.C., non previsto in alcuna norma di legge o di contratto, si era posta in discussione l'esistenza stessa del diritto, non tanto la correttezza dei conteggi sviluppati del ricorso per decreto ingiuntivo, e la censura doveva essere considerata ammissibile trattandosi di argomentazione che sollecitava la verifica dell'esistenza di un elemento costitutivo del diritto reclamato in giudizio. Rileva inoltre che, contrariamente a quanto affermato, i conteggi erano stati contestati nel ricorso in opposizione ponendosi in rilievo proprio che in mancanza di una fonte legale o contrattuale di riferimento l calcolo era stato affidato ad un criterio empirico r.g. n. 17941/2017 individuato dal lavoratore e se ne era sollecitata comunque una verifica anche per il tramite di una consulenza contabile;
dunquesil consulente che li aveva calcolati aveva utilizzato un criterio empiricamente da lui individuato, ritenuto arbitrario,del quale si era chiesta una verifica anche a mezzo di ctu di tal che non si poteva dubitare dell'avvenuta tempestiva contestazione atteso che si era escluso il riferimento al c.c.n.I., si era denunciato che la quantificazione era il risultato di una interpretazione soggettiva da parte del consulente del ricorrente, ed i conteggi erano il frutto di una arbitraria integrazione del c.c.n.l.. 9.11 quarto ed il quinto motivo di ricorso denunciano entrambi l'avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2099 cod. civ. e dell'art. 36 Cost. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ.. 9.1. Con riferimento alla individuazione del controvalore economico della Carta deduce che erroneamente la Corte territoriale aveva confermato la correttezza del parametro, utilizzato dal primo giudice, del valore di acquisto dall'esterno della carta di libera circolazione nominativa. Osserva la ricorrente che le due carte devono essere tenute distinte essendone diversa la causa e la stessa utilità economica. A conferma del suo assunto rammenta che il prezzo di acquisto della carta da parte di terzi (nel 1998 pari a £ 12.000.000) era di poco inferiore allo stipendio annuo di un dipendente con la qualifica del ricorrente nello stesso periodo (E 12.264.311) con la conseguenza, irragionevole, che per effetto del computo del beneficio tra le differenze retributive il lavoratore avrebbe nella sostanza raddoppiato la sua retribuzione. Sottolinea che quando sono stati introdotti criteri di quantificazione delle C.L.C. (con la legge finanziaria relativa all'anno 2003 e con il d.m. 12.11.2009) gli importi fissati per un valore virtuale erano del tutto differenti (C 130,00 ed C 135,00 annui).
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