Cass. pen., sez. I, sentenza 13/02/2023, n. 05946

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 13/02/2023, n. 05946
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 05946
Data del deposito : 13 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: PGNIN ANGELO nato a PDOVA il 24/11/1952 avverso la sentenza del 17/11/2021 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere G R;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale P G che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. E presente l'avvocato C E del foro di ROVIGO in difesa di PGNIN ANGELO che conclude associandosi alle conclusioni del PG.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano in sede di rinvio a seguito di annullamento parziale disposto dalla Quinta Sezione penale di questa Corte, in parziale riforma della sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano di condanna di P A e D'Angelo Nunzia per reati fallimentari, riduceva la durata delle pene accessorie ad anni cinque. Con la sentenza n. 28314/21 del 5/5/2021, questo Corte aveva dichiarato inammissibile il ricorso di D'Angelo Nunzia (non ricorrente in questa sede);
aveva annullato la sentenza d'appello nei confronti di P A, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Milano;
aveva, infine, annullato la sentenza impugnata limitatamente alla durata delle pene accessorie di cui all'art. 216, ultimo comma, legge fallimentare alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 222 del 2018. La Corte territoriale confermava l'applicazione della recidiva ai sensi dell'art. 99, comma 4, cod. pen., osservando che P si era reso responsabile sin dall'anno 2006 di reati analoghi - più ipotesi di bancarotta e false fatturazioni, da ritenersi delitti della stessa indole - e che tale preg ressa condotta era indicativa di una maggiore pericolosità e perdurante inclinazione al delitto, che aveva influito quale fattore criminogeno nella commissione del reato oggetto del processo. Di conseguenza, la pena di anni quattro di reclusione inflitta in primo grado veniva confermata.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Angelo P, ricordando che la Corte di Cassazione aveva accolto il quarto motivo di ricorso, relativo all'applicazione della recidiva reiterata, mentre aveva ritenuto assorbito il quinto motivo, concernente il trattamento sanzionatorio inflitto all'imputato. In un primo motivo il ricorrente deduce mancanza di motivazione con riferimento alla verifica del presupposto formale dell'anteriorità della data di irrevocabilità della precedente sentenza di condanna rispetto a quella di commissione del nuovo delitto. La Corte territoriale aveva confermato l'applicazione della recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen. senza verificare quanto ripetutamente dedotto dalla difesa: che, alla data del fatto, P non risultava gravato da alcuna recidiva. In effetti, i primi due reati oggetto delle sentenze di condanna del 21/2/2006 e del 22/11/2006 erano stati commessi quando P era incensurato, in quanto risalenti al 2001 e al 2005. Del resto, le due sentenze, non avevano dichiarato recidivo l'imputato. 2 9/( Di conseguenza, P non poteva essere dichiarato recidivo reiterato con la sentenza emessa nel presente processo perché, all'epoca in cui aveva commesso i relativi reati (2014), non era mai stato dichiarato recidivo. In un secondo motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione con riferimento alla verifica della rilevanza della pregressa condotta per l'applicazione della recidiva. La Corte territoriale non aveva adempiuto alle verifiche che la sentenza di annullamento aveva demandato, limitandosi ad un confronto generico e astratto tra le fattispecie contestate. Si trattava di motivazione sostanzialmente apparente. In un terzo motivo il ricorrente deduce mancanza di motivazione con riferimento al motivo di appello relativo al trattamento sanzionatorio, demandato dalla sentenza di annullamento, avendo la Corte ritenuto assorbito il relativo motivo di ricorso in conseguenza dell'accoglimento di quello relativo alla recidiva.
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