Cass. pen., sez. II, sentenza 20/04/2023, n. 16767
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: NN OR nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 13/10/2021 della CORTE di APPELLO di CATANIAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SANDRA RECCHIONE;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, non essendo stata presentata tempestiva richiesta di trattazione orale necessaria in relazione alle norme allo stato vigenti, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Lidia OR ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Il difensore, Avv. Enrico Platania, insisteva per l'accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Catania riformava integralmente la sentenza di assoluzione che il Tribunale di Ragusa aveva pronunciato nei confronti di OR AN. Il giudice di primo grado aveva ritenuto inattendibili le dichiarazioni ricognitive della persona offesa - deceduta ed acquisita ai sensi dell'art. 512 cod. pen. - in quanto non assunte in conformità con lo statuto probatorio della ricognizione. La Corte di appello confermava invece la legittimità dell'acquisizione delle dichiarazioni ricognitive rese dalla persona offesa nel corso delle indagini e riteneva la loro piena attendibilità, valorizzando il contesto nel quale erano state raccolte, la loro precisione e la loro coerenza con gli altri elementi di prova.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (artt. 195 e 526 cod. proc. pen.) e correlato vizio di motivazione: la condanna sarebbe fondata esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa, tenuto conto dell'inutilizzabilità, ai sensi dell'art. 195 cod. proc. pen., di quelle rese dall'ufficiale di polizia giudiziaria (M.Ilo Mele) che aveva proceduto ad effettuare la ricognizione fotografica in fase di indagine;
2.2. travisamento della prova: nel verbale di riconoscimento fotografica la persona offesa aveva descritto il ricorrente come persona con i capelli neri, mentre lo stesso aveva un ciuffo bianco;
2.2. vizio di motivazione: la Corte di appello non avrebbe fornito una motivazione rafforzata in relazione al giudizio di ribaltamento fondato sulla rivalutazione dell'attendibilità intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni ricognitive.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla quantificazione della pena tenuto conto che si Corte di appello faceva improprio riferimento alla circostanza delle più persone riunite, non contestata ed alla condanna del primo giudice nonostante OR AN fosse stato assolto. Si tratta di una motivazione nebulosa che non fornisce una adeguata motivazione in ordine alla quantificazione della pena ed alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.In via preliminare il collegio rileva che non è decorso il termine di prescrizione, che spirerà il prossimo 12 maggio 2023. La rapina contestata, è infatti aggravata dalla circostanza speciale delle "più persone riunite" prevista dall'art. 628, comma 2) n. 1) cod. pen., che rileva in ordine alla identificazione del tempo necessario per la maturazione della prescrizione;
devono essere computati duecentosettantasei giorni di sospensione.
2. Il primo motivo di ricorso, che contesta l'utilizzabilità delle dichiarazioni ricognitive acquisite ai sensi dell'art. 512 cod. pen., è infondato.
2.1.11 collegio ribadisce che le dichiarazioni predibattimentali acquisite ai sensi dell'art.512 cod. proc. pen. possono costituire la base «esclusiva e determinante» dell'accertamento di responsabilità, purché rese in presenza di «adeguate garanzie procedurali», individuabili nell'accurato vaglio di credibilità dei contenuti accusatori, effettuato anche attraverso lo scrutinio delle modalità di raccolta, e nella compatibilità della dichiarazione con i dati di contesto, tra i quali possono rientrare anche le dichiarazioni dei testi indiretti, che hanno percepito in ambiente extra-processuale le dichiarazioni accusatorie della fonte primaria, confermandone in dibattimento la portata. Si tratta di interpretazione coerente con le indicazioni contenute nelle sentenze di Grande Camera della Corte Edu emesse Al JA e AH c/ EG TO del 15 dicembre 2011e, CH c/ NI del 15 dicembre 2015 (così: Sez. 2, n. 15492 del 05/02/2020, C., Rv. 279148 - 01;
Sez. 6, n. 50994 del 26/03/2019, D., Rv. 278195 - 01).
3.2. La questione dell'utilizzo a fini di prova delle dichiarazioni non assunte in contraddittorio disciplinato dagli artt. 512 e 512-bis cod. proc. pen. è stata oggetto di un rilevante intervento di interpretazione conformativa generato dalla necessità di adeguare le garanzie interne a quelle convenzionali, nella configurazione ad esse assegnata dalla Corte europea dei diritti umani. In materia non è superfluo ricordare che la Corte costituzionale con le sentenze nn. 348 e 349 del 2007 ha chiarito che la Convenzione Edu come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo assurge a fonte del diritto interno di rango sovralegislativo, ma subcostituzionale: il giudice comune è pertanto tenuto ad interpretare la legislazione interna in modo "conforme" alla ratio decidendi del giudice convenzionale, facendo ricorso ad ogni strumento ermeneutico disponibile;
l'incidente di legittimità costituzionale è, invece, indicato come strumento residuale da utilizzare quando è impossibile l'adeguamento interpretativo (Corte cost. sentenza n. 80 del 2011),II ruolo della "norma" convenzionale, come emerge dalla mediazione giurisprudenziale della Corte europea, è stato ulteriormente chiarito dalla sentenza n. 49 del 2015 della Corte costituzionale che ha affermato che l'obbligo dell'interpretazione adeguatrice incombe sul giudice solo in presenza di una interpretazione "consolidata" o di una sentenza pilota: «solo un "diritto consolidato", generato dalla giurisprudenza europea, che il giudice interno è tenuto a porre a fondamento del proprio processo interpretativo, mentre nessun obbligo esiste in tal senso, a fronte di pronunce che non siano espressive di un orientamento oramai divenuto definitivo [...] La nozione stessa di giurisprudenza consolidata trova riconoscimento nell'art. 28 della CEDU, a riprova che, anche nell'ambito di quest'ultima, si ammette che lo spessore di persuasività delle pronunce sia soggetto a