Cass. civ., SS.UU., sentenza 22/07/2004, n. 13704

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 22/07/2004, n. 13704
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13704
Data del deposito : 22 luglio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C R - Primo Presidente f. f. -
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. E S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B L, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TACITO

41, presso lo studio dell'avvocato A Z, rappresentato e difeso dall'avvocato V R, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
COMUNE DI CASTELLAMMARE DI STABIA;



- intimato -


e sul 2^ ricorso n. 16141/02 proposto da:
COMUNE DI CASTELLAMMARE DI STABIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL

CASALE DI SAN PIO V

14, presso lo studio dell'avvocato R G, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
B L;



- intimato -


avverso la sentenza n. 2396/01 del Tribunale di NAPOLI, depositata il 29/05/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/05/04 dal Consigliere Dott. Stefanomaria EVANGELISTA;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

IANNELLI

Domenico che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, giurisdizione dell'a.g.a..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza qui impugnata, il Tribunale di Napoli ha dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda proposta, nei confronti del Comune di Castellammare di Stabia, da parte di lavoratore addetto al servizio di trasporto gestito dal medesimo Comune, per il pagamento del corrispettivo del lavoro straordinario prestato nel corso dell'anno 1992.
Il giudice a quo ha ritenuto che la pretesa appena descritta si fonda su di un petitum sostanziale identificabile nel rapporto di impiego pubblico intercorrente tra le parti litigati, atteso che la gestione suddetta è stata assunta dal Comune in via diretta, senza il tramite di un'azienda autonoma o, comunque, di una struttura separata, operante con criteri imprenditoriali.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre il lavoratore, svolgendo due motivi di censura.
Resiste il Comune di Castellammare di Stabia con controricorso e con ricorso incidentale condizionato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione di un giudicato interno implicitamente affermativo della giurisdizione ordinaria, la cui sussistenza, mai negata dalla difesa dell'Amministrazione comunale, costituiva il necessario presupposto della decisione di primo grado, non impugnata sul punto. n secondo motivo denuncia vizi di motivazione, sul rilievo che la gestione diretta del servizio di trasporto sarebbe stata argomentata dall'insufficiente circostanza della sua menzione in talune deliberazioni della Giunta comunale, mentre nessun rilievo è stato dato ad altri punti decisivi ai fini della dimostrazione dell'autonomia gestionale che caratterizzava il servizio di trasporto, quanto ad organi preposti, iscrizione dei lavoratori presso lo speciale fondo pensionistico per gli autoferrotranvieri gestito dall'INPS, predisposizione di un apposito bilancio di previsione della spesa, sussistenza di un accordo stipulato fra l'amministrazione comunale ed il dirigente del servizio. Col ricorso incidentale condizionato, il Comune resistente, per l'eventualità che si ritenga sussistente la giurisdizione ordinaria, denuncia;
a) il proprio difetto di legittimazione passiva, ai sensi dell'art. 23, terzo e quarto comma, della legge 24 aprile 1989, n. 144, che tale legittimazione attribuirebbe al funzionario comunale al
cui comportamento illegittimo si ricollegano le pretese economiche in contestazione;
b) l'inapplicabilità alla fattispecie dell'art. 2126, sul cosiddetto lavoro di fatto;
c) inesistenza delle condizioni per l'esercizio dell'azione di arricchimento indebito nei confronti dell'amministrazione.
I due ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., siccome proposti avverso la medesima sentenza.
Il primo motivo del ricorso principale è manifestamente infondato, siccome contrario al diritto vivente secondo il quale il giudicato sulla giurisdizione può formarsi, oltre che a seguito della statuizione emessa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in sede di regolamento preventivo di giurisdizione o di ricorso ordinario per motivi attinente alla giurisdizione, solo per effetto di declaratoria espressa sulla giurisdizione data dal giudice di merito, non investita da specifica impugnazione, ovvero a seguito del passaggio in giudicato di una sentenza di merito che contenga il riconoscimento, sia pure implicito, della giurisdizione del giudice adito, sicché, in mancanza di queste condizioni, resta sempre prospettabile, e rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 37 cod. proc. civ., la questione di giurisdizione (v., fra le numerose altre
conformi, Cass., sez. un. 1 ottobre 2002, n. 14080;
Id., 9 agosto 2002, n. 10979;
Id., 29 novembre 2000, n. 1233;
Id., 19 novembre 1999, n. 882;
Id., 11 agosto 1997, n. 7482;
Id., 3 febbraio 1995, n. 1311 ecc.). Nessuna di queste condizioni si è verificata nel caso di specie, non rinvenendosi alcuna decisione espressa in punto di giurisdizione, ne' alcuna statuizione di merito (tale, all'evidenza, non è quella che ha determinato il trasferimento della causa dal tribunale di Torre Annunziata al Tribunale di Napoli, trattandosi di pronuncia sulla sola competenza, che non contiene alcun accertamento compiuto nel, sia pure implicito presupposto della ritenuta giurisdizione del giudice adito: v. Cass., sez. un, 15 novembre 2002, n. 16161;
Id., 9 agosto 2001, a 10979;
Id., S luglio 1991, n. 5473) che, col suo passaggio in giudicato, abbia determinato una qualsiasi preclusione al rilievo officioso, da parte del giudice a quo, del difetto di giurisdizione.
Nè meno evidente e l'errore in cui cade la difesa del ricorrente allorché ipotizza un giudicato implicito sulla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato privato, per essere stato diretto l'appello del Comune unicamente a sostenere il difetto di legittimazione passiva ex art. 23 della legge n. 144 del 1989. n giudicato su questioni preliminari (che non si configurino, nel contempo, anche come cause pregiudiziali, tali, cioè che, relativamente ad esse, per legge o per espressa domanda di una della parti, debba procedersi, ex art. 34 cod. proc. civ., ad accertamento incidentale) implicitamente decise non può mai formarsi fino a quando non si formi il giudicato sulla questione espressamente decisa, poiché l'impugnazione della statuizione relativa a quest'ultima determina devoluzione al giudice ad quem anche della cognizione in ordine alle questioni pregiudiziali in senso logico, come è stato ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità (v. fra le tante Cass. 12 giugno 2001, n. 7879;
Id., 11 febbraio 2000, n. 1512). Infondato è anche il secondo motivo.
È principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che il rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di ente pubblico non economico, a meno che non sia dichiarato dalla legge privato, configura rapporto di impiego pubblico.
Per quanto concerne i rapporti dei dipendenti di enti pubblici e, in particolare, di quelli territoriali, che siano impiegati in attività di obiettivo contenuto economico, occorre distinguere le ipotesi in cui l'attività è gestita da aziende o, comunque, attraverso una organizzazione imprenditoriale, distinta da quella propria dell'ente territoriale, da quella in cui l'attività sia esercitata direttamente, in economia, dallo stesso ente attraverso la sua organizzazione pubblica istituzionale.
Nei primi casi, i rapporti di lavoro sono di natura privata, nel secondo, comportando l'inserimento dei lavoratori nella struttura pubblica dell'ente, si configurano come rapporti di pubblico impiego. In questo ordine d'idee, con riguardo al servizio di trasporto pubblico, le Sezioni unite, in controversia analoga alla presente, hanno così statuito: "il rapporto di lavoro dei dipendenti addetti ad un servizio pubblico di trasporto ha natura pubblicistica qualora il servizio stesso sia espletato dal Comune non mediante la costituzione di un'azienda speciale, autonoma e distinta rispetto alla propria organizzazione pubblicistica, ma mediante gestione diretta in economia, sicché quei dipendenti vengano ad essere stabilmente inseriti nell'ambito della detta organizzazione";
ed hanno proseguito affermando che: "tale natura pubblicistica del rapporto predetto - la quale non è esclusa dall'assoggettamento del medesimo alla disciplina dei contratti collettivi - comporta che la controversia ad esso relativa sia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non rilevando in contrario al norma dell'art. 10 del R.D. 8 gennaio 1931 n. 148, che (nel testo sostituito dalla l. 24 aprile 1957 n. 633) attribuisce all'autorità giudiziaria le controversie relative ai rapporti soggetti alle norme del citato R.D. del 1931, atteso che essa, anche alla luce dell'art. 2093 secondo comma, c.c., è applicabile sempreché i rapporti
predetti, in quanto correlati all'esercizio d'impresa da parte dell'ente pubblico non economico, non costituiscano oggetto di rapporti di pubblico impiego" (Cass., sez. un. 15 luglio 1988 n. 4633;
nonché, con orientamento sostanzialmente conforme, Id., 27 aprile 1995, n. 4674;
Id., 24 gennaio 1995, n. 822;
Id., 9 marzo 1993, n. 2809;
Id., 3 giugno 1992 a 6785;
Id., 5 luglio 1984 n. 3948;

e, con specifico riguardo alla condizione del servizio di trasporto gestito dal comune di Castellammare di Stabia, Cass., sez. un., 3 giugno 1985, n. 3290). Nel caso in esame, la gestione diretta del servizio di trasporto da parte del Comune è stata desunta dall'espressa indicazione in tal senso che si legge nelle deliberazioni della Giunta aventi ad oggetto Il pagamento del compenso per lavoro straordinario. Che non si tratti di una mera enunciazione astratta, avulsa dalla concreta organizzazione della gestione suddetta, è dimostrato, del resto, come ha perspicuamente posto in luce il giudice a quo, dal fatto stesso che adempimenti dell'obbligazione retributiva richiedessero provvedimenti tipici dell'ente, il cui intervento attraverso i propri organi rende palese l'inesistenza di un'organizzazione separata, ancorché strutturata in forme diverse dalla costituzione di un'azienda municipalizzata. Nè rilevano in senso contrario gli elementi di valutazione indicati dal ricorrente.
Quanto all'esistenza di un dirigente, responsabile del servizio, ed all'intervento da questi spiegato, nella qualità, in occasione della definizione di un accordo concernente il servizio stesso, l'ininfluenza delle relative circostanze discende dal atto che non è stato ne' allegato, ne' tampoco provato che si trattasse di soggetto non legato all'amministrazione comunale da rapporto di compenetrazione organica, del quale non predicabile una qualsivoglia incompatibilità con la partecipazione del titolare ad incontri con altri organi della stessa amministrazione, all'esito dei quali sono poi state concordate e sottoscritte da ciascuno dei partecipanti nell'attuazione delle proprie competenze, disposizioni in tema di gestione del servizio.
L'essere, per tale servizio, prevista la predisposizione di un autonomo bilancio di previsione della spesa significa soltanto che la specificità delle attività considerate richiedeva che i costi relativi fossero stimati direttamente dal settore organizzativo dell'amministrazione avente competenza in materia, non anche che le stime così realizzate non fossero, poi, destinate a costituire una componente del più generale bilancio comunale o che un siffatto sistema di elaborazione contabile potesse costituire dimostrazione di una gestione svolta con criteri imprenditoriali e con l'intento di realizzare equilibri economici o perfino utili, a prescindere dal contesto delle risorse finanziare riferibili all'ente, inteso come complesso dei diversi settori della sua unitaria organizzazione. Infine, del tutto irrilevante è il richiamo al rapporto previdenziale correlato al rapporto di lavoro de quo, dovendosi il tipo di assicurazione operante in una determinata fattispecie desumere dalla natura di questo secondo rapporto e non viceversa, mentre non è ne' allegato ne' provato che il versamento della contribuzione non fosse riferibile direttamente ed immediatamente all'amministrazione comunale, quale datrice di lavoro. In conclusione, riconosciuta la sussistenza di un rapporto di pubblico impiego, deve affermarsi la spettanza della relativa controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativa, non operando, nel caso di specie, le disposizioni che hanno trasferito alla giurisdizione ordinaria le controversie in materia di impiego pubblico c.d. contrattualizzato.
Invero, l'art. 68 del d.lgs. n. 29 del 1993, come novellato dall'art. 29 d.lgs. n. 80 del 1998 (oggi art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipenderne delle amministrazioni pubbliche"), nel trasferire alla giurisdizione ordinaria le controversie in materia di impiego pubblico, non opera in modo indiscriminato ed immediato, ma esclude dal trasferimento quelle che, sebbene introdotte successivamente all'entrata in vigore del detto d.lgs. n. 80 del 1998, abbiano ad oggetto questioni attinenti al periodo del rapporto di impiego pubblico anteriore al 30 giugno 1998, come espressamente stabilito dall'art. indicata dall'art. 45, comma 17^, dello stesso d.lgs. n. 80 del 1998 (ed oggi dall'art. 69, settimo comma, del citato d.lgs. n. 165 del 2001).
Le Sezioni unite della S.C., interpretando questa disposizione, hanno rilevato (Cass., sez. un., 20 novembre 1999, a 808;
Id, 5 febbraio 1999, a 35;
Id., 26 agosto 1998, n. 8451;
Id., 30 dicembre 1998, il 12908;
Id. 27 gennaio 1999,n. 4) che essa, facendo menzione di "di questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998" ovvero "anteriore a tale data", utilizza una locuzione volutamente generica e atecnica, sicché risulta inadeguata un'opzione ermeneutica che colleghi rigidamente il discrimine temporale del trasferimento delle controversie alla giurisdizione ordinaria ad elementi come la data del compimento, da parte dell'amministrazione, dell'atto di gestione del rapporto che abbia determinato l'insorgere della questione litigiosa, oppure l'arco temporale di riferimento degli effetti di tale atto o, infine, il momento di insorgenza della contestazione. Viceversa "l'accento va posto sul dato storico costituito dell'avverarsi dei fatti materiali e dette circostanze - così come posti a base della pretesa avanzata -, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia".
Nel caso di specie, alla stregua di tale principio, è agevole rilevare che i fatti rilevanti, sui quali sono insorte le questioni controverse, si collocano tutti in epoca anteriore al 30 giugno 1998, trattandosi di pretese retributive afferenti a periodi non successivi all'anno 1992, come si precisa anche nell'atto introduttivo del giudizio di legittimità, sicché sussiste l'indicato momento di collegamento con la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Alla affermazione della persistenza di tale giurisdizione, nei limiti temporali suindicati, non è d'ostacolo la circostanza che l'esaminata norma di diritto transitorio ponga una sanzione di decadenza con riguardo alle controversie conservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministratrvo, ma non introdotte prima della data del 15 settembre 2000: invero, per effetto di consolidata giurisprudenza delle Sezioni unite, è diritto vivente quello che prevede essere stata fissata la data ora indicata, non quale limite alla persistenza (relativamente alle questioni caratterizzate dagli esposti requisiti temporali) della giurisdizione suddetta, ma quale termine di decadenza per la proponibilità della domanda giudiziale, con conseguente attinenza di ogni questione sul punto ai limiti interni della giurisdizione, senza che rilevi la diversa formula usata dall'art. 69, settimo comma, del citato d.lgs. n. 165 del 2001 (... "qualora siano siate proposte" ...), rispetto a
quella già presente nell'art. 45, comma 17^, del d. lgs. n. 80 del 1998 (... "e debbono essere proposte" ...), trattandosi di una
differenza semantica giustificata non da una nuova ratio della disciplina sopravvenuta, bensì soltanto dall'essere stata superata, al momento dell'emanazione del provvedimento normativo più recente, la data presa in considerazione (v., ex multis, Cass., sez. un., 4 luglio 2002, n. 9690;
Id., 17 giugno 2002, a 8700;
Id., 4 giugno 2002, n 8089). Il delineato regime della giurisdizione manifestamente non pone dubbi di incostituzionalità.
Le Sezioni unite hanno già avuto modo di rilevare (ord. 27 febbraio 2002, n. 2953) che la discrezionalità del legislatore delegato circa l'individuazione dei tempi e delle modalità di sottrazione al giudice amministrativo dette controversie in materia di pubblico impiego è stata esercitata in piena coerenza con la delega di cui alle leggi n. 421 del 1992 (che non impone alcun rigido ed assoluto "principio di contestualità" fra tale trasferimento e la privatizzazione dei rapporti in questione) e n. 59 del 1997, il cui art. 11, comma quarto, non si è limitato ad indicare nel 30 giugno 1998 la data entro la quale le dette controversie dovevano essere attribuite al giudice ordinario, ma ha previsto l'adozione di "misure organizzative e processuali anche di carattere generale, atte prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso", fra le quali ben possono annoverarsi quelle relative alla conservazione della giurisdizione amministrativa per le controversie su questioni comunque attinenti al periodo anteriore alla predetta data. In questo contesto, come si chiarisce il sostanziale rispetto dei principi della delega (art. 76 Cost.), così si giustifica l'affermazione dell'intrinseca ragionevolezza (art. 3 Cost.) della scelta compiuta dal legislatore delegato, poiché essa, in quanto destinata ad operare, in punto di giurisdizione, solo su questioni attinenti a periodi più recenti, risponde a concrete esigenze di attenuazione del rischio di eccessivo incremento del numero delle controversie destinate a riversarsi sul nuovo giudice e perciò anche al generale principio di buon andamento delle funzioni pubbliche, ivi compresa quella giurisdizionale (art. 97 Cost.). Va, inoltre, rilevato che la determinazione di un preciso discrimine temporale fra quanto definitivamente conservato alla giurisdizione amministrativa, sia pure sotto comminatoria di decadenza, e quanto trasferito alla giurisdizione ordinaria certamente non arreca vulnus allo stesso principio di uguaglianza, sub specie della formale partita di trattamento, ne' a quelli di cui agli artt. 24 e 113 Cost., in quanto, come emerge da constante giurisprudenza della Corte
costituzionale (v., ex multis, sentt. nn. 500 del 1995;
238 del 1984
;

55 del 1983;
113 del 1977), allorché venga in rilievo la variazione nel tempo delle forme della tutela processuale, da un lato è da riconoscersi che la successione delle leggi, purché risponda - come nel caso di specie - a criteri di ragionevolezza, non può mai porsi come fonte di illegittime discriminazioni, costituendo di per sè il fluire del tempo un fattore di disomogeneità delle situazioni poste a confronto;
e, dall'altro lato, che la garanzia di azione in giudizio per ottenere protezione dei propri diritti o interessi non richiede necessariamente l'uniformità degli strumenti a tal fine apprestati dal legislatore.
D'altra parte ed infine, una volta escluso che le esaminate norme di previsione suscitino dubbi di illegittimità nella parte in cui disciplinino direttamente il riparto di giurisdizione fra giudice amministrativo ed ordinario, diviene irrilevante, per difetto della necessaria pregiudizialità, ogni dubbio di incostituzionalità in ordine alle medesime, nella parte in cui attengono ai limiti interni della giurisdizione, poiché le relative questioni si caratterizzerebbero per la presenza di tale ineludibile requisito solo a condizione della loro proposizione davanti al giudice dotato della giurisdizione.
In considerazione di tutto ciò, ribadita la declaratoria della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il ricorso principale deve essere rigettato, mentre resta assorbito quello incidentale, siccome proposto in via meramente condizionale. La peculiarità delle questioni controverse, in una con le testè indicate modificazioni recenti del quadro normativo di riferimento ai fini della decisione sulla giurisdizione, forno ritenere sussistenti giusti motivi di compensazione delle spese del giudizio di Cassazione.

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