Cass. civ., sez. II, sentenza 27/03/2019, n. 08571

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 27/03/2019, n. 08571
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 08571
Data del deposito : 27 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sul ricorso 20025-2014 proposto da: SIGNUDI GIANLUCA, BUONO ANNUNZIATA e SIGNUDI FLORIAN, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE DI CRETA n.25, presso lo studio dell'avvocato A I, rappresentati e difesi dall'avvocato GIOVANNI D'UONNOLO

- ricorrenti -

contro

CORRADO A, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE D.GLI AMMIRAGLI n.119 presso A C, rappresentata e difesa dall'avvocato G N

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2512/2014 della CORTE D'APPELLO di NPOLI, depositata il 04/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/10/2018 dal Consigliere Dott. S O;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C S, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato GIOVANNI D'UONNOLO per i ricorrenti, che ha concluso per l'accoglimento

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 10.9.2003 C A evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Napoli Buono Annunziata, Signudi F e Signudi G invocando la risoluzione del contratto preliminare sottoscritto il 28.4.2003 in base al quale i convenuti si erano impegnati a vendere all'attrice un immobile sito in Napoli, vico I Santa Maria Annunziata n.33/d, la condanna dei medesimi alla restituzione del doppio della caparra, pari ad C 31.000, oltre interessi dalla costituzione, nonché al rimborso delle provvigioni versate dall'attrice al mediatore immobiliare e al risarcimento del 9 danno da liquidarsi in separato giudizio. A sostegno della domanda l'attrice esponeva che l'immobile era stato oggetto di donazione lesiva delle quote di legittima spettanti agli eredi necessari del donante e che non tutti detti eredi avevano dato la loro disponibilità ad intervenire in atto, poiché uno di essi era interdetto. I convenuti resistevano alla domanda, affermando che l'attrice era edotta della situazione dell'immobile, ed invocavano a loro volta accertarsi l'inadempimento della promissaria acquirente e la sua condanna al risarcimento del danno, o in via gradata il Ric. 2014 n. 20025 sez. 52 - ud. 24-10-2018 -2- loro diritto a trattenere la caparra ricevuta all'atto del preliminare. Il Tribunale dichiarava risolto il contratto preliminare e condannava i convenuti alla restituzione della caparra, con interessi dal 30.6.2003, respingendo ogni altra domanda e compensando le spese. Interponevano appello i convenuti in prime cure e spiegava a sua volta appello incidentale la C. Con la sentenza impugnata, n.2512/2014, la Corte di Appello di Napoli respingeva l'appello principale ed accoglieva l'incidentale, dichiarando legittimo il recesso esercitato dalla C;
condannava quindi gli appellanti, convenuti in prime cure, al pagamento del doppio della caparra ricevuta al preliminare, con interessi dalla domanda. A sostegno della propria decisione, la Corte territoriale riteneva che nel preliminare non vi fosse menzione dell'esistenza di un erede interdetto dell'originario donante, dante causa dei promittenti venditori;
che pertanto detto erede avrebbe potuto agire contro l'acquirente per ottenere la restituzione dell'immobile ai sensi dell'art.563 c.c.;
che comunque il terzo, per liberarsi dall'obbligo di restituzione del bene ai sensi del terzo comma della norma da ultimo invocata, avrebbe dovuto versare il valore accertato al momento della sentenza;
che quindi l'offerta manifestata dagli appellanti di depositare la somma di C 7.500 nelle mani del notaio sino alla scadenza del termine di prescrizione dell'azione di riduzione spettante all'interdetto doveva ritenersi inadeguata, perché inferiore alla percentuale del prezzo di cessione eventualmente spettante all'interdetto, pari ad 1/18 del totale. Propongono ricorso per la cassazione di detta sentenza Del Buono Annunziata, Signudi F e Signudi G Ric. 2014 n. 20025 sez. 52 - ud. 24-10-2018 -3- \ affidandosi a cinque motivi. Resiste con controricorso C A. La parte contro ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt.1385 e 1455 c.c. in relazione all'art.360 n.3 c.p.c., nonché l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all'art.360 n.5 c.p.c. Assumono che nel caso di specie mancherebbe l'inadempimento colpevole di non scarsa importanza, posto che i testi C (agente immobiliare che intermediò l'affare) e P (notaio incaricato della stipula del rogito definitivo di vendita) avrebbero confermato che ambo le parti erano consapevoli delle reali condizioni dell'immobile, le quali peraltro non erano ostative alla rogazione dell'atto di compravendita. L'offerta dei promittenti venditori, di depositare una somma a mani del notaio, sarebbe stata quindi un atto non dovuto, con il quale gli stessi avrebbero offerto alla promissaria acquirente una garanzia ulteriore rispetto a quanto dovuto. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt.1481 e 1385 c.c. in relazione all'art.360 n.3 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente configurato un pericolo di evizione non concreto. Per ragioni logiche, insieme alle prime due censure va esaminato il quinto motivo, con il quale i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt.1385 e 1455 c.c. in relazione all'art.360 n.3 c.p.c. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte di Appello avrebbe errato nel respingere la domanda riconvenzionale da loro svolta -avente ad oggetto la risoluzione del contratto preliminare di cui è causa per inadempimento Ric. 2014 n. 20025 sez. 52 - ud. 24-10-2018 -4- della promissaria acquirente- sul presupposto del loro inadempimento colpevole. Delle predette doglianze va esaminata preventivamente la seconda, che appare fondata. Nel caso di specie la C, promissaria acquirente, aveva rifiutato di sottoscrivere l'atto di compravendita dell'immobile di cui è causa allegando un pericolo di evizione parziale derivante dal fatto che il bene era stato oggetto, in precedenza, di donazione lesiva delle quote di legittima spettanti agli eredi necessari del donante, tra i quali vi era un interdetto non intervenuto in atto. Il pericolo di evizione allegato dalla C, pertanto, non era attuale, ma soltanto potenziale, poiché al momento fissato per la stipula del rogito definitivo non risultava proposta alcuna azione, da parte del tutore dell'erede pretermesso, tesa ad Ci) ottenere l'annullamento o l'inefficacia della vendita del cespite di cui è causa. Sul punto, va ribadito il principio secondo cui "Il diritto previsto dall'art.1481 c.c., per cui il compratore può sospendere il pagamento del prezzo o pretendere idonea garanzia quando abbia ragione di temere che la cosa possa esser rivendicata da terzi, presuppone che il pericolo di evizione sia effettivo e cioè non meramente presuntivo o putativo, onde esso non può risolversi in un mero timore soggettivo che l'evizione possa verificarsi, ma, anche quando si abbia conoscenza che la cosa appartenga ad altri, occorre che emerga da elementi oggettivi o comunque da indizi concreti che il vero proprietario abbia intenzione di rivendicare, in modo non apparentemente infondato, la cosa. Ne consegue che il semplice fatto che un bene immobile provenga da donazione e possa essere teoricamente oggetto di una futura azione di riduzione per Ric. 2014 n. 20025 sez. 52 - ud. 24-10-2018 -5- lesione di legittima, esclude di per sè che esista un pericolo effettivo di rivendica e che il compratore possa sospendere il pagamento o pretendere la prestazione di una garanzia"(Cass. Sez. 2, Sentenza n.2541 del 17/03/1994, Rv. 485762). Nella stessa linea interpretativa, si è ritenuto che "Il fallimento del dante causa del promissario venditore di un immobile, con l'astratta possibilità di conseguente revocatoria fallimentare, non giustifica, di per sè, l'esercizio, da parte del promissario acquirente, della facoltà di sospendere, ai sensi dell'art.1481 c. c., l'esecuzione della propria prestazione, trattandosi di facoltà che, sebbene concessa anche in presenza di pretese del terzo sull'oggetto del contratto, presuppone non il mero timore delle medesime, bensì che risulti concretamente la volontà del terzo di promuovere azioni volta ad ottenere il riconoscimento dei suoi asseriti diritti sul bene e che la detta sospensione non sia contraria a buona fede, ricorrendo tale condizione allorché il pericolo di azioni siffatte si connoti per serietà e concretezza, sì da escludere la presenza di un pretesto dell'obbligato per rifiutare l'adempimento dovuto" (Cass. Sez.2, Sentenza n.5979 del 22/06/1994, Rv.487153;
conf. Cass. Sez.2, Sentenza n.3390 del 22/02/2016, Rv.638762). Ulteriore conferma del principio esposto si trae, a contrario, anche da Cass. Sez. 2, Sentenza n.24340 del 18/11/2011 (Rv. 619708), che ha ravvisato il pericolo concreto ed attuale dell'evizione del bene compromesso in vendita, e quindi il diritto del promissario acquirente di sospendere il pagamento del prezzo e di rifiutarsi di concludere il contratto definitivo fino all'eliminazione del rischio, in un caso in cui era stato trascritto sul bene oggetto del preliminare un atto di citazione con il quale un terzo ne richiedeva il trasferimento a proprio favore. Ric. 2014 n. 20025 sez. 52 - ud. 24-10-2018 -6- \, Nel caso di specie, quindi, il rifiuto di stipulare il definitivo non poteva essere ritenuto giustificato sulla base della semplice allegazione del timore di una successiva azione da parte dell'erede pretermesso, posto che alla data prevista per la stipula dell'atto detto pericolo non aveva i necessari requisiti di concretezza ed attualità, non risultando proposta alcuna azione da parte del diretto interessato (o meglio, trattandosi di interdetto, dal suo tutore). Peraltro, va evidenziato che l'esistenza di una iniziativa giudiziaria da parte di quest'ultimo non è stata dedotta né con gli scritti introduttivi del presente giudizio, né in sede di memorie ex art.378 c.p.c. All'accoglimento del secondo motivo consegue l'assorbimento del primo e del quinto. La Corte di Appello dovrà quindi procedere ad un complessivo riesame della fattispecie per verificare se -alla luce dei principi di diritto sopra enunciati- sussista nel caso di specie quel pericolo concreto ed attuale di evizione che, solo, potrebbe giustificare il rifiuto di stipulare il definitivo opposto dalla promissaria acquirente. In relazione a detto accertamento dovrà essere anche esaminata la domanda riconvenzionale di inadempimento già formulata in prime cure dagli odierni ricorrenti e riproposta dai medesimi come motivo di appello. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt.1385 e 1453 c.c. in relazione all'art.360 n.3 c.p.c. perché la Corte di Appello avrebbe errato nel qualificare la domanda come di recesso. Con il quarto motivo i ricorrenti propongono il medesimo argomento, lamentando la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art.112 c.p.c. in relazione all'art.360 n.4 c.p.c. Le due censure, che vanno esaminate congiuntamente per la loro connessione, sono fondate. Ric. 2014 n. 20025 sez. 52 - ud. 24-10-2018 -7- Ed invero va ribadito il principio per cui "In tema di contratto preliminare, va qualificata in termini di declaratoria di risoluzione per inadempimento -soggetta, pertanto, alla relativa disciplina generale- e non quale esercizio del diritto di recesso, la domanda con cui la parte non inadempiente, che abbia conseguito il versamento della caparra, chieda, oltre alla risoluzione del contratto, la condanna della controparte al risarcimento di ulteriori danni;
in tal caso, dunque, essa non può incamerare la caparra, che perde la sua funzione di limitazione forfetaria e predeterminata della pretesa risarcitoria e la cui restituzione è ricollegabile agli effetti propri della risoluzione negoziale, ma solo trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto le spetta, a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati" (Cass. Sez.2, Sentenza n.20957 del 08/09/2017, Rv.645245;
conf. Cass. Sez.
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