Cass. pen., sez. III, sentenza 21/10/2022, n. 39846

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 21/10/2022, n. 39846
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 39846
Data del deposito : 21 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da M L, nato in Romania il 14.8.1987 avverso la ordinanza in data 25.1.2022 del Tribunale di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere D G;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F L, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. C V anche in sostituzione dell'avv. S G, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 25.1.2022 il Tribunale di Ancona, adito in sede di riesame, ha confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca tanto direttk, quanto per equivalente del danaro corrispondente alle imposte evase disposto nei confronti di M L (classe 1987), indagato del reato di cui all'art. 5 d. Igs. 74/2000 per avere in qualità di amministratore di fatto di varie ditte individuali esercenti l'attività di vendita di autovetture, omesso di presentare, in concorso con M L (classe 1969) e Muntean A, le dichiarazioni dei redditi relative agli anni di imposta 2017, 2018 e 2019. 2. Avverso il suddetto provvedimento l'indagato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all'art. 173 disp.att. cod.proc.pen.. 2.1. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all'art. 309, nono comma richiamato dall'art. 324, settimo comma cod. proc. pen., che nessuna motivazione in ordine al periculum in mora era stata resa nel provvedimento genetico dal Gip, a ciò indotto dalla convinzione che non fosse necessario alcun supporto argomentativo in ragione della finalità non già impeditiva, bensì confiscatoria sottesa alla disposta misura reale. Nel rilevare come tale interpretazione fosse contrastante con il dettato normativo e definitivamente superata dalla pronuncia delle Sezioni Unite n.36959 del 24.6.2021, lamenta che nessuna funzione suppletiva potesse essere svolta al riguardo dal Tribunale del riesame che avrebbe dovuto soltanto, in assenza di motivazione sul punto, annullare il sequestro e che comunque la motivazione resa sul punto dal provvedimento impugnato fosse soltanto tautologica in quanto limitata alla rilevazione del rischio, del tutto astratto, della dispersione del denaro nelle more della definizione del giudizio di merito.

2.2. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli artt. 321 cod. proc. pen. e 5 d. Igs. 74/2000, la quantificazione dell'imposta evasa essendosi a tal fine tenuto conto soltanto dei costi per l'acquisto delle autovetture che le ditte rivendevano sul mercato senza considerare, neppure approssimativamente, tutte le altre voci di spesa, quali l'affitto dei locali destinati alla vendita, le utenze, le spese di riparazione e via dicendo, sostenute per lo svolgimento dell'attività, le quali avrebbero, ove calcolate, determinato un abbattimento dell'imponibile tale da escludere la rilevanza penale del fatto per mancato raggiungimento dei valori soglia atteso lo scostamento assolutamente marginale dell'imposta contestata come evasa per ognuna delle annualità di cui all'imputazione. Sostiene che, in mancanza di allegazione di costi specifici da parte del contribuente, incombe sul giudice procedere alla loro quantificazione facendo ricorso alle massime di esperienza in presenza di ditte tutte ampiamente operative sul mercato e non di mere cartiere, aspetto questo che, secondo la difesa, varrebbe comunque ad attenuare l'onere probatorio a carico dell'indagato

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione sottoposta con il primo motivo all'attenzione di questa Corte si innesta sulla recente pronuncia resa dalle Sezioni Unite che, nell'affrontare la vexata quaestio relativa alla motivazione del periculum in mora nell'adozione del sequestro di cui all'art. 321 secondo comma cod. proc. pen. ha affermato, superando il pregresso contrasto interpretativo, che il giudice della cautela è sempre chiamato a dar conto, sia che si tratti de sequestro impeditivo disciplinato dal primo comma della norma citata, sia che si tratti del sequestro finalizzato alla confisca, a dar conto del periculum in mora che giustifica l'apposizione del vincolo (Sez. U, Sentenza n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848). E' stato con tale approdo chiarito che, costituendo il periculum un presupposto necessario all'emanazione della misura cautelare reale, grava sul giudice emittente la misura uno specifico onere motivazionale, sia pur declinato all'interno della specifica figura di sequestro adottato, e perciò correlato, nel caso di cui all'art. 321 secondo comma, a differenza della finalità impeditiva della protrazione delle conseguenze del reato prevista dal primo comma, alla finalità anticipatoria attraverso la quale vengono assicurati al processo i beni suscettibili, secondo le indicazioni legislative, di confisca. Ciò sta a significare, secondo le indicazioni del supremo consesso, che il provvedimento impositivo della misura deve obbligatoriamente spiegare, in linea con la ratio dello stesso istituto, le ragioni per le quali si ritenga di anticipare gli effetti della confisca che, diversamente, troverebbe applicazione solo a giudizio concluso, dando perciò contezza degli elementi in forza dei quali si pone l'esigenza di sottoporre medio tempore le res al sequestro, non potendo attendersi la definizione del processo di merito stante il rischio che allora la confisca possa non essere più praticabile. Si sottolinea così la necessità che il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca dia motivatamente conto della sussistenza, oltre che del fumus commissi delicti, anche del requisito del periculum in mora, da intendersi, tuttavia, in una accezione strettamente collegata alla finalità "confiscatoria" del mezzo, evidentemente diversa da quella "innpeditiva" dello strumento del comma 1 dell'art. 321 cod. proc. pen., e alla natura fisiologicamente anticipatoria che il sequestro deve necessariamente assumere, nel corso del processo, rispetto alla stessa confisca. Tuttavia, nel caso di specie il provvedimento reso dal Gip evidenzia che nessuna motivazione fosse necessaria sul punto, ed è su tale deficit motivazionale che si fonda la nullità invocata dalla difesa che al contempo rileva la preclusione per i giudici del riesame di far ricorso ai propri poteri suppletivi invocando la violazione dell'art. 309 nono comma cod. proc. pen., richiamato in materia cautelare reale dall'art. 324 settimo comma cod. proc. pen., che impone, in assenza di motivazione in punto di esigenze cautelari, l'annullamento del provvedimento impugnato. Tale prospettazione non può essere condivisa. Va al riguardo rilevato che il silenzio serbato sul punto dal Gip anconetano non risponde ad una svista o ad un'omissione, bensì al convincimento, condiviso prima dell'intervento delle Sezioni Unite da una buona parte della giurisprudenza) e chiaramente esplicitato nel provvedimento con il quale ha disposto il sequestro in contestazione, secondo il quale nel disporre il sequestro finalizzato alla confisca è sufficiente la sola verifica dell'inclusione del bene da sequestrare tra le cose oggettivamente suscettibili di confisca, sia facoltativa che obbligatoria, a tenore sia del codice che delle leggi speciali: secondo l'interpretazione del giudice emittente la misura, fondata anche su un'argomentazione testuale posto che l'art.321 secondo comma cod. proc. pen. nulla dice in punto di motivazione, in sostanza, la stessa confiscabilità integrerebbe, di per sé, la oggettiva pericolosità del bene, tanto più quando, come nel caso di specie, la confisca sia prevista come obbligatoria. Ma se tale è il IZI2 presupposto, deve allora escludersi che il ricorso da parte del Tribunale del riesame ai propri poteri integrativi fosse finalizzato a colmare una lacuna non consentita del provvedimento impugnato, essendo piuttosto diretto ad emendare l'errore di diritto in cui era incorsa l'ordinanza gravata nell'eludere l'obbligo motivazionale in punto di periculum in mora. Nel ritenere, diversamente da quanto affermato dal Gip, che anche tale addendo richiedesse l'esplicitazione delle ragioni sottese all'anticipazione della finalità confiscatoria, i giudici della cautela, pur integrando nella sostanza il deficit motivazionale in punto di periculum, forniscono in realtà le linee direttrici della diversa interpretazione dell'art. 321 secondo comma cod. proc. pen., in conformità a quanto nel frattempo chiarito dalla sentenza a Sezioni Unite Ellade. Invero, non può ritenersi che il provvedimento genetico fosse affetto da una nullità radicale inficiante per mancanza di motivazione uno dei presupposti, ovverosia quello relativo alle esigenze cautelari, fondanti l'adozione della misura e come tale lesiva del diritto di difesa per l'impossibilità del destinatario di far valere le proprie ragioni innanzi al Tribunale del riesame sulla insussistenza o meno del suddetto elemento costitutivo, trattandosi invece dell'espressione del convincimento che in caso di sequestro finalizzato alla confisca nessuna motivazione fosse necessaria sulla base di un sostanziale automatismo tra la confiscabilità del bene e la sua intrinseca pericolosità. Del resto, ove si consideri che la ratio sottesa alla preclusione per il Tribunale del riesame di un intervento ad adiuvandum, integrante la motivazione mancante del provvedimento impugnato risiede nella esigenza di colpire quei provvedimenti assolutamente carenti in ordine all'indicazione degli elementi costitutivi della misura, rispondendo la comminatoria di nullità al principio generale per cui l'esercizio di un autonomo potere comporta il dovere di esplicitare le ragioni che giustificano la decisione (Sez. 6, 29 ottobre 2015, n. 47233, Moffa, Rv. 265337), risulta evidente la radicale difformità della fattispecie in esame in cui la carenza argomentativa in ordine al periculum è stata espressamente giustificata dal Gip con il rilievo che non si trattasse nel caso di sequestro ex art. 321 secondo comma cod. proc. pen. di un elemento costitutivo della misura, spettando al giudice il solo compito di verificare che il bene attinto dalla misura rientrasse tra le categorie dei beni oggettivamente suscettibili di confisca. Nel prendere atto delle doglianze difensive, il Tribunale del riesame ha, per contro, rilevato come la corretta esegesi della norma in esame non consentisse alcun automatismo applicativo ai fini dell'emissione del sequestro finalizzato alla confsca, facendo conseguentemente legittimo ricorso ai propri poteri integrativi con i quali ha evidenziato come la natura fungibile del danaro ed il pericolo di dispersione ad esso connaturato, valutato unitamente alla propensione mostrata dall'indagato al ricorso ad espedienti volti a dissimulare la realtà economica sottostante per sottrarsi agli obblighi tributari a suo carico, coerentemente desunta dalle stesse condotte delittuose in contestazione, costituisse la ragione del rischio che il bene potesse sfuggire nelle more del giudizio alla futura ablazione. Del tutto legittimo deve/ perciò/ritenersi a fonte del censurato errore in diritto dell'ordinanza gravata, l'integrazione della motivazione in ordine alle esigenze cautelari che proprio perché ritenute elemento necessario ai fini dell'adozione della misura sono state esplicitate dal Tribunale marchigiano, nell'esercizio del potere-dovere attribuitogli ex lege, a completamento delle carenze rilevate sul punto nel provvedimento impugnato, così correggendone la motivazione. La ragionevolezza e la non manifesta illogicità delle suddette argomentazioni non ne permette, del resto, al di là delle preclusioni dettate dall'art. 325 cod. proc. pen., alcun sindacato nella presente sede di legittimità, con conseguente rigetto del motivo in esame.
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