Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 23/03/2004, n. 5794

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Nel rito del lavoro la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione delle ragioni, di fatto e di diritto, sulle quali essa si fonda ricorre allorché non sia assolutamente possibile l'individuazione dell'uno o dell'altro elemento attraverso l'esame complessivo dell'atto, perché in tal caso il convenuto non è messo in grado di predisporre le necessarie difese e il giudice non è posto in condizione di conoscere l'esatto oggetto del giudizio ai fini dell'esercizio dei suoi poteri di indagine e di decisione. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata sul punto dalla S.C., aveva ritenuto insussistente la dedotta nullità del ricorso introduttivo, poiché da questo risultava che il ricorrente, pur non qualificandolo espressamente come collettivo, aveva inteso impugnare un licenziamento per ragioni univocamente riferibili ad un licenziamento collettivo, a nulla rilevando che fosse stata fatta anche menzione della mancanza di giusta causa o di giustificato motivo).

Dopo l'entrata in vigore della legge n. 223 del 1991, il licenziamento collettivo costituisce un istituto autonomo, che si distingue radicalmente dal licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, essendo caratterizzato in base alle dimensioni occupazionali dell'impresa (più di quindici dipendenti), al numero dei licenziamenti (almeno 5), all'arco temporale (120 giorni) entro cui sono effettuati i licenziamenti ed essendo strettamente collegato al controllo preventivo, sindacale e pubblico, dell'operazione imprenditoriale di ridimensionamento della struttura aziendale. Ne consegue che, essendo il licenziamento collettivo sottoposto a presupposti del tutto diversi da quelli propri del licenziamento individuale, non è ammissibile l'ipotesi di una "conversione" del licenziamento collettivo in licenziamento individuale.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 23/03/2004, n. 5794
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 5794
Data del deposito : 23 marzo 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MILEO Vincenzo - Presidente -
Dott. PRESTIPINO Giovanni - rel. Consigliere -
Dott. MERCURIO Ettore - Consigliere -
Dott. FIGURELLI Donato - Consigliere -
Dott. CAPITANIO Natale - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.p.a. S.I.V.A.M. - Società Italiana Veterinaria Agricola Milano, in persona del legale rappresentante, elett.te dom.ta in Roma, Via G. B. Vico n. 1, presso lo studio degli Avv. Franco Prosperi Mangili e Lorenzo Prosperi Mangili, che unitamente all'Avv. Cesare Fagetti la rappresentano e difendono per procura speciale a margine del ricorso per cassazione;

- ricorrente -

contro
AC LD;

- intimato -

per l'annullamento della sentenza del Tribunale di Salerno n. 144 del 4.5.2001, R.G. 416/99;

Udita nella pubblica udienza del 31.10.2003 la relazione della causa svolta dal Consigliere Relatore Dott. Giovanni Prestipino;

Sentito l'Avv. Franco Prosperi Mangili;

Sentito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Frazzini Orazio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 4 febbraio 1997 LD AC conveniva davanti al Pretore del lavoro di Eboli la s.p.a. S.I.V.A.M.- Società Italiana Veterinaria Agricola, della quale era dipendente con mansioni di impiegato, ed impugnava il licenziamento intimatogli il 27 novembre 1996, chiedendo che lo stesso fosse dichiarato nullo o inefficace o illegittimo - con tutte le conseguenze previste dalla legge - perché non sorretto da giusta causa o da giustificato motivo e per violazione dell'art. 5 della legge n. 223 del 1991. Il ricorrente deduceva che tale violazione era stata determinata, in particolare, dalla circostanza che nell'accordo sindacale sottoscritto davanti all'associazione industriali di Salerno era stato fatto riferimento ad una "non ben specificata" esigenza di modifica della struttura dello stabilimento di Battipaglia e delle altre filiali della società, senza tenere conto ne' dei carichi di famiglia, ne' dell'anzianità dei lavoratori da porre in mobilità. Costituitasi in giudizio, la società convenuta contestava la fondatezza della pretesa avversaria, di cui chiedeva il rigetto. Assunta la prova testimoniale dedotta dalle parti, il Pretore con sentenza del 19 gennaio 1999 accoglieva il ricorso. Questa decisione, impugnata dalla società S.I.V.A.M., veniva confermata dal Tribunale di Salerno con sentenza del 4 maggio 2001. Il Tribunale, premesso che nell'atto introduttivo del giudizio era stata contestata, fra l'altro, l'applicazione dei criteri di scelta del personale da porre in mobilità e che tale allegazione presupponeva anche la contestazione dell'adozione dei medesimi criteri, osservava che nel caso in esame la procedura di mobilità doveva ritenersi viziata per l'assenza di "specificazione, di obiettività e di verificabilità dei criteri adottati" e che perfino il teste NO, sindacalista che aveva partecipato alla trattativa sindacale, non aveva saputo indicare per quale ragione nel gruppo dei lavoratori da licenziare fosse stato compreso il AC. Il giudice di appello, poi, sosteneva che, anche a ritenere che il licenziamento collettivo fosse privo dei presupposti previsti dalla legge e, quindi, anche a considerare che dovesse essere esaminata l'ipotesi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, tuttavia nemmeno sotto questo profilo poteva riconoscersi la legittimità del recesso, non avendo la società datrice di lavoro fornito la prova della impossibilità di adibire il dipendente ad altre mansioni lavorative. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società S.I.V.A.M,, che ha dedotto quattro distinti motivi. Il AC non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo dell'impugnazione la società ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 24, secondo comma, Cost., 156, 414, 416 c.p.c., 1, 2, 3 l. 15 luglio 1966 n. 604, 18 l. 20 maggio 1970 n. 300, 4, 5 l. 23 luglio 1991 n. 223 e vizi di
motivazione, in relazione all'art. 360, primo comma n. 3, 4 e 5, c.p.c., e deduce la genericità e, quindi, la nullità, del ricorso introduttivo del giudizio proposto dal AC. Sostiene la medesima ricorrente che la motivazione con la quale nella sentenza impugnata è stato affermato che il lavoratore aveva impugnato il licenziamento collettivo che gli era stato intimato, oltre che essere insufficiente, è pure viziata da illogicità, dato che il giudice di appello non ha considerato che dal contenuto dell'atto, nel quale era stato fatto riferimento alla giusta causa e al giustificato motivo, non poteva desumersi che fosse stata proposta la suddetta impugnazione ne' erano individuabili gli elementi minimi della causa petendi e del petitum.
Questo motivo è privo di fondamento.
Per costante giurisprudenza, nel rito del lavoro la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione delle ragioni, di fatto e di diritto, sulle quali la stessa si fonda ricorre allorché non sia assolutamente possibile l'individuazione dell'uno o dell'altro elemento attraverso l'esame complessivo dell'atto (cfr., fra le tante sentenze, Cass. 3 aprile 2003 n. 5220 e Cass. 7 marzo 2000 n. 2572), perché in tal caso il convenuto non è messo in grado di predisporre la necessaria difesa e il giudice non è posto in condizione di conoscere l'esatto oggetto del giudizio ai fini dell'esercizio dei suoi poteri di indagine e di decisione. Questo vizio non sussiste, peraltro, nel caso in esame, giacché, come bene ha sostenuto il giudice dell'appello - le cui affermazioni sono confortate dal contenuto dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, riportato per esteso dalla società S.I.V.A.M. nel ricorso per cassazione - il AC aveva dedotto di volere impugnare il licenziamento perché questo gli era stato intimato in base ad una "non ben specifica esigenza di modifica della struttura dello stabilimento di Battipaglia" e di altre filiali dislocate nel territorio nazionale, senza tenere conto ne' dei carichi di famiglia nè dell'anzianità dei lavoratori. L'impugnazione, quindi, come bene ha ritenuto il Tribunale di Salerno, era stata rivolta nei confronti di un licenziamento collettivo, per contestare l'adozione dei criteri di scelta del personale da porre in mobilità (anche se poi lo stesso Tribunale - con una

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