Cass. pen., sez. I, sentenza 03/09/2019, n. 36961

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 03/09/2019, n. 36961
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36961
Data del deposito : 3 settembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: DIBIASE DONATO nato a CERIGNOLA il 23/02/1970 TRAVERSI MARCO nato a CERIGNOLA il 25/06/1969 avverso la sentenza del 10/03/2016 della CORTE APPELLO di VENEZIAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere D C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA MARINELLI, la qualee ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per prescrizione del reato;
udito il difensore, avv. C R, del foro di FOGGIA, in qualità di sostituto processuale dell'avv. R M, del foro di FOGGIA, giusta nomina depositata all'odierna udienza, in difesa di M T, la quale conclude associandosi alle conclusioni del Procuratore generale.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10 marzo 2016 la Corte di appello di Venezia, giudicando in sede di (secondo) rinvio dalla Corte di Cassazione, ha, tra l'altro, rideterminato, previa riduzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato, in due anni e sei mesi di reclusione e 717 euro di multa la pena inflitta a M T dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Rovigo con sentenza del 17 giugno 2003 per i reati di ricettazione e furto di cui ai capi G), F), V) e CC), nonché, sempre previa riduzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato, in due anni, quattro mesi e tredici giorni di reclusione e 300 euro di multa quella inflitta a D D per i furti di cui ai capi NN), M) e R).

2. Il procedimento nell'ambito del quale è stata emessa la citata sentenza concerne l'attività di un'associazione a delinquere, composta, stando all'originaria impostazione accusatoria, da nove sottogruppi, operante con autocarri di illecita provenienza provvisti di documenti e targhe false e finalizzata alla commissione di furti di beni d'ingente valore, quali sostanze alcoliche, prodotti alimentari, capi d'abbigliamento e prodotti farmaceutici, in danno di numerose società. Gli odierni ricorrenti sono stati riconosciuti, in esito al giudizio di rinvio, responsabili di alcuni reati-fine, mentre, per quanto concerne il delitto associativo, la Corte di appello, qualificato il fatto in termini di mera partecipazione, ha preso atto della sopravvenuta estinzione per integrale decorso del termine prescrizionale massimo.

2.1. M T, in particolare, è stato condannato, ai capi F) e G), per avere concorso con Antonio T nel furto aggravato di prosciutti commesso in Preci (Perugia) 1'8 novembre 2000, utilizzando un autocarro di provenienza furtiva che, tuttavia, restò in panne, già carico della refurtiva, e venne pertanto recuperato dalle forze dell'ordine, che constatarono l'avvenuta recisione dei fili del blocco di accensione. La Corte di appello ha richiamato, in ordine alla responsabilità di T, le argomentazioni addotte dal Giudice dell'udienza preliminare e ricordato, in specie, che egli, nelle prime ore dell'8 novembre 2000, aveva comunicato, via telefono, a G L, coinvolto nell'organizzazione del furto, di avere incaricato una officina di autosoccorso del recupero del mezzo. Ha rigettato il motivo di appello che l'imputato aveva articolato sul rilievo che egli, a quel tempo, era ristretto in regime di arresti domiciliari, circostanza che la Corte lagunare ha ritenuto non documentata e, comunque, compatibile con la partecipazione ad un furto eseguito in ora notturna. T è stato, altresì, condannato per il furto, contestato al capo V), di un ingente quantitativo di alcolici in bottiglie, commesso in Forlì il 7 dicembre 2000. La Corte di appello ha, in proposito, esposto che egli ha svolto, unitamente ad A T, un ruolo di supporto organizzativo nella fase di esecuzione del reato, apprezzato dalle telefonate dirette, nel cuore della notte, dall'autore materiale, M D B, a T e da questi a T, che venne così informato del fatto che D B ed i complici erano entrati, e successivamente usciti, dal luogo della sottrazione. Nel corso di tali colloqui, peraltro, T chiese a T se costoro avessero o meno prelevato l'intero carico. Il riferimento a quel determinato furto è tratto dal giudice di merito anche da ulteriori conversazioni: una, precedente al fatto, in cui T e T discutono di un camion da parcheggiare a Bologna ed altre, successive al reato, in cui T dispone il conteggio dei cartoni e T si lamenta di avere ricevuto solo due bottiglie. T è stato, infine, condannato per il furto, ascrittogli al capo CC), di 860 quintali di olio da un deposito sito in Zimella (Verona), risalente all'8 febbraio 2001, cui egli avrebbe partecipato con ruolo organizzativo, curando di procurare uomini e mezzi necessari per la realizzazione dell'illecito e, in particolare, incaricando di partire con un autocarro tale T (successivamente identificato in A P) il quale, dopo il furto, venne fermato a bordo di un camion con la cisterna piena di olio. In proposito, ha notato la Corte di appello, non è senza significato che T, appreso del fermo, si sia attivato per attestare la regolarità della circolazione del mezzo sul quale viaggiava P. Anche nei casi da ultimo richiamati, la Corte di appello ha rigettato il motivo di appello che l'imputato aveva articolato sul rilievo che egli, al tempo, era ristretto in regime di arresti domiciliari, circostanza che ha ritenuto non documentata e, comunque, compatibile con la partecipazione ad un furto con ruolo di coordinamento o organizzativo.

2.2. Domenico D è stato condannato per il furto di oltre 30.000 litri di distillati, sottratti da un deposito di Roccafranca (Brescia) Il dicembre 2000, fatto contestato al capo M). Il suo coinvolgimento, rileva la Corte di appello, emerge sia nella fase preparatoria, laddove egli sollecita i complici a portare un tubo flessibile, che in quella successiva al fatto, in cui egli indica il luogo ove condurre la refurtiva. D, peraltro, partecipa personalmente anche alla fase esecutiva del reato, come si evince dal fatto che, alle ore 00,38, egli comunica all'interlocutore che l'azione è in corso e, alle ore 02,38, che il rimorchio è stato riempito e che non occorre utilizzare un ulteriore mezzo. La Corte di appello ricorda, in proposito, che il GUP ha evidenziato che, nel corso del viaggio di ritorno, l'autocisterna, condotta da N Z, è stata fermata e sottoposta a controllo, in esito al quale sono stati rinvenuti, a bordo del mezzo, i distillati rubati, nonché tubi di plastica, alcune ricetrasmittenti ed una pompa per l'aspirazione di liquidi. La responsabilità concorsuale di D risulta, ancora, confermata dal fatto che il mezzo guidato da N Z viene definito, nelle conversazioni intercettate, il «camion di Pallotta», con un chiaro riferimento al soprannome dell'imputato. La Corte di appello ha rigettato i motivi di impugnazione articolati nell'interesse di D ed incentrati, oltre che sull'assenza di prova in ordine alla presenza dell'imputato sul luogo del furto, sulla scarsa significatività dell'indicazione del suo nomignolo. Ha, in proposito, rilevato che D risulta, a differenza dei complici, non ancora partito da una telefonata del 30 novembre 2000, ma che le conversazioni registrate nel corso della notte seguente ne evidenziano la diretta partecipazione con ruolo di coordinatore, oltre che di procacciatore del mezzo;
sul punto, ha aggiunto che gli esiti delle intercettazioni hanno trovato congruo riscontro nel fermo del camion guidato da N Z e trasportante ettolitri di distillati, oltre al consueto corredo per i furti (ricetrasmittenti, pompa, tubi). Analogamente, D è stato condannato per il furto, rubricato al capo R), di 300 quintali di olio, sottratti da un deposito sito in San Paolo Civitate (Foggia) il 7 dicembre 2000. Trattasi di un episodio delittuoso, perpetrato, come altri, a mezzo di una autocisterna, che è stato addebitato, tra gli altri, a D sulla scorta dei contatti con T e G L, che ne attestano, a dispetto delle obiezioni mosse con l'atto di appello, la diretta partecipazione alla fase esecutiva ed alla successiva ripartizione del profitto. D è stato, da ultimo, condannato per il furto, contestato al capo NN), di un carico di vino, trafugato da una cantina di Stornara (Foggia) il 6 ottobre 2001. L'imputato risulta coinvolto nell'organizzazione del fatto per avere preso contatto con i correi F F e P P ed avere partecipato alla fase successiva della vendita del vino e della ripartizione del ricavato. La Corte di appello, nel disattendere il motivo incentrato sul difetto di collegamento tra le conversazioni captate ed il reato, ha replicato che le telefonate censurate nella fase preparatoria sono intercorse tra soggetti che si trovavano in zona prossima a quella del furto e che hanno utilizzato la parola «uva», e che è stato l'imputato a gestire la vendita del vino rubato e la distribuzione del ricavato subito dopo la commissione del reato;
ha aggiunto che significativa è anche la disattivazione delle utenze cellulari dei soggetti che erano stati in contatto nei giorni precedenti, protrattasi sino alle ore 4,00 del 6 ottobre 2001, momento a partire dal quale sono state registrate telefonate provenienti dalla zona del furto. Nello stesso senso milita, ha ulteriormente notato, il fatto che dopo l'arresto, per altro furto, dei fratelli D (Donato e Luigi), P P abbia commentato che «quelli del vino sono stati arrestati».
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