Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 03/10/2019, n. 24779

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 03/10/2019, n. 24779
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24779
Data del deposito : 3 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 28553-2015 proposto da: A CT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE

8, presso lo studio degli avvocati MAURIZIO MARAZZA, DOMENICO DE FO, M M, che la rappresentano e difendono;
2019

- ricorrente -

2519

contro

B P G, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ORAZIO

31, presso lo studio degli avvocati COSTANTINO T C e D P, che lo rappresentano e difemdono;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 4128/2015 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 09/06/2015 R.G.N. 5912/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/07/2019 dal Consigliere Dott. G M;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R S, che ha concluso per: si richiama e chiede il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato D P. PROC. nr. 28553/2015

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 15.11.2011, pronunciando sul ricorso proposto da P G B, assunto dalla Atesia S.p.A. (poi incorporata da Almaviva Contact S.p.A.), nel periodo 7.8.2002/30 giugno 2007, con distinti contratti di collaborazione autonoma e continuativa, quindi con contratti a progetto, come operatore di cali center, dichiarava la sussistenza, tra le parti, di un rapporto di lavoro subordinato a decorrere dal 7.8.2002, con inquadramento del ricorrente nel 3° livello del

CCNL

Comunicazioni e condannava la società incorporante al ripristino del rapporto ed al pagamento, ai sensi dell'art. 50 della legge nr. 183 del 2010, di un'indennità pari a sei mensilità della retribuzione globale di fatto «oltre al versamento dei contributi previdenziali».

2. La Corte d'appello di Roma, con pronuncia nr. 4128 del 2015, ha respinto l'appello di Almaviva Contact S.p.A.

2.1. In estrema sintesi, la Corte territoriale ha ritenuto che la valutazione complessiva del materiale probatorio acquisito consentisse di pervenire alla qualificazione del rapporto nei termini affermati dal Tribunale, risultando provato l'esercizio del potere direttivo e gerarchico del datore di lavoro, manifestatosi attraverso puntuali e specifiche direttive impartite durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.

2.2.Quanto alle conseguenze del disposto accertamento, la Corte di merito ha osservato come l'indennità di cui all'art. 50 della I. n. 183/2010 dovesse coesistere con la ricostituzione della funzionalità del rapporto. Tale interpretazione, tra le due possibili ( id est.: l'una, di riconoscere il solo indennizzo previsto dalla norma in luogo sia del diritto del lavoratore di vedersi riconosciuta la conversione in rapporto di lavoro subordinato ed il diritto al ripristino dello stesso sia del diritto alle conseguenze patrimoniali;
l'altra, secondo cui, ferma la conversione del rapporto per effetto dell'accertamento della subordinazione, l'indennizzo avrebbe effetti sulle sole conseguenze patrimoniali, limitandone la PROC. ru-. 28553/2015 misura), era da preferire, perché rappresentava l'unica che rendeva la norma (l'art. 50 cit., appunto) conforme ai principi di ragionevolezza nonché di effettività del rimedio giurisdizionale espressi dagli artt. 3, comma 2, 24 e 111 della Costituzione, realizzando un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi. La prescelta opzione non risultava preclusa dal dato letterale della norma, giacché una volta accertata la sussistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato in sede giudiziaria, solo una esplicita previsione ne avrebbe consentito la contestuale estinzione. La norma, dunque, realizzava solo una speciale misura sanzionatoria in deroga all'ordinario regime applicabile in caso di accertamento della reale natura subordinata di un rapporto di lavoro: si trattava del pagamento di una mera indennità economica di ammontare oscillante tra le 2,5 e le 6 mensilità che andava a sostituirsi a tutte le normali conseguenze patrimoniali derivanti da un tale accertamento giudiziale in relazione al periodo «intermedio» ossia quello intercorrente dalla cessazione della funzionalità del rapporto e sino alla sentenza che ne opera la «conversione», valendo al riguardo le considerazioni espresse dalla Corte Costituzionale nella pronuncia nr. 303 del 2011. 3. Avverso l'anzidetta sentenza, Almaviva Contact S.p.A. propone ricorso per cassazione fondato su un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il lavoratore.

4. La causa, originariamente chiamata all'adunanza camerale del 9.1.2019, è stata rinviata a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.

5. Almaviva Contact SpA ha depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE.

1. Con un unico motivo, è dedotta -ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. - violazione dell'art. 50 della legge nr. 183 del 2010. 1.1. La censura investe l'operata interpretazione della disposizione.PROC. nr. 28553/2015 La norma, secondo la parte ricorrente, limiterebbe la sanzione derivante dall'accertamento della natura subordinata del rapporto intercorso tra le parti alla sola indennità in essa prevista che, in forma di risarcimento forfetizzato, escluderebbe ogni diverso effetto derivante dall'accertamento giudiziale della natura subordinata del rapporto di lavoro, ivi compresa la ricostituzione della concreta funzionalità dello stesso. In tal senso militerebbe sia il dato letterale che la ratio legis.

1.2. In ogni caso, la decisione risulterebbe contraddittoria, non traendo le giuste conseguenze dalla ritenuta natura di «speciale misura sanzionatoria» dell'indennità di cui all'art. 50 della legge nr. 183 del 2010;
infatti, la sentenza impugnata, respingendo l'appello della società, avrebbe implicitamente confermato il dispositivo della sentenza di primo grado anche nella parte in cui vi era stata condanna di Almaviva «alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale [...] per il periodo antecedente all'inizio della controversia»;
per la società ricorrente, il profilo previdenziale avrebbe dovuto essere coperto quanto meno fino alla sentenza che ha accertato la natura subordinata del rapporto.

2. L'esame del motivo impone alcune preliminari considerazioni sull'interpretazione dell'art. 50 della legge nr. 183 del 2010. 2.1. La norma che viene qui in discussione ha formato oggetto di studio da parte della dottrina essendosi rilevati plurimi profili suscettibili di differenti interpretazioni ed essendosi, in particolare, il dibattito incentrato sulla questione se tale norma stabilisca «unicamente» la sanzione indennitaria a fronte del rifiuto, da parte del lavoratore, di due offerte di stabilizzazione del rapporto di lavoro ovvero faccia comunque salva la conversione o ricostituzione del rapporto (melius assunzione a tempo indeterminato). Il suddetto articolo 50 stabilisce che: «Fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di accertamento della natura subordinata di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche se riconducibili PROC. nr. 28553/2015 ad un progetto o programma di lavoro, il datore di lavoro che abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato ai sensi dell'articolo 1, commi 1202 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché abbia, dopo la data di entrata in vigore della presente legge, ulteriormente offerto la conversione a tempo indeterminato del contratto in corso ovvero offerto l'assunzione a tempo indeterminato per mansioni equivalenti a quelle svolte durante il rapporto di lavoro precedentemente in essere, è tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604». La disposizione introduce un regime speciale finalizzato a limitare, a determinate condizioni, le conseguenze sanzionatorie in caso di esito vittorioso del giudizio intentato dal lavoratore, volto all'accertamento della natura subordinata del rapporto di collaborazione continuativa e coordinata, anche a progetto.
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