Cass. pen., sez. VI, sentenza 12/04/2023, n. 29157
Sentenza
12 aprile 2023
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12 aprile 2023
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Massime • 2
In tema di misure di prevenzione patrimoniale, non si configura la violazione del principio di correlazione tra contestazione e decisione qualora l'ablazione, richiesta per la pericolosità qualificata del proposto ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 6 settembre 2011, sia disposta per la sua ritenuta pericolosità generica ex art. 1, lett. b), stesso decreto, a condizione che sia stato assicurato alla difesa un contraddittorio effettivo in merito all'abitualità della commissione di delitti idonei a produrre profitti tali da aver costituito il reddito esclusivo, o comunque significativamente rilevante, del proposto, nonché in merito alla perimetrazione temporale della pericolosità, alla riconducibilità degli acquisti a tale periodo ed alla commissione di reati fonte di profitti in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare.
In tema di misure di prevenzione patrimoniali, l'ablazione disposta ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per la ritenuta pericolosità generica del proposto, si giustifica, alla luce dei parametri definiti dalla Corte costituzionale con sent. n. 24 del 2019, se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose compiute dal soggetto risultino essere state effettivamente fonte di profitti illeciti, in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare, la cui origine lecita il proposto non sia in grado di giustificare.
Sul provvedimento
Testo completo
29 157-23 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE PENALE Composta da Sent. n.sez.682 Ersilia Calvanese -Presidente - Maria Silvia Giorgi CC 12/4/2023 R.G.N. 40878/2022 Martino Rosati Maria Sabina Vigna Paolo Di Geronimo Relatore - ha pronunciato la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da VA AN, nato a [...] il [...] EC IO, nato a [...] il [...] EC SA, nato a [...] il [...] EC RT, nato a [...] il [...] EC MA, nato a [...] il [...] AL CO, nata a [...] il [...] avverso il decreto emesso l'1/4/2022 dalla Corte di appello di Catania visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Francesca Ceroni, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Catania, in parziale riforma del decreto emesso in primo grado, riqualificava la pericolosità sociale nei confronti di MA EC, escludendo quella qualificata e ritenendo sussistente la pericolosità generica ai sensi dell'art.1, lett.b), d.lgs. n. 159 del 2011, annullando la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, in quanto il presupposto soggettivo doveva ritenersi venuto meno a partire dalla fine degli anni '90. Una volta perimetrato il periodo in cui si è manifestata la pericolosità sociale, individuando nel 1999 l'anno in cui questa è venuta a scemare, è stato disposto anche l'annullamento delle confische relative a beni acquistati in epoca successiva.
2. MA EC ha impugnato il decreto emesso dalla Corte di appello formulando due distinti ricorsi, peraltro presentati anche nell'interesse della moglie, CO AL.
2.1. Con il ricorso a firma dell'avvocato Nunzio Citrella si deduce: violazione di legge in relazione alla preclusione di un secondo giudizio, in quanto il proposto era stato già attinto da una richiesta di misura di prevenzione personale, rigettata con decreto del Tribunale di Ragusa del 28 novembre 2003, divenuto definitivo nel 2009. Sottolinea il ricorrente che, in quel procedimento, i giudici avevano accertato la provenienza lecita delle risorse impiegate per l'acquisto dei beni attualmente oggetto di confisca, sicchè tale dato non potrebbe essere superato e rimesso in discussione sulla base delle generiche dichiarazioni rese dal collaborante AV;
violazione degli artt. 10 e 20 del d.lgs. n. 159 del 2011, in quanto la Corte di appello - pur circoscrivendo la pericolosità generica agli anni 1980-90 - avrebbe sottoposto a confisca anche beni acquistati in epoca successiva, in tal modo applicando il principio della derivazione causale dei proventi illeciti ed estendendone le conseguenze ben oltre il periodo di pericolosità accertato.
2.2. Con il ricorso a firma dell'avvocato Giuseppe Passarello sono stati formulati tre motivi di impugnazione, con i quali si deduce: violazione del principio di correlazione tra contestazione e pronuncia, posto che nella richiesta originaria era stata ipotizzata la pericolosità qualificata ex art.4, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, a fronte della quale la Corte di appello aveva riconosciuto la pericolosità generica, senza consentire il preventivo contraddittorio, nonostante i presupposti in fatto delle due forme di pericolosità siano del tutto autonomi e differenti tra di loro;
violazione di legge in relazione al riconoscimento della pericolosità 2 generica in assenza degli indici specifici individuati dalla Corte costituzionale nella sentenza n 24 del 2019. In particolare, nel decreto impugnato si attribuisce genericamente al EC di aver conseguito proventi illeciti fino ai primi degli anni novanta, senza indicare le fonti di tale accertamento, né l'effettiva idoneità dei reati a produrre redditi di importo idoneo a giustificare le successive acquisizioni (in particolare la costituzione dell'impresa individuale RI PA intervenuta nel 1999). Essendo stata riconosciuta la pericolosità generica e non quella qualificata, infatti, non poteva addivenirsi alla confisca di beni venuti ad esistenza in epoca notevolmente distante dalla cessazione della pericolosità, in assenza della dimostrazione di un nesso di derivazione certo. Sarebbe stato erroneamente valorizzato il decreto del Tribunale di Ragusa, irrevocabile il 13 giugno 1991, con cui veniva applicata al EC la misura di prevenzione, in quanto ritenuto indiziato di partecipazione ad associazione mafiosa, omettendo di considerare che, con ordinanza del 30 gennaio 2014, la Corte di appello di Catania aveva riabilitato il predetto. Carente risulterebbe anche l'accertamento della correlazione temporale tra le presunte attività illecite e gli acquisti di beni compiuti dal EC, soprattutto in considerazione del fatto che i reati dal predetto commessi si limiterebbero ad un arco temporale estremamente limitato. Tale carenza non potrebbe essere neppure colmata valorizzando le dichiarazioni dei collaboranti AV e UC, ritenute da un lato insufficienti a dimostrare l'appartenenza di EC a sodalizi criminali ma, per altro verso, idonee a fondare i presupposti per la misura di prevenzione reale;
violazione di legge in relazione alla mera apparenza della motivazione resa con riguardo a specifici e dirimenti aspetti quali: mancata limitazione della confisca in ordine al valore del bene acquistato mediante finanziamento ritenuto di importo incompatibile con le capacità economiche del prevenuto;
omessa considerazione, nella valutazione della sproporzione tra redditi ed acquisti, del fatto che i figli del EC erano usciti dal nucleo familiare in epoca antecedente al 2007 (allorquando venne costituita la società RI PA srl); minima rilevanza della sproporzione reddituale relativa alla costituzione della ditta individuale RI PA;
mancanza assoluta di motivazione circa l'illegittimità derivata dei beni, applicata nonostante sia stata riconosciuta la pericolosità generica;
omessa valutazione dell'ingente importo non versato al consorzio NA (pari ad oltre