Cass. pen., sez. V, sentenza 23/02/2023, n. 08156
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: SHEHU MENTOR nato il 23/11/1973 avverso l'ordinanza del 17/01/2022 del TRIBUNALE di
MILANO
Udita la relazione svolta dal Consigliere E P;
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale presso la Corte di Cassazione MAEMANUELA GUERRA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 24 giugno 2021 la Prima sezione di questa Corte annullava con rinvio l'ordinanza del 10 dicembre 2020 del Tribunale di Milano che pronunciava sull'incidente di esecuzione, promosso da M S in relazione alla sentenza emessa nei suoi confronti, in data 10 dicembre 2015, dal medesimo Tribunale, irrevocabile in data 16 maggio 2019, che lo aveva riconosciuto colpevole di associazione finalizzata al narcotraffico e di plurime condotte di detenzione, trasporto e vendita illegali di sostanze stupefacenti, e lo aveva condannato alla pena principale di dodici anni di reclusione.
1.1.L'incidente di esecuzione aveva ad oggetto altresì: - la declaratoria di bis in idem, ai sensi dell'art. 669, comma 1, cod. proc. pen., rispetto alla pronuncia antecedentemente adottata a carico dell'interessato dall'Autorità giudiziaria di Albania, che, con sentenza 26 marzo 2010, definitiva in data 8 novembre 2010, lo aveva giudicato, per gli stessi addebiti (o, comunque, per addebiti in rapporto di continenza con l'accertamento penale condotto in Italia), condannandolo alla pena di otto anni di reclusione, già ,interamente espiata in territorio albanese conformemente alla legislazione del luogo;
- in linea subordinata, lo scomputo di quest'ultima pena, ai sensi dell'art. 138 cod. pen., da quella, maggiore, inflitta in Italia e in corso di esecuzione.
1.2. Il Tribunale, quale giudice dell'esecuzione: - respingeva la prima richiesta, ritenendo il principio del ne bis in idem, di cui all' art. 669 cod. proc. pen. avendo la norma rilevanza giuridica interna;
peraltro non esistevano norme internazionali, generali q pattizie, che rendessero operante c.,cu il divieto di secondo giudizio nei rapporti tr-a_e. l'Albania. - dichiarava inammissibile la seconda richiesta, perché non previamente formulata al Pubblico ministero competente per l'esecuzione.
2.Lo Shehu aveva proposto ricorso per cassazione, attraverso il difensore di fiducia deducendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente sollevava questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, Cost., dell'art. 669, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui tale disposizione non prevede, in caso di pluralità di sentenze irrevocabili, emesse contro la medesima persona e per il medesimo fatto, la revoca della sentenza più grave anche qualora le sentenze siano pronunciate da giudici appartenenti a diversi ordinamenti nazionali, principio già operante nei rapporti tra gli Stati membri dell'Unione europea, in forza dell'art. 54 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 19 giugno 1990, integrato nel quadro istituzionale e giuridico dell'Unione in virtù di un protocollo allegato al trattato di Amsterdam 2 ottobre 1997. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduceva l'inosservanza degli artt.657, e 666, comma 5, cod. proc. pen. Lo scomputo della pena già espiata all'estero rappresentava un atto dovuto, cui il giudice dell'esecuzione, già investito ad altro titolo, non si sarebbe potuto sottrarre per esigenze di economia processuale.
3. La sentenza di annullamento con rinvio della Prima sezione di questa
MILANO
Udita la relazione svolta dal Consigliere E P;
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale presso la Corte di Cassazione MAEMANUELA GUERRA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 24 giugno 2021 la Prima sezione di questa Corte annullava con rinvio l'ordinanza del 10 dicembre 2020 del Tribunale di Milano che pronunciava sull'incidente di esecuzione, promosso da M S in relazione alla sentenza emessa nei suoi confronti, in data 10 dicembre 2015, dal medesimo Tribunale, irrevocabile in data 16 maggio 2019, che lo aveva riconosciuto colpevole di associazione finalizzata al narcotraffico e di plurime condotte di detenzione, trasporto e vendita illegali di sostanze stupefacenti, e lo aveva condannato alla pena principale di dodici anni di reclusione.
1.1.L'incidente di esecuzione aveva ad oggetto altresì: - la declaratoria di bis in idem, ai sensi dell'art. 669, comma 1, cod. proc. pen., rispetto alla pronuncia antecedentemente adottata a carico dell'interessato dall'Autorità giudiziaria di Albania, che, con sentenza 26 marzo 2010, definitiva in data 8 novembre 2010, lo aveva giudicato, per gli stessi addebiti (o, comunque, per addebiti in rapporto di continenza con l'accertamento penale condotto in Italia), condannandolo alla pena di otto anni di reclusione, già ,interamente espiata in territorio albanese conformemente alla legislazione del luogo;
- in linea subordinata, lo scomputo di quest'ultima pena, ai sensi dell'art. 138 cod. pen., da quella, maggiore, inflitta in Italia e in corso di esecuzione.
1.2. Il Tribunale, quale giudice dell'esecuzione: - respingeva la prima richiesta, ritenendo il principio del ne bis in idem, di cui all' art. 669 cod. proc. pen. avendo la norma rilevanza giuridica interna;
peraltro non esistevano norme internazionali, generali q pattizie, che rendessero operante c.,cu il divieto di secondo giudizio nei rapporti tr-a_e. l'Albania. - dichiarava inammissibile la seconda richiesta, perché non previamente formulata al Pubblico ministero competente per l'esecuzione.
2.Lo Shehu aveva proposto ricorso per cassazione, attraverso il difensore di fiducia deducendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente sollevava questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, Cost., dell'art. 669, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui tale disposizione non prevede, in caso di pluralità di sentenze irrevocabili, emesse contro la medesima persona e per il medesimo fatto, la revoca della sentenza più grave anche qualora le sentenze siano pronunciate da giudici appartenenti a diversi ordinamenti nazionali, principio già operante nei rapporti tra gli Stati membri dell'Unione europea, in forza dell'art. 54 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 19 giugno 1990, integrato nel quadro istituzionale e giuridico dell'Unione in virtù di un protocollo allegato al trattato di Amsterdam 2 ottobre 1997. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduceva l'inosservanza degli artt.657, e 666, comma 5, cod. proc. pen. Lo scomputo della pena già espiata all'estero rappresentava un atto dovuto, cui il giudice dell'esecuzione, già investito ad altro titolo, non si sarebbe potuto sottrarre per esigenze di economia processuale.
3. La sentenza di annullamento con rinvio della Prima sezione di questa
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