Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 16/12/2019, n. 33137
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Testo completo
seguente SENTENZA sul ricorso 24199-2016 proposto da: GREGORI ANTONELLA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BELLUNO, 16, presso lo studio dell'avvocato A F, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato
RITA MARIA
2019 PORTINCASA;
3006
- ricorrente -
contro
MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA' RICERCA;R.G. 24199 del 2016
- intimato -
avverso la sentenza n. 2062/2316 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata ti 15/04/2016 R.G.N. 8073/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/09/2019 dal Consigliere Dott. I T;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C che ha concluso per il rigetto del ricorso. udito l'Avvocato G M per delega Avvocato RITA MARIA PORTINCASA. R.G. 24199 del 2016
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d'Appello di Roma, con la sentenza n. 2062 del 2016, ha accolto l'impugnazione proposta nei confronti di G A dal MIUR, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Viterbo, rigettando la domanda proposta dalla lavoratrice per il riconoscimento, ai fini dell'anzianità di servizio, degli anni di lavoro prestati negli istituti paritari nel periodo che va dall'anno scolastico 2001/2002 all'anno scolastico 2006/2007, con conseguente diritto all'attribuzione del relativo punteggio ai fini della ricostruzione della carriera.
2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la lavoratrice prospettando quattro motivi di ricorso.
3. Il MIUR è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 360. n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., in relazione all'art. 435, comma 3, avuto riguardo alla data di effettiva notifica del ricorso in appello e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di discussione. Assume la ricorrente che controparte non aveva proceduto alla notifica dell'appello almeno 25 giorni prima dell'udienza fissata con decreto dopo il deposito dell'atto di impugnazione. L'Amministrazione, quindi, all'udienza del 21 ottobre 2014, aveva chiesto termine per depositare l'appello già notificato. All'udienza di rinvio del 17 novembre 2015 l'Amministrazione, tuttavia, non depositava appello già notificato prima del 21 ottobre 2014, ma at:o di appello con la notifica effettuata per la data del 17 novembre 2015, e quindi tardiva, con conseguente inammissibilità dell'impugnazione, in ragione delle disposizioni processuali che ne regolano i termini.
2. Il motivo non è fondato. La Corte d'Appello ha rigettato l'eccezione di inammissioilità dell'appello per tardività della notifica, in quanto all'udienza del 21 ottobre 2014 veniva dato un nuovo termine di sessanta giorni per rinnovare la notifica poiché quella precedentemente effettuata non era andata a buon fir e. La Corte d'Appello ha precisato di avere esaminato la ritualità della notifica, esibita dall'Amministrazione all'udienza, che non era andata a buon fine. Quindi, il giudice di appello, nel dare termine per la rinotifica, ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte atteso che si era in presenza di una notificazione nulla e non inesistente (Cass., S.U., n. 14916 del 2016). Né la ricorrente ha contestato in modo circostanziato Vaccertamento svolto dal giudice di appello, atteso che anche la censura ex art. 360, n. 4, cod. proc. civ.R.G. 24199 del 2016 (Cass., S.U., n. 8077 del 2012) resta soggetta alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, nel senso che la parte ha l'onere di rispettare il principio di specificità del ricorso e le cor dizioni di procedibilità di esso (in conformità alle prescrizioni dettate dall'art. 366, comma 1, n. 6, e dall'art. 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.).
3. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all'art. 1, commi 1 e 3, della legge n. 62 del 2000, alla C.M. n. 163 del 15 giugno 2000, agli artt. 355, 356, 360, comma 6, e 485, del d.lgs. n. 297 del 1994, all'art. 1—bis, della legge n. 27 del 2006, alla nota n. 0069064 della Ragioneria generale dello Stato;
e in via analogica: all'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 255 del 2001, alla tabella 2) promanante dal MIUR ed allegata al DDR 16 marzo 2007, avuto riguardo alla possibilità di computare ai fini economici e di carriera il periodo di servizio prestato dagli insegnanti delle scuole paritarie. Assume la ricorrente che l'art. 485 del d.lgs. n. 276 del 1994 regolava le scuole pareggiate. La legge n. 62 del 2000 aveva disciplinato le scuole paritarie.
RITA MARIA
2019 PORTINCASA;
3006
- ricorrente -
contro
MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA' RICERCA;R.G. 24199 del 2016
- intimato -
avverso la sentenza n. 2062/2316 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata ti 15/04/2016 R.G.N. 8073/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/09/2019 dal Consigliere Dott. I T;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C che ha concluso per il rigetto del ricorso. udito l'Avvocato G M per delega Avvocato RITA MARIA PORTINCASA. R.G. 24199 del 2016
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d'Appello di Roma, con la sentenza n. 2062 del 2016, ha accolto l'impugnazione proposta nei confronti di G A dal MIUR, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Viterbo, rigettando la domanda proposta dalla lavoratrice per il riconoscimento, ai fini dell'anzianità di servizio, degli anni di lavoro prestati negli istituti paritari nel periodo che va dall'anno scolastico 2001/2002 all'anno scolastico 2006/2007, con conseguente diritto all'attribuzione del relativo punteggio ai fini della ricostruzione della carriera.
2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la lavoratrice prospettando quattro motivi di ricorso.
3. Il MIUR è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 360. n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., in relazione all'art. 435, comma 3, avuto riguardo alla data di effettiva notifica del ricorso in appello e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di discussione. Assume la ricorrente che controparte non aveva proceduto alla notifica dell'appello almeno 25 giorni prima dell'udienza fissata con decreto dopo il deposito dell'atto di impugnazione. L'Amministrazione, quindi, all'udienza del 21 ottobre 2014, aveva chiesto termine per depositare l'appello già notificato. All'udienza di rinvio del 17 novembre 2015 l'Amministrazione, tuttavia, non depositava appello già notificato prima del 21 ottobre 2014, ma at:o di appello con la notifica effettuata per la data del 17 novembre 2015, e quindi tardiva, con conseguente inammissibilità dell'impugnazione, in ragione delle disposizioni processuali che ne regolano i termini.
2. Il motivo non è fondato. La Corte d'Appello ha rigettato l'eccezione di inammissioilità dell'appello per tardività della notifica, in quanto all'udienza del 21 ottobre 2014 veniva dato un nuovo termine di sessanta giorni per rinnovare la notifica poiché quella precedentemente effettuata non era andata a buon fir e. La Corte d'Appello ha precisato di avere esaminato la ritualità della notifica, esibita dall'Amministrazione all'udienza, che non era andata a buon fine. Quindi, il giudice di appello, nel dare termine per la rinotifica, ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte atteso che si era in presenza di una notificazione nulla e non inesistente (Cass., S.U., n. 14916 del 2016). Né la ricorrente ha contestato in modo circostanziato Vaccertamento svolto dal giudice di appello, atteso che anche la censura ex art. 360, n. 4, cod. proc. civ.R.G. 24199 del 2016 (Cass., S.U., n. 8077 del 2012) resta soggetta alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, nel senso che la parte ha l'onere di rispettare il principio di specificità del ricorso e le cor dizioni di procedibilità di esso (in conformità alle prescrizioni dettate dall'art. 366, comma 1, n. 6, e dall'art. 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.).
3. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all'art. 1, commi 1 e 3, della legge n. 62 del 2000, alla C.M. n. 163 del 15 giugno 2000, agli artt. 355, 356, 360, comma 6, e 485, del d.lgs. n. 297 del 1994, all'art. 1—bis, della legge n. 27 del 2006, alla nota n. 0069064 della Ragioneria generale dello Stato;
e in via analogica: all'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 255 del 2001, alla tabella 2) promanante dal MIUR ed allegata al DDR 16 marzo 2007, avuto riguardo alla possibilità di computare ai fini economici e di carriera il periodo di servizio prestato dagli insegnanti delle scuole paritarie. Assume la ricorrente che l'art. 485 del d.lgs. n. 276 del 1994 regolava le scuole pareggiate. La legge n. 62 del 2000 aveva disciplinato le scuole paritarie.
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