Cass. civ., sez. V trib., sentenza 29/07/2004, n. 14514
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In tema di tasse di concessione governativa per l'esercizio delle case da gioco, l'art. 10, comma 6-bis, DL n. 333 del 1992 (aggiunto con la legge di conversione n. 359 del 1992) non ha incluso fra i soggetti passivi, per l'esercizio della casa da gioco di Sant Vincent, la Regione Autonoma della Valle d'Aosta, atteso che a detta disposizione è estranea la volontà legislativa di consentire l'estensione della soggettività passiva della tassa a soggetti diversi dai comuni, ossia da quelli tenuti al pagamento della tassa in base all'originario testo della Tariffa allegata al d.P.R. n. 641 del 1972. Infatti, la razionalizzazione demandata al Ministro delle Finanze concerne soltanto gli aspetti oggettivi della tassa senza nessuna menzione e un qualche ampliamento delle categorie soggettive, individuate nell'art. 61 della Tariffa allegata al d. P. R. n. 641 del 1972, nel Comune, anche quando esso non gestisca direttamente la casa da gioco (In applicazione di tale principio, la Corte ha respinto il ricorso dell'Amministrazione delle Finanze che aveva impugnato la sentenza di merito con la quale, disapplicato il DM 20 agosto 1992 di approvazione della Tariffa, per avere esteso la soggettività passiva del tributo, prima limitata solo ai comuni, anche alla Ragione Valle d'Aosta, erano stati annullati gli avvisi di accertamento emessi dall'Ufficio del registro di Aosta nei confronti della Regione, per tributi relativi agli anni di imposta anteriori al primo gennaio 1996, data di entrata in vigore dell'art. 3, commi 138 e 146, l. n. 549 del 1995, che ha espressamente richiamato il DM 20 agosto 1992).
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R U - Presidente -
Dott. M S - Consigliere -
Dott. D'ALONZO Michele - rel. Consigliere -
Dott. E G - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO dell'ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12 presso l'Avvocatura Generale dello Stato che lo difende ope legis;
- ricorrente -
contro
la Regione Autonoma della Valle d'Aosta, con sede in Aosta alla Piazza Deffeyes n. 1, in persona di D V, Presidente pro tempore della Giunta, elettivamente domiciliata in Roma alla Via Zanardelli n. 20 presso l'avv. F L che la rappresenta e difende, unitamente all'avv. S S del Foro di Torino, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1107/98 depositata il 23 ottobre 1998 dalla Corte di Appello di Torino. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 marzo 2004 dal Cons. Dott. Michele D'ALONZO;
sentite le difese del Ministero, svolte dall'Avvocato Generale dello Stato Dott. Giorgio D'AMATO, e quelle della Regione, svolte dall'avv. F L;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G V, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato alla Regione Autonoma della VALLE d'AOSTA il primo dicembre 1999 (depositato il 21 dicembre 1999) il Ministero delle Finanze, con vittoria di spese, in forza di un solo complesso motivo chiedeva cassare la sentenza n. 1107/98 depositata il 23 ottobre 1998 con la quale la Corte di Appello di Torino aveva respinto l'appello proposto dall'Amministrazione Finanziaria dello stato avverso la decisione del Tribunale di quella stessa città che aveva accolto la domanda;contenuta nell'atto di citazione notificato il 27 dicembre 1995, con cui la Regione suddetta, assumendo l'illegittimità del decreto ministeriale 20 agosto 1992 di approvazione della relativa tariffa per avere esteso ad essa la soggettività passiva del tributo (prima limitata ai comuni), aveva impugnato gli avvisi del 7 luglio 1995 e del 30 novembre 1995, emessi dall'Ufficio del Registro di Aosta, di accertamento della tassa di concessione governativa relativa agli anni 1994 e 1995 per l'esercizio della casa da gioco (Casinò) di Saint Vincent. Nel controricorso notificato il 10 gennaio 2000 (depositato il 24 gennaio 2000) la Regione Autonoma della Valle d'Aosta chiedeva di dichiarare inammissibile ovvero di respingere il ricorso avverso con vittoria delle spese processuali.
Il 21 novembre 2003 ed il 5 marzo 2004, rispettivamente, il Ministero e la Regione depositavano memoria ex art. 378 c.p.c.;il Ministero, inoltre, presentava in udienza, "brevi osservazioni" scritte sulle conclusioni del pubblico ministero.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Torino ha rigettato il gravame proposto dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato osservando:
1) che "l'ambito della delega" conferita con il comma 6 bis dell'art. 10 DL n. 333/92 (convertito in L. 359/92) "concerneva unicamente il riassetto quantitativo dell'ammontare delle singole voci di tariffa per riduzione numerica e per accorpamento delle voci stesse", in quanto "la delega" per "razionalizzare i singoli articoli e voci di tariffa" rifletteva "la necessità di rimodulare con criteri di reciproca proporzionalità gli importi delle voci non espressamente considerate dal D.L." il quale disponeva (a) "direttamente, all'art. 10 co. 1 e 2, in via generale il raddoppio delle tasse di concessione governative, con esclusione di alcune voti (125 e 131 della previgente Tariffa)" nonché (b) "specifici importi di alcune tasse di concessione governativa (tassa iscrizione delle società ...)", e 2) che, quindi, "l'inclusione della R.A.V.A. tra i debitori d'imposta viola patentemente la riserva di legge di cui all'art. 23 Cost. dal momento che è stata attuata unicamente in via regolamentare, con l'effetto che la norma di cui alla nota 1 ... è illegittima per eccesso di potere sotto il profilo dell'eccesso di delega e deve essere disapplicata dal giudice ex art. 5 lg. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, con le conseguenze correttamente dedotte dal primo giudice". Il giudice di appello, poi, ha aggiunto che all'eliminazione della indubbia ("non vi è dubbio che") sperequazione esistente tra i tre Comuni (San Remo, Campione d'Italia e Venezia) gestori di casa da gioco, da un lato, e la Regione Autonoma Valle di Aosta (R.A.V.A.), dall'altro, "deve provvedere il legislatore, posto che una questione di illegittimità costituzionale non può essere posta se non in una controversia concernente alcuno dei tre Comuni citati, dal momento che l'unica norma impositiva vigente è quella concernente appunto enti".
2. Con l'unico motivo di ricorso per Cassazione il Ministero lamenta, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., "violazione e falsa applicazione dell'art. 10, comma 6 bis, del DL 11.7.1992 n. 333, come convertito dalla L. 8.8.92 n. 359, dei principi in materia di tasse sulle concessioni governative e dell'art. 3, comma 138, della legge 28.12.95 n. 549" sostenendo che il giudice di appello, allorché ha
ritenuto che "la razionalizzazione della tariffa (annessa al DPR 641/72) delle tasse sulle concessioni governative prevista dall'art.
10, comma 6 bis, del DL 333/92, dovesse concernere esclusivamente il riassetto quantitativo dell'ammontare delle singole voci di tariffa", non ha considerato, "accanto ad alcuni elementi testuali", (a) "la natura della tassa in discussione" e (b) "il contesto nel quale si inseriva tale previsione di razionalizzazione".
Il Ministero, all'uopo, deduce che:
1) diversamente da altre ipotesi - nelle quali "di norma la tassa sulle concessioni governative viene pagata in corrispettivo dell'emanazione di un provvedimento 'amministrativo' (accertativo, concessorio, autorizzatorio) inerente ad atti e fatti individuali, da cui il destinatario del provvedimento stesso ritrae un vantaggio come, ad esempio, la rimozione di un limite 'amministrativo' all'esercizio di determinate attività" -, l'esercizio di una casa da gioco (cioè di un' "attività normalmente sanzionata come penalmente illecita") non discende da una atto amministrativo ma "soltanto da una legge speciale (di cui un eventuale provvedimento amministrativo può rappresentare ... mera condizione di operatività)", la quale, "in quanto derogatoria della legge penale generale (artt. 718, 719, 721 c.p.)", "costituisca la fonte dello specifico vantaggio giustificativo della tassa" tanto che - "contrariamente a quanto avveniva per ogni altro articolo di tariffa, riferito a 'categorie' di provvedimenti amministrativi" - (a) "nell'art. 92 della tariffa allegato A del D.P. 1.3.61 n. 121, di approvazione del T.U. delle disposizioni in materia di tasse sulle concessioni governative (emanato in base all'art. 1 L. 14.8.60 n. 824), veniva fatto specifico riferimento ai singoli provvedimenti legislativi che rispettivamente autorizzavano, in modo esplicito, chiaro e diretto, l'esercizio delle case da giuoco in San Remo (RDL 22.12.27 n. 2448, conv. L. 27.12.28 n. 3125), in Campione di Italia (RDL 2.3.33 n. 201, conv. L. 8.3.33 n. 205) ed in Venezia (RDL 16.7.36 n. 1404, conv. L. 14.1.37 n. 62), prevedendosi che la tassa gravasse sul comune nel
caso di gestione diretta della casa da giuoco gravasse invece sul concessionario nel diverso caso di gestione indiretta", e (b) "con il D.P.R. 26.10.72 n. 641, nell'art. 61 dell'annessa nuova tariffa delle tasse di concessione governativa", essendo stato "puntualizzato il presupposto del tributo nell'autorizzazione all'esercizio delle case da giuoco", "la relativa nota faceva riferimento alle autorizzazioni in materia 'date tanto con legge quanto con atto amministrativo' (espressione che vuole in realtà evidenziare l'accennato carattere solo eventuale dell'atto amministrativo in presenza di un'imprescindibile sostanziale determinazione legislativa)" prevedendo che "la tassa gravasse sul comune anche quando non gestisse direttamente la casa da giuoco", ove l'"indicazione del 'comunè nella norma fiscale era riferita alle situazioni autorizzatorie rilevate come esistenti, data la peculiarità propria delle autorizzazioni all'esercizio dell'attività di discorso modificative dello stesso ordine legislativo";
2) "per quanto concerne il casinò di Saint Vincent" le sezioni unite di questa Corte, "con sentenza 14.10.58 n. 3255", avevano precisato che "nessuna legge statale o altro provvedimento avente valore di legge esisteva per istituzione della casa da giuoco in Saint Vincent che rimuovesse le vigenti disposizioni proibitive, ne' esisteva una legge regionale della Valle d'Aosta che, sia pure in contrasto con lo speciale statuto della Regione - tra i cui poteri non rientra la regolamentazione dei giuochi d'azzardo e la possibilità di deroga alla disciplina penale - autorizzasse l'apertura della predetta casa (nella specie avvenuta in base ad illegittima semplice 'dispensa' di carattere amministrativo del Presidente della Valle antecedente alla costituzione di sta in regione autonoma)" per cui "l'inesistenza di autorizzazione discendente da una disposizione di legge statale escludeva l'esistenza del presupposto della tassa ed impediva quindi di considerare la Regione della Valle dr Aosta tra gli obbligati al pagamento di questa, in relazione all'esercizio della casa da giuoco Saint Vincent, da ritenere abusivo alla stregua della chiamata sentenza";
3) successivamente la Corte Costituzionale (sentenza 152 del 23 maggio 1985), "riprendendo un ordine di fomentazioni che aveva consentito alle Sezioni Unite Penali (2 4.2.64 n. 4) 8di questa Corte) di escludere la punibilità del gestore del casinò di Saint Vincent ed adeguandole alle considerazioni espresse dalle Sezioni Unite Civili", aveva precisato che "un effetto derogatorio della normativa penale a favore dell'esercizio del giuoco d'azzardo nel casinò valdostano si era prodotto con la legge 6.12.1971 n. 1065 (revisione dell'ordinamento finanziario della Valle d'Aosta)" in quanto tale legge stabilisce che la Regione "provvede al suo fabbisogno finanziario con le entrate tributarie nonché con 'altre consimili entrate di diritto pubblico, comunque denominate, derivanti da concessioni o appalti'" e quest'ultima espressione deve ritenersi riferita "alle entrate derivanti dalla gestione del casinò da parte di una concessionaria regionale (la quale versa alla Regione un' alta percentuale degli introiti) secondo le risultanze dei lavori preparatori della stessa legge";
4) essendosi realizzato, "alla luce del chiarimento fornito dalla Corte Costituzionale", il "presupposto della tassa in questione per l'esercizio del casinò di Saint Vincent" - del quale "non si era tenuto precedentemente conto in ragione del carattere 'non formalizzato' della situazione autorizzatoria, rilevabile solo indirettamente dall'interpretazione di una legge volta a disciplinare diverso oggetto (la finanza valdostana), le cui implicazioni, di implicita deroga alle disposizioni penali e di legittimazione di un'attività analmente proibita, venivano a costituire una modalità del tutto inusuale di 'autorizzazione'" - "in sede di riordino della tariffa annessa al DPR 641/72 disposta dal DM 333/92, è stato previsto che il Ministro delle finanze dovesse apportare le modificazioni necessarie "razionalizzare i singoli articoli e voci di tariffa", per cui "era ovvio che ciò dovesse comportare anche l'eliminazione dell'aporia determinata dall'incompleta ricognizione dell'esistente", come era stato "puntualmente" operato - "senza per alcun verso modificare il presupposto della tassa, ne' modificare il criterio di individuazione del soggetto obbligato, ne' abolire insussistenti esenzioni" - con il DM del 20 agosto 1992 il quale, all'articolo 29 della tariffa con esso approvata, ha fatto "corretto riferimento non più al comune 'all'ente titolare delle case da giuoco'", rendendo così "coerente" l'articolo di tariffa "alla realtà dell'ordinamento legislativo inerente alle situazioni autorizzatorie concretamente in essere, realizzanti l'oggettivo presupposto della tassa" non essendo "il precedente riferimento ai comuni ('addirittura ai comuni nominativamente individuati nel DP 121/61') 'espressivo' di una 'limitazione soggettiva alla soggezione del tributo', per la 'palese irrilevanza nella fattispecie tributaria de qua della natura del soggetto beneficiario dell'autorizzazione'". Secondo il Ministero, quindi, la tariffa del 1992, per quanto concerne l'esercizio delle case da giuoco, con il riferimento "'all'ente titolare della casa da giuocò" ha fornito indicazioni "parametrate" alla "concretezza delle situazioni esistenti, in ragione della singolarità delle autorizzazioni relative ad attività normalmente configuranti reato", ovverosia ha "semplicemente" indicato, "ricognitivamente", i soggetti che in atto fruivano dell'autorizzazione medesima, "necessitante di legge specifica (ritenuta non estensibile ne' serialmente riproducibile)", senza trascurare che "inizialmente, l'obbligo del pagamento della tassa era posto a carico solo di chi avesse la gestione 'diretta' dal casinò, e non necessariamente a carico dell'ente pubblico territoriale beneficiario dell'autorizzazione (come attualmente), il che avrebbe reso assolutamente incomprensibile una (inesistente) implicita volontà di esonero dalla tassa nel caso di autorizzazioni ipoteticamente rilasciate ad enti diversi dai comuni che avessero affidato a terzi la gestione della casa da giuoco".
Il ricorrente adduce, ancora, che "razionalizzare il complesso di norme recato dalla tariffa" significava eliminare "ogni incongruenza" e ricondurre le relative indicazioni a rigorosa logica di sistema, rendendole coerenti ed informate a principi unitari, in assenza di ragioni derogatorie per cui "le variazioni ai singoli importi, anche nella considerazione delle variazioni disposte con il DL 333/92, rappresentavano uno, ma non l'unico, dei modi di attuazione della razionalizzazione, la quale doveva avere ad oggetto "i singoli articoli e voci di tariffa" e fondarsi dunque di necessità sull'esperienza attuativa, per ricondurre a coerenza, nel rispetto dei principi e delle tecniche proprie della disciplina di settore dettata dal legislatore, nel vincolo quindi di una logica di sistema, indicazioni formulate modo obsoleto ed inattuale" e tanto implicava, "nella storicizzazione della nota esplicativa della voce di tariffa che qui interessa", una "una corretta ricognizione dei soggetti autorizzati ex lege all'esercizio di case da giuoco". Il Ministero conclude asserendo che:
1) la Corte d'Appello, "allorché afferma che in ragione dell'oggettiva sperequazione determinatasi (tra comuni di San Remo, Venezia e Campione e la Regione Autonoma Valle d'Aosta) avrebbe dovuto intervenire il legislatore", non considera che il legislatore "era appunto intervenuto dando mandato al Ministro delle finanze di apportare le modificazioni necessarie per "razionalizzare i singoli articoli e voci di tariffa", il che doveva dar luogo, per gli aspetti che qui interessano, non ad apprezzamenti e determinazioni discrezionali ma ad un' opera di sistematizzazione vincolata dalle rigorose regole della coerenza e della razionalità e quindi alla correttezza della ricognizione delle situazioni autorizzatorie in essere per l'esercizio delle case da gioco, cui adeguare le indicazioni della nota all'articolo di tariffa nel rispetto della immutata logica ispiratrice della disposizione medesima";
2) "riconoscimento di ciò si ha nella ... legge 28.12.95 n. 549, del tutto obliterata dalla Corte d'Appello, che, nell'art. 3, comma 138, conferma espressamente la tariffa di cui al ripetuto DM 20.8.92 nella voce concernente le case da gioco (oltre che in altre) nel momento in cui sopprime alcune voci della tariffa medesima";
3) "la successiva tariffa approvata con DM 28.12.95 ai sensi del comma 146 dell'art. 3 della citata L. 541/95) riproduce ..., all'art. 6, la stessa formulazione dell'art. 29 della tariffa approvata con il ripetuto DM 20.8.92, oggetto della infondata contestazione a Regione Valle d'Aosta".