Cass. civ., SS.UU., sentenza 28/11/2012, n. 21108

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La sospensione del processo per litispendenza internazionale è obbligatoria, ai sensi del comma 1 dell'art. 7 della legge n. 218 del 1995, a differenza della sospensione per pregiudizialità della causa straniera, che è facoltativa, ai sensi del successivo comma terzo. Ne consegue che, nell'ipotesi di litispendenza internazionale, non è necessaria una motivazione specifica in ordine alle ragioni della disposta sospensione, essendo sufficiente che il giudice dia conto dell'esistenza delle condizioni per essa normativamente previste.

La litispendenza internazionale può essere dichiarata d'ufficio, atteso che la "ratio" dell'art. 7, comma 1, della legge n. 218 del 1995, diretta a favorire l'economia dei giudizi e ad evitare conflitti tra giudicati, non consente di subordinare all'eccezione di parte l'intervento sospensivo del giudice. Ne consegue che la formulazione letterale della menzionata norma ("quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza") va intesa nel senso che la litispendenza deve essere dichiarata dal giudice quando l'esistenza dei relativi presupposti emerga dagli elementi offerti dalle parti.

La litispendenza internazionale presuppone, oltre all'identità delle parti, l'identità dei risultati pratici perseguiti dalle domande, a prescindere dall'identità del loro "petitum" immediato e del titolo specifico che esse fanno valere, atteso che l'art. 7 della legge n. 218 del 1995, interpretato alla luce del successivo art. 64, lett. e), mira ad evitare inutili duplicazioni di attività giudiziaria e ad eliminare il rischio di conflitto tra giudicati, obiettivi che sarebbero frustrati ove il giudizio nazionale e quello straniero potessero determinare risultati pratici fra loro incompatibili. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha respinto il ricorso avverso il decreto di sospensione del giudizio interno sulla decadenza dalla potestà genitoriale, provvedimento motivato dall'anteriore pendenza in Brasile di un giudizio tra i genitori sull'affidamento del minore).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 28/11/2012, n. 21108
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21108
Data del deposito : 28 novembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P R - Primo Presidente f.f. -
Dott. L M G - Presidente -
Dott. P L - Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. P C - Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. M V - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B.A. , elettivamente domiciliato in Roma, via
Ronciglione 3, presso l'avv. G F, che con l'avv. T M lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro
B.B.J. , elettivamente domiciliata in Roma, via Asiago 2, presso l'avv. A T, rappresentata e difesa dall'avv. F D giusta delega in atti;

- controricorrente -

contro
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI VENEZIA;

- intimato -

avverso il decreto della Corte d'appello di Venezia, Sezione Minorenni, emesso nel procedimento r.g. n. 66/2010 in data 21.5.2010. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19.6.2012 dal Relatore Cons. C P;

Udito l'avv. T per il ricorrente;

Udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 25.1.2010 il Tribunale per i Minori di Venezia, decidendo sul ricorso presentato da B.A.
nell'interesse della figlia V. , dichiarava la decadenza dalla potestà genitoriale della madre J..B.B. , affidava la minore al padre, disponeva il suo collocamento presso la madre nel caso in cui quest'ultima fosse rientrata in Italia con la figlia, poneva infine a carico del padre, in tale eventualità, il contributo di Euro 400 mensili per il mantenimento della figlia. Il provvedimento, reclamato da entrambi i genitori ciascuno dei quali chiedeva l'affidamento in via esclusiva della minore (in Italia B. , in XXXXXXX B.B. ), veniva riformato dalla Corte di
Appello di Venezia, Sezione Minori, che sospendeva il giudizio, in attesa della definizione del procedimento pendente in Brasile fra le stesse parti avente ad oggetto l'affidamento della minore, e revocava inoltre le statuizioni emesse dal giudice di primo grado sopra richiamate.
In particolare la Corte territoriale rilevava che la convivenza in Italia di B. e B.B. si era protratta dall'agosto
2007 al luglio 2008, epoca in cui la donna era rientrata in XXXXXXX;

che il 24.7.2008 la madre si era rivolta al giudice brasiliano per ottenere l'affidamento della figlia minore;
che analoga iniziativa era stata adottata dal padre in Italia un mese dopo, per il conseguimento della medesima finalità;
che con sentenza del 18.12.2009 il Tribunale dello Stato di Minas Gerais, ritenendo che la minore fosse stata illecitamente trattenuta in XXXXXXX, disponeva il rientro della minore in Italia con provvedimento di cui successivamente, a seguito di istanza della madre, venivano però sospesi gli effetti;
che il Tribunale per i Minori aveva escluso la ricorrenza della litispendenza internazionale fra i due procedimenti, in ragione della individuata residenza abituale della minore nello Stato italiano, desunta da quella abituale dei genitori;
che tuttavia la detta individuazione non poteva essere condivisa, tenuto conto della durata limitata della convivenza fra i genitori (circa dieci mesi) e della mancanza di prova circa l'intenzione della madre di trasferirsi in Italia;
che da tali premesse doveva farsi discendere l'applicabilità della L. n. 218 del 1995, art. 7 che, nel disciplinare la litispendenza internazionale, prevede l'ipotesi di sospensione del procedimento successivamente instaurato;
che conseguentemente il procedimento pendente in Italia doveva essere sospeso previa revoca, in via cautelare ed urgente, dei provvedimenti emessi dal giudice di primo grado sopra richiamati.
Avverso la decisione B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui ha resistito B.B. con
controricorso.
Successivamente con ordinanza del 5.4.2012 la prima sezione di questa Corte disponeva la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l'eventuale rimessione del giudizio alla Sezioni Unite, sulla base del rilievo secondo il quale le pronunce di sospensiva del processo emesse dal giudice italiano in ragione della pendenza di antecedente processo davanti a giudice straniero danno vita ad una questione di giurisdizione. La controversia veniva quindi rimessa all'esame di queste Sezioni Unite e successivamente decisa all'esito dell'udienza pubblica del 19.6.2012.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i tre motivi di impugnazione B. ha rispettivamente denunciato:
1) violazione degli artt. 10, 13, comma 1, Reg. CE 2201/2003 in ragione del fatto che, non essendo il Brasile membro della Unione Europea, la detta normativa sarebbe stata erroneamente richiamata dalla Corte di Appello;

2) violazione degli artt. 3 e 4 della Convenzione dell'Aja del 25.10.1980 e vizio di motivazione, con riferimento al giudizio secondo cui la residenza abituale della minore non sarebbe stata in Italia. Trattandosi di bambina molto piccola sarebbe stata infatti rilevante a tal fine la volontà dei genitori, ed il giudizio contrario formulato dalla Corte di Appello al riguardo non sarebbe stato adeguatamente motivato;

3) violazione della L. n. 218 del 1995, art. 7 e vizio di motivazione, in relazione alla ravvisata ipotesi di litispendenza internazionale.
Il detto giudizio sarebbe errato sotto diversi aspetti, e cioè in quanto: a) essendo l'Italia il paese di residenza abituale della minore, la giurisdizione in tema dei relativi diritti di affidamento spetterebbe esclusivamente al giudice italiano;
b) la litispendenza internazionale non sarebbe rilevabile di ufficio, ma avrebbe dovuto essere eccepita da una delle parti, ipotesi non verificatasi nel caso di specie;
c) l'ipotesi di sospensione del procedimento (obbligatoria ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 7, comma 1, nel caso di litispendenza, e discrezionale ai sensi del comma 3, citato art. 7, in quello dell'esistenza di un rapporto di pregiudizialità fra procedimenti), presupporrebbe comunque una valutazione circa

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