Cass. civ., sez. III, sentenza 27/01/2015, n. 1434
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In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio del diritto di critica, che, quale manifestazione della propria opinione, non può essere totalmente obiettivo e può manifestarsi anche con l'uso di un linguaggio colorito e pungente, è condizionato, al pari del diritto di cronaca, dal limite della continenza, sia sotto l'aspetto della correttezza formale dell'esposizione, sia sotto quello sostanziale della non eccedenza dei limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse, sicché deve essere accompagnato da congrua motivazione del giudizio di disvalore incidente sull'onore o la reputazione, e non può mai trascendere in affermazioni ingiuriose e denigratorie o in attacchi puramente offensivi della persona presa di mira. (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto carattere diffamatorio all'uso del termine "spia" riferito ad un uomo politico, avuto riguardo anche al fatto che gli artt. 257 e 258 cod. pen. puniscono espressamente, fra i delitti contro la personalità dello Stato, condotte di spionaggio politico o militare o relativo a notizie di cui sia stata vietata la divulgazione).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni B. - Presidente -
Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -
Dott. CIRILLO Francesco Maria - rel. Consigliere -
Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere -
Dott. PELLECCHIA Antonella - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 16358/2011 proposto da:
SOCIETÀ EDITORIALE LIBERO a r.l., in persona del legale rappresentante e Presidente pro tempore;
SA ES in qualità di Direttore Responsabile del quotidiano "Opinioni Nuove - Libero Quotidiano";
IN TT, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIROLAMO SAVONAROLA 6, presso lo studio dell'avvocato TORRI Sergio, che li rappresenta e difende, giuste procure a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
TA AR, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BELSIANA 100, presso lo studio dell'avvocato CRAPOLICCHIO Silvio, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
SOCIETÀ EDITORIALE LIBERO a r.l., SA ES, IN TT, rappresentati e difesi come sopra;
- controricorrente all'incidentale -
avverso la sentenza n. 1779/2010 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 26/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/10/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l'Avvocato DAVIDE VERRI per delega dell'Avvocato SERGIO TORRI e l'Avvocato SILVIO CRAPOLICCHIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L'on. OS AN convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, la Cooperativa Editoriale Libero a r.l., ST LE e NI TI - rispettivamente casa editrice, direttore responsabile ed autore dell'articolo affinché fossero condannati in solido al risarcimento dei danni conseguenti alla pubblicazione, sul quotidiano Libero del 1 agosto 2003, di un articolo nel quale, in relazione al c.d. caso TR, l'attore era stato identificato come una spia al soldo dell'Unione sovietica. Costituitisi i convenuti, il Tribunale rigettò la domanda, compensando le spese di giudizio.
2. Proposto appello dall'on. OS, la Corte d'appello di Roma, con sentenza del 26 aprile 2010, in riforma di quella di primo grado, ha accolto la domanda, condannando i convenuti al pagamento della somma di Euro 50.000 a titolo di danno morale, con il carico degli interessi e delle spese del doppio grado. Ha osservato la Corte territoriale, preliminarmente, che doveva essere respinta l'eccezione di inammissibilità dell'appello per violazione dell'art. 342 c.p.c., sul rilievo che, essendosi gli appellati difesi puntualmente nel merito, ciò dava dimostrazione della piena comprensibilità delle doglianze proposte con l'appello. Nel merito, dopo aver richiamato la distinzione tra il diritto di cronaca e il diritto di critica - il secondo soggetto a limiti più rigorosi, in quanto di per sè collegato a manifestazioni del pensiero connotate da inevitabile soggettività - la Corte romana ha rilevato che, pur condividendo il giudizio del Tribunale circa la sussistenza di un evidente interesse pubblico alla divulgazione delle notizie in questione, tuttavia non potevano ritenersi esistenti ne' il requisito della verità dei fatti narrati, ne' quello della continenza.
Riportando il titolo dell'articolo, l'occhiello, il suo contenuto e le fotografie di corredo - da valutare in un unico complessivo contesto - la Corte d'appello ha posto in evidenza come da tali elementi fosse comprensibile, per un lettore di media avvedutezza, l'indicazione dell'on. OS come una "spia rossa", facente parte dei "compagni italiani foraggiati dal KGB". La natura diffamatoria di tali affermazioni balzava agli occhi sia per la falsità delle stesse - non era stata provata, infatti, l'appartenenza dell'on. OS ai servizi segreti di alcun Paese - sia per l'utilizzazione del termine "spia" sulla cui natura la sentenza ha dichiarato non essere lecito alcun dubbio, in quanto utilizzata solo "per colpire la vita privata dell'offeso, attraverso l'uso di una parola sconfinante nell'ingiuria, nella contumelia e nella lesione della reputazione dell'avversario". Ha poi aggiunto la Corte romana che la "callidità del disegno diffamatorio" risultava anche dalla strumentale utilizzazione della cronaca relativa all'attività della Commissione parlamentare di inchiesta istituita proprio per indagare sul c.d. caso TR, affiancata alla subdola prospettazione di un incontro segreto tra l'on. OS ed un ambasciatore sovietico ed alla rivendicazione di innocenza da parte del OS medesimo LU ha sempre smentito, non fu una spia. Gli crediamo").
In ordine alla liquidazione del danno, la Corte d'appello ha riconosciuto solo l'esistenza di quello morale, risarcibile come conseguenza dell'illecito penale, mentre ha ritenuto priva di ogni prova l'ulteriore richiesta di risarcimento del danno patrimoniale.
3. Contro la