Cass. civ., sez. U, sentenza 09/12/2015, n. 24823

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. U, sentenza 09/12/2015, n. 24823
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24823
Data del deposito : 9 dicembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

Svolgimento del processo

T.T. s.r.l., società esercente attività di compravendita immobiliare, propose ricorso avverso avviso di accertamento irpeg, irap ed iva relativo all'annualità 2003, notificato il 18 novembre 2008. Con detto avviso, l'Agenzia delle Entrate - atteso che, in conseguenza del controllo della documentazione, a richiesta, conferita dalla società contribuente e del riscontro delle relative risultanze, era emerso che il valore di alcune delle unità immobiliari compravendute era di gran lunga superiore ai prezzi fatturati - aveva provveduto a ridefinire l'imponibile con metodo analitico-induttivo ed a recuperare a tassazione maggior reddito e maggior volume di affari.

A fondamento del ricorso, la società contribuente deduceva:

l'illegittimità dell'accertamento per omessa consegna del verbale di chiusura delle operazioni, in violazione della previsione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;
il difetto di motivazione del provvedimento impugnato;
l'infondatezza della pretesa impositiva.

L'adita commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione, che, in esito all'appello proposto da T.T., fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale, che, aderendo alla prima delle doglianze opposte dall'appellante, rilevò l'illegittimità dell'avviso e ne dispose l'integrale annullamento, per violazione alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

Avverso la decisione, l'Agenzia delle Entrate ha promosso ricorso per cassazione in unico motivo, illustrato anche con memoria, sostenendo, in sintesi, che le prescrizioni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, trovano applicazione, non in relazione a tutte indistintamente le tipologie di accertamento, ma solo in relazione agli accertamenti (nel caso concreto non coinvolti in lite) che conseguano ad accessi, ispezioni o verifiche presso i locali in cui si svolge l'attività del contribuente.

T.T. ha resistito con controricorso.

Fissato per la discussione - a seguito di ordinanza interlocutoria della sottosezione tributaria della sesta sezione civile (ord. 527/15) - il ricorso è stato rimesso a queste Sezioni unite per l'esame di questione di massima di particolare importanza.

Motivi della decisione



1 - La questione rimessa e la sua prospettazione.



1. La questione.

La questione rimessa all'esame di queste Sezioni unite investe il punto centrale della controversia. Concerne, infatti, il se le garanzie, di carattere procedimentale, predisposte dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (formazione di un verbale di chiusura delle operazioni;
rilascio di copia del medesimo al contribuente;

facoltà del contribuente di comunicare osservazioni e richieste e corrispondente dovere dell'Ufficio di valutarle;
divieto per l'Ufficio di emettere avviso di accertamento prima della scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni dal rilascio di copia del verbale, salva la ricorrenza di particolare e motivata urgenza) si applichino soltanto agli accertamenti emessi in esito ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente;
ovvero se esse - in quanto espressione di un generalizzato obbligo di contraddittorio nell'ambito del procedimento amministrativo di formazione dell'atto fiscale, eventualmente riferibile a dati normativi aliunde desumibili nell'ordinamento nazionale o in quello dell'Unione Europea - operino pure in relazione agli accertamenti conseguenti ad ogni altro tipo di verifica fiscale e, in particolare, in relazione agli accertamenti derivanti da verifiche effettuate presso la sede dell'Ufficio, in base alle notizie acquisite da altre pubbliche amministrazioni, da terzi ovvero dallo stesso contribuente, in conseguenza della compilazione di questionari o in sede di colloquio (c.d. "verifiche a tavolino"). Ciò con la specificazione, ove si accedesse alla soluzione della generalizzata applicazione della garanzia del contraddittorio procedimentale, delle concrete modalità di sua attuazione in relazione alle verifiche non direttamente contemplate dalla disposizione sopra citata nonchè delle conseguenze della sua inosservanza.



2. L'ordinanza inerlocutoria.

L'ordinanza di rimessione da atto del fatto che - in presenza di una pressochè univoca giurisprudenza della sezione tributaria in senso contrario contenuti di Cass. ss.uu. 19667/14 (e della gemella 19668/14), evocano, ancorchè decidendo in merito ad atto dotato di spiccata peculiarità (iscrizione ipotecaria D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77), l'esistenza di principio generale, immanente all'ordinamento anche per derivazione comunitaria, che impone l'osservanza del contraddittorio endoprocedimentale in rapporto a qualsiasi atto dell'Amministrazione fiscale lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente, indipendentemente dal fatto che la necessità del contraddittorio sia specificamente sancita da norma positiva.

Ciò posto, l'ordinanza rileva, tuttavia, la necessità di investire della questione le Sezioni unite e ne indica le ragioni, individuandole: in primo luogo, nelle perplessità afferenti al merito stesso dell'affermazione (v. pp. 11 - 16);
in secondo luogo, nella rilevata accentuata peculiarità del tema affrontato da Cass. ss.uu. 19667/14 e 19668/14 (v. p. 11), che induce a qualche incertezza nell'identificazione della reale portata del principio di diritto da esse enucleatale;
infine, nella considerazione che l'affermazione, secondo cui l'Amministrazione che adotti provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente è assoggettata ad un obbligo di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale di carattere generale (e, dunque, prescindente da specifica indicazione normativa), richiederebbe in ogni caso, per le ipotesi prive di esplicita previsione, che si definissero le concrete modalità di esplicazione del contraddittorio e la puntualizzazione degli effetti della relativa eventuale inosservanza (v. pp. 12, 18- 22).



2 - La giurisprudenza di legittimità sulla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e sul contraddittorio "endoprocedimentale" in campo tributario.



1. Cass., ss.uu., 18184/13 e le conseguenze dell'inosservanza delle prescrizioni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

Inizialmente non si è minimamente dubitato del fatto che il perimetro applicativo della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, fosse quello testualmente definito.

Non contemplando espressamente sanzioni per l'ipotesi di violazione da parte dell'Agenzia degli obblighi sanciti a suo carico, la disposizione, in sede di prima applicazione, ha, invece, suscitato vivace dibattito in merito all'identificazione delle conseguenze dell'inosservanza degli obblighi suddetti.

I contrasti manifestatisi sul punto sono stati composti da Cass., ss.uu., 18184/13.

La decisione ha sancito che la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni (dal rilascio di copia del p.v.c. di chiusura delle operazioni) per l'emanazione dell'avviso di accertamento determina, di per sè, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso ante tempus, salva la ricorrenza, da comprovarsi dall'Ufficio, di oggettive specifiche ragioni d'urgenza.

Disattendendo la contrapposta opzione di considerare l'inosservanza del contraddittorio in rassegna alla stregua di mera irregolarità sostanzialmente priva di conseguenze sull'atto (cfr. Cass. 16092/12, 21103/11, 19875/08), a tale conclusione la decisione è approdata, rilevando che la sanzione dell'invalidità dell'atto conclusivo del procedimento adottato senza l'osservanza delle prescrizioni sancite dalla disposizione, pur non espressamente prevista, scaturisce ineludibilmente dalla circostanza che la violazione procedimentale si risolve in un'intollerabile deviazione dal modello normativo perentoriamente prescritto ("2'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine"). Modello normativo, che - sotto la rubrica "Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali" ed introiettando, con riguardo all'ambito di applicazione di riferimento, principi (di collaborazione e buona fede nei rapporti tra amministrazione e contribuente) di derivazione costituzionale e comunitaria - configura il contraddittorio endoprocedimentale, nelle verifiche considerate, quale indispensabile strumento di tutela del contribuente e di garanzia del migliore esercizio della potestà impositiva anche nell'interesse dell'Amministrazione.

Coerentemente, la decisione (replicata, nella sostanza, da Cass. 15311/14, con riferimento alla cartella D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 ter, non preceduta dalla comunicazione di cui al comma 4, dell'articolo medesimo) - pur non occupatasi criticamente della definizione dell'ambito di applicazione della disposizione, in quanto non investita del tema - ha specificamente curato, nel formulare il principio di diritto affermato, di circoscriverlo, in termini espliciti, alle ipotesi di "accesso", "ispezione" o "verifica" nei "locali destinati all'esercizio dell'attività" del contribuente.



2. Giurisprudenza di legittimità, ambito di applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale: la giurisprudenza della sezione tributaria.

Quanto al profilo (della sfera di operatività della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7) da ultimo considerato, l'impostazione di Cass., ss.uu., 18184/13 trova vasta rispondenza nella giurisprudenza della sezione tributaria (anche nell'articolazione in seno alla sesta sezione civile).

In tale ambito, è stato pressochè univocamente ritenuto che l'ambito di applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, è circoscritto, secondo testuale indicazione, agli accertamenti conseguenti ad "accessi", "ispezioni" e "verifiche" fiscali nei locali del contribuente e che l'ordinamento tributario non offre spunti positivi di sorta per postulare l'esistenza di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale.

In tal senso si rinvengono: in termini generali, Cass. 26316/10, che rileva come, anche dopo l'entrata in vigore dello Statuto del contribuente, non sia possibile ritenere esistente un principio generale di contraddittorio in ordine alla formazione della pretesa fiscale;
con specifico riferimento alla previsione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (e con riguardo ad accertamenti relativi ai più svariati tipi di imposta: irpef, ilor, irap, iva, accise), Cass. 21391/14, 15583/14, 13588/14, 7598/14, 25515/13, 2360/13, 446/13 16354/12;
con riguardo all'avviso bonario previsto, dall'art. 6, comma 5, della predetta legge, in relazione alle cartelle D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis: Cass. 12023/15, 8342/12, 7536/11, 795/11.

Unica decisione dissonante si rivela Cass. 2594/14, l'analisi della cui motivazione insinua, tuttavia, il dubbio di un qualche fraintendimento in merito alla specifica accezione dei termini "accessi" e "verifiche", presa in considerazione dalla disposizione in rassegna (v. infra sub 4^ - 1).

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi