Cass. pen., sez. II, sentenza 17/05/2022, n. 19329
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RADOSAVLJEVIC GROF, nato il 28/03/1977 avverso l'ordinanza del 22/11/2021 della Corte d'appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE NICASTRO;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale M G, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'appello di Milano, con ordinanza del 22/11/2021, revocava l'autorizzazione, in precedenza concessa a G R - sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza - ad allontanarsi da tale comune per svolgere attività lavorativa. La revoca era disposta sulla base di una nota informativa dei Carabinieri di Bollate che segnalava «plurime violazioni delle prescrizioni della misura di prevenzione» 2. Avverso la menzionata ordinanza della Corte d'appello di Milano ha proposto ricorso G R, per il tramite del proprio difensore, affidato a un unico motivo. Il ricorrente deduce la violazione dell'art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., «in relazione all'art. 111 Cost.». Lamenta, in particolare, che la suddetta revoca sia stata adottata, su richiesta del Procuratore generale, de plano, e, quindi, senza contraddittorio con il proposto e con il suo difensore. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato. Il provvedimento impugnato non contiene alcuna indicazione circa la norma in base alla quale è stato adottato. In ogni modo, la Corte di cassazione ha già avuto modo di affermare che la richiesta del proposto di allontanarsi dal comune di soggiorno obbligato per svolgere, in modo stabile e continuativo, attività lavorativa deve essere considerata una richiesta di vera e propria modifica del provvedimento di sottoposizione alla misura di prevenzione personale (Sez. 1, n. 10356 del 29/01/2004, Somma, Rv. 227186-01). Il che non può che valere, evidentemente, anche con riguardo al caso speculare della richiesta di revoca dell'autorizzazione ad allontanarsi dal comune di soggiorno obbligato per svolgere la suddetta attività lavorativa. L'autorizzazione ad allontanarsi, per un'esigenza lavorativa stabile e continuativa, dal comune di soggiorno obbligato e la revoca di tale autorizzazione costituiscono, in effetti, rispettivamente, un'attenuazione e un (ri)aggravamento del contenuto precettivo vincolante della misura di prevenzione tali da modificare sostanzialmente e strutturalmente la stessa. Ne consegue che tali modifiche rientrano nelle previsioni di cui all'art. 11, comma 2, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (corrispondente al previgente art. 7, comma 2, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423). Secondo detto art. 11, comma 2, infatti, il provvedimento applicativo di una misura di prevenzione «può essere revocato o modificato dall'organo dal quale fu emanato, quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato». Causa che si identifica nella pericolosità per la sicurezza pubblica del proposto, per cui il «muta[mento]» di tale causa altro non può significare che riduzione, o aumento, per fatti sopravvenuti, della suddetta pericolosità. Ciò che costituisce, appunto, il rispettivo presupposto della concessione e della revoca dell'autorizzazione ad allontanarsi, per un'esigenza lavorativa stabile e continuativa, dal comune di soggiorno obbligato. Quanto precede si evince, del resto, oltre che dalla citata sentenza n. 10356 del 2004, anche da Sez. 1, n. 9590 del 29/11/2000, Cassarà, Rv. 218551-01, relativa a un caso analogo, secondo cui, «[i]n tema di misure di prevenzione, l'autorizzazione permanente alla persona sottoposta a trattenersi fuori dalla propria abitazione per esigenze di lavoro, implicando necessariamente un giudizio di diminuita pericolosità, comporta una modificazione dell'originario provvedimento e, pertanto, è consentita solo nell'ambito delle previsioni di cui all'art. 7, comma 2, della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 [oggi, art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011], secondo il quale il provvedimento di applicazione di una misura di prevenzione può essere revocato o modificato, quando ne sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato, dall'organo che lo emanò, vincolato ad osservare la procedura in camera di consiglio, idonea a garantire il contraddittorio tra le parti. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato il provvedimento, adottato "de plano", con il quale un sorvegliato speciale era stato autorizzato ad allontanarsi dalla propria abitazione dalle ore 5 alle ore 21.30 di ogni giorno per coadiuvare il padre nell'esercizio della pastorizia)». Per le ragioni sin qui esposte, il Collegio intendere aderire ai due indicati precedenti della giurisprudenza di legittimità cassazione, discostandosi, invece, da Sez. 1, n. 2392 del 24/06/2020, Rv. 279439-01, che ha in generale ricondotto l'autorizzazione ad allontanarsi dal comune di soggiorno obbligato per esigenze di lavoro nell'ambito della previsione di cui all'art. 12 del d.lgs. n. 159 del 2011. Da quanto detto si trae conclusivamente che, poiché la revoca dell'autorizzazione ad allontanarsi dal comune di soggiorno obbligato per svolgere, in modo stabile e continuativo, attività lavorativa implica, necessariamente, un giudizio di (ri)aumentata pericolosità e una modifica strutturale e permanente delle prescrizioni e, quindi, può essere disposta solo ai sensi dell'art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, la stessa revoca deve essere disposta, in assenza di una specifica regolamentazione in tale art. 11, con l'ordinario procedimento di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 159 del 2011 (che, per quanto non espressamente previsto, rinvia alle disposizioni dell'art. 666 cod. proc. pen.), il quale impone che la decisione sia presa con la garanzia del contraddittorio tra le parti. Nel caso di specie, invece, la Corte d'appello di Milano, come risulta dagli atti, ha deciso de plano, senza dare avviso alle parti e ai difensori e senza contraddittorio. Pertanto, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Milano.
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