Cass. civ., sez. I, sentenza 01/10/2003, n. 14545

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In tema di prova della filiazione, dall'art. 33, comma terzo, della legge n. 218 del 1995 ("la legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio") discende che ai provvedimenti accertativi ed alle statuizioni giurisdizionali dello stato estero è attribuita ogni determinazione in ordine al rapporto di filiazione, con conseguente inibizione al giudice italiano di sovrapporre a quegli accertamenti fonti di informazione estranee e nazionali, salvo il limite dell'ordine pubblico previsto dall'art. 16 legge cit. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la decisione del giudice di merito il quale, sull'impugnazione, proposta da un cittadino del Ghana, del diniego di visto di ingresso per ricongiungimento familiare in favore del figlio, aveva ritenuto la certificazione della filiazione prodotta dall'interessato non attendibile, essendo, secondo l'ordinamento di quel paese, l'accertamento della filiazione basato esclusivamente sulle dichiarazioni degli asseriti genitori: modo di accertamento che la S.C. ha ritenuto non in contrasto con l'ordine pubblico, atteso che anche nell'ordinamento italiano è prevista - dall'art. 30 d.P.R. n. 396 del 2000 - l'eventualità dell'accertamento della filiazione, in mancanza di assistenza di personale sanitario al parto, sulla base delle sole dichiarazioni dei genitori).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 01/10/2003, n. 14545
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14545
Data del deposito : 1 ottobre 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. A SO Presidente
Dott. D PDA Consigliere
Dott. W CO Consigliere
Dott. L M Consigliere
Dott. V R Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ODURO J A, ROCKSON HARRIET JNR, elettivamente domiciliati in

ROMA VIALE CARSO

23, presso l'avvocato A S, che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
M D'I, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in

ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;



- controricorrente -


avverso il decreto della Corte d'Appello di BOLOGNA, depositato il 05/12/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/06/2003 dal Consigliere Dott. V R;

udito per il ricorrente l'Avvocato S con delega che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del sostituto Procuratore Generale Dott. U A che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SOLGIMENTO DEL PROCESSO
O J e R H jnr adivano il Tribunale di Modena depositando in data 21/6/2001 ricorso ai sensi dell'art 30 comma 6 D.lg. 286/98 contro il Ministero degli Affari Esteri in quanto l'Ambasciata Italiana in Accra (Ghana) si rifiutava di rilasciare alla loro figlia O L, (nata ad Accra (Ghana) il 16/9/1989) il visto per ricongiungimento familiare ai sensi dell'art. 29 comma I lettera b) del D.lg. 286/98.
Il Ministero degli Affari Esteri non si costituiva in giudizio. Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso con provvedimento in data 12/7/2001, ordinando all'Ambasciata Italiana in Ghana il rilascio del visto per ricongiungimento familiare in favore di Lilian Oduro.
Avverso detto provvedimento proponeva reclamo l'Avvocatura dello Stato e la Corte di Appello di Bologna accoglieva il reclamo ed annullava il decreto 1217/2001 del Tribunale di Modena, ritenendo non potersi attribuire una presunzione di veridicità alla certificazione prodotta e che i ricorrenti non avevano sufficientemente provato il rapporto di parentela con la minore. Avverso detto decreto i ricorrenti propongono ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
Resiste con controricorso l'amministrazione dello Stato. MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorrenti deducono con il primo motivo di ricorso il vizio di violazione di legge in quanto la Corte di appello, ritenendo che l'atto di nascita della minore fosse privo di valore probatorio per la modalità di formazione di tale atto secondo la legislazione del Ghana, avrebbe violato l'art. 10 comma I, della Costituzione secondo cui gli stati esteri non sono soggetti alla legislazione italiana. Con il secondo motivo censurano il provvedimento impugnato sotto il profilo della violazione di legge e del difetto motivazionale perché la Corte di Appello non aveva precisato quale documentazione avrebbe ritenuto "attendibile " ed idonea a dimostrare lo stato di parentela e non aveva tenuto conto che l'ulteriore documentazione sarebbe stata comunque pervenuta dal Ghana, stato che, secondo il provvedimento impugnato, avrebbe emanato atti cui non poteva essere attribuita prescrizione di veridicità.
Con il terzo motivo lamentano la mancata ammissione della prova richiesta per accertare il rapporto di filiazione (prova ematica). Inoltre la Corte di Appello sarebbe incorsa in travisamento dei fatti nel ritenere contraddittorie le deposizioni dei testi in ordine al rapporto di parentela intercorrente tra essi e O L. Con il quarto motivo di ricorso censurano la decisione impugnata perché la Corte di Appello aveva ritenuto non verosimile il racconto dei continui andirivieni fra Italia e Repubblica del Ghana e la mancanza di disponibilità economica necessaria per i due viaggi della Rockson senza motivare il suo convincimento. Con il quinto motivo deducono che la Corte di Appello aveva affermato che essi ricorrenti avevano prodotto fotografie che non attestavano nulla potendo essere state scattate in qualsiasi momento con ciò contraddicendo l'assunto che tra essi ricorrenti e la minore per anni non era intervenuto alcun rapporto ne' una lettera, nè una fotografia.
II primo motivo di ricorso si rivela fondato.
Occorre rammentare che l'art. 33 comma 3 della legge 218/95 stabilisce che "la legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio. Lo stato di figlio legittimo, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei due genitori non può essere contestato che alla stregua di tale legge". Da tale norma discende con ogni evidenza che la norma di diritto internazionale privato in esame attribuisce ai provvedimenti accertativi ed alle statuizioni giurisdizionali dello stato estero ogni determinazione in ordine al rapporto di filiazione con conseguente inibizione al giudice italiano di sovrapporre a quegli accertamenti fonti di informazione estranee e nazionali (Cass. 367/03). Nel caso di specie questo divieto risulta violato.
Il giudice italiano infatti ha effettuato una valutazione per così dire di affidabilità dell'ordinamento dello stato civile straniero (nella specie ghanese) ritenendo che tale sistema, basato esclusivamente, per quanto concerne la filiazione, sulle dichiarazioni degli asseriti genitori effettuabili anche a distanza di anni dalla avvenuta nascita del figlio, non offriva idonee garanzie in ordine alla effettività di quanto da tale sistema accertato e certificato e ne ha quindi escluso la presunzione di legalità e di validità che invece li assiste (v. Cass. 8383/97 ed anche Cass. sez. un 2186/85). Tale valutazione da parte di una autorità italiana in ordine alla attendibilità e validità di una certificazione dell'ufficiale di stato civile di uno stato estero è preclusa dal più volte citato articolo 33 della legge 218/95 che ha rinviato in toto per quanto concerne tale accertamento alla legislazione dello stato estero fermo restando il potere del giudice italiano di verificare l'autenticità del documento (V. Cass. 367/03). Erroneamente pertanto la corte territoriale ha escluso ogni valenza probatoria al certificato in esame che invece sussiste anche se, come già chiarito da questa Corte, non possa assurgere al livello di fede privilegiata di cui all'art. 2700 c.p.c. (vedi Cass. 367/03). Se così non fosse del resto, in base alla categorica e
generalizzata affermazione della corte territoriale, tutti i certificati di nascita rilasciati ai cittadini ghanesi ed a quelli di altri stati i cui uffici dello stato civile siano retti da analoghi principi dovrebbero essere considerati privi di ogni valore probatorio venendosi così a creare proprio quella situazione di totale incertezza giuridica che l'art. 33 della legge 218/95 ha inteso evitare riconoscendo valore probatorio alle certificazioni rilasciate in ordine alla filiazione dai diversi stati. A queste considerazioni deve aggiungersi che la valenza probatoria in esame potrebbe escludersi solo se si riscontrasse nella normazione che disciplina l'accertamento del rapporto di filiazione nello stato del Ghana una incompatibilità con le nostre norme di ordine pubblico (art. 16 legge 218/95). Tale circostanza invece non ricorre perché anche il nostro sistema prevede che l'accertamento della filiazione avvenga in primo luogo sulla base delle dichiarazioni rese dai genitori o da persone abilitate (art. 30 d.p.r. 396/00) ancorché queste debbano essere rese in un ristretto
lasso di tempo e debbano essere corredate di regola
dall'attestazione di avvenuta nascita rilasciata dal medico che ha assistito al parto. Non può peraltro non rilevarsi che il nostro ordinamento prevede che in mancanza di assistenza al parto da parte di personale sanitario con conseguente impossibilità del rilascio della attestazione in esame è il dichiarante che deve produrre una attestazione sostitutiva ai sensi della legge n. 15 del 1968. Anche in tal caso quindi è solo sulla base delle affermazioni del dichiarante che avviene l'iscrizione nei registri delle nascite. Il motivo merita pertanto accoglimento, restando assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna che provvederà anche in ordine alle spese.

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