Cass. civ., sez. II, sentenza 07/01/2019, n. 00126
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Testo completo
to la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 1942/2017 R.G. proposto da BIGNAMI E M, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli avv. P M, Mafi -o- Goria-ni, M W e F G, con domicilio eletto in Roma, via Piemonte 39, presso lo studio dell'avv. A G;
- ricorrente -
contro
COMMISSIONE NAZIONALE PER LA SOCIETÀ E LA BORSA (CONSOB), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli avv. S P, G ,‹- A Randisi e Stefan-ia Lopati4e41-o, con domicilio eletto in Roma, via G.B. Martini, presso la propria sede;
-controricorrente- avverso la sentenza della Corte d'Appello di Milano Brescia n. 13, depositata il 24 giugno 2016, non notificata. 2 D-Y-6 Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2018 dal Consigliere G T;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale T B che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avv.ti M W per il ricorrente e l'avv. G Randisi per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. La Consob, con delibera n. 19296 del 30 luglio 2015, ha applicato a Bignami E M, nella qualità di componente del collegio sindacale di Telecom Italia S.p.A., sanzioni pecuniarie complessivamente determinate in C 90.000. In particolare: a) C 63.000,00 per la violazione dell'art. 149, comma 1, lett. a), b) e c) del d.lgs n. 58 del 1998, con riferimento alla carenza di vigilanza nel sistema di controllo interno sull'operato degli amministratori nei rapporti con O;
b) C 27.000,00 per la violazione dell'art. 149, comma 1, lett. a) e b) del d. Igs. n. 58 del 1998, con riferimento alle carenze nell'attività di vigilanza sul rispetto da parte dell'ing. S dei doveri previsti dall'art. 2391 c.c. (in relazione al fatto che l'amministratore ha partecipato alle riunioni degli organi sociali di Telecom che hanno esaminato le relazioni con O senza che fosse resa l'informativa richiesta dall'art. 2391 cit. in merito ai rapporti intrattenuti con tale ultima società). Bignami E M ha proposto opposizione avverso la delibera davanti alla Corte d'appello di Milano. La Corte d'appello, nel contraddittorio con la Consob, ha rigettato l'opposizione. Essa ha riconosciuto che il termine previsto dall'art. 4, comma 2, del Regolamento Consob n. 18750 del 2013 non ha carattere perentorio. Ha aggiunto che il mancato rispetto di tale termine, nel caso di specie, non era dipeso da inerzia dell'amministrazione, ma dalla scelta dalla Consob di concedere all'interessato un'ulteriore fase -2 di contraddittorio, in linea con le modifiche al regolamento introdotte con delibera n. 19158 del 29 maggio 2015 (che, appunto, introducevano un'ulteriore fase avente ad oggetto la relazione dell'ufficio sanzioni amministrative). La corte ha poi riconosciuto che il Regolamento Consob applicato nel caso in esame non violava il principio del contraddittorio e il diritto di difesa;
ha riconosciuto ancora che la contestazione degli addebiti era avvenuta tempestivamente, nel rispetto del termine perentorio previsto dall'art. 195 TUF, avuto riguardo al momento in cui sono pervenute alla Consob le ultime informative richieste al collegio sindacale. Nel merito la corte d'appello ha riconosciuto che, nella specie, i sindaci non avevano attivato alcuni dei poteri informativi, ispettivi e reattivi loro riconosciuti dall'ordinamento, pur avendo la funzione Audit rilevato e segnalato, sin dal 2007, «anche con toni decisamente allarmati, le gravi criticità relative al fornitore O». In secondo luogo la corte di merito ha disatteso l'obiezione del ricorrente, secondo cui l'art. 2391 c.c. non poteva trovare applicazione con riferimento alle riunioni del comitato di controllo interno, posto che la norma si riferisce a "deliberazioni del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo". Secondo la corte d'appello, infatti, la notizia prevista dal primo comma della norma deve essere data "agli altri amministratori e al collegio sindacale", senza distinguere fra organo collegiale, consiglio di amministrazione o comitato esecutivo. Ha aggiunto ancora che, ai fini di rendere esigibile il dovere di comunicazione imposto al singolo amministratore, non rileva che la notizia fosse già di pubblica conoscenza. La corte ha negato infine l'applicabilità, in favore dell'opponente, dell'art. 5 del d. Igs. n. 72 del 2015, che ha ridotto le sanzioni originariamente previste dall'art. 195 del TUF, trattandosi di normativa entrata in vigore successivamente e non essendo applicabile in materia il principio, di matrice penalistica, del favor rei. La corte ha infine riconosciute congrue le sanzioni in concreto applicate. Contro la sentenza Bignami E M ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi. La Consob ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. RAGIONI DELLA DECISIONE.
1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 195, comma 2, TUF e dell'art. 4, comma 2, Reg. Consob n. 18750/2013. Il ricorrente sostiene che l'art. 4 comma 2, del citato Regolamento stabilisce un termine perentorio per la conclusione del procedimento sanzionatorio. Tale termine, diversamente da quanto ritenuto dalla corte d'appello, è perentorio e non ordinatorio. Il ricorrente censura poi la decisione nella parte in cui la corte d'appello ha riconosciuto che il superamento del termine non fu dovuto a inerzia dell'amministrazione, ma dipese dalla scelta della Consob di riconoscere all'interessato le maggiori facoltà difensive previste in una modifica regolamentare in corso di approvazione, che introduceva una ulteriore fase di contraddittorio. Secondo il ricorrente tale scelta della Consob, da un lato, non giustificava il superamento del termine, dall'altro, confermava l'illegittimità, sotto il profilo del rispetto del principio del contraddittorio, del regolamento previgente applicato nel caso di specie. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della I. n. 241 del 1990 e dell'art. 154 c.p.c. La corte d'appello non ha considerato che il termine ordinatorio deve essere prorogato prima della scadenza, ai sensi dell'art. 154 c.p.c., mentre ciò non era avvenuto: il che comportava la nullità del provvedimento sanzionatorio, in quanto emanato, senza proroga, dopo la scadenza stabilita dall'art. 4, comma 2, del Regolamento Consob n. 18750 del 2013. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 195 TUE e assenza di motivazione anche in relazione all'art. 6 CEDU e art. 111 Cost. Il procedimento sanzionatorio ha violato il principio del contraddittorio, come risultava indirettamente dal fatto che il regolamento applicato è stato poi sostituito da un nuovo regolamento, inteso a rendere effettiva la disposizione di cui all'art. 195, comma 2, TUF in ordine al rispetto del principio del contraddittorio. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 195 TUF e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Il giudice di merito ha ritenuto tempestiva la contestazione degli illeciti, effettuata con nota del 21 luglio 2014, ritenendo che la Consob, una volta ricevute il 27 gennaio 2014 le ultime informazioni richieste, avrebbe dovuto disporre di un congruo spatium deliberandi. In questo modo la corte ha omesso di verificare se, nel caso concreto, l'accertamento si fosse prolungato oltre il limite di ragionevolezza, avuto riguardo al carattere perentorio del termine concesso all'amministrazione per effettuare la contestazione. Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 149 TUE. La sentenza è censurata nella parte in cui ha ritenuto che l'attività di vigilanza demandata ai sindaci deve necessariamente esplicarsi con un'attività di controllo diretto, attraverso il ricorso alla molteplicità dei poteri loro attribuiti dall'ordinamento. Il ricorrente sostiene che l'attività di vigilanza si esplica in forma indiretta, verificando «le operazioni di controllo effettuate dalle funzioni aziendali interne e dai comitati e ricorrendo ad atti di ispezione diretti secondo la propria valutazione affidata a principi di discrezionalità tecnica». Nel caso in esame, essendo incontestate la «numerosità delle riunioni e la richiesta di informazioni ad altre istanze di controllo», la corte d'appello avrebbe dovuto assolvere il ricorrente dalle violazioni oggetto di
- ricorrente -
contro
COMMISSIONE NAZIONALE PER LA SOCIETÀ E LA BORSA (CONSOB), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli avv. S P, G ,‹- A Randisi e Stefan-ia Lopati4e41-o, con domicilio eletto in Roma, via G.B. Martini, presso la propria sede;
-controricorrente- avverso la sentenza della Corte d'Appello di Milano Brescia n. 13, depositata il 24 giugno 2016, non notificata. 2 D-Y-6 Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2018 dal Consigliere G T;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale T B che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avv.ti M W per il ricorrente e l'avv. G Randisi per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. La Consob, con delibera n. 19296 del 30 luglio 2015, ha applicato a Bignami E M, nella qualità di componente del collegio sindacale di Telecom Italia S.p.A., sanzioni pecuniarie complessivamente determinate in C 90.000. In particolare: a) C 63.000,00 per la violazione dell'art. 149, comma 1, lett. a), b) e c) del d.lgs n. 58 del 1998, con riferimento alla carenza di vigilanza nel sistema di controllo interno sull'operato degli amministratori nei rapporti con O;
b) C 27.000,00 per la violazione dell'art. 149, comma 1, lett. a) e b) del d. Igs. n. 58 del 1998, con riferimento alle carenze nell'attività di vigilanza sul rispetto da parte dell'ing. S dei doveri previsti dall'art. 2391 c.c. (in relazione al fatto che l'amministratore ha partecipato alle riunioni degli organi sociali di Telecom che hanno esaminato le relazioni con O senza che fosse resa l'informativa richiesta dall'art. 2391 cit. in merito ai rapporti intrattenuti con tale ultima società). Bignami E M ha proposto opposizione avverso la delibera davanti alla Corte d'appello di Milano. La Corte d'appello, nel contraddittorio con la Consob, ha rigettato l'opposizione. Essa ha riconosciuto che il termine previsto dall'art. 4, comma 2, del Regolamento Consob n. 18750 del 2013 non ha carattere perentorio. Ha aggiunto che il mancato rispetto di tale termine, nel caso di specie, non era dipeso da inerzia dell'amministrazione, ma dalla scelta dalla Consob di concedere all'interessato un'ulteriore fase -2 di contraddittorio, in linea con le modifiche al regolamento introdotte con delibera n. 19158 del 29 maggio 2015 (che, appunto, introducevano un'ulteriore fase avente ad oggetto la relazione dell'ufficio sanzioni amministrative). La corte ha poi riconosciuto che il Regolamento Consob applicato nel caso in esame non violava il principio del contraddittorio e il diritto di difesa;
ha riconosciuto ancora che la contestazione degli addebiti era avvenuta tempestivamente, nel rispetto del termine perentorio previsto dall'art. 195 TUF, avuto riguardo al momento in cui sono pervenute alla Consob le ultime informative richieste al collegio sindacale. Nel merito la corte d'appello ha riconosciuto che, nella specie, i sindaci non avevano attivato alcuni dei poteri informativi, ispettivi e reattivi loro riconosciuti dall'ordinamento, pur avendo la funzione Audit rilevato e segnalato, sin dal 2007, «anche con toni decisamente allarmati, le gravi criticità relative al fornitore O». In secondo luogo la corte di merito ha disatteso l'obiezione del ricorrente, secondo cui l'art. 2391 c.c. non poteva trovare applicazione con riferimento alle riunioni del comitato di controllo interno, posto che la norma si riferisce a "deliberazioni del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo". Secondo la corte d'appello, infatti, la notizia prevista dal primo comma della norma deve essere data "agli altri amministratori e al collegio sindacale", senza distinguere fra organo collegiale, consiglio di amministrazione o comitato esecutivo. Ha aggiunto ancora che, ai fini di rendere esigibile il dovere di comunicazione imposto al singolo amministratore, non rileva che la notizia fosse già di pubblica conoscenza. La corte ha negato infine l'applicabilità, in favore dell'opponente, dell'art. 5 del d. Igs. n. 72 del 2015, che ha ridotto le sanzioni originariamente previste dall'art. 195 del TUF, trattandosi di normativa entrata in vigore successivamente e non essendo applicabile in materia il principio, di matrice penalistica, del favor rei. La corte ha infine riconosciute congrue le sanzioni in concreto applicate. Contro la sentenza Bignami E M ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi. La Consob ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. RAGIONI DELLA DECISIONE.
1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 195, comma 2, TUF e dell'art. 4, comma 2, Reg. Consob n. 18750/2013. Il ricorrente sostiene che l'art. 4 comma 2, del citato Regolamento stabilisce un termine perentorio per la conclusione del procedimento sanzionatorio. Tale termine, diversamente da quanto ritenuto dalla corte d'appello, è perentorio e non ordinatorio. Il ricorrente censura poi la decisione nella parte in cui la corte d'appello ha riconosciuto che il superamento del termine non fu dovuto a inerzia dell'amministrazione, ma dipese dalla scelta della Consob di riconoscere all'interessato le maggiori facoltà difensive previste in una modifica regolamentare in corso di approvazione, che introduceva una ulteriore fase di contraddittorio. Secondo il ricorrente tale scelta della Consob, da un lato, non giustificava il superamento del termine, dall'altro, confermava l'illegittimità, sotto il profilo del rispetto del principio del contraddittorio, del regolamento previgente applicato nel caso di specie. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della I. n. 241 del 1990 e dell'art. 154 c.p.c. La corte d'appello non ha considerato che il termine ordinatorio deve essere prorogato prima della scadenza, ai sensi dell'art. 154 c.p.c., mentre ciò non era avvenuto: il che comportava la nullità del provvedimento sanzionatorio, in quanto emanato, senza proroga, dopo la scadenza stabilita dall'art. 4, comma 2, del Regolamento Consob n. 18750 del 2013. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 195 TUE e assenza di motivazione anche in relazione all'art. 6 CEDU e art. 111 Cost. Il procedimento sanzionatorio ha violato il principio del contraddittorio, come risultava indirettamente dal fatto che il regolamento applicato è stato poi sostituito da un nuovo regolamento, inteso a rendere effettiva la disposizione di cui all'art. 195, comma 2, TUF in ordine al rispetto del principio del contraddittorio. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 195 TUF e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Il giudice di merito ha ritenuto tempestiva la contestazione degli illeciti, effettuata con nota del 21 luglio 2014, ritenendo che la Consob, una volta ricevute il 27 gennaio 2014 le ultime informazioni richieste, avrebbe dovuto disporre di un congruo spatium deliberandi. In questo modo la corte ha omesso di verificare se, nel caso concreto, l'accertamento si fosse prolungato oltre il limite di ragionevolezza, avuto riguardo al carattere perentorio del termine concesso all'amministrazione per effettuare la contestazione. Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 149 TUE. La sentenza è censurata nella parte in cui ha ritenuto che l'attività di vigilanza demandata ai sindaci deve necessariamente esplicarsi con un'attività di controllo diretto, attraverso il ricorso alla molteplicità dei poteri loro attribuiti dall'ordinamento. Il ricorrente sostiene che l'attività di vigilanza si esplica in forma indiretta, verificando «le operazioni di controllo effettuate dalle funzioni aziendali interne e dai comitati e ricorrendo ad atti di ispezione diretti secondo la propria valutazione affidata a principi di discrezionalità tecnica». Nel caso in esame, essendo incontestate la «numerosità delle riunioni e la richiesta di informazioni ad altre istanze di controllo», la corte d'appello avrebbe dovuto assolvere il ricorrente dalle violazioni oggetto di
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