Cass. civ., sez. II, sentenza 19/10/2005, n. 20204
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In tema di interpretazione del testamento,qualora dall'indagine di fatto riservata al giudice di merito risulti già chiara,in base al contenuto dell'atto, la volontà del testatore, non è consentito - alla stregua del primario criterio ermeneutico della letteralità - il ricorso ad elementi tratti "aliunde" ed estranei alla scheda testamentaria.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente -
Dott. C V - Consigliere -
Dott. P L - Consigliere -
Dott. F F P - rel. Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B A elettivamente domiciliata in ROMA VIA P TACCHINI 7, presso lo studio dell'avvocato L D P, difesa dall'avvocato L F E giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
B S, C L, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DELLE MEDAGLIE D'ORO 201, presso lo studio dell'avvocato S S, difesi dall'avvocato R G giusta delega in atti;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 1565/02 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 18/04/02;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 27/09/05 dal Consigliere Dott. F P F;
udito l'Avvocato F A M con delega dell'Avvocato LE FOCHE depositata in udienza, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato C P con delega dell'Avvocato R, difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con contratto del 20 novembre 1981, F B donava "in conto anticipata successione, a titolo disponibile e per il supero questo da imputarsi sulla legittima, con dispensa da collazione e da imputazione al figlio Bellinazzo S la zona di terreno sita nel comune di Latina alla via Polledrale podere n. 570, esteso ettari cinque e are settantatrè".
Con testamento per atto notaio Esposito del 25 novembre 1981, F B lasciava al figlio S "a titolo di legittima e per il supero a titolo di disponibile, l'appartamentino, adibito a casa maritale, al piano terra nonché la corte circostante il fabbricato compresi i macchinari ed attrezzi agricoli che vi si troveranno" e lasciava invece alla figlia Anna Maria "a titolo di legittima" l'appartamentino al primo piano con diritto di passaggio attraverso quella corte. Con contratto del 14 dicembre 1983, F B donava alla figlia Anna Maria "come anticipata successione, da imputarsi alla quota di legittima e per l'eventuale supero alla quota di disponibile... il lastrico solare che costituisce copertura del suo fabbricato sito in Latina località Strada Polledrale ex podere O.N.C. 570 al civico 16", riconoscendo che su tale lastrico la figlia aveva già realizzato a sua cura e spese un appartamentino con scala esterna d'accesso. Con citazione del 4 marzo 1996, A M B conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Latina, il fratello S e chiedeva che le rilasciasse il compendio ereditario del padre, deceduto il 20 novembre 1992, di cui essa attrice era divenuta unica erede dopo la rinuncia all'eredità, manifestata sia dal fratello sia dalla loro madre L C il 17 maggio 1993. Chiedeva altresì l'attrice la riduzione della donazione fatta dal padre il 20 novembre 1981, perché lesiva dei suoi diritti di legittimarla, nonché il risarcimento dei danni per illegittima detenzione dell'immobile, oggetto del lascito testamentario in favore del fratello. S B si costituiva e resisteva alle domande della sorella. In via riconvenzionale, chiedeva che si accertasse la nullità della sua rinuncia all'eredità e che si riducessero le disposizioni lesive delle sua quota di legittima. Nel processo interveniva L C e resisteva anch'essa alle domande dell'attrice, chiedendo peraltro la riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive dei suoi diritti di legittimarla. Con sentenza del 16 marzo 1998, il Tribunale di Latina rigettava tutte le domande, segnatamente rilevando che le disposizioni testamentarie di F B in favore dei figli erano a titolo particolare e, quindi, estranee alla prospettata rinuncia all'eredità, incidente su lasciti a titolo universale;che inammissibile era la domanda di riduzione dell'attrice sia per mancata rinuncia al legato, disposto a suo favore in sostituzione di legittima, sia per mancata imputazione alla sua porzione di legittima del medesimo legato e della donazione conseguita nel dicembre 1983;
che la rinuncia dell'interventrice alla eredità del marito era efficace, con conseguente perdita di ogni diritto quale legittimaria pretermessa dal testatore;che l'inaccoglibilità delle domande principali dell'attrice assorbiva le domande riconvenzionali del convenuto, subordinate alle prime.
A M B interponeva gravame, sostanzialmente criticando l'attribuzione della natura di disposizioni a titolo particolare, non già a titolo universale, quali istituzioni ex re certa, dei lasciti testamentari in favore suo e di suo fratello S e, quindi, contestando che la rinuncia del fratello all'eredità paterna non avesse rilievo e non comportasse l'acquisto della quota relitta in capo ad essa appellante, unica erede. S B e L C resistevano al gravame.
Con sentenza del 18 aprile 2002, la Corte d'appello di Roma rigettava il gravame e condannava l'appellante al pagamento delle spese del grado. Esponeva in particolare la Corte, così condividendo la decisione del primo giudice, che una corretta lettura del testamento di F B, per atto di notaio, in considerazione anche della identità di espressioni usate per i lasciti in favore dei due figli S ed Anna Maria, evidenziava la natura a titolo particolare delle relative disposizioni, di legati, appunto, con conseguente irrilevanza della rinuncia, che il figlio S aveva espresso il 17 maggio 1993 in ordine (non al legato ma) all'eredità paterna.
Per la cassazione di tale sentenza, A M B ha proposto ricorso in forza di due motivi, illustrati con memoria. S B e L C hanno resistito con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1362-1370 c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, la ricorrente si duole dell'interpretazione data dalla Corte di merito al testamento in oggetto, che, a suo dire, conterrebbe disposizione a titolo universale, non già particolare, in favore del di lei fratello S.
Sostiene, infatti, che la Corte di merito, nell'ambiguità del contenuto del testamento, non superabile dalla sua redazione ad opera di un notaio, ha omesso di valutare "la concreta entità delle attribuzioni patrimoniali contenute nel testamento di Bellinazzo Ferruccio, anche alla luce delle altre disposizioni patrimoniali poste in essere dallo stesso in epoca precedente e successiva al testamento" ed ha omesso, altresì, di valutare che "l'attribuzione della qualifica di legatari in capo ad entrambi i beneficiari indicati nel testamento conduce all'aberrante conseguenza di non poter individuare alcun successore a titolo universale di Bellinazzo Ferruccio".
Il motivo non ha pregio.
Ed invero, difformemente da quanto raffigurato dalla ricorrente, che, peraltro, solo in parte specifica le denunce proposte (di violazione e falsa applicazione di norme ermeneutiche e di vizi di motivazione su punto decisivo della controversia), la Corte di merito ha motivato, specificamente e coerentemente, come innanzi riassunto, in narrativa, a mente del criterio ermeneutico primario della lettera dell'atto, l'nterpretazione data del testamento in oggetto, ricostruendo la volontà del testatore da questo stesso atto, ritenuto chiaro nel contenuto;e ciò, nell'ambito di una indagine di fatto, istituzionalmente demandata a quella Corte, quale giudice del merito. La ricostruzione della volontà del testatore, perché adeguatamente motivata e specificamente tratta ex ipsomet et claro testamento (v. Cass. n. 2417/76 e n. 4805/77), resiste, dunque, alla censura di omesso esame di elementi tratti aliunde, da atti diversi, non consentito quando quella volontà risulti già chiara dal contenuto dell'atto testamentario (v. Cass. n. 4660/86). Analoga resistenza, poi, in ragione della stessa qualità di erede dello Stato nel caso manchino altri successibili (artt. 565 e 586 c.c.), si frappone alla censura di omessa valutazione che la ricostruzione data della volontà del testatore di prevedere solo lasciti a titolo particolare condurrebbe "all'aberrante conseguenza di non poter individuare alcun successore a titolo universale". Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 686, 651, 652, 653 e degli artt. 1362-1370 c.c., in relazione alla interpretazione testamentaria, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, la ricorrente si duole che la Corte di merito abbia omesso di valutare "le effettive conseguenze giuridiche dell'atto di donazione del 14.12.1983 in relazione al legato a favore della ricorrente". Sostiene, infatti, che il testatore ebbe successivamente a donare ad essa ricorrente quel che in precedenza le aveva lasciato col testamento, così determinando la revoca di tale lasciato e l'attribuzione dell'intero asse ereditario al di lei fratello S, erede, quindi, che aveva poi rinunciato all'eredità. Il motivo non ha pregio.
Al di là di ogni altra considerazione, infatti, la doglianza in esame non solo postula una corrispondenza tra oggetto del lascito testamentario ed oggetto della donazione in favore della stessa ricorrente, che non sussiste ex actis, per come riportati nello stesso ricorso (riguardando la disposizione testamentaria l'appartamento e la donazione il lastrico solare), ma involge anche una questione nuova sulla revoca del lascito testamentario a favore della, ricorrente, come tale inammissibile in sede di legittimità, che la stessa ricorrente neppure prospetta di avere sollevato nel giudizio di merito e di cui non v'è cenno alcuno nella sentenza impugnata.
Conclusivamente, quindi, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di Cassazione sono regolate secondo principio di soccombenza.