Cass. pen., sez. I, sentenza 15/03/2023, n. 11086

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 15/03/2023, n. 11086
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11086
Data del deposito : 15 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA SUI ricorso proposto dat rlinhCrEne OF11,4 6-In7+2-1/9 (irtul C4 61S1 2icrIE Di MIGNACCA CALOGERO CARMELO nato a CASAL DI PRINCIPE il 19/03/1978 avverso l'ordinanza del 27/05/2020 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINOudita la relazione svolta dal Consigliere DENICO FIORDALISI;
lette/se.Rt-ite le conclusioni del PG Il Procuratore generale, L T, chiede l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Ministro della giustizia ricorre avverso l'ordinanza del 27 maggio 2020 del Tribunale di sorveglianza di Torino, che ha rigettato il reclamo ex art. 35 bis, comma 4, legge 26 luglio 1975, n. 354 avverso il provvedimento del 17 dicembre 2019, con il quale il Magistrato di sorveglianza di Cuneo aveva accolto il reclamo ex art. 69, comma 6, lett. b), Ord. pen. presentato da M C(ogero Carmelo, sottoposto al regime penitenziario differenziato di cui all'art. 41-bis Ord. pen., avverso il provvedimento con il quale l'Amministrazione carceraria gli aveva negato la possibilità di comprare gli stessi generi alimentari presenti nel c.d. modello 72 acquistabili da parte dei detenuti comuni e avverso l'imposizione di limitate fasce orarie per la cottura dei cibi previsti solo per i detenuti in regime penitenziario differenziato sopra richiamato.

2. Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 1, 35 bis, 41 bis e 69, comma 6, lett. b), Ord. pen., e vizio dì motivazione dell'ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe omesso di considerare che non vi erano i presupposti per il reclamo giurisdizionale, stante l'assenza, nel caso di specie, dell'inosservanza da parte dell'Amministrazione di disposizione dell'Ordinamento penitenziario e del regolamento di attuazione (posto che i relativi provvedimenti non avevano violato alcuna disposizione di legge) ovvero di un grave pregiudizio all'esercizio di un diritto del detenuto (posto che, secondo il ricorrente, non si ravvisa nel nostro ordinamento l'esistenza di un diritto fondamentale del detenuto sottoposto al regime detentivo differenziato a cuocere cibi, avendo l'Amministrazione carceraria la potestà di regolamentare tale attività).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. li ricorso è fondato in parte.

1.1. Giova in diritto evidenziare che la sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 2018 ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f), Ord. pen., limitatamente alle parole «e cuocere cibi», dopo aver evidenziato che il divieto di cottura dei cibi, in quanto previsto in via generale e astratta in riferimento ai detenuti sottoposti al regime penitenziario differenziato, fosse privo di ragionevole giustificazione;
in quanto incongruo e inutile, alla luce degli obbiettivi cui tendono le misure restrittive autorizzate dalla disposizione in questione, esso si poneva in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., configurandosi come un'ingiustificata deroga all'ordinario regime carcerario, dotato di valenza meramente e ulteriormente afflittiva. Il giudice delle leggi, inoltre, ha evidenziato che non era imprescindibile accertare o meno l'esistenza di un diritto fondamentale dei detenuti a cuocere i cibi nella propria cella, ma era necessario riconoscere anche a chi si trovasse ristretto secondo le modalità di cui all'art. 41-bis Ord. pen. la possibilità di accedere a piccoli gesti di normalità quotidiana. Come correttamente evidenziato dal ricorrente, pertanto, il citato intervento della Corte costituzionale è circoscritto al divieto assoluto di cuocere i cibi (previsto nel citato articolo per i detenuti sottoposti al regime detentivo speciale), lasciando integra la potestà regolamentare dell'Amministrazione carceraria in materia, per la predisposizione di regole specifiche per l'esercizio di tale diritto, che tengano conto delle primarie esigenze di disciplina della vita all'interno dell'Istituto. Il sindacato del Magistrato di sorveglianza è ammissibile di conseguenza nei limiti in cui il giudice ritenga che tale disciplina regolamentare determini una compressione del diritto soggettivo del detenuto di tale gravità da essere equiparata di fatto alla sua negazione, altrimenti diventa un'inammissibile sovrapposizione ai poteri demandati dalla legge all'Amministrazione penitenziaria per la disciplina delle modalità di esercizio di tali diritti. Ciò comporta che il provvedimento del magistrato deve chiarire l'incidenza del provvedimento dell'Amministrazione su tale diritto e, solo se viene reputata sussistente la lesione o la grave compressione del diritto del detenuto, può essere svolta la valutazione giudiziale che può culminare nell'eventuale censura del suo contenuto specifico. Nel caso di specie, dal provvedimento impugnato non emerge con chiarezza la valutazione del Tribunale sulla avvenuta lesione di un diritto soggettivo dei detenuto;
infatti, a pag. 5 del provvedimento impugnato il Tribunale si è limitato a argomentare che «non si ravvisano effettive ragioni di sicurezza per non consentire di cucinare in fasce orarie più estese tali da non precludere l'accesso ad altre attività (come la fruizione delle ore d'aria o dei colloqui con i familiari)», limitandosi il Tribunale a rilevare in modo generico un «contrasto con il generale principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.» dei soggetti detenuti in regime differenziato ex art. 41-bis Ord. pen., non ritenendo fondato il diverso trattamento su ragionevoli giustificazioni di tutela di preminenti interessi di carattere pubblico.
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