Cass. pen., sez. VI, sentenza 21/07/2022, n. 28988

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 21/07/2022, n. 28988
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28988
Data del deposito : 21 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma avverso l'ordinanza n. 531/22 del Tribunale di Roma del 23/03/2022 nel procedimento nei confronti di C N letti gli atti, il ricorso e l'ordinanza impugnata;
udita la relazione del consigliere O V;
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale S S, che ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Roma ha accolto l'istanza di riesame proposta da N C, annullando quella del G.i.p. dello stesso Tribunale che in data 15 febbraio 2022 aveva disposto gli arresti donniciliari nei confronti dell'indagato in ordine all'imputazione provvisoria di concorso in corruzione propria (artt. 110, 319, 319-bis, 321 cod. pen.) della funzionaria del MIUR, G B, per l'effetto disponendone la remissione in libertà. In particolare, viene contestato a C, titolare di omonima ditta individuale operante nel settore informatico, di avere, mediante emissione di fatture per operazioni inesistenti verso società riconducibili al corruttore F B d C, creato le provviste di denaro utilizzate per la remunerazione illecita della funzionaria infedele, materialmente eseguite, previa esecuzione di bonifici bancari da parte dell'indagato, dalla sua ex convivente e coindagata V F (segretaria di G B), trattenendo delle somme a titolo di compenso e per provvedere ad adempimenti di natura previdenziale e fiscale.

2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma che formula un unico ma articolato motivo di censura per inosservanza o erronea applicazione degli artt. 110, 319 e 321 cod. pen. Il Tribunale — espone il ricorrente - ha escluso a carico del C la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, sostenendo che la condotta che gli viene ascritta si è materializzata dopo la conclusione dell'accordo corruttivo stipulato tra il privato (Bianchi di Castelbianco) e il funzionario infedele (Boda), accordo rispetto al quale egli è rimasto estraneo, ponendo in essere una mera attività di esecuzione e adempimento dell'accordo, come tale penalmente irrilevante, analogamente a quanto già stabilito da questa Corte di cassazione riguardo ad altro coindagato (C). Osserva, tuttavia, il ricorrente che tale interpretazione deve ritenersi del tutto errata, avendo come risultato di considerare penalmente irrilevante la condotta del soggetto che si adopera per far pervenire concretamente il denaro e cioè il prezzo della corruzione dal corruttore al corrotto, ponendosi in violazione di quanto stabilito dalla giurisprudenza della stessa Corte di cassazione anche nel suo più alto consesso (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Rv. 246583). Tale giurisprudenza respinge, infatti, la tesi secondo cui il delitto di corruzione risulterebbe già consumato al momento di perfezionamento dell'accordo, con la conseguenza che la dazione effettiva, in sé molto più grave della mera promessa, debba considerarsi post factum non punibile.Ulteriori pronunce di legittimità hanno, invece, affermato il principio che il delitto di corruzione si perfeziona alternativamente con l'accettazione della promessa ovvero con la dazione dell'utilità, ma quando alla promessa segue l'effettiva dazione del denaro, il termine di prescrizione decorre da tale secondo momento. Un recente intervento legislativo pare, inoltre, confermare tale interpretazione. L'art. 1, comma 8 della legge n. 3 del 2019, nel prevedere le operazioni sotto copertura ha modificato l'art. 9, comma 1, lett. a) della legge 16 marzo 2006, n. 146 prevedendo l'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 51 cod. pen. per "a) gli ufficiali di polizia giudiziaria ..., i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dagli artt. 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis, 452.quaterdecies, 453, 454, 455, 460, 461, 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, corrispondano denaro o altra utilità in esecuzione di un accordo illecito già concluso da altri, promettono o danno denaro o altra utilità richiesti da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio o sollecitati come prezzo della mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio o per remunerarlo o compiono attività prodromiche e strumentali". Ebbene, argomenta il ricorrente, se la corresponsione di denaro o Stra utilità in esecuzione di un accordo illecito già concluso da altri fosse - come ritenuto dalla decisione impugnata - da considerarsi un post factum non punibile e non costituisse reato, non avrebbe avuto alcun senso che il legislatore prevedesse proprio per tale fattispecie una espressa causa di non punibilità. La condotta ascritta al ricorrente risulta, pertanto, pienamente punibile, rappresentando il culmine del disvalore nell'ambito della figura di reato.
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