Cass. pen., sez. II, sentenza 29/03/2022, n. 11351
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Testo completo
ato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: 1) D'Onghia Giuseppe, nato ad Afragola il 13/06/1955, 2) W M M, nata in Repubblica Dominicana 1'08/02/1971, 3) D'Onghia Mario, nato a Napoli il 28/05/1961, 4) D'Onghia Veronica, nata a Mirandola il 16/03/1996, 5) D'Onghia Cristian, nato a Mirandola il 20/11/1998, avverso l'ordinanza del 16/10/2020 della Corte di appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere G S;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale A C, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ha rigettato l'appello proposto dai ricorrenti avverso il decreto del Tribunale di Modena del 3 gennaio 2020 che aveva disposto nei confronti di D'Onghia Giuseppe la confisca di prevenzione ex art. 24 DI .vo 159 del 2011 inerente a beni mobili ed immobili di proprietà o ritenuti nella sua disponibilità anche se intestati ai terzi interessati odierni ricorrenti. D'Onghia Giuseppe è stato ritenuto soggetto socialmente pericoloso rientrante nella categoria di cui all'art. 1, comma 1, lett. b), del D.L.vo 159 del 2011 in quanto evasore fiscale seriale dal 2003 al 2008. 2. Ricorrono per cassazione, con unico atto, sia il proposto D'Onghia Giuseppe che i terzi interessati indicati in intestazione. Deducono: 1) violazione dell'art. 24, comma 2 e 27 D.L.vo n. 159 del 2011. 1 ricorrenti sostengono che la misura di prevenzione sarebbe stata adottata fuori termine, dovendosi fare riferimento, stante il rinvio previsto dall'art. 24 D.L.vo 159 del 2011, all'intera disciplina prevista dall'art. 304 cod. proc. pen.. Inoltre, il Tribunale, nel provvedimento impositivo della misura, non avrebbe adottato alcuna ordinanza di sospensione dei termini, come previsto dall'art. 304, commi 1 e 3, cod. proc. pen. al fine di assicurare il contraddittorio tra le parti. La obbligatorietà di un provvedimento ad hoc sulla sospensione deriverebbe dal rinvio alla relativa disciplina del codice di rito ed alla analogia con il regime della proroga, a proposito della quale l'art. 24, comma 2, D.I.vo 159 del 2011 prevede che essa possa essere adottata solo con decreto motivato nel caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti. I ricorrenti contestano anche la circostanza che i rinvii che hanno determinato la sospensione del procedimento (in data 7 maggio e 19 novembre 2018) fossero stati effettuati su accordo delle parti, trattandosi di decisioni assunte dal Tribunale in attesa della sentenza della Corte Costituzionale n. 24/2019 che poteva avere refluenza sulla vicenda in esame;
2) violazione di legge per non avere la Corte individuato con sufficiente precisione la pericolosità sociale del proposto D'Onghia Giuseppe ex art. 1, comma 1, lett. b) D.L.vo 159 del 2011, stante che la sua pericolosità generica, originariamente ritenuta anche ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. a) dello stesso decreto, non poteva più essere riconosciuta dopo la sentenza della Corte Costituzionale prima citata. Si sarebbe fondato il giudizio "facendo leva sulle risultanze di atti di indagine espletati nell'ambito di procedimenti penali per reati fiscali prescritti, ovvero archiviati ovvero ancora su accertamenti tributari annullati, su ipotizzate condotte di reimpiego di somme non dichiarate (finanziamenti) derivanti dalle attività immobiliari di società (di cui Io stesso proposto ed i familiari sono soci)" (fg. 26 del ricorso), senza tenere conto della mancanza di prova di abitualità nella commissione di delitti dai quali il proposto avrebbe ricavato proventi illeciti necessari al suo sostentamento, non potendo bastare il solo fatto di indicare il proposto come "evasore fiscale seriale". Nel caso in esame, al contrario, sarebbero state valorizzate condotte di evasione fiscale dirette ad evitare il pagamento di imposte ma non produttive di ricchezza illecita;
3) questione incidentale di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 18, 29 e 34-ter del Codice Antimafia per violazione degli artt. 3, 24 comma secondo, 27 comma secondo, 111 commi primo e secondo in relazione all'aart. 6 § 1 della CEDU nella parte in cui non prevedono un termine di decadenza dall'azione propositiva, ovvero di prescrizione della misura di prevenzione dal momento della cessazione dello status di pericolosità sociale del proposto. Il ricorrente individua il contrasto con le norme costituzionali nella circostanza che il Codice Antimafia consente la confisca di prevenzione anche quando la pericolosità sociale del soggetto sia relativa, come nella specie, a periodo assai lontano nel tempo e non più attuale, "tanto lontano da far sì che sia impossibile per il proposto ricostruire le vicende di carattere patrimoniale e difendersi" (fg. 38 del ricorso);
e ciò, indipendentemente dalla natura giuridica della confisca di prevenzione. Il procedimento di prevenzione finalizzato alla confisca non potrebbe sottrarsi alla ragionevole durata prevista per il processo penale dall'art. 111, comma secondo, Costituzione, con violazione anche del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. Nel caso in esame, la rilevanza e l'interesse a sollevare la questione di legittimità costituzionale nasce dal fatto che la pericolosità sociale del D'Onghia Giuseppe è stata ritenuta sussistente solo tra il 2004 ed il 2008, a fronte di un provvedimento di confisca intervenuto nel 2019.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Quanto al primo motivo, occorre ricordare il pacifico principio di diritto secondo il quale, in tema di durata del sequestro di prevenzione, il rinvio contenuto nell'art. 24, comma 2, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, all'art. 304 cod. proc. pen., secondo cui, ai fini del computo del relativo termine, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare in quanto applicabili, riguarda esclusivamente le ipotesi tipiche di sospensione di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 304 cit., salva espressa riserva di compatibilità, e non anche la disciplina dei termini massimi di custodia, prevista dal comma sesto del medesimo articolo, in quanto avente carattere eccezionale a garanzia della libertà personale (Sez. 1, n. 2211 del 12/09/2017, dep. 2018, Lampada, Rv. 272051. Più di recente il medesimo principio è stato ribadito da Sez. 5, n. 21760 del 29/01./2019, Lampada, Rv. 276892. Nella motivazione di tale decisione si richiama, anche ai fini di quanto si dirà in ordine al terzo motivo di ricorso, la parte della sentenza dedicata ad
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: 1) D'Onghia Giuseppe, nato ad Afragola il 13/06/1955, 2) W M M, nata in Repubblica Dominicana 1'08/02/1971, 3) D'Onghia Mario, nato a Napoli il 28/05/1961, 4) D'Onghia Veronica, nata a Mirandola il 16/03/1996, 5) D'Onghia Cristian, nato a Mirandola il 20/11/1998, avverso l'ordinanza del 16/10/2020 della Corte di appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere G S;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale A C, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ha rigettato l'appello proposto dai ricorrenti avverso il decreto del Tribunale di Modena del 3 gennaio 2020 che aveva disposto nei confronti di D'Onghia Giuseppe la confisca di prevenzione ex art. 24 DI .vo 159 del 2011 inerente a beni mobili ed immobili di proprietà o ritenuti nella sua disponibilità anche se intestati ai terzi interessati odierni ricorrenti. D'Onghia Giuseppe è stato ritenuto soggetto socialmente pericoloso rientrante nella categoria di cui all'art. 1, comma 1, lett. b), del D.L.vo 159 del 2011 in quanto evasore fiscale seriale dal 2003 al 2008. 2. Ricorrono per cassazione, con unico atto, sia il proposto D'Onghia Giuseppe che i terzi interessati indicati in intestazione. Deducono: 1) violazione dell'art. 24, comma 2 e 27 D.L.vo n. 159 del 2011. 1 ricorrenti sostengono che la misura di prevenzione sarebbe stata adottata fuori termine, dovendosi fare riferimento, stante il rinvio previsto dall'art. 24 D.L.vo 159 del 2011, all'intera disciplina prevista dall'art. 304 cod. proc. pen.. Inoltre, il Tribunale, nel provvedimento impositivo della misura, non avrebbe adottato alcuna ordinanza di sospensione dei termini, come previsto dall'art. 304, commi 1 e 3, cod. proc. pen. al fine di assicurare il contraddittorio tra le parti. La obbligatorietà di un provvedimento ad hoc sulla sospensione deriverebbe dal rinvio alla relativa disciplina del codice di rito ed alla analogia con il regime della proroga, a proposito della quale l'art. 24, comma 2, D.I.vo 159 del 2011 prevede che essa possa essere adottata solo con decreto motivato nel caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti. I ricorrenti contestano anche la circostanza che i rinvii che hanno determinato la sospensione del procedimento (in data 7 maggio e 19 novembre 2018) fossero stati effettuati su accordo delle parti, trattandosi di decisioni assunte dal Tribunale in attesa della sentenza della Corte Costituzionale n. 24/2019 che poteva avere refluenza sulla vicenda in esame;
2) violazione di legge per non avere la Corte individuato con sufficiente precisione la pericolosità sociale del proposto D'Onghia Giuseppe ex art. 1, comma 1, lett. b) D.L.vo 159 del 2011, stante che la sua pericolosità generica, originariamente ritenuta anche ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. a) dello stesso decreto, non poteva più essere riconosciuta dopo la sentenza della Corte Costituzionale prima citata. Si sarebbe fondato il giudizio "facendo leva sulle risultanze di atti di indagine espletati nell'ambito di procedimenti penali per reati fiscali prescritti, ovvero archiviati ovvero ancora su accertamenti tributari annullati, su ipotizzate condotte di reimpiego di somme non dichiarate (finanziamenti) derivanti dalle attività immobiliari di società (di cui Io stesso proposto ed i familiari sono soci)" (fg. 26 del ricorso), senza tenere conto della mancanza di prova di abitualità nella commissione di delitti dai quali il proposto avrebbe ricavato proventi illeciti necessari al suo sostentamento, non potendo bastare il solo fatto di indicare il proposto come "evasore fiscale seriale". Nel caso in esame, al contrario, sarebbero state valorizzate condotte di evasione fiscale dirette ad evitare il pagamento di imposte ma non produttive di ricchezza illecita;
3) questione incidentale di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 18, 29 e 34-ter del Codice Antimafia per violazione degli artt. 3, 24 comma secondo, 27 comma secondo, 111 commi primo e secondo in relazione all'aart. 6 § 1 della CEDU nella parte in cui non prevedono un termine di decadenza dall'azione propositiva, ovvero di prescrizione della misura di prevenzione dal momento della cessazione dello status di pericolosità sociale del proposto. Il ricorrente individua il contrasto con le norme costituzionali nella circostanza che il Codice Antimafia consente la confisca di prevenzione anche quando la pericolosità sociale del soggetto sia relativa, come nella specie, a periodo assai lontano nel tempo e non più attuale, "tanto lontano da far sì che sia impossibile per il proposto ricostruire le vicende di carattere patrimoniale e difendersi" (fg. 38 del ricorso);
e ciò, indipendentemente dalla natura giuridica della confisca di prevenzione. Il procedimento di prevenzione finalizzato alla confisca non potrebbe sottrarsi alla ragionevole durata prevista per il processo penale dall'art. 111, comma secondo, Costituzione, con violazione anche del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. Nel caso in esame, la rilevanza e l'interesse a sollevare la questione di legittimità costituzionale nasce dal fatto che la pericolosità sociale del D'Onghia Giuseppe è stata ritenuta sussistente solo tra il 2004 ed il 2008, a fronte di un provvedimento di confisca intervenuto nel 2019.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Quanto al primo motivo, occorre ricordare il pacifico principio di diritto secondo il quale, in tema di durata del sequestro di prevenzione, il rinvio contenuto nell'art. 24, comma 2, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, all'art. 304 cod. proc. pen., secondo cui, ai fini del computo del relativo termine, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare in quanto applicabili, riguarda esclusivamente le ipotesi tipiche di sospensione di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 304 cit., salva espressa riserva di compatibilità, e non anche la disciplina dei termini massimi di custodia, prevista dal comma sesto del medesimo articolo, in quanto avente carattere eccezionale a garanzia della libertà personale (Sez. 1, n. 2211 del 12/09/2017, dep. 2018, Lampada, Rv. 272051. Più di recente il medesimo principio è stato ribadito da Sez. 5, n. 21760 del 29/01./2019, Lampada, Rv. 276892. Nella motivazione di tale decisione si richiama, anche ai fini di quanto si dirà in ordine al terzo motivo di ricorso, la parte della sentenza dedicata ad
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