Cass. civ., SS.UU., sentenza 18/11/2013, n. 25795

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Nel procedimento disciplinare a carico degli esercenti la professione forense, la contestazione degli addebiti non esige una minuta, completa e particolareggiata esposizione dei fatti che integrano l'illecito, essendo, invece, sufficiente che l'incolpato, con la lettura dell'imputazione, sia posto in grado di approntare la propria difesa in modo efficace, senza rischi di essere condannato per fatti diversi da quelli ascrittigli. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha respinto il ricorso dell'incolpato, rilevando che la contestazione elevata a suo carico - avente ad oggetto gli illeciti previsti dagli artt. 9, comma primo, canone 1, e 51 del codice deontologico forense, per avere egli utilizzato, in un procedimento penale in cui assisteva il querelante, notizie acquisite in ragione di un precedente incarico, svolto in favore dell'imputato - risultava sufficientemente esplicita.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 18/11/2013, n. 25795
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25795
Data del deposito : 18 novembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. T F - Primo Presidente f.f. -
Dott. R R - Presidente Sez. -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. I A - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. D'ALESSANDRO Paolo - Consigliere -
Dott. T G - Consigliere -
Dott. P S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
T R (TRS RRT 56H01 H901X), rappresentato e difeso da se medesimo, elettivamente domiciliato in Roma, via Udine n. 6, presso lo studio dell'Avvocato G L;

- ricorrente -

contro
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, in persona del legale rappresentante pro tempore;

CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BERGAMO, in persona del Presidente pro tempore;

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

- intimati -

per la cassazione della Decisione del Consiglio Nazionale Forense, depositata in data 17 settembre 2012;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. S P;

sentito l'Avvocato T R;

sentito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. CO P P M, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bergamo in data 16 marzo 2007, il dott. C Giuseppe narrava di essere stato assistito nel 2002 dall'Avvocato T R in una causa di lavoro contro le cartiere Paolo Pigna, avente ad oggetto il suo licenziamento. Riferiva, quindi che, dopo avere assunto la qualifica di direttore della Cassa Edile di Bergamo e a seguito di fatti accaduti sul luogo di lavoro, egli era stato querelato da V Aldo, poi licenziato, il quale, nel corso del conseguente procedimento penale, era stato assistito dall'Avvocato T R;
che durante il dibattimento dinanzi al Giudice di pace di Bergamo, nel quale egli aveva assunto la qualità di imputato, l'Avvocato T gli aveva rivolto una domanda sui fatti relativi alla causa dell'anno 2002, nella quale il medesimo Avvocato lo aveva assistito;
che il suo Avvocato si era opposto alla domanda e il Giudice di pace aveva accolto l'opposizione, in quanto la domanda non appariva conferente con l'oggetto del procedimento. Tanto esposto, il C chiedeva al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati se tale condotta dell'Avvocato T integrasse o meno l'illecito disciplinare di assunzione di incarichi contro ex clienti, previsto dall'art. 51 del codice deontologico forense. L'Avvocato T, richiesto di chiarimenti dal Consiglio dell'Ordine, con memoria scritta depositata in data 5 aprile 2007, eccepiva, in primo luogo, che nel 2002 egli aveva svolto attività defensionale a favore del dott. C in due cause e che tale assistenza, in concreto, si era sostanziata nel ruolo di codifensore domiciliatario in entrambe le controversie. Rilevava, poi, che il procedimento penale a carico del C era stato instaurato oltre tre anni dopo le cause in cui egli aveva prestato attività defensionale a favore del C, e quindi oltre il termine di anni due previsto dall'art. 51 del codice deontologico forense. Infine, l'Avvocato T eccepiva l'indeterminatezza dell'addebito mossogli, così come formulato tanto in sede di esposizione da parte del C, quanto al momento della richiesta di chiarimenti da parte del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, dal quale egli non avrebbe potuto, perciò, adeguatamente difendersi. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bergamo, con delibera del 13 giugno 2007, instaurava procedimento disciplinare a carico del T, incolpandolo degli illeciti previsti dall'art. 9, comma 1, canone 1, e art. 51 codice deontologico forense, per avere utilizzato nel procedimento penale in cui prestava la sua attività di difensore a favore del querelante, sig. V, notizie acquisite in ragione del precedente incarico svolto a favore del dott. C, proprio nei confronti di quest'ultimo, imputato nel medesimo procedimento penale.
Con decisione del 7 ottobre 2009, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bergamo, riconosciuto l'Avvocato T responsabile degli illeciti a lui ascritti, applicava la sanzione della censura. Il Consiglio dell'Ordine riteneva che la circostanza del precedente licenziamento subito dal C fosse nota all'incolpato in virtù dell'attività defensionale da lui svolta nel 2002, e che la domanda rivoltagli durante il processo penale fosse stata fatta allo scopo di denigrare il proprio ex cliente, utilizzando fatti conosciuti a causa della difesa precedentemente svolta, e violando gli obblighi di segretezza, riservatezza, correttezza e fedeltà posti alla base della professione forense.
Avverso detta decisione, l'Avvocato T ha proposto gravame al Consiglio Nazionale Forense, deducendo la nullità della decisione per indeterminatezza del capo di incolpazione;
l'infondatezza della incolpazione, nella parte in cui era incentrata sulla questione del licenziamento disciplinare, non conosciuta ne' conoscibile da parte sua, avendo la causa del 2002 ad oggetto un licenziamento per motivo oggettivo;
l'insussistenza di condotte disciplinarmente rilevanti, atteso che i fatti del 2002 erano stati divulgati da organi di stampa, senza che, quindi, alcuna violazione degli obblighi di segretezza e riservatezza potesse essere a lui ascritta;

l'eccessività della sanzione: quand'anche lo si fosse ritenuto responsabile, le caratteristiche del fatto imponevano un contenimento nel minimo della sanzione da irrogare.
Il Consiglio Nazionale Forense, con decisione depositata in data 17 settembre 2012 e notificata in data 15 novembre 2012, rigettava i primi tre motivi di gravame e accoglieva il quarto.
Il Consiglio Nazionale

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