Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 07/11/2022, n. 32682
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ciato la seguente SENTENZA sul ricorso 12448-2020 proposto da: ISTITUTO NAZIONALE PER LA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati A C, L M, A S, CARLA D'ALOISIO ed EANUELE DE ROSE, con domicilio eletto in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l'Avvocatura centrale dell'Istituto - ricorrente -contro S MELA, rappresentata e difesa, per procura conferita in calce al controricorso, dall'avvocato L D A - con troricorrente - per la cassazione della sentenza n. 179 del 2019 della CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI, pronunciata 1'11 settembre 2019 e depositata il 17 settembre 2019 (R.G.N. 131/2018). Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 7 luglio 2022 dal Consigliere A C. Lette le conclusioni motivate formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale R M, che ha chiesto di rigettare il ricorso. FATTI DI CAUSA 1.- L'avvocato M S ha proposto opposizione contro l'avviso di addebito n. 325 2016 00059035 23 000, concernente i contributi non corrisposti alla Gestione separata dell'INPS per l'anno 2009. Il Tribunale di Cagliari ha accolto l'opposizione, in base al rilievo che la ricorrente non è tenuta a iscriversi alla Gestione separata, a norma dell'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che elenca in modo tassativo i destinatari di tale obbligo. 2.- L'INPS ha appellato in via principale la sentenza, sostenendo che il mero versamento di un contributo integrativo non valga ad escludere l'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata. M S, dal canto suo, ha proposto appello incidentale e ha chiesto di dichiarare prescritte le pretese dell'INPS, azionate il 1° luglio 2015, allorché il termine quinquennale di prescrizione era già decorso. 3.- Con sentenza pronunciata 1'11 settembre 2019 e pubblicata il 17 settembre 2019 con il numero 179/2019, la Corte d'appello di Cagliari ha rigettato l'appello principale e ha accolto l'appello incidentale, confermando la decisione impugnata «sia pure con diversa motivazione». La Corte territoriale, pur affermando l'obbligo d'iscrizione della professionista alla Gestione separata, ha ritenuto dirimente l'eccezione di prescrizione posta a fondamento dell'appello incidentale. A fondamento della decisione, il giudice d'appello ha svolto le seguenti argomentazioni. 3.1.- Il diritto dell'INPS di percepire la contribuzione relativa all'anno 2009 si è prescritto il 16 giugno 2015, per il decorso del quinquennio, che si computa a partire dal 16 giugno 2010, termine fissato per il versamento dei contributi in base all'art. 17 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435. È ininfluente la data di presentazione della dichiarazione dei redditi, che non rappresenta il presupposto del credito contributivo e non costituisce riconoscimento dell'altrui diritto, con efficacia interruttiva della prescrizione. Non rilevano le difficoltà di fatto connesse all'accertamento del reddito imponibile prima della presentazione della dichiarazione dei redditi. L'INPS dispone comunque di un servizio ispettivo che ben può verificare, prima della presentazione della dichiarazione dei redditi, l'importo delle fatture emesse da un professionista non iscritto alla Cassa d'appartenenza. 3.2.- Non si può neppure ritenere che la mancata compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi configuri un comportamento doloso del debitore, idoneo a sospendere il corso della prescrizione (art. 2941, n. 8, cod. civ.): il contribuente ha comunque compilato il quadro CM della citata dichiarazione e tale condotta è incompatibile con l'occultamento doloso che l'Istituto ha prospettato. 3.3.- Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese della fase di gravame, in considerazione delle incertezze della giurisprudenza, anche di legittimità, sulle questioni dibattute. 4.- L'INPS impugna per cassazione la sentenza della Corte d'appello di Cagliari, con ricorso notificato mediante PEC il 16 marzo 2020 e affidato a un solo motivo. 5.- M S resiste con controricorso. 6.- Il ricorso è stato originariamente assegnato alla sezione di cui all'art. 376, primo comma, cod. proc. civ. 6.1.- Su proposta del relatore designato, che aveva ritenuto il ricorso inammissibile, in quanto imperniato sulla deduzione di un errore di diritto a fronte di un accertamento di fatto, sindacabile nei ristretti limiti dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il Presidente ha fissato con decreto l'adunanza della Corte, a norma dell'art. 380-bis, primo comma, cod. proc. civ. 6.2.- Il ricorrente, in prossimità dell'adunanza, ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis, secondo comma, cod. proc. civ., insistendo per l'accoglimento delle conclusioni già rassegnate. L'INPS, inoltre, ha rilevato che la prescrizione decorre non dal 16 giugno 2010, ma dal 6 luglio 2010, in quanto trova applicazione il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2010. L'indicato decreto, per tutti i contribuenti e non solo per quelli in concreto soggetti dal punto di vista fiscale alle risultanze degli studi di settore, differisce al 6 luglio 2010 il termine per il versamento dei contributi. Quanto al corretto termine d'inizio della prescrizione, ben potrebbe provvedere anche il giudice di legittimità a individuarlo e non sarebbero vincolanti, a tale riguardo, le allegazioni delle parti. 6.3.- Con ordinanza 10 aprile 2022, n. 10596, la Corte in camera di consiglio ha ritenuto necessario approfondire la questione, di valenza nomofilattica, della rilevabilità d'ufficio della corretta individuazione del dies a quo del termine di prescrizione dei contributi.La causa, pertanto, è stata rimessa alla pubblica udienza di questa sezione, in applicazione dell'art. 380-bis, terzo comma, cod. proc. civ. 7.- Fissata alla pubblica udienza del 7 luglio 2022, la causa è stata tuttavia trattata in camera di consiglio, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, in quanto nessuno degl'interessati ha formulato istanza di discussione orale ai sensi dell'art. 23, comma 8-bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176. 7.1.- Il Pubblico Ministero ha chiesto di rigettare il ricorso, in quanto inammissibile e comunque infondato: la questione della decorrenza della prescrizione non sarebbe stata correttamente introdotta nel processo. 7.2.- Sia la parte ricorrente che quella controricorrente hanno presentato in cancelleria le memorie, a norma dell'art. 378 cod. proc. civ. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.- L'INPS denuncia (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) violazione degli artt. 2935 e 2941, n. 8, cod. civ., in relazione all'art. 2, commi 26-31, della legge n. 335 del 1995, all'art. 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, all'art. 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Avrebbe errato la Corte d'appello di Cagliari nell'escludere la sospensione della prescrizione per doloso occultamento del debito, nel caso di omessa compilazione del quadro RR, sezione II, della dichiarazione dei redditi, «specificamente dedicato alla determinazione dei contributi da parte del Fisco» in base all'art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997 e all'art. 10 del d.lgs. n. 241 del 1997. Solo la compilazione del quadro RR avrebbe consentito all'INPS di verificare la produzione di un reddito da lavoro autonomo, assoggettato all'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata. La professionista, omettendo di compilare il quadro RR, «necessario per la determinazione dei contributi previdenziali dovuti», avrebbe eluso il controllo automatico demandato agli uffici finanziari. Ad avviso del ricorrente, nessuna prescrizione, pertanto, si sarebbe compiuta. 2.- Occorre, preliminarmente, sgombrare il campo dalle eccezioni d'inammissibilità formulate nel controricorso, sotto un duplice profilo. 2.1.- L'avvocato S sostiene che il ricorso sia inammissibile, innanzitutto perché carente dell'esposizione sommaria dei fatti della causa, imposta, a pena d'inammissibilità, dall'art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Il ricorrente non avrebbe prospettato tutti gli elementi indispensabili per consentire a questa Corte una cognizione completa dell'oggetto della controversia e si sarebbe limitato a una riproduzione pedissequa degli atti di causa. Il ricorso sarebbe inammissibile, in secondo luogo, perché difetterebbe di un'esposizione chiara e specifica delle censure, in spregio all'art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., che impone al ricorrente, sempre a pena d'inammissibilità, di specificare «i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l'indicazione delle norme di diritto su cui si fondano». 2.2.- Entrambe le eccezioni devono essere disattese. Quanto al primo profilo d'inammissibilità eccepito dalla parte controricorrente, si deve evidenziare che il ricorso racchiude un'esposizione perspicua e completa degli antecedenti processuali rilevanti e consente così a questa Corte di ricostruire il senso e la portata delle censure, senza dover attingere ad altre fonti. L'Istituto non si limita a trasfondere nel ricorso i passi salienti della pronuncia impugnata, ma si premura di collocare le doglianze nel dibattito processuale, così da rendere ragione delle critiche rivolte al ragionamento della Corte di merito. Non sussiste neppure il secondo profilo d'inammissibilità adombrato nel controricorso. L'illustrazione dell'unico motivo di ricorso è scevra dalle lacune segnalate a sostegno dell'eccezione. Come si può desumere dall'ampiezza delle difese della parte controricorrente, l'esposizione non solo è intelligibile e delimita in maniera nitida il tema del decidere, ma è anche avvalorata dai pertinenti richiami alla normativa
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