Cass. pen., sez. IV, sentenza 29/10/2018, n. 49359
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: COVACIU VIOREL nato il 30/11/1980 avverso la sentenza del 06/04/2017 della CORTE APPELLO di VENEZIAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LOREDANA MICCICHE';
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso. E presente l'avvocato F G del foro di ROMA in difesa di PARTE CIVILE TRENITALIA SPA in sostituzione dell'avvocato MELZI D'ERIL CARLO del foro di MILANO che chiede il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'Appello di Venezia, con sentenza del 6 giugno 2017, decidendo a seguito dell'annullamento senza rinvio da parte della Corte di cassazione della sentenza della medesima Corte d'Appello dell'Il dicembre 2013 per difetto di notifica dell'estratto contumaciale all'imputato, ribadiva l'esito del primo giudizio di appello, parzialmente modificando la sentenza del Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Vicenza del 19 maggio 2009, la quale aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia C V per i reati contestati in ventotto capi di imputazione, relativi alla costituzione di un'associazione criminale ex art. 416 cod.pen. (capo 1 dell'imputazione) finalizzata alla commissione di reati-scopo contro il patrimonio, ed in particolare di furti in stazioni ferroviarie ed esercizi commerciali privati (capi da 2 a 28).
2. Il giudice d'appello assolveva l'imputato dal reato associativo perché il fatto non sussiste e dai furti di cui ai capi 17-18-25-26 per non avere commesso il fatto. Dichiarava prescritti i reati di cui ai capi 2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-13 e conseguentemente, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, rideterminava la pena per i rimanenti reati in anni uno, mesi dieci e giorni venti di reclusione, ed euro 410,00 di multa.
3. L'imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ricorre per cassazione, elevando due motivi.
4. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge per inosservanza del divieto di reformatio in peius di cui all'art. 597, c. 3, cod.proc.pen. dal momento che, mentre il primo giudice aveva ritenuto le circostanze attenuanti generiche nella massima estensione, il giudice d'appello le aveva concesse in regime di equivalenza rispetto alle aggravanti contestate, con ciò violando il principio di reformatio in peius, che non riguarda solamente il risultato finale, ma tutti gli elementi del calcolo della pena.
5. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione alla corretta qualificazione giuridica dei fatti contestati ai capi 14-15-16 e 28. Avevano errato i giudici di merito nel ritenere sussistente l'aggravante di cui all'art. 624-bis cod.pen., essendo stati i furti
udita la relazione svolta dal Consigliere LOREDANA MICCICHE';
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso. E presente l'avvocato F G del foro di ROMA in difesa di PARTE CIVILE TRENITALIA SPA in sostituzione dell'avvocato MELZI D'ERIL CARLO del foro di MILANO che chiede il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'Appello di Venezia, con sentenza del 6 giugno 2017, decidendo a seguito dell'annullamento senza rinvio da parte della Corte di cassazione della sentenza della medesima Corte d'Appello dell'Il dicembre 2013 per difetto di notifica dell'estratto contumaciale all'imputato, ribadiva l'esito del primo giudizio di appello, parzialmente modificando la sentenza del Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Vicenza del 19 maggio 2009, la quale aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia C V per i reati contestati in ventotto capi di imputazione, relativi alla costituzione di un'associazione criminale ex art. 416 cod.pen. (capo 1 dell'imputazione) finalizzata alla commissione di reati-scopo contro il patrimonio, ed in particolare di furti in stazioni ferroviarie ed esercizi commerciali privati (capi da 2 a 28).
2. Il giudice d'appello assolveva l'imputato dal reato associativo perché il fatto non sussiste e dai furti di cui ai capi 17-18-25-26 per non avere commesso il fatto. Dichiarava prescritti i reati di cui ai capi 2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-13 e conseguentemente, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, rideterminava la pena per i rimanenti reati in anni uno, mesi dieci e giorni venti di reclusione, ed euro 410,00 di multa.
3. L'imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ricorre per cassazione, elevando due motivi.
4. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge per inosservanza del divieto di reformatio in peius di cui all'art. 597, c. 3, cod.proc.pen. dal momento che, mentre il primo giudice aveva ritenuto le circostanze attenuanti generiche nella massima estensione, il giudice d'appello le aveva concesse in regime di equivalenza rispetto alle aggravanti contestate, con ciò violando il principio di reformatio in peius, che non riguarda solamente il risultato finale, ma tutti gli elementi del calcolo della pena.
5. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione alla corretta qualificazione giuridica dei fatti contestati ai capi 14-15-16 e 28. Avevano errato i giudici di merito nel ritenere sussistente l'aggravante di cui all'art. 624-bis cod.pen., essendo stati i furti
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