Cass. civ., sez. V trib., sentenza 12/07/2022, n. 22005
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Testo completo
B.C., dirigente Enel in quiescenza, deducendo che in data anteriore al 1993 aveva aderito al sistema di previdenza integrativa aziendale (PI.A.), che successivamente aveva trasferito la sua posizione al fondo Enel il quale, in sede di liquidazione, aveva sottoposto la somma corrispostagli alla tassazione propria del trattamento di fine rapporto mentre, a suo dire, doveva essere trattata come reddito da capitale con aliquota al 12,50 per cento, agì davanti alla Commissione tributaria provinciale di Torino, impugnando il diniego opposto alla sua istanza di rimborso.
La C.T.P accolse la domanda e riconobbe il diritto al rimborso delle trattenute operate, in misura eccedente il 12,50 per cento, dal sostituto d'imposta in occasione della liquidazione, sotto forma di capitale, del trattamento di previdenza integrativa aziendale.
2. Con sentenza n. 3/20/07, depositata il 27 febbraio 2007, la C.T.R. del Piemonte confermò la sentenza di primo grado.
3. L'Agenzia delle entrate propose ricorso per la cassazione della sentenza, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9;D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, convertito in L. n. 30 del 1997;L. n. 482 del 1985, art. 6;D.PR. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17;dell'accordo Enel-Fndai del 16 aprile 1986, artt. 3, 4, 5, e 6, e difetto di motivazione.
B.C. propose ricorso incidentale.
La Corte di cassazione, con ordinanza n. 30374/2011 depositata in data 30 dicembre 2011, accolse il ricorso dell'Agenzia e, cassata la sentenza impugnata, rinviò la causa alla C.T.R. per una nuova decisione, in considerazione del principio statuito dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n. 13642 del 22 giugno 2011, resa in controversia analoga, secondo la quale "in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al TUIR, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la "sorte capitale" corrispondente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6;b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al TUIR, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17".
La Corte ribadì che la ritenuta del 12,5 per cento, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, dovesse essere applicata solo sulle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento, per tale dovendo intendersi, in base al citato arresto delle S.U., "il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato", rimettendo quindi alla C.T.R. i necessari accertamenti.
3. La C.T.R., con sentenza n. 1232/24/14 emessa in data 14 ottobre 2014 e depositata in data 29 ottobre 2014, in sede di rinvio, rigettò l'appello dell'Agenzia, confermando il rimborso disposto dai primi giudici della somma di Euro 65.669,41.
In particolare, esclusa l'ammissibilità di una perizia di parte prodotta dalla difesa del contribuente in quanto non prodotta nella fase precedente, evidenziò che il sistema di previdenza integrativa aziendale (PI.A.) era una forma previdenziale interna regolata dall'art. 2117 c.c., le cui somme erano oggetto di un vincolo di destinazione;per cui, all'epoca dei fatti, tali forme pensionistiche non erano obbligate a ricorrere ad una gestione assicurativa e la gestione delle risorse era affidata al datore di lavoro che poteva investire all'interno della propria attività economica, pur nel vincolo di erogazione della prestazione;così inquadrata la questione, proseguì la C.T.R., dall'attestazione rilasciata dall'Enel risultavano i contributi a carico del dirigente e quelli a carico dell'azienda nonchè la somma finale conseguita, per cui la differenza tra quest'ultima e i primi non era altro che il rendimento derivante dall'impiego del capitale all'interno dell'azienda, individuando pertanto in tale somma la base imponibile da tassare in misura agevolata.
4. Contro tale decisione ha proposto ricorso l'Agenzia delle entrate, con due motivi.
B.C. ha depositato controricorso con ricorso incidentale affidato ad un motivo.
5. La causa è stata trattata nella pubblica udienza del 6 maggio 2022 svoltasi D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, per la quale il controricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. L'Agenzia censura la sentenza impugnata con due distinti motivi di ricorso.
Con il primo deduce la violazione o falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, dell'art. 384 c.p.c., e dell'art. 2697 e ss. c.c., sotto il profilo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Con il secondo, proposto in via subordinata, deduce l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
1.1. In particolare, il primo motivo esprime diverse censure.
In primo luogo, l'Agenzia deduce che il giudice del rinvio abbia trascurato il principio di diritto enunciato dall'ordinanza di rinvio della Cassazione, secondo cui l'aliquota del 12,5 per cento poteva trovare applicazione limitatamente alla somma liquidata a titolo di cd. rendimento;il "rendimento" era da intendersi come somma erogata a titolo di rendita finanziaria e maturata fino al 31 dicembre 2000 e precisamente la somma derivante dagli investimenti sul mercato del capitale accantonato e non la quota meramente residuale rispetto alla somma versata a titolo di contributo, come chiarito anche dalla successiva giurisprudenza di legittimità.
L'ufficio finanziario aggiunge che, in realtà, nella fattispecie concreta non esisteva alcun rendimento nel senso indicato dalla sentenza di rinvio, perchè il fondo PI.A. non era un fondo interno con accantonamento a bilancio dell'Enel e non aveva mai svolto, nè poteva svolgere, attività di investimento sui mercati finanziari, con la necessaria conseguenza che nessun rendimento derivante da tale investimento fosse ipotizzabile.
In terzo luogo, essa deduce che i giudici della C.T.R., non ponendo in essere le indagini che erano stati chiamati a svolgere, si siano limitati a recepire acriticamente la tesi di parte, in base alla certificazione prodotta dalla stessa, che invece non provava affatto che le risorse accantonate dall'Enel fossero state effettivamente investite nel mercato ma si limitava a indicare un importo complessivo, qualificato arbitrariamente come rendimento, della cui provenienza non forniva alcuna spiegazione.
1.2. Il controricorrente eccepisce e deduce: a) che il primo motivo di ricorso sia inammissibile in quanto mira ad una revisione degli accertamenti in fatto operati dalla C.T.R.;b) che sussista piena prova del rendimento netto sul quale operare la tassazione del 12,5 per cento, in considerazione della mancata contestazione operata dall'ufficio e della certificazione dell'Enel rilasciata dal dottor B.P, dotato di tutti i poteri al riguardo;c) la infondatezza del motivo poichè quando le Sezioni unite hanno fatto riferimento al rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato, da parte del fondo, hanno inteso riferirsi alla fattispecie (---), ove c'era un fondo pensione complementare a tutti gli effetti, e non alla diversa fattispecie del PI.A., come emergerebbe dal riferimento, nella stessa sentenza, all'oggetto della tassazione agevolata nel "rendimento di polizza";d) che il rendimento non sia individuabile in quello tratto dall'investimento nel mercato finanziario e si debba individuare nella differenza pari al rendimento di polizza, cioè alla differenza tra capitale versato e capitale erogato.
2. Le tre censure del primo motivo vanno esaminate congiuntamente e sono fondate.
La disamina della questione postula, di necessità, una sintetica illustrazione del quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di regime fiscale delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza integrativa aziendale all'atto della cessazione del rapporto di lavoro.
3. A decorrere dall'1 gennaio 1986 (in base al CCNL 16 maggio 1985, art. 12, comma 4, recepito dall'Enel) venne prevista a favore dei dirigenti Enel la stipula di un'assicurazione sulla vita con la previsione contrattuale dell'erogazione di una prestazione al momento del collocamento a riposo.
Successivamente, sempre nel 1986, a seguito di apposita richiesta delle rappresentanze sindacali dei dirigenti, tale previsione venne modificata con l'accordo tra l'Enel e la Federazione nazionale dirigenti di aziende industriali (Fndai), in virtù del quale venne sostituito il trattamento assicurativo di cui sopra con un rapporto di previdenza pensionistica integrativa (c.d. PI.A., ovvero Previdenza Integrativa Aziendale) con prestazioni da erogare in forma di trattamento periodico (ciò peraltro con efficacia retroattiva al 1 gennaio 1986). Tale forma di previdenza venne però dismessa nel 1998 e i fondi accumulati trasferiti a (---), Fondo di Previdenza integrativa esterno, chiamato a gestire una forma di previdenza complementare a capitalizzazione individuale, che dava diritto, ai dirigenti Enel che vi avevano aderito e che ne facevano richiesta al momento della cessazione del rapporto di lavoro, alla liquidazione dell'intero capitale accumulato in luogo della rendita vitalizia (Cass. 2/03/2018, n. 4941;Cass. 26/04/2017, n. 10285).
Quanto al regime fiscale di tale prestazione, alla tesi dei contribuenti secondo cui il capitale richiesto, in quanto originato da un contratto assicurativo, dovesse essere assoggettato alla ritenuta a titolo di imposta nella misura del 12,5 per cento, ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 (e ciò quantomeno sulla differenza tra l'ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2 per cento per ogni anno successivo al decimo se il capitale era corrisposto dopo almeno dieci anni dalla conclusione del contratto, ai sensi dell'art. 42 t.u.i.r., comma 4), si contrapponeva quella dell'Amministrazione finanziaria, secondo cui, invece, l'erogazione in oggetto non poteva considerarsi come reddito di capitale in dipendenza di un contratto assicurativo sulla vita, ma come reddito di lavoro dipendente, soggetto a tassazione separata ai sensi del t.u.i.r., artt. 16, comma 1, lett. a), e art. 17.