Cass. pen., sez. II, sentenza 04/03/2019, n. 09351

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 04/03/2019, n. 09351
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09351
Data del deposito : 4 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: S P P nato a BELPASSO il 06/04/1952 avverso l'ordinanza del 20/07/2018 del TRIB. LIBERTA' di CALTANISSETTA udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI P;
sentite le conclusioni del PG S T il quale ha concluso chiedendo dichiararsi l' inammissibilità del ricorso;
udito l' Avv. LEANZA ALFIO DOMENICO, difensore dell' imputato, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 20/07/2018 il Tribunale di Caltanissetta confermava l'ordinanza del 03/04/2018 con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta aveva applicato a S P P la misura cautelare della custodia in carcere perché indagato per il reato di associazione a delinquere finalizzata allo scopo di commettere più delitti in materia di beni culturali e contro il patrimonio ed, in particolare, quelli previsti dagli artt. 174 (uscita ed esportazioni illecite), 176 (impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato), 178 (contraffazione di opera d' arte) D. Lgs. 42/2004 nonché al riciclaggio ed alla ricettazione di reperti di interesse archeologico capo Y) della rubrica provvisoria oltre ad alcuni reati fine: delitto di cui agli artt. 61 n.2, 110, 81 cpv cod. pen., 174 D. Lgs. 42/2004 e 4 comma 1 L. 146/2006 (capo SS);
delitto di cui agli artt. 61 n.2, 110, 81 cpv, 648 cod. pen. e 4 comma 1 L. 146/2006 ( capo TT);
delitto di cui agli artt. 61 n.2, 110, 81 cpv, 648 cod. pen. e 4 comma 1 L. 146/2006 (capo XX) e delitto di cui agli artt. 61 n.2, 110, 81 cpv cod. pen., 178 D. Lgs. 42/2004 e 4 comma 1 L. 146/2006 (capo AAA) Secondo la prospettazione accusatoria, fatta propria dai giudici di merito,

SIGNORELLO

Palmino Pietro era risultato fare parte, unitamente a tale C Angelo ed ad altri soggetti, di un'organizzazione criminale di natura transnazionale facente capo a V William Thomas, mercante d'arte inglese, ramificata nel territorio siciliano, sodalizio volto alla commissione di una serie indefinita di attività illecite nel settore del traffico dei beni archeologici in cui il V forniva il supporto logistico operativo ai sodali (mediante fornitura di schede telefoniche estere e metal detector) e coordinava l'attività costituendo il terminale ultimo dei reperti che, grazie a lui, venivano commercializzati mentre l'odierno ricorrente, coadiuvato dal figlio, si procurava beni archeologici autentici (frutto di scavi clandestini) o contraffatti, sfruttando il suo risalente inserimento nel settore del archeotraffico. Il Tribunale del riesame confermava la sussistenza di elementi idonei a suffragare gravi indizi di colpevolezza in relazione anche ai singoli reati-fine contestati costituiti, principalmente, da plurime conversazioni intervenute fra i coindagati membri del contestato sodalizio nonché dai conseguenti approfondimenti investigativi quali sequestri, servizi di osservazione (attraverso cui si monitoravano gli spostamenti dei sodali ed i loro incontri) e dell'accertamento anche di passaggi di danaro fra i soggetti coinvolti.

2. Avverso la suddetta ordinanza l' indagato propone ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, deducendo quattro motivi: a. violazione di legge e difetto di motivazione relativamente al rigetto dell'eccezione di incompetenza territoriale per essere competente il tribunale di Catania. Lamenta che nell'ordinanza impugnata la competenza territoriale era stata affermata utilizzando il criterio suppletivo di cui all'art. 9 comma 3 cod. proc. pen. senza valutare l'operatività dei criteri principali di cui agli art. 8 e 9 cod. proc. pen. e ciò in ragione dell'asserita impossibilità di definire con certezza per tutte le fattispecie di reato sia quell'associativa sia quelle aventi oggetti reati-scopo, tempi e luoghi da poter individuare con precisione. Assume che il criterio applicato aveva carattere di "estrema sussidiarietà" in quanto si sarebbe dovuto, prima, verificare di quale, fra i configurati reati connessi, fosse possibile certamente individuare il /ocus commissi delicti. Osserva, in particolare, escludendo il riciclaggio pluriaggravato, l'associazione a delinquere nonché talune ipotesi di ricettazione aggravata - reati per i quali, secondo l'interpretazione fornita di giudici del riesame non erano indicati e specificati i territori di interesse - le uniche possibili ipotesi di reati gradatamente più gravi erano il reato di cui al capo CCC) della rubrica - delitto di cui all'art. 648 cod. pen. commesso al fine di compiere il delitto di cui al capo Y) contestato in concorso con altri, in continuazione ma soprattutto aggravato dalla circostanza del nesso teologico dell'art. 61 n. 2) cod. pen.) e quello di cui all' art. 4 comma 1 della legge 16/3/2006 n. 146. Rileva che il reato di cui al capo CCC) della rubrica risultava commesso in Catania ove era intervenuto il sequestro (come confermato dalla pendenza innanzi al Tribunale di Catania di altro procedimento penale avente oggetto il medesimo fatto storico) con la conseguenza che ai fini dell'individuazione della competenza territoriale si sarebbe dovuto fare riferimento al momento iniziale della consumazione di detto reato, avvenuta nella suindicata città. Lamenta che, sempre in via gradata, occorreva fare riferimento al reato di cui al capo AAA) della rubrica -reato contestato come commesso "in Paternò (CT) ed in altre parti del territorio siciliano con condotta ancora in atto" con la conseguenza che si sarebbe dovuto valorizzare il momento iniziale della consumazione avvenuto in quel di Paternò (provincia di Catania), con conseguente competenza territoriale di detto tribunale;
b. violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza quanto ai reati contestati. Deduce che non sussistevano elementi indiziari idonei a comprovare la partecipazione del SIGNORELLO all' associazione a delinquere de qua non apparendo decisivo il compendio indiziario individuato fondato esclusivamente sul contenuto di intercettazioni telefoniche dalle quali emergeva, al più, un ruolo di procacciatore d'affari del ricorrente, svincolato da legami con altri sodali. Evidenzia, altresì, che il tribunale del riesame, sui singoli reati-fine, aveva omesso di motivare sulla gravità degli indizi di colpevolezza, richiamando alcune conversazioni telefoniche e ambientali - alle quali, il più delle volte, l'odierno ricorrente, non partecipava, senza alcun vaglio critico in ordine all'individuazione degli elementi a carico del' indagato, non risultando, peraltro, chiarita la tipologia di oggetti di cui si stava parlando. Lamenta che i giudici di merito non avevano considerato che al SIGNORELLO non erano stati sequestrati oggetti, monete antiche o materiale di origine archeologica né il denaro che sarebbe stato il profitto della condotta criminosa addebitatagli e che gli stessi controlli di polizia segnalati nella scheda personale dell'indagato in un arco temporale estremamente lungo non avevano rilevato la presenza e/o la frequentazione con alcun soggetto coinvolto nell'odierno procedimento penale. Deduce che l'ordinanza si era limitata a richiamare pedissequamente e solamente le intercettazioni telefoniche cui direttamente o indirettamente aveva partecipato S P P ma non aveva chiarito la specifica gravità indiziaria con riferimento alle singole imputazioni che riguardavano condotte criminose ben determinate.Assume, altresì, che numerose conversazioni telefoniche intercettate non riguardavano direttamente l'indagato né lo vedevano coinvolto ma erano stati i verbalizzanti ad attribuirle arbitrariamente al S P P sebbene nelle stesse si faceva riferimento a: "quell'amico dove ha maiale" e/o "il nostro amico con i maiali" laddove l'attività di indagine non aveva portato dati certi circa l'individuazione del S come allevatore di suini o, comunque, possessore di maiali. Rileva, quanto l'episodio contestato in data 08/09/2015 verificatosi presso la stazione ferroviaria di Catania e relativo al sequestro subito dal C, che il tribunale del riesame non aveva considerato che il ruolo del SIGNORELLO era assolutamente marginale atteso che non era stato l'odierno ricorrente a consegnare la merce ma ciò aveva fatto il coindagato C il quale aveva apposto all'interno della valigia della C una borsa plastificata di colore grigio, poi successivamente sequestrata a quest'ultimo, omettendo di valutare che il SIGNORELLO non conosceva il C come era dato desumere dal contenuto delle intercettazioni telefoniche. I giudici di merito non avevano, poi, considerato che, per quanto riguarda le somme di denaro inviato dal Sig. V al proprio figlio, era stato documentato che trattavasi del pagamento di una fornitura di olio extravergine di oliva. Lamenta che il tribunale aveva attribuito valenza indiziaria ad alcune intercettazioni erroneamente interpretate e/o dal contenuto tutt' altro che inequivoco e, comunque, prive di riscontri ed, in ogni caso, non essendo stato provato il possesso e/o la cessione di reperti si sarebbe trattato di reperti "parlati", mancando la prova della effettiva disponibilità presupposto indefettibile per la offerta in vendita e, quindi, per la configurabilità del reato;
c. violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alle esigenze cautelari non risultando indicate le ragioni giuridicamente apprezzabili in relazione alla ritenuta sussistenza di una situazione di concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio. Evidenzia, in particolare, che difettava la prova di elementi specifici e concreti da cui desumere il pericolo di recidivanza difettando ogni dimostrazione della rilevata "spregiudicata ed ostinata pervicacia a delinquere" asseritamente manifestata dall' indagato. Osserva che non era mai emerso il coinvolgimento dell' imputato in una possibile attività di inquinamento della acquisizione e della genuinità della prova, sebbene fosse stato destinatario di varie richieste di proroga delle indagini preliminari;
d. violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla ritenuta adeguatezza della custodia in carcere. Deduce che i giudici di merito, non avevano tenuto conto delle certificazioni mediche prodotte comprovanti le condizioni di salute dell' indagato soggetto invalido al 100% e della sua età (anni 66) nonché del fatto che lo stesso era soggetto praticamente incensurato e che nei suoi confronti non era pendente alcun altro procedimento, apparendo la misura carceraria non proporzionata ed adottata in violazione dei principi fissati dalla Corte EDU nonché dai principi stabiliti dalla Corte di Cassazione e dalla Corte Costituzionale in materia mentre che nello specifico la misura degli arresti domiciliari appariva certamente idonea.
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