Cass. civ., sez. II, sentenza 28/08/2008, n. 21781
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Affinché un atto dispositivo possa qualificarsi come donazione non è sufficiente che il medesimo sia compiuto a titolo gratuito, ma occorre anche che la disposizione patrimoniale sia animata da "spirito di liberalità", ossia effettuata a titolo di mera e spontanea elargizione, fine a sè stessa (nella specie, la S.C. ha escluso che potesse essere qualificata donazione un atto bilaterale, finalizzato a regolare rapporti di buon vicinato, col quale era stato concesso al proprietario di un edificio confinante di aprire una piccola finestra al di sopra del colmo del tetto del fabbricato del concedente).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. E A - Presidente -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. P L - rel. Consigliere -
Dott. T F - Consigliere -
Dott. C V - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SZA
sul ricorso proposto da:
L A, elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE FLAMINIO 46, presso lo studio dell'avvocato G M G, difeso dall'avvocato G R, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
R A, PEDRINI PATRIZIA;
- intimati -
e sul 2^ ricorso n. 12391/04 proposto da:
R A, PEDRINI PATRIZIA, elettivamente domiciliati in ROMA LUNGOTEVERE FLAMINIO 46, presso lo studio dell'avvocato B R, difesi dall'avvocato P S, giusta delega in atti;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
contro
L A;
- intimato -
avverso la sentenza n. 313/03 della Corte d'Appello di FIRENZE, depositata il 28/02/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/08 dal Consigliere Dott. L P;
udito l'Avvocato G R, difensore del ricorrente che si riporta agli atti;
udito l'Avvocato PAFUNDI G. con delega depositata in udienza, dell'Avvocato PASQUINI S. difensore dei resistenti che si riporta gli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso previa riunione: rigetto ricorso incidentale;
accoglimento ricorso principale con esclusione 1^ motivo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 29.10.98 Antongiovanni L, nella qualità di comproprietario di un immobile sito in Castiglion Fiorentino, a confine con quello appartenente ad Angelo R e Patrizia P, citò costoro al giudizio del Tribunale di Arezzo, ascrivendo ai medesimi l'illegittima apertura di una finestra, perché posta a distanza non legale ed in posizione difforme da quanto previsto in una scrittura privata del 24.9.96, con la quale esso istante aveva autorizzato la precedente proprietaria, Patrizia Buracchi, a realizzarla titolo di mera tolleranza, una "piccola finestra .. al di sopra del colmo del tetto";
chiese, pertanto la condanna dei convenuti alla riduzione in pristino. Costituitisi i convenuti, contestarono il fondamento della domanda, deducendo che la finestra era posta in massima parte al di sopra del colmo del tetto, cui era sottoposta solo per cm. 20, e che, essendo loro intenzione eliminare tale parte inferiore per conformarsi alla citata autorizzazione, avevano chiesto una domanda di integrazione, in tal senso, della concessione edilizia in sanatoria. Con sentenza n. 431 del 19.6.2000 l'adito Tribunale, in accoglimento della domanda, condannò i convenuti alla "rimessione in pristino dei luoghi" ed al pagamento delle spese processuali. Proposto appello dai R - P, cui resisteva il L, la Corte di Firenze, dopo aver disposto consulenza tecnica di ufficio ed acquisito la relativa relazione, con sentenza del 10/28-2-2003, in accoglimento del gravame, rigettava la domanda, con condanna del L al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
I giudici di appello, premesso che con la scrittura privata del 24.9.96 era stata prevista una vera e propria servitù, cui non ostava la previsione di estinzione della stessa per l'ipotesi di sopraelevazione da parte del concedente, rilevato che dall'espletata consulenza tecnica di ufficio era emerso che la parte della finestra, già sottostante il colmo del tetto L, era stata eliminata e che, nondimeno, pur a fronte di una situazione che avrebbe potuto dar luogo alla cessazione della materia del contendere (ove la richiesta di riduzione in pristino fosse stata limitata alla chiusura solo di quella parte della finestra non consentita dalla citata autorizzazione), l'attore aveva insistito in una domanda concretamente infondata, ritenevano che quest'ultima dovesse essere rigettata, con conseguente condanna del soccombente alle spese. Avverso tale sentenza il L ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi;
hanno resistito i R - P, con controricorso contenente ricorso incidentale.
Sono state depositate memorie da ambo le parti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell'art. 335 c.p.c.. Deve essere, anzitutto, disattesa l'eccezione d'inammissibilità del ricorso principale, proposta nella memoria di parte resistente, sull'assunto che nell'impugnazione non sarebbe stato citato il testo della scrittura privata sottoscritta tra le parti, sulla cui interpretazione verterebbero i motivi di ricorso. Pur non essendo stato trascritto, infatti, l'intero testo della convenzione (il cui contenuto, peraltro, come si rileva anche dalla sentenza che ne riporta le parti essenziali, non ha formato oggetto di contrasto tra le parti), la parte ricorrente, nella narrativa del ricorsole ha riportato (tra virgolette) i brani salienti, rilevanti ai fini della decisione, così ottemperando all'onere dell'"autosufficienza", che non impone alle parti di trascrivere integralmente e letteralmente il contenuto dei documenti, già prodotti e valutati dai giudici di merito, ma solo di esporre il contenuto di quelle parti la cui conoscenza sia necessaria alla comprensione e decisione delle censure poste a base
dell'impugnazione.
Con il primo motivo del ricorso principale viene decotta "violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, particolarmente art. 782 c.c., nonché L. n. 89 del 1913, artt. 47 e 48". Premesso che la
corte di merito avrebbe motu proprio ed in contrasto con la pacifica interpretazione data dalle parti, qualificato l'atto del 24.9.96 come costitutivo di diritto reale, anziché di semplice autorizzazione personale, si sostiene che, anche a voler aderire a tale qualificazione, lo stesso, non prevedendo alcuna controprestazione a favore del concedente, sarebbe affetto da nullità per difetto della prescritta forma solenne e dell'accettazione, in quanto costituente una donazione, non trasfusa - come pur previsto dalle parti - in atto pubblico. I giudici di merito oltre ad omettere il rilievo di ufficio di tale invalidità, che avrebbe comportato il degrado dell'atto a mera autorizzazione, non avrebbero dato atto, traendone le dovute conseguenze, dell'inadempimento della parte beneficiaria a reiterarlo in forma pubblica a propria