Cass. pen., sez. I, sentenza 07/10/2021, n. 36443
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RC UR nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 05/11/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere DOMENICO FIORDALISI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARCO DALL'OLIO che ha concluso chiedendo n-lr (1-11.n4T";
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RITENUTO IN FATTO
1. HI UR ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna del 5 novembre 2019, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 21 gennaio 2019, con la quale era stato condannato alla pena di anni due di arresto, in ordine al reato di porto abusivo di armi, ai sensi dell'art. 699, secondo comma, cod. pen., perché il 27 settembre 2019, senza licenza dell'Autorità, aveva portato fuori della propria abitazione un coltello a AN della lunghezza complessiva di 22 cm, con lama lunga 10 cm e larga 2,5 cm, occultato sotto il soprabito, agganciato alla cintura dei pantaloni.
2. Il ricorrente articola tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, perché la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che il coltello sequestrato, per le sue caratteristiche intrinseche, non poteva essere qualificato come arma bianca propria e la condotta accertata, pertanto, doveva essere ricondotta alla fattispecie di cui all'art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110. Il giudice di secondo grado, invece, per sostenere la sua tesi, si sarebbe limitato ad evidenziare che il coltello aveva la doppia punta (ma non la doppia lama), circostanza in realtà comune a vari coltelli da campeggio. Secondo il ricorrente, lo stesso art. 80 r.d. 6 maggio 1940, n. 635 (regolamento per l'esecuzione del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, c.d. T.U.L.P.S.) elenca una serie di armi (il cui porto integra il reato di cui all'art. 4 legge n. 110 del 1975) che, per le loro caratteristiche, dovrebbero considerarsi più pericolose del coltello sequestrato. Infine, dal combinato disposto degli artt. 30 T.U.L.P.S. e 45 r.d. n. 635 del 1940 si evincerebbe che l'arma bianca può essere definita tale solo quando presenti caratteristiche oggettive precise (tra le quali: l'impugnatura simmetrica, la doppia affilatura della lama, la punta acuminata e l'astina paramano) e la non equivoca destinazione al solo scopo dell'offesa alla persona, entrambe circostanze non provate nel caso di specie.
2.2. Con il secondo motivo, lamenta vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché il giudice di merito avrebbe omesso di considerare che il pubblico ministero aveva qualificato la condotta nella fattispecie di cui all'art. 699, primo comma, cod. pen. (avendo indicato nel capo di imputazione che il porto del coltello era avvenuto senza licenza dell'Autorità). Secondo il ricorrente, pertanto, il fatto di reato - se non inquadrato nel reato ex art. 4 legge n. 110 del 1975 - doveva essere quantomeno ricondotto alla fattispecie penale di cui all'art. 699, primo comma, cod. pen.La Corte di appello, infatti, avrebbe affermato in maniera apodittica che il coltello sequestrato aveva la doppia punta, senza evidenziare alcuna prova a sostegno e trascurando di considerare che il coltello non avrebbe potuto avere tale qualità, proprio perché del tipo a AN (caratteristica incompatibile con la doppia punta). Il giudice di merito, infine, avrebbe affermato in maniera contraddittoria che vi era una generica possibilità che il coltello avesse la lama a doppio taglio.
2.3. Con l'ultimo motivo, lamenta vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte territoriale avrebbe omesso di concedere le circostanze attenuanti ex art. 62 bis cod. pen., senza fornire sul punto alcuna valida motivazione e limitandosi a evidenziare che