Cass. civ., sez. II, sentenza 20/07/1999, n. 7745
Sentenza
20 luglio 1999
Sentenza
20 luglio 1999
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Massime • 2
La domanda di eliminazione delle vedute aperte sul muro perimetrale comune deve essere proposta nei soli confronti del proprietario delle vedute stesse e non nei confronti di tutti i condomini del fabbricato sul quale le vedute si aprono.
Un'apertura munita di inferriata può essere considerata veduta anziché luce solo se permetta di affacciarsi e di guardare oltreché di fronte anche obliquamente o lateralmente, come nel caso in cui abbia maglie così larghe da consentire di esporre il capo in ogni direzione ovvero non sia aderente alla superficie esterna del muro, ma se ne distacchi tanto da consentire di sporgere il capo oltre tale muro.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Gaetano GAROFALO - Presidente -
Dott. Michele ANNUNZIATA - Consigliere -
Dott. Giandonato NAPOLETANO - rel. Consigliere -
Dott. Giovanni SETTIMJ - Consigliere -
Dott. Lucio MAZZIOTTI DI CELSO - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
RP IE, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE CASTRO PRETORIO 25, presso lo studio dell'avvocato VINCENZO MESIANO, che lo difende unitamente all'avvocato ALDO PIVATO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
NU SE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FARNESINA 308, presso lo studio dell'avvocato NICOLA ERCOLE, che lo difende unitamente all'avvocato GIANNIOTTI GAJULLI FRANCA, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1307/95 della corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 11/11/95;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/02/99 dal Consigliere Dott. Giandonato NAPOLETANO;
udito l'Avvocato PINATO ALDO, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato GIANNIOTTI GAJULLI FRANCA, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Maurizio VELARDI che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
US AR, con atto di citazione notificato il 26 febbraio 1982, convenne innanzi al Tribunale di Venezia, tra gli altri, PI RP, per sentirlo condannare all'eliminazione delle cause dell'infiltrazione di acqua piovana proveniente dagli scarichi dell'edificio condominiale di proprietà dello RP e di altri, attiguo al proprio edificio.
Il convenuto resistè alla domanda ed, in via riconvenzionale, chiese che l'attore fosse condannato alla chiusura delle due vedute prospicienti l'intercapedine esistente tra la sua proprietà e quella dell'attore.
Con altro atto di citazione, notificato il 10 ottobre 1986, il AR convenne lo RP innanzi allo stesso Tribunale, per sentire accertare il proprio diritto a mantenere le vedute di cui lo RP aveva chiesto la chiusura nonché per sentir condannare lo RP a chiudere le vedute aperte sul muro perimetrale dell'immobile del suo fabbricato, prospiciente quello di esso attore o, quanto meno, a renderle conformi alle prescrizioni dell'art. 901 cod. civ.. Riunite le due cause, l'adito Tribunale accolse le domande del AR e rigettò la domanda riconvenzionale dello RP e la sua decisione, impugnata dal soccombente RP, ha trovato conferma nella sentenza resa in data 11 novembre 1995 dalla Corte d'Appello di Venezia. In ordine all'actio negatoria servitutis esercitata dallo RP, il giudice d'appello ha ritenuto che dall'espletata consulenza tecnica d'ufficio emergeva che le aperture esistenti nella facciata dell'immobile del AR prospiciente quello dello RP avevano avuto sempre la struttura di vedute, essendo dotate di cancelletti apribili verso l'esterno, sicché, essendo state, esse, aperte prima del 1940, il AR aveva usucapito le relative servitù.
Quanto, poi, all'analoga azione esercitata dal AR nei confronti dello RP, la corte del merito ha osservato che correttamente il primo giudice aveva disposto il ripristino a luci delle vedute aprentisi nel muro perimetrale del fabbricato dello RP, poiché, come emergeva della fotografie esistenti agli atti, esse erano in precedenza munite di inferriate fisse, che impedivano ogni possibilità di affaccio e, poiché quel che rilevava non era l'accertamento, richiesto dallo RP, che le aperture erano state praticata nella vigenza dell'ordinamento giuridico austriaco, che consentiva l'apertura di vedute senza alcun limite di distanza, bensì l'accertamento dell'epoca in cui le luci erano state trasformate in vedute, incombeva sullo RP, che assumeva di avere diritto a mantenere le vedute, l'onere di provare l'epoca dell'avvenuta