Cass. civ., SS.UU., sentenza 22/05/2018, n. 12565

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Massime1

Nell'assicurazione contro i danni, il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall'ammontare del danno risarcibile l'importo dell'indennità che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto, in quanto detta indennità è erogata in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dall'assicurato in conseguenza del verificarsi dell'evento dannoso ed essa soddisfa, neutralizzandola in tutto o in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo autore del fatto illecito.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 22/05/2018, n. 12565
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12565
Data del deposito : 22 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

125 65-18 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta da: G M Primo Presidente R.G. 21461/2014 Presidente di sezioneRoberta VIVALDI Cron. 12565 Enrica D'ANTONIO Consigliere Rep. B V Consigliere Ud. 13/2/2018 R F Consigliere M A Consigliere Consigliere Rel. A G Consigliere F M C Danni in materia civile M F Consigliere -liquidazione detrai- bilità dell'indennizzo assicurativo - contrasto ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 21461-2014 proposto da: MINISTERO DELLA DIFESA e MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, eletti- vamente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato, che li rappresenta e difende per legge;

- ricorrenti -

contro AEROLINEE ITAVIA S.P.A., in amministrazione straordinaria, in per- sona dei commissari liquidatori, elettivamente domiciliata in Roma, Via Oslavia, n. 6, presso lo studio dell'Avvocato G A, che 18 la rappresenta e difende unitamente agli Avvocati F C e A M A; - controricorrente e ricorrente incidentale - avverso la sentenza non definitiva n. 4726/2012 della Corte d'appello di Roma, depositata il 27 settembre 2012, e avverso la sentenza de- finitiva n. 5247/2013 della Corte d'appello di Roma, depositata il 4 ot- tobre 2013. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 febbraio 2018 dal Consigliere A G;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore gene- rale C S, che ha concluso per il rigetto del ricorso principa- le, per l'accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale, il riget- to del secondo motivo del medesimo ricorso e l'assorbimento dei re- stanti motivi; uditi l'Avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi e l'Avvocato Giuseppe Alessi. FATTI DI CAUSA La società Aerolinee Itavia s.p.a. (di seguito anche Itavia) 1. - con atto di citazione notificato il 15 aprile 1981 convenne in giudizio i! Ministero della difesa, il Ministero dei trasporti e il Ministero dell'interno, per sentirli condannare al risarcimento dei danni patiti a seguito della sciagura area verificatasi nei cieli di Ustica il 27 giugno 1980, in occasione della quale era andato distrutto il DC 9/10-I-TIGI di proprietà di essa attrice ed erano decedute 81 persone. Dedusse l'attrice che tale evento, oltre a provocarle la perdita dell'aereo, era stato la causa scatenante della crisi economica e finanziaria in cui era caduta. Le Amministrazioni convenute si costituirono, resistendo. An -2- Si costituì successivamente la Aerolinee Itavia s.p.a. in ammini- strazione straordinaria, facendo proprie le domande avanzate dall'attrice. Con sentenza depositata il 26 novembre 2003, l'adito Tribunale di Roma, ritenuto che il DC 9 dell'Itavia era stato abbattuto da un missi- le e che le Amministrazioni convenute non avevano garantito la rego- lare navigazione aerea e la sicurezza del volo, accolse la pretesa ri- sarcitoria e condannò i Ministeri dell'interno, della difesa e dei tra- sporti, in solido tra loro, al pagamento della complessiva somma di euro 108.071.773,64, oltre accessori, nonché alle spese di lite. 2. L'impugnazione di tale decisione da parte delle Amministra- zioni soccombenti venne accolta dalla Corte di appello di Roma con sentenza in data 23 aprile 2007. La sentenza di appello, a sua volta, fu oggetto di ricorso per cas- sazione da parte della Aerolinee Itavia, in amministrazione straordi- naria, sulla base di nove motivi. 3. Questa Corte, con sentenza 5 maggio 2009, n. 10285, dichia- rò inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell'interno (con compensazione delle spese tra le parti), ne accolse i primi sette moti- vi nei confronti dei Ministeri della difesa e dei trasporti, dichiarò inammissibili i restanti ed enunciò i principi di diritto ai quali il giudice di rinvio doveva attenersi, concernenti l'accertamento del nesso cau- sale in base alla regola probatoria "del più probabile che non" e l'accertamento dell'imputazione colposa nell'illecito omissivo in base al giudizio "controfattuale", previa individuazione dell'obbligo specifico o generico di tenere la condotta omessa. In particolare, la Corte di cassazione affermò: che l'autonomia del processo civile rispetto a quello penale si ri- flette anche in materia probatoria, vigendo in quest'ultimo la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" e nel primo la diversa regola della preponderanza dell'evidenza o "del più pro- An - 3- babile che non". Detto standard di "certezza probabilistica", non potendo essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi, deve applicarsi anche quando vi sia un problema di scelta di una del- le ipotesi, tra loro incompatibili o contraddittorie, sul fatto, con la conseguenza di dover porre a base della decisione civile la soluzione derivante dal criterio di probabilità prevalente la quale riceva comparativamente il supporto logico relativamente mag- giore sulla base degli elementi di prova complessivamente di- sponibili;
che in tema di responsabilità civile, poiché l'omissione di una condotta rileva, quale condizione determinativa del processo causale dell'evento dannoso, soltanto quando si tratti di omis- sione di un comportamento di cautela imposto da una norma giuridica specifica, ovvero da una posizione del soggetto che implichi l'esistenza di particolari obblighi di prevenzione dell'evento, una volta dimostrata in giudizio la sussistenza dell'obbligo di osservare la regola cautelare omessa ed una vol- ta appurato che l'evento appartiene al novero di quelli che la norma mirava ad evitare attraverso il comportamento richiesto, non rileva, ai fini dell'esonero dalla responsabilità, che il sogget- to tenuto a detta osservanza abbia provato la non conoscenza in concreto dell'esistenza del pericolo. 4. A seguito di riassunzione da parte della Aerolinee Itavia, la Corte d'appello di Roma, nel contraddittorio con il Ministero dell'interno, il Ministero della difesa ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con sentenza resa pubblica mediante deposito in can- celleria il 27 settembre 2012, pronunciava in via definitiva sulla do- manda proposta dall'attrice nei confronti del Ministero dell'interno, ri- gettandola con compensazione delle spese processuali dei gradi di merito;
pronunciava in via non definitiva sulla domanda proposta dal- - 4- la stessa società in amministrazione straordinaria nei confronti degli altri due Ministeri convenuti, dei quali accertava la responsabilità nel- la verificazione del disastro occorso in data 27 giugno 1980 nel quale andò distrutto l'aereo di proprietà dell'Itavia, rimettendo la causa sul ruolo, con separata ordinanza, per la determinazione dell'ammontare del danno. Con sentenza definitiva depositata in cancelleria il 4 ottobre 2013, la Corte di appello di Roma condannava il Ministero della difesa ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in solido tra loro, al pa- gamento, in favore della Aerolinee Itavia s.p.a., in amministrazione straordinaria, della somma di euro 265.154.431,44 (di cui euro 27.492.278,56 a titolo di risarcimento del danno, euro 105.185.457,77 per rivalutazione ed euro 132.476.695,11 per inte- ressi), oltre interessi legali dalla sentenza al saldo, nonché al paga- mento dei 3/4 delle spese processuali di tutti i giudizi, con compensa- zione del restante 1/4. Con detta sentenza, la Corte territoriale negava, però, il diritto dell'Itavia a vedersi risarcito: sia il danno per la perdita dell'aeromobile, in quanto la società attrice aveva incassato un in- dennizzo assicurativo da parte dell'Assitalia ammontante a lire 3.800.000.000, mentre il valore del velivolo al momento del sinistro, come accertato dal c.t.u., era di lire 1.586.510.540;
sia il danno con- seguente alla revoca delle concessioni di volo. In particolare, con riguardo alla questione del cumulo tra inden- nizzo assicurativo e risarcimento, la Corte d'appello affermava: che nella liquidazione del danno da illecito aquiliano la somma eventualmente già versata alla vittima dall'assicuratore deve essere detratta dall'ammontare complessivo del danno in quan- to, se fosse consentito al danneggiato di cumulare indennizzo e risarcimento, questi realizzerebbe un ingiusto arricchimento; th - 5 - che il pagamento del premio assicurativo non può bastare per trasformare il sinistro in una occasione di lucro; che l'ammissibilità del cumulo di indennizzo e risarcimento nep- pure può darsi nei casi, come quello di specie, in cui l'assicuratore del danneggiato non abbia manifestato la volontà di surrogarsi a quest'ultimo nei confronti del responsabile, ex art. 1916 cod. civ.: e ciò sul rilievo che la surrogazione dell'assicuratore non interferisce in alcun modo con il problema dell'esistenza del danno, essendo del tutto irrilevante che sia stato esercitato o meno tale diritto, giacché non può mai essere risarcito un danno non più esistente per essere stato indenniz- zato, almeno fino all'ammontare dell'indennizzo assicurativo. -5. Per la cassazione delle sentenze, non definitiva e definitiva, della Corte di appello di Roma hanno proposto ricorso il Ministero del- la difesa ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, affidando le sorti dell'impugnazione a quattro motivi, illustrati da memorie. Ha resistito con controricorso la Aerolinee Itavia S.p.A., in ammi- nistrazione straordinaria, proponendo, altresì, ricorso incidentale av- verso la sentenza definitiva sulla base di quattro motivi, anch'essi il- lustrati da memorie. 6. La Terza Sezione di questa Corte, con ordinanza interlocuto- ria 22 giugno 2017, n. 15534, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite al fine di ri- solvere il contrasto di giurisprudenza sulla questione, sollevata con il primo motivo del ricorso incidentale, se nella liquidazione del danno da fatto illecito debba tenersi conto in detrazione del vantaggio sotto forma di indennizzo assicurativo che il danneggiato abbia comunque ottenuto in conseguenza di quel fatto. Il Primo Presidente ha disposto l'assegnazione del ricorso alle Se- zioni Unite. RAGIONI DELLA DECISIONE An - 6- 1. La questione rimessa all'esame di queste Sezioni Unite consi- ste nello stabilire se, nella liquidazione del danno da fatto illecito, dal computo del pregiudizio sofferto dalla compagnia aerea titolare del velivolo abbattuto nel disastro aviatorio di Ustica vada defalcato quanto essa abbia ottenuto a titolo di indennizzo assicurativo per la perdita dell'aeroplano. Tale questione rileva per l'esame del primo motivo del ricorso in- cidentale. Con esso sono denunciate, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1905, 1916, 2041, 2042 e 2043 cod. civ.: la ricorrente in via inciden- tale rileva che la Corte territoriale avrebbe errato nell'escludere la ri- sarcibilità del danno patito per la perdita dell'aeromobile, in quanto ri- tenuto non cumulabile con il superiore ammontare dell'indennizzo as- sicurativo corrisposto all'Itavia per lo stesso fatto. -2. Prioritario in ordine logico è tuttavia l'esame delle censure avanzate con il primo motivo del ricorso principale proposto dal Mini- stero della difesa e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che vertono sull'an debeatur. Con il primo mezzo del ricorso principale sono infatti denunciate, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 cod. civ. e 40, capoverso, cod. pen. Si deduce che la Corte territoriale, nella sentenza non definitiva, avrebbe mancato di individuare la "specifica condotta omissiva impu- tata alle Amministrazioni ricorrenti", quale presupposto per l'applicabilità della responsabilità ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., e ta- le mancanza non sarebbe colmabile con il riferimento alla fonte giuri- dica da cui deriva l'obbligo di impedire l'evento (attività di controllo e di sorveglianza al fine di garantire la sicurezza dei voli e la difesa del- lo spazio aereo italiano). Sarebbe così preclusa la possibilità di opera- re, ai sensi dell'art. 40 cod. pen., il giudizio controfattuale ai fini della verificazione del nesso causale. -7- 2.1. Il motivo è inammissibile.- Esso, infatti, prospetta una censura che, nella sua astrattezza (non superabile tramite le deduzioni sviluppate con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., quale atto che ha funzione solo illustrativa delle ragioni di doglianza e non già integrativa o emendativa delle ca- renze strutturali e di contenuto del motivo: tra le tante, Cass., Sez. VI-3, 25 febbraio 2015, n. 3780), prescinde del tutto dalla ratio deci-- dendi della sentenza impugnata, la quale, invece, concretamente, ri- vela un percorso argomentativo in cui sono chiaramente individuati - al fine della affermazione della responsabilità per illecito omissivo in base alla verifica di controfattualità (in armonia con il vincolo del principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione con rinvio n. 10285 del 2009) - sia l'obbligo giuridico imposto all'agente, sia la condotta, omessa, che lo stesso avrebbe dovuto porre in essere per impedire la verificazione dell'evento lesivo. Invero, la sentenza della Corte d'appello, ricostruiti i dati disponi- bili, ha innanzitutto valutato quale sia l'ipotesi della causa del sinistro che riceve il supporto relativamente maggiore, individuandola nell'esplosione esterna dovuta a missile lanciato da altro aereo;
e ha poi rilevato che la responsabilità dei Ministeri convenuti deriva dall'omessa attività di controllo e sorveglianza della complessa e peri- colosa situazione venutasi a creare nei cieli di Ustica, imposta da spe- cifiche norme e non esclusa da fattori eccezioni o imprevedibili, che ha reso possibile la penetrazione nello spazio aereo italiano e l'occupazione dell'aerovia assegnata a Itavia da parte di aeromobili da guerra non autorizzati e non identificati, senza che fossero adottate idonee misure per evitare l'evento. In altri termini, alla stregua di un giudizio controfattuale che pone al posto dell'omissione il comportamento alternativo dovuto, la Corte territoriale è giunta alla ponderata ed argomentata conclusione, priva di mende logiche e giuridiche, che, se i Ministeri avessero adottato le Оги - 8- condotte loro imposte dagli specifici obblighi di legge, l'evento non si sarebbe verificato, posto che attraverso un'adeguata sorveglianza della situazione dei cieli sarebbe stato possibile percepire la presenza di altri aerei lungo la rotta del DC 9 e, quindi, adottare misure idonee a prevenire l'incidente, ad esempio non autorizzando il decollo, asse- gnando altra rotta, avvertendo il pilota della necessità di cambiare rotta o di atterrare onde sottrarsi ai pericoli connessi alla presenza di aerei militari o, infine, intercettando l'aereo ostile con aerei militari italiani. -3. Non incidono sull'esame della questione della detrazione del vantaggio conseguente all'illecito le ulteriori doglianze mosse con i motivi dal secondo al quarto del medesimo ricorso principale, inve- stendo, tutte, la statuizione inerente al risarcimento di danni distinti da quello per la perdita dell'aeromobile. La questione devoluta all'esame delle Sezioni Unite non subisce interferenze neppure dalle doglianze sviluppate con i restanti motivi -quella veicolata dal dello stesso ricorso incidentale, attenendo l'una secondo motivo ad un profilo risarcitorio (danno per revoca delle - concessioni di volo) del tutto distinto e autonomo, e riguardando le altre quelle poste con il terzo e quarto motivo - le spese di giudizio. 4. Sulla questione se dall'ammontare dei danni risarcibili dal danneggiante debba essere detratta l'indennità assicurativa derivante dall'assicurazione contro i danni che il danneggiato abbia percepito in conseguenza del fatto illecito, si confrontano due orientamenti. 4.1. Secondo un primo indirizzo, indennità assicurativa e risar- cimento del danno sono cumulabili se l'assicuratore non esercita la surrogazione: poiché la surrogazione ai sensi dell'art. 1916 cod. civ. non è un effetto automatico del pagamento dell'indennità, ma una fa- coltà il cui esercizio dipende dall'assicuratore, qualora costui non si avvalga di tale facoltà, il danneggiato può agire per il risarcimento del danno nei confronti del terzo responsabile senza che questi, estraneo An - 9 - al rapporto di assicurazione, possa opporgli l'avvenuta riscossione dell'indennità assicurativa. L'orientamento si fonda sul rilievo che il meccanismo surrogatorio ex art. 1916 cod. civ. peculiare forma di successione a titolo parti- - colare e di carattere derivativo dell'assicuratore nel diritto di credito del danneggiato non opera automaticamente, cioè come conse- guenza del fatto puro e semplice del pagamento dell'indennità assicu- rativa, ma solo se e nel momento in cui l'assicuratore, dopo averla corrisposta all'assicurato-danneggiato ed avvalendosi della facoltà concessagli dal codice, comunica al terzo responsabile del danno l'avvenuta solutio e manifesta contestualmente la volontà di surro- garsi nei diritti dell'assicurato verso il terzo, al fine appunto di rivaler- si su questo della somma pagata a quello. Prima della comunicazione al responsabile del danno, da parte dell'assicuratore, della volontà di avvalersi del diritto di surrogazione, non si verifica, per effetto della corresponsione dell'indennità, alcuna sostituzione nel diritto di credito del danneggiato, il quale, ancorché abbia già riscosso l'indennizzo, può dunque agire nei confronti del responsabile del danno e per il ri- storo integrale di esso. Soltanto se l'assicurato si avvale della facoltà di surrogarsi nei diritti del danneggiato si ha la conseguenza che, da tale momento e per la somma corrispondente alla riscossa indennità, l'assicurato non è più legittimato a pretendere dal terzo il risarcimen- to del danno, essendosi la relativa legittimazione trasferita, nei limiti derivanti dalla surrogazione, all'assicuratore. Secondo tale orientamento, il cumulo di indennizzo e risarcimento non è precluso dal principio della compensatio lucri cum damno, de- stinato a trovare applicazione solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta del fatto ille- cito, quali suoi effetti contrapposti, e, quindi, non operante allorché l'assicurato riceva dall'assicuratore contro i danni il relativo indenniz- zo a causa del fatto illecito del terzo. Tale prestazione ripete infatti la Ûn - 10 - sua fonte e la sua ragione giuridica dal contratto di assicurazione e cioè da un titolo diverso ed indipendente dall'illecito stesso, il quale costituisce soltanto la condizione perché questo titolo spieghi la sua efficacia, senza che il correlativo effetto di incremento patrimoniale eventualmente conseguito dall'assicurato possa incidere sul quantum del risarcimento dovuto dal danneggiante. Questo indirizzo, tradizionalmente seguito nella giurisprudenza di questa Corte, ha avuto per lungo tempo applicazione incontrastata (Cass., Sez. I, 23 ottobre 1954, n. 4019;
Cass., Sez. III, 29 marzo 1968, n. 971;
Cass., Sez. III, 7 aprile 1970, n. 961;
Cass., Sez. III, 8 settembre 1970, n. 1347;
Cass., Sez. I, 9 dicembre 1971, n. 3562; Cass., Sez. III, 21 agosto 1985, n. 4473;
Cass., Sez. III, 26 febbraio 1988, n. 2051;
Cass., Sez. III, 10 febbraio 1999, n. 1135;
Cass., Sez. III, 23 dicembre 2003, n. 19766). Esso ha ricevuto l'avallo delle Sezioni Unite: le quali -- chiamate a risolvere la questione se sia di valore o di valuta il credito fatto valere dall'assicuratore ai sensi dell'art. 1916 cod. civ. - con la sentenza 13 marzo 1987, n. 2639, hanno incidentalmente riconosciuto come asso- lutamente univoco l'indirizzo a favore del cumulo della posta risarcito- ria per il danneggiato-assicurato che abbia già riscosso l'indennizzo assicurativo, e ciò sino a quando il diritto potestativo di surroga non sia stato fatto valere dall'assicuratore. - espresso da Cass., 4.2. ― Secondo un opposto orientamento Sez. III, 11 giugno 2014, n. 13233, in un caso di assicurazione contro gli infortuni non mortali indennità assicurativa e risarcimento del - danno assolvono ad un'identica funzione risarcitoria e non possono cumulativamente convivere: la percezione dell'indennizzo, da parte del danneggiato, elide in misura corrispondente il suo credito risarci- torio nei confronti del danneggiante, che pertanto si estingue e non può essere più preteso, né azionato. Come l'assicuratore può legitti- mamente rifiutare il pagamento dell'indennizzo ove l'assicurato abbia Du -11- già ottenuto l'integrale risarcimento del danno dal responsabile, così il responsabile del danno può legittimamente rifiutare il pagamento del risarcimento allorché l'assicurato abbia già ottenuto il pagamento dell'indennità dal proprio assicuratore privato contro i danni. L'indirizzo muove dalla premessa che la diversità dei titoli in base ai quali l'assicurato-danneggiato può vantare da un lato l'indennizzo e dall'altro il risarcimento, non consente di superare il principio indenni- tario, e dal rilievo che con il cumulo di indennizzo e risarcimento, non giustificato dal pagamento del premio, l'assicurato verrebbe ad avere un interesse positivo all'avverarsi del sinistro. Secondo questa linea ricostruttiva, per effetto del pagamento dell'indennizzo assicurativo, il diritto al risarcimento si trasferisce dall'assicurato-danneggiato all'assicuratore, con la conseguenza che, a seguito della surrogazione, l'assicurato non è più titolare del credito risarcitorio e non può esigerne il pagamento dal terzo danneggiante. L'impossibilità, per l'assicurato, di cumulare indennizzo e risarci- mento poggia inoltre sul principio di integralità del risarcimento, in virtù del quale il danneggiato non può, dopo il risarcimento, trovarsi in una condizione patrimoniale più favorevole rispetto a quella in cui si trovava prima di restare vittima del fatto illecito: sicché, nell'ipotesi in cui il danneggiato percepisca l'indennizzo assicurativo prima del ri- sarcimento del danno, l'obbligo risarcitorio del terzo responsabile vie- ne meno in quanto l'intervento dell'assicuratore ha eliso (in tutto o in parte) il pregiudizio patito dal danneggiato stesso, e non si può pre- tendere il risarcimento di un danno che non c'è più. In base a questo orientamento, la surrogazione dell'assicuratore non interferisce in alcun modo con il problema dell'esistenza del dan- no, e quindi con il principio indennitario: abbia o non abbia l'assicuratore rinunciato alla surroga, non può essere risarcito il dan- no inesistente ab origine o non più esistente, ed il danno indennizzato dall'assicuratore è un danno che ha cessato di esistere dal punto di - 12 - vista giuridico dal momento in cui la vittima ha percepito l'indennizzo e fino all'ammontare di questo. -4.2.1. Il Collegio della Terza Sezione rimettente prospetta come preferibile il più recente indirizzo. Il Collegio rimettente dichiara di auspicare che il problema inter- pretativo che sta alla base della questione sia risolto secondo i se- guenti principi: (a) alla vittima d'un fatto illecito spetta il risarcimento del danno esistente nel suo patrimonio al momento della liquidazione; (b) nella stima di questo danno occorre tenere conto dei vantaggi che, prima della liquidazione, siano pervenuti o certamente perver- ranno alla vittima, a condizione che il vantaggio possa dirsi causato del fatto illecito;
(c) per stabilire se il vantaggio sia stato causato dal fatto illecito deve applicarsi la stessa regola di causalità utilizzata per accertare se il danno sia conseguenza dell'illecito. Ad avviso del Collegio rimettente, a pretendere la medesimezza del titolo per il danno e per il lucro ai fini dell'operatività della com- pensatio anche nelle fattispecie che si caratterizzano per la presenza di rapporti giuridici trilaterali, si finirebbe per negare di fatto qualsiasi spazio all'istituto, essendo assai raro (se non impossibile) che un fat- to illecito possa provocare da sé solo, ossia senza il concorso di nes- sun altro fattore umano o giuridico, sia una perdita, sia un guadagno. Si tratterebbe invece unicamente di stabilire se il lucro costituisca o meno una conseguenza immediata e diretta del fatto illecito ai sensi dell'art. 1223 cod. civ. Qualificare d'altra parte molti vantaggi come occasionati e non causati dal fatto illecito sarebbe incoerente con la moderna nozione di causalità giuridica: pertanto, allorquando il fatto di danno sia anche coelemento di una fattispecie, di fonte normativa o negoziale, costitutiva di una provvidenza indennitaria a favore del danneggiato, pure siffatta provvidenza - si sostiene rappresenta un effetto giuridico immediato e diretto della condotta che quel danno ha - 13 - provocato, giacché da essa deriva secondo un processo di lineare re- golarità causale. Secondo la lettura proposta nell'ordinanza di rimessione, il cumulo dei benefici, rispettivamente di carattere indennitario e risarcitorio, determinerebbe nei fatti una locupletazione del danneggiato, struttu- ralmente incompatibile con la natura meramente reintegratoria della responsabilità civile, tenuto conto che il risarcimento non può creare in favore del danneggiato una situazione migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il fatto dannoso non fosse avvenuto, immettendo nel suo patrimonio un valore economico maggiore della differenza pa- trimoniale negativa indotta dall'illecito. Con particolare riferimento allo specifico quesito concernente la cumulabilità o meno dell'indennità assicurativa, l'ordinanza interlocu- toria osserva che nel caso di assicurazione contro i danni, dove il be- neficio (indennizzo) ha natura contrattuale, è però la legge (artt. 1904 e ss. cod. civ.) a tipizzare il contratto in funzione del danno sof- ferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro;
e precisa che l'estinzione del diritto al risarcimento in capo all'assicurato avviene per effetto del solo pagamento dell'indennità assicurativa e non in conseguenza della surrogazione, "la quale, semmai, è un effetto dell'estinzione e non la causa di essa". 5. Come correttamente rileva l'ordinanza interlocutoria della Terza Sezione, la soluzione della specifica questione rimessa all'esame delle Sezioni Unite coinvolge un tema di carattere più gene- rale, che attiene alla individuazione della attuale portata del principio della compensatio lucri cum damno e sollecita una risposta all'interrogativo se e a quali condizioni, nella determinazione del ri- sarcimento del danno da fatto illecito, accanto alla poste negative si debbano considerare, operando una somma algebrica, le poste positi- ve che, successivamente al fatto illecito, si presentano nel patrimonio del danneggiato. Иг - 14 - L'ordinanza di rimessione pone questo tema a oggetto di un que- sito di portata più ampia di quello riguardante la detraibilità o meno dell'indennità di assicurazione: se la compensatio "possa operare co- me regola generale del diritto civile ovvero in relazione soltanto a de- terminate fattispecie";
"se nella liquidazione del danno debba tenersi conto del vantaggio che la vittima abbia comunque ottenuto in con- seguenza del fatto illecito", percependo emolumenti versatigli non so- lo da assicuratori privati (come nella specie), bensì anche "da assicu- ratori sociali, da enti di previdenza, ovvero anche da terzi, ma co- munque in virtù di atti indipendenti dalla volontà del danneggiante". Tale interrogativo, al quale è sottesa una richiesta indistinta e omologante di tutte le possibili evenienze legate al sopravvenire, al fatto illecito produttivo di conseguenze dannose, di benefici collaterali al danneggiato, viene esaminato dalle Sezioni Unite nei limiti della sua rilevanza: fino al punto, cioè, in cui esso rappresenta un presup- posto o una premessa sistematica indispensabile per l'enunciazione, a risoluzione del contrasto di giurisprudenza, di un principio di diritto legato all'orizzonte di attesa della fattispecie concreta. Questa delimitazione di ambito e di prospettiva non è frutto di una scelta discrezionale del Collegio decidente, ma conseguenza che si ricollega alle funzioni ordinamentali e alle attribuzioni processuali delle Sezioni Unite, alle quali è affidata, non l'enunciazione di principi generali e astratti o di verità dogmatiche sul diritto, ma la soluzione di questioni di principio di valenza nomofilattica pur sempre riferibili alle specificità del singolo caso della vita. Se ne ha una conferma nel- la stessa previsione dell'art. 363 cod. proc. civ., perché anche là dove la Corte di cassazione è chiamata ad enunciare un principio di diritto nell'interesse della legge, si tratta tuttavia del principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi nella risoluzione della specifica controversia. Au - 15 - -5.1. L'esistenza dell'istituto della compensatio, inteso come re- gola di evidenza operativa per la stima e la liquidazione del danno, non è controversa nella giurisprudenza di questa Corte, trovando il proprio fondamento nella idea del danno risarcibile quale risultato di una valutazione globale degli effetti prodotti dall'atto dannoso. Se l'atto dannoso porta, accanto al danno, un vantaggio, quest'ultimo deve essere calcolato in diminuzione dell'entità del risar- cimento: infatti, il danno non deve essere fonte di lucro e la misura del risarcimento non deve superare quella dell'interesse leso o con- durre a sua volta ad un arricchimento ingiustificato del danneggiato. Questo principio è desumibile dall'art. 1223 cod. civ., il quale stabili- sce che il risarcimento del danno deve comprendere così la perdita subita dal danneggiato come il mancato guadagno, in quanto siano conseguenza immediata e diretta del fatto illecito. Tale norma impli- ca, in linea logica, che l'accertamento conclusivo degli effetti pregiu- dizievoli tenga anche conto degli eventuali vantaggi collegati all'illecito in applicazione della regola della causalità giuridica. Se così non fosse - se, cioè, nella fase di valutazione delle conseguenze eco- nomiche negative, dirette ed immediate, dell'illecito non si conside- rassero anche le poste positive derivate dal fatto dannoso il dan- neggiato ne trarrebbe un ingiusto profitto, oltre i limiti del risarcimen- to riconosciuto dall'ordinamento giuridico (Cass., Sez. III, 11 luglio 1978, n. 3507). In altri termini, il risarcimento deve coprire tutto il danno cagiona- to, ma non può oltrepassarlo, non potendo costituire fonte di arric- chimento del danneggiato, il quale deve invece essere collocato nella stessa curva di indifferenza in cui si sarebbe trovato se non avesse subito l'illecito: come l'ammontare del risarcimento non può superare quello del danno effettivamente prodotto, così occorre tener conto degli eventuali effetti vantaggiosi che il fatto dannoso ha provocato a An - 16- favore del danneggiato, calcolando le poste positive in diminuzione del risarcimento. 5.2. Controversi sono piuttosto la portata e l'ambito di operati- vità della figura, ossia i limiti entro i quali la compensatio può trovare applicazione, soprattutto là dove il vantaggio acquisito al patrimonio del danneggiato in connessione con il fatto illecito derivi da un titolo diverso e vi siano due soggetti obbligati, appunto sulla base di fonti differenti. E' la situazione che si verifica quando, accanto al rapporto tra il danneggiato e chi è chiamato a rispondere civilmente dell'evento dannoso, si profila un rapporto tra lo stesso danneggiato ed un sog- getto diverso, a sua volta obbligato, per legge o per contratto, ad erogare al primo un beneficio collaterale: si pensi all'assicurazione privata contro i danni, nella quale l'assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro;
si considerino i benefici della sicurezza e dell'assistenza sociale, da quelli legati al rapporto di lavoro (e scaturenti dalla tutela contro gli infortuni e le malattie pro- fessionali) a quelli rivolti ad assicurare ad ogni cittadino inabile al la- voro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere una tutela assistenzia- le;
si pensi, ancora, alle numerose previsioni di legge che contempla- no indennizzi o speciali elargizioni che lo Stato corrisponde, per ra- gioni di solidarietà, a coloro che subiscono un danno in occasione di disastri o tragedie e alle vittime del terrorismo o della criminalità or- ganizzata. La vicenda concreta all'esame delle Sezioni Unite si colloca in quest'ambito. Sussistendo la responsabilità del terzo per il danno prodotto da un sinistro per il cui rischio il danneggiato si era in prece- denza assicurato, a quest'ultimo spettano distinti diritti di credito: da un lato, il credito di risarcimento nei confronti del responsabile e, dall'altro, il credito di indennizzo nei confronti dell'assicuratore. Il du- - 17 - plice rapporto bilaterale è quindi rappresentato, per un verso, dalla relazione creata dal fatto illecito, permeata dalla disciplina della re- sponsabilità civile, e, per l'altro verso, dal rapporto discendente dal contratto di assicurazione. In questa ed in altre fattispecie similari si tratta di stabilire se l'incremento patrimoniale realizzatosi in connessione con l'evento dannoso per effetto del beneficio collaterale avente un proprio titolo e una relazione causale con un diverso soggetto tenuto per legge o per contratto ad erogare quella provvidenza, debba restare nel patrimo- nio del danneggiato cumulandosi con il risarcimento del danno o deb- ba essere considerato ai fini della corrispondente diminuzione dell'ammontare del risarcimento. 5.3. - Restano fuori dal quesito rivolto alle Sezioni Unite le ipotesi in cui, pur in presenza di titoli differenti, vi sia unicità del soggetto re- sponsabile del fatto illecito fonte di danni ed al contempo obbligato a corrispondere al danneggiato una provvidenza indennitaria. In queste ipotesi vale la regola del diffalco, dall'ammontare del ri- sarcimento del danno, della posta indennitaria avente una cospirante finalità compensativa. La compensatio opera cioè in tutti i casi in cui sussista una coinci- denza tra il soggetto autore dell'illecito tenuto al risarcimento e quello chiamato per legge ad erogare il beneficio, con l'effetto di assicurare al danneggiato una reintegra del suo patrimonio completa e senza duplicazioni. Questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha infatti affermato che l'indennizzo corrisposto al danneggiato, ai sensi della legge 25 feb- braio 1992, n. 210, a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto deve essere integralmente scomputato dalle somme spettanti a titolo di risarcimento del danno, venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero della salute) due diverse attribuzioni - 18 - patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo (Cass., Sez. U., 11 gennaio 2008, n. 584;
Cass., Sez. III, 14 marzo 2013, n. 6573). Alla medesima conclusione è pervenuta la giurisprudenza ammini- strativa. Chiamato a stabilire, nell'espressione nomofilattica dell'Adunanza Plenaria, se la somma dovuta dal datore di lavoro pubblico ad un pro- prio dipendente per lesione della salute conseguente alla esalazione di amianto nei luoghi di lavoro sia cumulabile con l'indennizzo perce- pito a seguito del riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio ovvero se tale indennizzo debba essere decurtato dal risarcimento del danno, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1 del 2018, ha enunciato il principio di diritto secondo cui "la presenza di un'unica condotta responsabile, che fa sorgere due obbligazioni da atto illecito in capo al medesimo soggetto derivanti da titoli diversi aventi la medesima finalità compensativa del pregiudizio subito dallo stesso bene giuridico protetto, determina la costituzione di un rappor- to obbligatorio sostanzialmente unitario che giustifica, in applicazione della regola della causalità giuridica e in coerenza con la funzione compensativa e non punitiva della responsabilità, il divieto del cumulo con conseguente necessità di detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno contrattuale quella corrisposta a titolo inden- nitario". Preme qui sottolineare i fondamentali passaggi attraverso i quali si snoda l'argomentazione che sostiene la decisione del giudice am- ministrativo: (a) "l'applicazione delle regole della causalità giuridica impone che venga liquidato soltanto il danno effettivamente subito dal danneggiato";
(b) "il riconoscimento del cumulo implicherebbe l'attribuzione alla responsabilità contrattuale di una funzione puniti- va", giacché l'esistenza "di un solo soggetto responsabile e obbligato comporterebbe per esso l'obbligo di corrispondere una somma supe- riore a quella necessaria per reintegrare la sfera del danneggiato con An - 19 - ingiustificata locupletazione da parte di quest'ultimo": risultato, que- sto, non ammissibile, difettando "una espressa previsione legislativa che contempli un illecito punitivo e dunque autorizzi un rimedio so- vracompensativo", non essendo nemmeno configurabile "una duplice causa dell'attribuzione patrimoniale";
(c) "nella fattispecie in esame l'accertata finalità compensativa di entrambi i titoli delle obbligazioni concorrenti e del conseguente meccanismo risarcitorio, nonché la semplicità del rapporto che evita le possibili complicazioni ricostrutti- ve connesse al funzionamento della surrogazione, impedisce che pos- sa operare il cumulo tra danno e indennità". 5.4. - Tornando all'ambito operativo della compensatio in presen- za di una duplicità di posizioni pretensive di un soggetto verso due soggetti diversi tenuti, ciascuno, in base ad un differente titolo, oc- corre rilevare che la prevalente giurisprudenza di questa Corte ritiene che per le fattispecie rientranti in questa categoria valga la soluzione del cumulo del vantaggio conseguente all'illecito, non quella del dif- falco. Si afferma, in particolare, che la compensatio è operante solo quando il pregiudizio e l'incremento discendano entrambi, con rappor- to immediato e diretto, dallo stesso fatto, sicché se ad alleviare le conseguenze dannose subentra un beneficio che trae origine da un ti- tolo diverso ed indipendente dal fatto illecito generatore di danno, di tale beneficio non può tenersi conto nella liquidazione del danno, pro- filandosi in tal caso un rapporto di mera occasionalità che non può giustificare alcun diffalco. In altri termini, la detrazione può trovare applicazione solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano en- trambi conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, quali suoi effetti contrapposti;
essa invece non opera quando il vantaggio derivi da un titolo diverso ed indipendente dall'illecito stesso, il quale costi- tuisce soltanto la condizione perché il diverso titolo spieghi la sua effi- - 20 - cacia (Cass., Sez. III, 15 aprile 1993, n. 4475;
Cass., Sez. III, 28 lu- glio 2005, n. 15822). Secondo questa prospettiva, la diversità dei titoli delle obbligazio- ni - il fatto illecito, da un lato;
la norma di legge (ad esempio, nel ca- so di percezione di benefici da parte di enti previdenziali, assicuratori sociali, pubbliche amministrazioni) o il contratto (ad esempio, nel ca- so di percezione di indennizzi assicurativi), dall'altro costituisce una - idonea causa di giustificazione delle differenti attribuzioni patrimonia- li: conseguentemente, la condotta illecita rappresenta, non la causa del beneficio collaterale, ma la mera occasione di esso. 5.5. L'ordinanza di rimessione esattamente constata che è assai raro che le poste attive e passive abbiano entrambe titolo nel fatto il- lecito. Richiamando la nozione di causalità che si è venuta sviluppan- do nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha da tempo abban- donato la distinzione scolastica tra causa remota, causa prossima ed occasione, sostituendola con la nozione di regolarità causale (Cass., Sez. III, 13 settembre 2000, n. 12103), l'ordinanza propone di supe- rare l'inconveniente di una interpretazione "asimmetrica" dell'art. 1223 cod. civ.: una interpretazione che, quando si tratta di accertare il danno, ritiene che il rapporto fra illecito ed evento può anche non essere diretto ed immediato (Cass., Sez. III, 21 dicembre 2001, n. 16163;
Cass., Sez. III, 4 luglio 2006, n. 15274), mentre esige al con- trario che lo sia, quando passa ad accertare il vantaggio per avventu- ra originato dal medesimo fatto illecito. - Le Sezioni Unite ritengono che la sollecitazione a compiere 5.6. la verifica in tema di assorbimento del beneficio nel danno in base a un test eziologico unitario, secondo il medesimo criterio causale pre- scelto per dire risarcibili le poste dannose, non possa spingersi fino al punto di attribuire rilevanza a ogni vantaggio indiretto o mediato, perché ciò condurrebbe ad un'eccessiva dilatazione delle poste impu- An - 21 - tabili al risarcimento, finendo con il considerare il verificarsi stesso del vantaggio un merito da riconoscere al danneggiante. Così, non possono rientrare nel raggio di operatività della com- pensatio i casi in cui il vantaggio si presenta come il frutto di scelte autonome e del sacrificio del danneggiato, come avviene nell'ipotesi della nuova prestazione lavorativa da parte del superstite, prima non occupato, in conseguenza della morte del congiunto. Allo stesso modo, nel determinare il risarcimento del danno, non sono computabili gli effetti favorevoli derivanti dall'acquisto dell'eredità da parte degli eredi della vittima: la successione eredita- ria, infatti, è legata non già al fatto di quella morte, bensì al fatto del- la morte in generale, che si sarebbe verificata (anche se in un mo- mento successivo) in ogni caso, a prescindere dall'illecito. Si tratta di un esito interpretativo che discende pianamente dall'insegnamento della dottrina, la quale ha evidenziato che le con- seguenze vantaggiose, come quelle dannose, possono computarsi so- lo finché rientrino nella serie causale dell'illecito, da determinarsi se- condo un criterio adeguato di causalità, sicché il beneficio non è com- putabile in detrazione con l'applicazione della compensatio allorché trovi altrove la sua fonte e nell'illecito solo un coefficiente causale. 5.7. - Nei casi appena indicati il criterio del nesso causale funge realmente da argine all'operare dello scomputo da compensatio. Più in generale, il Collegio ritiene che affidare il criterio di selezio- ne tra i casi in cui ammettere o negare il cumulo all'asettico utilizzo delle medesime regole anche per il vantaggio, finisca per ridurre la quantificazione del danno, e l'accertamento della sua stessa esisten- za, ad una mera operazione contabile, trascurando così la doverosa indagine sulla ragione giustificatrice dell'attribuzione patrimoniale en- trata nel patrimonio del danneggiato. Invece, ai fini della delineazione di quel criterio di selezione, pro- prio da tale indagine occorre muovere, guardando alla funzione di cui An - 22 - il beneficio collaterale si rivela essere espressione, per accertare se esso sia compatibile o meno con una imputazione al risarcimento. E' un approccio ermeneutico, questo, che da tempo la scienza giu- ridica offre alla comunità interpretante, rilevando che la determina- zione del vantaggio computabile richiede che il vantaggio sia causal- mente giustificato in funzione di rimozione dell'effetto dannoso dell'illecito: sicché in tanto le prestazioni del terzo incidono sul danno in quanto siano erogate in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dal danneggiato. La prospettiva non è quindi quella della coin- cidenza formale dei titoli, ma quella del collegamento funzionale tra la causa dell'attribuzione patrimoniale e l'obbligazione risarcitoria. Ed è una linea d'indagine tanto più ineludibile oggi, in vista di un'apertura al confronto con l'elaborazione della dottrina civilistica europea. Infatti, i Principles of European Tort Law, all'art. 10:103, preve- dono che, nel determinare l'ammontare dei danni, i vantaggi ottenuti dal danneggiato a causa dell'evento dannoso devono essere presi in considerazione, salvo che ciò non sia conciliabile con lo scopo dei vantaggi (unless this cannot be reconciled with the purpose of the benefit). Analoga è la direttiva seguita dal Draft Common Frame of Refe- rence. Secondo l'art. 6:103 del libro VI, dedicato alla equalisation of benefits, i vantaggi derivanti al soggetto che abbia sofferto un danno giuridicamente rilevante in conseguenza dell'evento dannoso non debbono essere presi in considerazione nel quantificare il danno, a meno che sia giusto e ragionevole farlo, avuto riguardo al tipo di danno sofferto, alla natura della responsabilità addebitata alla perso- na che ha causato il danno e, quando il beneficio sia erogato da un terzo, allo scopo perseguito conferendo il beneficio. Nell'una e nell'altra prospettiva, pertanto, si è ben lontani dal suggerire una regola categoriale destinata ad operare in modo "bilan- Un - 23 - D cistico": c'è, piuttosto, l'invito ad instaurare un confronto tra il danno e il vantaggio che di volta in volta viene in rilievo, alla ricerca della ragione giustificatrice del beneficio collaterale e, quindi, di una ragio- nevole applicazione del diffalco. La selezione tra i casi in cui ammettere o negare il diffalco deve essere fatta, dunque, per classi di casi, passando attraverso il filtro di quella che è stata definita la "giustizia" del beneficio e, in questo am- bito, considerando la funzione specifica svolta dal vantaggio. Così, nel caso di assicurazione sulla vita, l'indennità si cumula con il risarcimento, perché si è di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall'assicurato sopportando l'onere dei premi, e l'indennità, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diver- sa da quella risarcitoria ed è corrisposta per un interesse che non è quello di beneficiare il danneggiante. 5.8. - Una verifica per classi di casi si impone anche per accertare se l'ordinamento abbia coordinato le diverse risposte istituzionali, del danno da una parte e del beneficio dall'altra, prevedendo un meccani- smo di surroga o di rivalsa, capace di valorizzare l'indifferenza del ri- sarcimento, ma nello stesso tempo di evitare che quanto erogato dal terzo al danneggiato si traduca in un vantaggio inaspettato per l'autore dell'illecito. Solo attraverso la predisposizione di quel meccanismo, teso ad assicurare che il danneggiante rimanga esposto all'azione di "recupe- ro" ad opera del terzo da cui il danneggiato ha ricevuto il beneficio collaterale, potrà aversi detrazione della posta positiva dal risarci- mento. Se così non fosse, se cioè il responsabile dell'illecito, attraverso il non-cumulo, potesse vedere alleggerita la propria posizione debitoria per il solo fatto che il danneggiato ha ricevuto, in connessione con l'evento dannoso, una provvidenza indennitaria grazie all'intervento del terzo, e ciò anche quando difetti la previsione di uno strumento di 山 - 24 - riequilibrio e di riallineamento delle poste, si avrebbe una sofferenza del sistema, finendosi con il premiare, senza merito specifico, chi si è comportato in modo negligente. Non corrisponde infatti al principio di razionalità-equità, e non è coerente con la poliedricità delle funzioni della responsabilità civile (cfr. Cass., Sez. U., 5 luglio 2017, n. 16601), che la sottrazione del vantaggio sia consentita in tutte quelle vicende in cui l'elisione del danno con il beneficio pubblico o privato corrisposto al danneggiato a seguito del fatto illecito finisca per avvantaggiare esclusivamente il danneggiante, apparendo preferibile in tali evenienze favorire chi senza colpa ha subito l'illecito rispetto a chi colpevolmente lo ha cau- sato. E stabilire quando accompagnare la previsione del beneficio con l'introduzione di tale meccanismo di surrogazione o di rivalsa, il quale consente al terzo di recuperare le risorse impiegate per erogare una provvidenza che non rinviene il proprio titolo nella responsabilità ri- sarcitoria, è una scelta che spetta al legislatore. Ad esso soltanto compete, in definitiva, trasformare quel duplice, ma separato, rappor- to bilaterale in una relazione trilaterale, così apprestando le condizioni per il dispiegamento dell'operazione di scomputo. E', questa, l'indicazione di sistema che giunge anche dal rappre- sentante dell'Ufficio del pubblico ministero, il quale, nel rifiutare la prospettiva "totalizzante" del computo nella stima del danno di van- taggi che, prima della liquidazione, siano pervenuti o certamente per- verranno alla vittima, ha delineato "i due presupposti essenziali per poter svolgere la decurtazione del vantaggio": accanto al contenuto, "per classi omogenee o per ragioni giustificatrici", del vantaggio, la previsione, appunto, di un meccanismo di surroga, di rivalsa o di re- cupero, che "instaura la correlazione tra classi attributive altrimenti disomogenee". Così, in tutti i casi in cui sia una norma legislativa ad attribuire, "senza regolare l'eventuale rapporto con il tema risarcito- De - 25 - rio", un vantaggio collaterale (si pensi agli interventi, in nome della solidarietà nazionale, con provvidenze ed elargizioni, in favore di indi- vidui e comunità a fronte di eventi catastrofici o disastri suscettibili di essere ascritti a condotte non iure e contra ius di soggetti terzi), il giudice della responsabilità civile non potrebbe procedere, tout court, ad effettuare l'operazione compensativa o di defalco. Se così facesse, egli vanificherebbe il senso più profondo della previsione normativa costituente il titolo dell'attribuzione, che risiede nell'assunzione da parte della generalità del carico di determinati svantaggi subiti dal o dai soggetti danneggiati, non nella volontà di premiare chi si è com- portato in modo negligente o di alleggerire la sua posizione debitoria. 6. - Date queste premesse e venendo, dunque, alla specifica que- stione oggetto del contrasto, occorre innanzitutto considerare che, nell'assicurazione contro i danni, l'indennità assicurativa è erogata in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dall'assicurato in con- seguenza del verificarsi dell'evento dannoso: essa soddisfa, neutraliz- zandola in tutto o in parte, la medesima perdita al cui integrale risto- ro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo autore del fatto illecito. Quando si verifica un sinistro per il quale sussiste la responsabilità di un terzo, al danneggiato che si era assicurato per tale eventualità, competono due distinti diritti di credito che, pur avendo fonte e titolo diversi, tendono ad un medesimo fine: il risarcimento del danno pro- vocato dal sinistro all'assicurato-danneggiato. -· Tali diritti sono però concorrenti, giacché come è stato ri- 6.1. levato in dottrina ciascuno di essi rappresenta, sotto il profilo fun- zionale, un mezzo idoneo alla realizzazione del medesimo interesse, che è quello dell'eliminazione del danno causato nel patrimonio dell'assicurato-danneggiato per effetto della verificazione del sinistro, sicché l'assicurato-danneggiato non può pretendere dal terzo respon- Un - 26 - sabile e dall'assicuratore degli indennizzi che nel totale superino i danni che il suo patrimonio ha subito. Infatti, dato il carattere sussidiario dell'obbligazione assicurativa, quando il danneggiato, prima di percepire l'indennizzo assicurativo, ottiene il risarcimento integrale da parte del responsabile, cessa l'obbligo di indennizzo dell'assicuratore (Cass., Sez. II, 25 ottobre 1966, n. 2595);
se invece è l'assicuratore a indennizzare per primo l'assicurato, quando il risarcimento da parte del terzo responsabile non ha ancora avuto luogo, allora, ai sensi dell'art. 1916 cod. civ., l'assicuratore è surrogato, fino alla concorrenza dell'ammontare dell'indennità corrisposta, nel diritto dell'assicurato verso il terzo me- desimo. Benché il rapporto assicurativo nascente dal contratto ed il rap- porto di danneggiamento derivante dal fatto illecito si collochino su piani diversi, tuttavia rispetto ad essi la surrogazione ex art. 1916 funge da meccanismo di raccordo, in quanto instaura ex novo una re- lazione diretta tra l'assicuratore che ha pagato l'indennità ed il re- sponsabile del danno, sebbene il primo sia estraneo alla responsabili- tà civile derivante dall'illecito extracontrattuale, ed il secondo sia estraneo al contratto di assicurazione. La surrogazione, infatti, men- tre consente all'assicuratore di recuperare aliunde quanto ha pagato all'assicurato-danneggiato, impedisce a costui di cumulare, per lo stesso danno, la somma già riscossa a titolo di indennità assicurativa con quella ancora dovutagli dal terzo responsabile a titolo di risarci- mento, e di conseguire così due volte la riparazione del pregiudizio subito. Senza la surrogazione, l'assicurato danneggiato conservereb- be l'azione di risarcimento contro il terzo autore del fatto illecito an- che per l'ammontare corrispondente all'indennità assicurativa ricevu- ta: ma l'art. 1916 gliela toglie, perché la trasmette all'assicuratore. Il risarcimento resta tuttavia dovuto dal danneggiante per l'intero, es- sendo questi tenuto a rimborsare all'assicuratore l'indennità assicura- - 27 - tiva e a risarcire l'eventuale maggior danno al danneggiato: la riscos- sione dell'indennità da parte dell'assicurato-danneggiato in conse- guenza dell'evento dannoso non ha quindi alcuna incidenza sulla pre- stazione del terzo responsabile, il quale dovrà risarcire, in ogni caso, l'intero danno. 6.2. La dottrina presenta unanimità di accenti nell'individuare nella surrogazione ai sensi dell'art. 1916 cod. civ. - quale strumento semplificatorio della definizione dei rapporti intercorrenti, su piani di- versi, tra assicuratore, assicurato e terzo responsabile una duplice e - concorrente finalità: (a) anzitutto, la salvaguardia del principio inden- nitario (desumibile dagli artt. 1882, 1904, 1905, 1908, primo comma, 1909, 1910, terzo comma, cod. civ.), per cui la prestazione assicura- tiva non può mai trasformarsi in una fonte di arricchimento per l'assicurato e determinare, in suo favore, una situazione economica più vantaggiosa di quella in cui egli verserebbe se l'evento dannoso non si fosse verificato;
(b) in secondo luogo, la conservazione del principio di responsabilità (artt. 1218 e 2043 cod. civ.), per cui l'autore del danno è in ogni caso tenuto all'obbligazione risarcitoria, senza possibilità di vedere elisa o ridotta l'entità della relativa presta- zione per effetto di una assicurazione non da lui, o per lui, stipulata. A queste finalità ne viene aggiunta spesso una terza, quella di con- sentire all'ente assicuratore, attraverso il recupero della perdita costi- tuita dalla somma erogata a titolo di indennità, una riduzione dei costi di gestione del ramo e quindi, tendenzialmente, un contenimento del livello dei premi nei limiti in cui l'assicuratore sia in grado di recupera- re dai terzi responsabili quanto erogato in forza dei propri impegni contrattuali. Si tratta di una impostazione condivisa dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale, nell'evidenziare che il congegno della surroga- zione dell'assicuratore nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsa- bili costituisce applicazione del principio indennitario, sottolinea che, Vin - 28 - in forza di tale principio, un sinistro non può diventare fonte di lucro per chi lo subisce, neppure quando l'indennizzo gli spetti a duplice ti- tolo e da parte di soggetti diversi, e cioè dall'assicuratore e dall'autore del danno, l'eventualità del doppio indennizzo per lo stesso danno essendo appunto scongiurata dalla surrogazione legale dell'assicuratore che ha pagato l'indennità, fino a concorrenza di essa, nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili (Cass., Sez. III, 29 gennaio 1973, n. 293;
Cass., Sez. III, 7 giugno 1977, n. 2341;
Cass., Sez. III, 7 maggio 1979, n. 2595). -6.3. La giurisprudenza che ammette la cumulabilità, in capo all'assicurato che ha riscosso l'indennità dalla propria compagnia, dell'intero ammontare del risarcimento del danno dovuto dal terzo re- sponsabile, muove dall'idea che, per perfezionare la vicenda succes- soria della surrogazione e sancire la perdita del diritto al risarcimento in capo all'assicurato, non basti il fatto oggettivo del pagamento dell'indennità, ma debba ricorrere anche il presupposto soggettivo della comunicazione, indirizzata dall'assicuratore al terzo responsabi- le, di avere pagato e di volersi surrogare al proprio assicurato. La sur- rogazione opererebbe solo se e nel momento in cui l'assicuratore co- munichi al terzo responsabile l'avvenuta solutio e manifesti conte- stualmente la volontà di surrogarsi nei diritti dell'assicurato verso il medesimo terzo, al fine appunto di rivalersi su questo della somma pagata a quello. Affinché, da potenziale che era, divenga attuale e operante, il diritto di surrogazione dell'assicuratore richiederebbe questa manifestazione di volontà ad hoc da parte dell'assicuratore, perché è alla sua iniziativa e disponibilità che la legge rimetterebbe il perfezionamento della successione a titolo derivativo nel diritto di credito. E' appunto da una tale configurazione (la surrogazione dell'assicuratore intesa, non come effetto automatico del pagamento dell'indennità, ma come facoltà cui esercizio dipende il dall'assicuratore solvens) che discende il corollario per cui, qualora - 29 - l'assicuratore non si avvalga di tale facoltà, il pagamento dell'indennizzo lascerebbe immutato il diritto dell'assicurato di agire per ottenere l'intero risarcimento del danno nei confronti del terzo re- sponsabile senza che questi possa opporgli in sottrazione essendo - diverso il titolo di responsabilità aquiliana rispetto alla fonte del debito indennitario gravante sull'assicuratore l'avvenuta riscossione - dell'indennità assicurativa. 6.4. E' una lettura, questa, che, benché invalsa nella giurispru- - denza di questa Corte e non priva di riscontri a livello dottrinale, le Sezioni Unite ritengono di non poter ulteriormente convalidare. Il primo comma dell'art. 1916 cod. civ., nel disporre che l'assicuratore che ha pagato l'indennità è surrogato, fino alla concor- renza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili», collega infatti il prodursi della vicenda successoria, au- tomaticamente, al pagamento dell'indennità assicurativa. Come emerge dal chiaro tenore testuale della disposizione, il co- dice condiziona il subingresso al semplice fatto del pagamento dell'indennità per quel danno di cui è responsabile il terzo, senza ri- chiedere, a tal fine, la previa comunicazione da parte dell'assicuratore della sua intenzione di succedere nei diritti dell'assicurato verso il ter- zo responsabile. Il subentro non è rimesso all'apprezzamento dell'assicuratore sol- vens. La perdita del diritto verso il terzo responsabile da parte dell'assicurato e l'acquisto da parte dell'assicuratore sono come è - stato rilevato in dottrina - effetti interdipendenti e contemporanei ba- sati sul medesimo fatto giuridico previsto dalla legge: il pagamento dell'indennità assicurativa. Questa interpretazione è confermata dall'analisi dell'art. 1203 cod. civ., il quale, attraverso l'ampio rinvio del n. 5 («negli altri casi stabiliti dalla legge»), è suscettibile di comprendere nell'ambito della surrogazione legale, operante di diritto, anche questa peculiare di - 30 - successione a titolo particolare nel credito, nella quale la prestazione dell'assicuratore è diretta ad estinguere un rapporto diverso da quello surrogato (cfr. Cass., Sez. U., 29 settembre 1997, n. 9554). E si tratta di soluzione maggiormente in linea con la ratio della surrogazione dell'assicuratore, essendo ragionevole ritenere che, at- traverso l'automaticità, il legislatore, in ossequio al principio indenni- tario, abbia voluto impedire proprio la possibilità per l'assicurato- danneggiato, una volta ricevuto l'indennizzo dall'assicuratore, di agire per l'intero nei confronti del terzo responsabile;
laddove questo prin- cipio verrebbe incrinato se l'inerzia dell'assicuratore bastasse a de- terminare la permanenza, nell'assicurato indennizzato, della titolarità del credito di risarcimento nei confronti del terzo anche per la parte corrispondente alla riscossa indennità, consentendogli di reclamare un risarcimento superiore al danno effettivamente sofferto. Dunque, poiché nel sistema dell'art. 1916 cod. civ. è con il paga- mento dell'indennità assicurativa che i diritti contro il terzo si trasferi- scono, ope legis, all'assicuratore, deve escludersi un ritrasferimento o un rimbalzo di tali diritti all'assicurato per il solo fatto che l'assicuratore si astenga dall'esercitarli. D'altra parte, la permanenza del credito nel patrimonio dell'assicurato che abbia conseguito l'indennità assicurativa, abilitan- do il danneggiato a disporre del credito stesso e a realizzarlo, si tra- durrebbe in un possibile pregiudizio dell'interesse che giustifica nella legge l'assunzione dell'esclusiva titolarità del credito verso il terzo re- sponsabile. Né l'opposta tesi - che ammette la reclamabilità dell'intero risar- cimento del danno in aggiunta al già conseguito indennizzo assicura- tivo si lascia preferire per il fatto che l'assicurato ha versato - all'assicuratore dei regolari premi, che sarebbero altrimenti sine cau- sa. E' una tesi, pervero, la quale ha trovato sostegno nella requisito- ria del pubblico ministero, il quale, proprio soffermandosi sull'ipotesi An - 31- del mancato esercizio della surroga da parte dell'assicuratore, ha giu- stificato arricchimento" della vittima in ragione del "rapporto onero- so di assicurazione", essendo "irragionevole trattare allo stesso modo, sul piano risarcitorio, chi abbia e chi non abbia stipulato un rapporto assicurativo, con relativi oneri di pagamento del premio". Ad avviso del Collegio, si tratta di conclusione non condivisibile, giacché nella assicurazione contro i danni la prestazione dell'indennità non è in rapporto di sinallagmaticità funzionale con la corresponsione dei pre- mi da parte dell'assicurato, essendo l'obbligo fondamentale dell'assicuratore quello dell'assunzione e della sopportazione del ri- schio a fronte della obiettiva incertezza circa il verificarsi del sinistro e la solvibilità del terzo responsabile. Il pagamento dei premi, in altri termini, è in sinallagma con il trasferimento del rischio, non con il pa- gamento dell'indennizzo. D'altra parte, se davvero l'indennità costi- tuisse il corrispettivo del versamento all'assicuratore di regolari pre- mi, si dovrebbe anche ammettere che, avvenuto il sinistro, l'assicurato abbia comunque titolo a reclamare l'indennità, pur quan- do il danno sia stato integralmente risarcito dal terzo responsabile: soluzione, questa, evidentemente non sostenibile, posto che nel caso di danno già risarcito dal terzo cessa l'obbligo di indennizzo dell'assicuratore. 6.5. - Anche l'indagine comparatistica conferma la preferibilità della soluzione interpretativa nel senso del non-cumulo. Pronuncian- dosi sulla portata dell'art. 36 della legge 13 luglio 1930, poi divenuto l'art. 121-21 del code des assurances, che reca una disposizione ana- loga al nostro art. 1916 cod. civ. («l'assureur qui a payé l'indemnité d'assurance est subrogé, jusqu'à concurrence de cette indemnité, dans les droits et actions de l'assuré contre les tiers qui, par leur fait, ont causé le dommage ayant donné lieu à la responsabilité de l'assureur»), la Corte di cassazione francese, con la sentenza in data 29 aprile 1975, ha infatti stabilito che, poiché in forza della legge e - 32 - senza alcuna formalità i diritti dell'assicurato contro il terzo responsa- bile sono di pieno diritto, nella misura dell'indennizzo, trasferiti all'assicuratore, l'assicurato, una volta tacitato dall'assicuratore, non può più, in tale misura, esercitare contro il terzo responsabile del danno i diritti nei quali l'assicuratore si trova surrogato ("l'assuré, dé- sintéressé par l'assureur en vertu du contrat d'assurance, ne peut plus, dans cette mesure, exercer contre le tiers responsable du dom- mage les droits dans lesquels l'assureur se trouve subrogé”). -6.6. Una ulteriore conferma della preferibilità di questa conclu- sione si trae dall'art. 1589 del nostro codice civile. Nel caso in cui il locatore è assicurato per l'incendio della casa locata, tale disposizione limita infatti la responsabilità del conduttore verso il locatore alla dif- ferenza tra l'indennizzo corrisposto dall'assicuratore e il danno effetti- vo», facendo salve in ogni caso le norme concernenti il diritto di sur- rogazione dell'assicuratore»: ne consegue che il locatore, una volta ricevuto l'indennizzo dal proprio assicuratore, non può agire contro il conduttore responsabile dell'incendio se non per la differenza, ma il conduttore non è affatto liberato perché egli, in forza della disciplina sulla surrogazione, dovrà prestare il risarcimento all'assicuratore e non al locatore. 7. - Conclusivamente, a risoluzione del contrasto di giurispruden- za, va enunciato il seguente principio di diritto: «Il danno da fatto il- lecito deve essere liquidato sottraendo dall'ammontare del danno ri- sarcibile l'importo dell'indennità assicurativa derivante da assicurazio- ne contro i danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in con- seguenza di quel fatto>>. 8. - A tale principio si è attenuta la Corte d'appello di Roma con la sentenza qui impugnata. -che nel 1980 èEssa ha infatti correttamente escluso che Itavia stata integralmente tacitata dal proprio assicuratore, avendo incassa- to da Assitalia, per la perdita dell'aeromobile, un'indennità assicurati- Очи - 33 - va di lire 3.800.000.000, importo superiore al valore corrente dell'aeromobile al momento del disastro, stimato dal c.t.u. in lire 1.586.510.540 - possa poi cumulare, per lo stesso danno, la somma già riscossa a titolo di indennità assicurativa con l'ammontare del ri- sarcimento dovuto dai terzi responsabili, a nulla rilevando che Assita- lia non abbia mai esercitato la surroga nei confronti dei Ministeri. Infatti, una volta che abbia riscosso l'indennizzo dal proprio assi- curatore, il danneggiato non può agire contro il responsabile se non per la differenza, non essendovi spazio per una doppia liquidazione a fronte di un pregiudizio identico. E poiché nella specie tale indennità è superiore al valore corrente dell'aeromobile al momento del disastro, essa, in assenza di prova della sua insufficienza rispetto al danno ef- fettivo, ha effettivamente eliso, secondo l'incensurabile apprezzamen- to dei giudici del merito, il danno, e con esso il diritto di Itavia di ot- tenere, da parte delle Amministrazioni convenute, il risarcimento per la perdita dell'aeromobile. Anche il primo motivo del ricorso incidentale va, quindi, rigettato. 9. Il primo motivo del ricorso principale dei Ministeri è dichiara- to inammissibile e il primo motivo del ricorso incidentale di Itavia è rigettato. L'esame degli altri motivi del ricorso principale e del ricorso inci- dentale va rimesso alla Terza Sezione civile.

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