Cass. civ., SS.UU., sentenza 11/06/2004, n. 11123
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Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. I G - Primo Presidente f.f. -
Dott. D V - Presidente di sezione -
Dott. P E - rel. Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. P R - Consigliere -
Dott. DI N L F - Consigliere -
Dott. V U - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
Dott. E S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI PIZZO CALABRO, in persona del Sindaco pro tempore - autorizzato con delibera di Giunta n. 173 del 24 ottobre 2002 -, rappresentato e difeso, con procura a margine del ricorso, dall'avv. D S, presso il quale elettivamente domicilia in Roma, già alla via Tudaio 38, e, poi, presso la Cancelleria della Corte;
- ricorrente -
contro
CAPARROTTI ELEONORA;
- intimata -
avverso la sentenza del Giudice di pace di Pizzo Calabro in data 15 maggio 2002, depositata col n. 49/02 il 12 giugno 2002. Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 29 aprile 2004 dal Relatore Cons. Dott. E P;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M V, che ha concluso per la giurisdizione delle commissioni tributarie, con la cassazione della sentenza impugnata. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 28 aprile 2001, Eleonora Caparrotti ha impugnato davanti al Giudice di pace di Pizzo Calabro l'atto ingiuntivo - emesso col n. 5 il 13 marzo 2001 e notificato il 31 seguente -, con cui l'ufficio tributi di quel Comune le aveva ingiunto il pagamento della somma di lire 3.037.971, a titolo di imposta comunale sugli immobili per l'anno 1993, con corrispondenti sanzioni, oltre accessori e spese.
Ha opposto, preliminarmente, l'intervenuta prescrizione quinquennale;
ha comunque rilevato l'illegittimità della ingiunzione, perché priva di ogni indicazione necessaria a consentire la difesa dell'ingiunta - in particolare, per la genericità ed inidoneità del rinvio ad un "atto notificato il giorno 7.4.2000" riguardante imprecisati "fabbricati ricadenti nel territorio di questo Comune", che non la poneva in grado di controllare se alcuno dei pagamenti da lei eseguiti si riferisse agli immobili in questione -;si è altresì doluta della qualifica di erede di Francesco Cretella, a lei soltanto attribuita nell'atto, pure in presenza di coeredi, nonché della mancata distinzione fra gli accessori richiesti. Il Comune ha resistito eccependo la preclusione delle "questioni di merito e di forma concernenti la regolarità e fondatezza della pretesa tributaria", che avrebbero dovuto essere formulate, entro il termine previsto dal D.Lgs. 546/1992, davanti alla commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia;ha, rilevato che l'impugnativa non atteneva all'azione esecutiva, e sostenuto la tempestività della pretesa in virtù della proroga di cui all'art. 31, comma 6, della legge 448/1998.
Il Giudice di pace, con la sentenza indicata in epigrafe, affermata la propria competenza sulla scorta dello stesso contenuto dell'atto ingiuntivo - ove si legge della facoltà di produrre ricorso al Giudice di pace ex L. 374/1991 -, ha dedotto, "dagli atti in suo possesso", la necessità di annullare l'atto impugnato, con compensazione delle spese.
Per la cassazione ricorre il Comune di Pizzo Calabro, con cinque motivi, cui l'intimata non resiste.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deduce, in ordine successivo, il ricorrente Comune di Pizzo Calabro:
1) "violazione di legge con riferimento all'art. 112 c.p.c.", dolendosi che il giudice del merito abbia omesso ogni pronuncia sulle sollevate questioni "in ordine alla inammissibilità, improcedibilità dell'azione ed al difetto di giurisdizione";
2) "inammissibilità - improcedibilità - difetto di giurisdizione", riproponendo i rilievi circa la necessità d'impugnare l'atto impositivo davanti al giudice tributario, non essendosi, la contribuente, limitata ad opporsi alla azione esecutiva propriamente detta, ai sensi dell'art. 3 del R.D. 639/1910;
3) "difetto di giurisdizione", per tale via assumendo che, pure escludendo la giurisdizione del giudice tributario, la competenza a conoscere della causa sarebbe ad ogni modo spettata al tribunale, a mente dell'art. 9 c.p.c.;
4) "violazione di legge, con riferimento all'art. 11 D.Lgs. 504/1992;
all'art. 31 comma 6 L. 448/1998", per tale via riproponendo la tesi della proroga dei termini in ordine all'accertamento ed alla liquidazione dell'i.c.i. per l'anno d'imposta in questione;
5) "insufficiente motivazione", sotto il profilo della legittimità dell'ingiunzione, con riferimento all'atto c.d. presupposto - indicato quale avviso di liquidazione -, che avrebbe esattamente individuato i beni colpiti da imposta.
Il ricorso è inammissibile.
L'Amministrazione comunale ha proceduto al recupero del tributo attraverso l'ingiunzione fiscale prevista dal R.D. 639/1910, con espresso avvertimento della facoltà di proporre ricorso al giudice di pace, e, quindi, ai sensi dell'art. 3 del decreto medesimo, secondo lo schema del normale giudizio di cognizione, soggetto alle regole generali. Posto che la scelta procedimentale, secondo il principio dell'apparenza, condiziona la identificazione del mezzo d'impugnazione esperibile contro il provvedimento giurisdizionale (per tutte, v. Cass., Sez. un., 3599/2003), deve puntualizzarsi che si è in presenza di una sentenza del giudice di pace in causa di valore superiore ai due milioni di lire (euro 1.032,91, nella versione vigente ratione temporis dell'art. 113, comma 2, in relazione al 339, comma 3, c.p.c.).
Ne deriva, trattandosi di provvedimento con cui il giudice di pace, affermata la giurisdizione, ha deciso nel merito (annullando una ingiunzione dell'importo di lire 3.037.971, con ammontare del solo tributo a lire 2.374.225), che la sentenza stessa andava impugnata con l'ordinario mezzo dell'appello, e non mediante il ricorso per Cassazione (cfr., fra le tante, Cass., Sez. un., 16162/2002). Essendo stato proposto quest'ultimo, se ne impone quindi la declaratoria di inammissibilità.
La mancata costituzione dell'intimata esonera dallo statuire sulle spese.